6
Introduzione
Più di sessant'anni sono passati dal 26 giugno del 1945 quando a San Francisco,
50 dei 51 paesi fondatori dell’ONU, firmarono il testo definitivo dello Statuto delle
Nazioni Unite, segnando un passo storico per l'emancipazione dei popoli dagli orrori
della seconda guerra mondiale, gettando le fondamenta di un nuovo regime di
coesistenza pacifica tra gli stati e creando i presupposti di un sistema di sicurezza
collettiva che, nelle intenzioni dei firmatari, “never intended to be an utopian exercise.
It was meant to be a collective security system that worked”.
2
Il “banco di prova” post bellico contribuì a raffreddare l'entusiasmo di molti.
Il mantenimento della pace imperniato sulla supremazia decisionale del Consiglio di
Sicurezza si scontrò presto con le contrapposizioni di forze della Guerra Fredda,
trasformando il sistema di veto dei membri permanenti in un ostacolo effettivo nonché
in un costante deterrente all' organizzazione di azioni collettive in difesa della pace in
base al dettato del Capitolo settimo della Carta, che prevede un sistema rimasto
ampiamente inattuato.
Tra alti e bassi il sistema di sicurezza collettiva dell’ ONU incentrato sullo Statuto è
sopravvissuto nel suo apparato normativo arrivando fino ai nostri giorni invariato nella
forma, accompagnato da crescenti dubbi espressi da una certa dottrina sulla sua
applicabilità in un contesto storico totalmente diverso da quello della sua creazione.
Pensato come un documento votato alla sicurezza degli Stati
3
venne configurato in
modo da permettere di poter reagire collettivamente all’aggressione di uno Stato
contro un altro, delineando un meccanismo di difesa collettiva allora coerente con le
esigenze politico militari, ma oggi alle prese con una realtà tremendamente più
complessa.
Gli attori militari non statali, il terrorismo internazionale, la produzione su vasta scala
di armi di distruzioni di massa ed il crimine organizzato transnazionale rappresentano,
infatti, nuove problematiche non prevedibili al tempo della stesura dello Statuto, nuovi
pericoli che indeboliscono la capacità di difesa delle strutture statuali tradizionali,
portando lo Stato a reagire attraverso azioni al di fuori o contro le normative della
Carta e del diritto internazionale vigente.
Al termine del secondo conflitto mondiale sembrava fosse giunto il momento in cui gli
Stati avrebbero dovuto rinunciare all’uso arbitrario della forza in difesa dei propri
interessi, proposito che l'allora presidente degli Stati Uniti Truman sintetizzò nelle
parole: “we all have to recognize, no matter how great our strength, that we must deny
ourselves the licence to do always as we please”
4
In tempi recenti questi presupposti hanno traballato sotto il peso dei colpi del realismo
2
A more secure world: Our shared responsibility, Report of the High-level Panel on Threats, Challenges and Change (2004)
p. 13 http://www.un.org/secureworld/report3.pdf
3
Ibidem p. 15
4
President Harry S. Truman; Address in San Francisco at the Closing Session of the United Nations Conference, 26/06/1945
http://www.trumanlibrary.org/publicpapers/index.php?pid=73
7
politico di numerose impostazioni dottrinali sull'uso della forza, sempre più spesso
votate alla giustificazione di interventi unilaterali da parte degli Stati in ottemperanza
alle loro security issues.
Già nel corso del Novecento era emersa più volte la tendenza degli Stati a estendere le
eccezioni al divieto della minaccia e dell’uso della forza sancito dall’ art. 2, par.4 della
Carta, talvolta tramite il ricorso alla cosidetta “legittima difesa preventiva”.
5
La “Dottrina Bush”, sorta in reazione al tragico attentato dell' 11 settembre 2001, è
solo l'ultima e più estrema impostazione di un filone di interventismo che ha
caratterizzato la recente storia occidentale
6
, ed esplicita in atti di forza la condivisa
necessità di far fronte alle nuove minacce alla sicurezza globale attraverso misure
preventive di carattere militare: le cosiddette “preemptive force” e “preventive
force”.
