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INTRODUZIONE
Suoni e rumori investono ormai quasi tutto lo spazio in cui viviamo e non potremmo
pensare alla nostra esistenza senza la musica che ci accompagna ovunque.
La tesi qui presente ha l'obiettivo di approfondire il rapporto che l'uomo ha con la
musica e con i suoni, svolgendo tre esperimenti. Il primo relativo all'attenzione
(esperimento Cocktail party), il secondo che vuole andare a verificare il rapporto
dell'uomo con la musica (esperimento Xenakis) ed infine il terzo esperimento che va
a mostrare il rapporto che i bambini hanno con la musica nella e fuori della scuola, e
quali comportamenti e linguaggi espressivi mettono in atto (esperimento Jazéquél).
Il primo capitolo, "Cocktail Party", tratta il meccanismo che intercorre nell'uomo
circa la percezione dei suoni in determinati contesti. La situazione Cocktail party si
presenta continuamente nella nostra quotidianità. Spesso manteniamo una
conversazione con una persona in un contesto dove sono presenti altre voci di
sottofondo, eppure siamo in grado di recepire tutte le informazioni a cui siamo
interessati. Come facciamo? Questo capitolo ha l'obiettivo di approfondire gli
aspetti neurofisiologici del cervello chiamati in causa. L'attenzione ha un ruolo
fondamentale ed in particolar modo l'attenzione selettiva, la quale viene trattata in
gran parte del capitolo. Vengono riportate le ricerche e la teoria del collo di bottiglia
di Broadbent, il quale per primo sviluppa il modello dell'attenzione, paragonando il
processo selettivo dell'attenzione ad un filtro, che seleziona e lascia entrare solo le
informazioni che hanno specifiche caratteristiche fisiche ricercate dal selettore. Lo
psicologo Cherry, ripercorrendo gli studi di Broadbent, inizia i primi esperimenti
utilizzando la tecnica dello shodowing, ovvero il soggetto ascolta due messaggi
simultaneamente e deve ripeterne solo uno. Dunque, entrambi gli psicologi
affermano che solo uno degli stimoli sensoriali può arrivare fino al livello dei
processi percettivi ed essere riconosciuto. Le ricerche di Moray e Treisman
affrontano un'elaborazione del modello di Broadbent, dando origine al modello del
filtro attenuato. Per questi studiosi, al contrario della teoria tutto o nulla di
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Broadbent, il filtro sensoriale non blocca completamente i messaggi non selezionati
come principali ma li attenua, mantenendoli ad un livello inconscio. Entrambi però,
sia la Treisman che Broadbent hanno in comune l'idea che il filtro sia periferico.
In disaccordo con la posizione del filtro lo sono Antony Deutsch, Diana Deutsch e
Norman, i quali sostengono che il "collo di bottiglia" abbia sede più avanti, a livello
centrale e che questo sia il punto in cui avviene la selezione degli stimoli.
Quest'ultimi, dunque, analizzano tutti gli stimoli per scartare in un secondo
momento quelli inutili. Johnston e Heinz con il loro modello "misto o multimodale"
fondono insieme le teorie precedenti, arrivando alla conclusione che la collocazione
del filtro è in correlazione con le risorse attentive, che il soggetto deve dislocare nel
momento della codifica. Infine, Kahneman, teorico della capacità, afferma che
l'uomo ha un'esecuzione limitata delle sue attività mentali, sia dal tipo di compito,
sia dalle motivazioni personali che condizionano. Dopo aver riportato un quadro
teorico, verrà trattato in breve l'esperimento del "gorilla invisibile" sotto un punto
di vista fisiologico-neuronale.
Studi recenti sul fenomeno del Cocktail party sono riconducibili agli studi di Bregman
e Shulze. Il primo sviluppa il concetto di oggetto uditivo ed afferma che il nostro
cervello riconosce diversi oggetti uditivi a partire dalle loro proprietà fisiche, come
per esempio la voce squillante di un bambino, introducendo così il concetto di hertz,
di frequenza e periodicità, il secondo mette in atto degli esperimenti sul gerbillo
della Mongolia arrivando alla conclusione che le singole voci si distinguono
attraverso diverse periodicità.