Obiettivo del presente lavoro è riuscire a far chiarezza sulle implicazioni storiche di
questa impostazione, sulla sua legittimità in base al diritto internazionale vigente,
sull'eventuale influenza che certa dottrina afferma abbia avuto sulla formazione o
cristallizzazione di nuove norme consuetudinarie internazionali e sulla sua possibile
prosecuzione da parte dell'attuale presidente degli Stati Uniti Barack Obama, salutato
dopo la sua elezione come il futuro difensore del pacifismo internazionalista dei
Democrats, con oggi alle spalle un nuovo, discusso, intervento militare e
quotidianamente costretto alla scottante gestione dei rapporti con l'Iran di Khamenei.
5
Sergio Marchisio; L’ONU: Il diritto delle Nazioni Unite, Il Mulino (2000) p. 64
6
Karl P. Mueller, Jasen J.Castillo, Forrest E. Morgan, Negeen Pegahi, Brian Rosen; Striking First: Preemptive and Preventive
Attack in U.S. National Security Policy (2006) http://www.rand.org/pubs/monographs/2006/RAND_MG403.pdf
8
Capitolo I
Guerra preventiva nel diritto internazionale:
prima e dopo lo Statuto delle Nazioni Unite
1.1 Il Caso Caroline
Il delinearsi di una dottrina della legittima difesa preventiva nella storia del diritto
internazionale contemporaneo prende le mosse dal noto caso Caroline, pietra miliare
nella futura definizione dei presupposti per l'uso legittimo della forza da parte degli
Stati.
Il fatto avviene nel 1837 in Canada, dominio inglese dal 1763
1
, dove già da alcuni anni
aveva preso corpo una rivolta anti britannica.
I ribelli canadesi, forti dell’ informale sostegno americano, avevano preso possesso
dell’isola di Navy, sul fiume Niagara, facendone base delle loro azioni di guerriglia,
facendosi rifornire di armi e alimenti dagli americani tramite il battello a vapore SS
Caroline
2
.
Nella notte del 29 dicembre, mentre la nave era ancorata alla sponda statunitense, le
truppe inglesi attraversarono il fiume, abbordarono la nave, uccisero numerosi cittadini
americani e diedero fuoco al battello, che precipitò dalle vicine cascate del Niagara
3
.
Il governo inglese rivendicò di aver agito per legittima difesa, affondando la nave al
fine di prevenire il futuro trasporto di rifornimenti ai ribelli.
Il dibattito sulla legalità dell’azione britannica iniziò con una nota, datata 5 gennaio
1838, inviata dal segretario di Stato americano John Forsyth al Ministro inglese a
Washington Henry S. Fox, nella quale si definiva l’accaduto “un incredibile
oltraggio”, richiedendo spiegazioni esaurienti e auspicando la più celere punizione dei
responsabili.
4
La soluzione diplomatica del caso ebbe luogo durante i negoziati del trattato Webster-
Ashburton del 1842. Il nuovo Segretario di Stato americano, Daniel Webster ammise la
legittimità di un azione di autodifesa qualora ne sussista la reale necessità, ma negò
che questo requisito fosse presente nella fattispecie
5
.
Altro prerequisito per l’utilizzo della forza in legittima difesa preventiva che la dottrina
1
David J. Berguson; The Collins dictionary of Canadian history: 1867 to the present (1988)
2
Kenneth R. Stevens; Border Diplomacy- The Caroline and McLeod Affairs in Anglo-American-Canadian Relations, 1837-
1842 University of Alabama Press (1989)
3
Anthony Clark Arend; International Law and the Preemptive Use of Military Force, The Center for Strategic and
International Studies and the Massachusetts Institute of Technology in The Washington Quarterly 2003
http://www.twq.com/03spring/docs/03spring_arend.pdf
4
Abraham D. Sofaer; On the Necessity of Pre-emption in European Journal of International Law, Vol. 14 No. 2, 2003,p. 220
http://ejil.oxfordjournals.org/content/14/2/209.full.pdf
5
Christopher Greenwood; The Caroline, Max Planck Encyclopedia of Public International Law (2009)
http://www.mpepil.com /sample_article?id=/epil/entries/law-9780199231690-e26
9
successiva estrapolò dal caso fu quello della proporzionalità dell’atto militare rispetto
alla gravità della minaccia incombente.
Rimasero fondamento del diritto internazionale in materia le parole dello stesso
Webster, divenute parte del cosiddetto “Caroline Test” riaffermato anche dal tribunale
di Norimberga, nelle quali il Segretario affermava che, qualora uno Stato, dopo aver
compiuto un attacco armato a danni di un altro, avanzasse la pretesa di aver esercitato
il diritto di auto difesa, avrebbe dovuto dimostrare di aver agito in base ad una
necessità presentatasi come “ instant, overwhelming, leaving no choice of means, and
no moment of deliberation”
6
In altre parole lo Stato avrebbe dovuto dimostrare che l'uso della forza da parte del
potenziale aggressore risultava imminente e che non ci sarebbe stato modo diverso da
una attacco armato per impedire l'aggressione
7
Webster spiegava poi il concetto di proporzionalità di un eventuale atto di legittima
difesa, affermando che, affinchè l'attacco britannico potesse risultare legittimo: “the
local authorities of Canada, even supposing the necessity of the moment authorized
them to enter the territories of the United States at all, did nothing unreasonable
or excessive; since the act, justified by the necessity of self-defense, must be limited by
that necessity, and kept clearly within it.”
8
Questi due prerequisiti rimasero alla base dell’esercizio del diritto di legittima difesa e
di legittima difesa preventiva, guadagnando riconoscimento universale come norme
consuetudinarie di diritto internazionale
9
, inserendosi in un paradigma normativo
rimasto invariato nelle sue basi teoriche sino all’avvento dello Statuto delle Nazioni
Unite.
10
Il diritto di legittima difesa in generale fu poi, nel corso degli anni, subordinato dalla
dottrina alla sussistenza di un terzo requisito, vale a dire quello dell’immediatezza
della risposta all’ avvenuto attacco, principio venuto alla luce nel ventesimo secolo e
finalizzato ad escludere l’ammissibilità di rappresaglie armate, a tutt’oggi vietate dal
diritto internazionale.
Questo terzo requisito rimane tuttavia al di fuori dell’ambito della nostra trattazione,
per via della mutua esclusione tra di esso ed il concetto di legittima difesa preventiva,
la quale esplicita l’azione difensiva in uno stadio antecedente a quello dell’ avvenuta
aggressione.
6
Letter from Mr. Webster to Lord Ashburton, August 6, 1842, citato in Lori F. Damrosch; International Law: Cases and
Materials p. 923 (2001)
7
Anthony Clark Arend, supra nota 3
8
Letter from Mr. Webster to Mr. Fox, April 24, 1841, citato in Lori F. Damrosch; International Law: Cases and Materials
(2001)
9
Oscar Schachter; In Defense of International Rules on the Use of Force , University of Chicago Law Review, Vol. 53, 1986,
pp. 113–146 e 131–132
10
Anthony Clark Arend, supra nota 3
10
1.2 Il contesto dello Statuto
La seconda Guerra Mondiale lasciò un vuoto nel diritto internazionale, dimostrando la
fragilità dei trattati che, nel primo dopoguerra, avevano tentato una definizione dei
criteri per limitare il ricorso all’uso della forza tra Stati.
Questo vuoto fu colmato nel 1945, con l’istituzione dell’Organizzazione delle
Nazioni Unite, il cui Statuto ebbe un effetto innovativo senza precedenti sulla
regolamentazione dell’uso della forza nel diritto internazionale, creando un vero e
proprio sistema di sicurezza collettiva laddove, sino a quel momento, si erano
succeduti solo una serie di trattati di autodifesa collettiva
11
, carenti di quell’universalità
e di quel conferimento di autorità forte ad un organo comune che caratterizzava la
nuova impostazione.