L'ultimo paragrafo è dedicato all'esperimento effettuato, creando una situazione
"cocktail party", con dieci soggetti, i quali sono stati ripresi durante una cena ed
osservarti, andando così ad affermare e dimostrare le basi teoriche alle quali
abbiamo fatto riferimento in questo capitolo.
Nel secondo capitolo, "Xenakis: l'uomo e la musica", l'obiettivo era quello di
verificare l'ipotesi secondo la quale l'uomo può creare musica sebbene non abbia
delle conoscenze teorico-musicali, in quanto la musica è insita nell'uomo. Abbiamo
sottoposto dei soggetti ad un esperimento che consisteva nel lasciarli in una stanza
con dei strumenti per un tempo prestabilito ed osservare quello che accadeva.
L'esperimento effettuato era stato ipotizzato da Xenakis, il quale era sicuro che i
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soggetti avrebbero toccato gli strumenti ed iniziato a produrre suoni. Dunque, il
nostro obiettivo era verificare se i soggetti si approcciavano agli strumenti, quale
relazione intercorreva tra loro e gli strumenti. Abbiamo messo appunto un
questionario con delle domande a risposta chiusa e una a risposta aperta, per
agevolarci il lavoro di osservazione e tabulazione dati. Alla fine abbiamo analizzato i
dati e confermato l'ipotesi.
Infine, il terzo capitolo, " La musicalità del bambino", apre con un' introduzione alla
filosofia di Delalande e la Frapat spiegando brevemente su cosa si basa la pedagogia
del risveglio e l'importanza che la musica ha per il bambino. Viene esposto, in
seguito, il terzo esperimento il quale mette a confronto due contesti, quello
scolastico e quello abituale, per vedere l'approccio messo in atto dal bambino verso
la musica. Le ipotesi di lavoro da verificare erano le modalità espressive utilizzate
durante la specifica lezione di musica e non. Quindi, è stata creata una griglia di
osservazione da utilizzare sia in classe, che fuori dalla scuola, che ha aiutato nel lavoro
di osservazione e tabulazione dati.
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CAPITOLO 1 EFFETTO COCKTAIL PARTY
1.1 La memoria sensoriale e l’attenzione
Mentre siamo seduti in camera, leggendo un libro, i nostri sensi sono bombardati da
un’infinità di stimoli, ma noi abbiamo la possibilità di estrarne solo alcuni, sui quali
concentrare la nostra attenzione. Per esempio, possiamo smettere di leggere e
prestare attenzione ad una notizia trasmessa in televisione, senza renderci conto
che il nostro cane abbaia in giardino, e a malapena avvertiamo i rumori del traffico.
Tutti questi suoni non producono sulla nostra coscienza un’impressione così forte e
netta come la notizia in televisione sulla quale la nostra attenzione è concentrata.
Ogni altro stimolo entra a far parte dello sfondo. Ma, a nostro piacimento possiamo
spostare l’attenzione dalla notizia a qualsiasi altro suono. Secondo quanto prevede
il modello modale della mente
1
(Fig. 1.1), i suoni, le scene e ogni altro stimolo che
colpisce i nostri sensi entrano tutti in poco tempo nella memoria sensoriale, solo
alcune informazioni passano alla memoria di lavoro, dove entrano nel flusso del
nostro pensiero conscio. È il processo dell’attenzione a determinare quali fra i tanti
stimoli potranno varcare la soglia del conscio. Le informazioni, gli input, i suoni ecc..
che ci arrivano, anche quando non si presta attenzione, vengono trattenuti per un
breve periodo – meno di 1 secondo per gli stimoli visivi, un po’ più a lungo (fino a
qualche secondo) per quelli uditivi. La capacità di trattenere queste informazioni è
definita memoria sensoriale.