Al fine di “salvare le future generazioni dal flagello della guerra”
12
si creò un sistema
normativo atto a vincolare gli Stati in vista del mantenimento della pace e la sicurezza
internazionale, assegnando all’ ONU il compito di “prendere efficaci misure collettive
per prevenire e rimuovere le minacce alla pace e per reprimere gli atti di aggressione
o le altre violazioni della pace, e conseguire con mezzi pacifici, ed in conformità ai
princìpi della giustizia e del diritto internazionale, la composizione o la soluzione
delle controversie o delle situazioni internazionali che potrebbero portare ad una
violazione della pace”
13
, obiettivo irrealizzabile senza una simultanea rinuncia degli
Stati membri all’arbitrarietà nel loro jus ad bellum.
Gli Stati contraenti avrebbero dovuto ”astenersi nelle loro relazioni internazionali
dalla minaccia o dall’uso della forza, sia contro l’integrità territoriale o
l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera
incompatibile con i fini delle Nazioni Unite”
14
conferendo al Consiglio di Sicurezza “la
responsabilità principale del mantenimento della pace e della sicurezza
internazionale”
15
.
Facile immaginare che un istituto come quello della legittima difesa preventiva, basato
sulla valutazione soggettiva di un rischio imminente ma non ancora realizzatosi, fosse
destinato a non avere vita facile all’ interno di un progetto che aveva come obiettivo
quello di limitare la discrezionalità nell’uso della forza da parte degli Stati.
Lo stesso esercizio del diritto naturale (ing: inherent) di legittima difesa diveniva
oggetto dell’ articolo 51 dello Statuto, che afferma: “Nessuna disposizione del presente
Statuto pregiudica il diritto naturale di autodifesa individuale o collettiva, nel caso in
cui abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché
il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e
11
Yoram Dinstein; War, Aggression and Self Defence, Fifth Ed. 2011, pg.304
12
Statuto delle Nazioni Unite 26/06/1945
13
Ibidem art 1.1
14
Ibidem art 2.4
15
Ibidem art 24
11
la sicurezza internazionale”
16
, stabilendo così una delle due eccezioni al divieto dell’
uso della forza presenti nella Carta, dove l’altra eccezione è l’autorizzazione del
Consiglio di Sicurezza ex articolo 42.
La nozione di legittima difesa in questione esprime la necessità immediata di
respingere un’eventuale aggressione, a prescindere da qualsiasi intenzione punitiva.
17
Gran parte della discussione dottrinale sull’ammissibilità della legittima difesa
preventiva verte sul significato dell’aggettivo “naturale” che, per una minoranza della
dottrina (Waldock, Bowett, Arangio Ruiz, McDougal, Feliciano), indicherebbe un
riferimento al diritto consuetudinario esistente fino al 1945, che contemplava la
possibilità di agire per legittima difesa preventiva;
18
posizione, questa, sostenuta anche
da alcuni Stati direttamente interessati e che ha assunto particolare rilevanza in tempi
recenti in riferimento alla War On Terror
19
, producendo una grande mole di trattazioni
al riguardo a sostegno di una altrettanto grande pluralità di opinioni, aventi toni e
sfumature diverse.
Di fronte all’ interpretazione “restrittiva” del dettato della Carta, sostenuta comunque
dalla maggioranza della dottrina, nacquero, col passare del tempo, posizioni
contrastanti. Ricordiamo, ad esempio, quella di Myres McDougal e Florentino
Feliciano, che nel ’59 rigettarono una’interpretazione strettamente letterale e
meccanica del dettato dello Statuto, criticando quella parte della dottrina che l’avrebbe
voluto presentare come un documento privo di precetti morali e di fini ideologici
20
che
proibirebbe dunque ogni tipo di uso della forza salvo le eccezioni espresse.
McDougal e Feliciano ritenevano antistorica un interpretazione limitativa dell’
aggettivo “naturale” ai fini dell’efficacia dell’ articolo 51
21
, rifiutando più
generalmente un approccio all’uso della forza che limitasse la possibilità di giudicare
un ampia gamma di fattori contingenti riguardanti la situazione specifica di pericolo.
22
Secondo Sergio Marchisio l’interpretazione della Carta richiede invece in primo luogo
l’uso di un criterio ermeneutico oggettivo, basato sul significato letterale del testo (così
come indicato dagli articoli 31-33 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati
del 1969) .
23
L’interpretazione strettamente testuale, fondamentale ai fini della stabilità del
documento, andrebbe poi integrata con quella contestuale, che tiene conto del ruolo
16
Ibidem art 51
17
Roberto Ago; Scritti sulla responsabilità internazionale degli Stati a cura di Blase e Marchisio, Napoli (1986) pp. 1360-
1367
18
Riccardo Monaco,Carlo Curti Gialdino; Manuale di Diritto Internazionale Pubblico, Utet giuridica (2009) p. 569
19
“War On Terror” termine coniato da George W Bush per denotare una lotta militare,ideologica,politica e legale a
carattere globale contro le reti del terrorismo internazionale. Detta anche “Global War On Terrorism”, è identificabile
con una serie di operazioni condotte dopo l’11/09/2001 da Stati Uniti e Inghilterra con l’appoggio di paesi Nato e non.
Vedi Paul S. Boyer; War On Terrorism, The Oxford Companion to United States History (2001)
20
Abraham D. Sofaer, supra nota 4
21
Myres S. McDougal; The Soviet-Cuban Quarantine and Self-Defense , Faculty Scholarship Series. Paper 2607 (1963)
http://digitalcommons.law.yale.edu/fss_papers/2607
22
Abraham D. Sofaer, supra nota 4
23
Sergio Marchisio; L’ONU: Il diritto delle Nazioni Unite, Il Mulino (2000) p. 47
12
delle norme all’interno dell’insieme dello Statuto, e da quella teleologica, utile a
garantire il dinamismo dell’ Organizzazione.
24
1.3 La pratica degli Stati
Istanze di legittima difesa preventiva hanno prodotto, dopo l’adozione dello Statuto
delle Nazioni Unite, molteplici risposte da parte della comunità internazionale, con
alcuni casi tacitamente avallati o perlomeno tollerati dall’ONU.
25
Presupposto fondamentale per la comprensione dell’effettivo comportamento militare
degli Stati nel contesto del nuovo sistema di sicurezza collettiva, è il permanere
dell’impostazione positivista secondo cui nessuno Stato può essere sottoposto alla
vigenza del diritto internazionale senza il suo consenso; diritto internazionale che
nasce per volontà degli Stati di sottoporsi ad esso.
26
Come spiegava la Corte permanente di giustizia internazionale nel noto caso Lotus:
“International law governs relations between independent States. The rules of law
binding upon States therefore emanate from their own free will as expressed in
conventions or by usages generally accepted as expressing principles of law and
established in order to regulate relations between these co-existing independent
communities or with a view to the achievement of common aims. Restrictions upon the
independence of States cannot therefore be presumed”
27
Vista anche l’ambiguità della Carta sul rapporto con le norme consuetudinarie
precedenti in materia, si comprende la divergenza di opinioni sui più noti casi di
presunta legittima difesa preventiva nella seconda metà del ventesimo secolo.
Di questi ultimi faremo pochi paradigmatici esempi, cercando di comprendere anche
quale fu l’atteggiamento tenuto dal Consiglio di Sicurezza in quei frangenti.
1.3.1 La crisi missilistica di Cuba (1962)
Durante la crisi missilistica cubana, gli Stati Uniti formularono una serie di argomenti
giuridici che potessero giustificare l’imposizione di una “quarantena difensiva” nei
confronti dei possibili attacchi cubani e sovietici provenienti dall’isola.
24
Idem
25
Thomas Franck; The Institute for Global Legal Studies Inaugural Colloquium: The UN And The Protection Of Human
Rights: When, If Ever, May States Deploy Military Force Without Prior Security Council Authorization?, 5 WASH. U.J.L. &
POL'Y 2001 pp. 51- 54
26
Anthony Clark Arend, supra nota 3
27
The S.S. Lotus, Permanent Court of International Justice (1927), P.C.I.J. Ser. A, no. 10, Damrosch, International Law: Cases
and Materials (2001), pp. 68–69