1
Questo modello è servito a lungo come quadro generale di riferimento per interpretare il
funzionamento della mente; il termine modale sta per “standard” e le prime versioni di questo
modello furono proposte negli anni ’60 (da Waugh e Norman, 1965 e da Atkinson e Shiffrin, 1968).
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Fig. 1.1 Il modello modale della mentale
1.1.1 La memoria sensoriale: visiva e uditiva
Prima di prendere in esame il processo dell’attenzione, è utile avere un’idea sulla
natura della memoria sensoriale in relazione alla vista e all’udito.
La memoria sensoriale relativa alla visione è detta anche memoria iconica ed il primo
ad ipotizzare l’esistenza di suddetta memoria fu lo psicologo George Sperling
(1960). Sperling durante i suoi esperimenti sulla percezione visiva, trovò che quando
proiettava, per non più di 1/20 di secondo, diapositive in cui comparivano serie di
lettere, i soggetti erano in grado di leggere le lettere, come se erano ancora
presenti, fino a 1/3 di secondo dopo che le diapositive erano scomparse dallo
schermo. Questo lo portò a ipotizzare l’esistenza di un “magazzino” della memoria
capace di trattenere informazioni visive per circa 1/3 di secondo.
Una prova ancora più diretta di quanto detto sin ora fu fornita da Charles Eriksen e
James Collins, i quali scoprirono che la sovrapposizione di due icone produce un
effetto simile alla sovrapposizione di due figure. Questi ricercatori crearono coppie
di insiemi di punti, che erano distribuiti del tutto a caso, ma formavano una sillaba se
i due insiemi venivano sovrapposti.
Nell’esperimento, dunque, erano presentati due insiemi di punti (insieme “A” e
insieme “B”) a brevissimo intervallo di tempo l’uno dall’altro e la maggior parte dei
soggetti riusciva a leggere la sillaba, esattamente come quando i due insiemi A e B
erano proiettati sullo schermo simultaneamente.
Attualmente i risultati sperimentali non permettono di dare una risposta conclusiva
su quale sia il ruolo svolto dalla memoria iconica nella normale percezione visiva.
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Una delle ipotesi formulate è che essa conservi la traccia dell’informazione
sensoriale per il breve tempo necessario agli occhi per spostare il fulcro da un punto
all’altro e questo consente di interagire con l’informazione e di percepire costanze e
cambiamenti della scena a cui assistiamo.
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In secondo luogo, quando parliamo di memoria sensoriale uditiva, ci riferiamo alla
memoria iconica, in quanto la traccia di breve durata prodotta da un determinato
suono è detta eco.
In un tipico esperimento sulla memoria iconica si richiede ai soggetti di concentrare
l’attenzione su un compito specifico, ad esempio, leggere un brano in prosa, sul
quale poi dovranno essere interrogati, ed ignorare le parole che sentiranno
pronunciare da una voce (spesso si tratta di una lista di numeri). Ogni tanto il lavoro
sul brano viene interrotto da un determinato segnale; si richiede, quindi, ai soggetti
di ripetere le ultime parole che sono state pronunciate mentre lavoravano. In
generale, i soggetti sono capaci di ripetere le ultime parole se il segnale si presenta
subito dopo la lista dei numeri udita, ma quando l’intervallo di tempo fra la
presentazione dei numeri e il segnale aumenta fino a 10 secondi, si ha una ricaduta
nel ripetere correttamente la sequenza
3
.
<<Il fatto che la memoria ecoica abbia una durata relativamente lunga può essere
importante ai fini della percezione del discorso, un processo, che per sua natura,
richiede l’integrazione di informazioni trasmesse in un certo arco di tempo. Per
comprendere una frase che sentiamo pronunciare dobbiamo lasciare accumulare
nel tempo tutta una serie di suoni distinti, e una memoria ecoica di lunga durata
può essere utile in tal senso>>
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Ad esempio, nell’esperimento sull’interpolazione dei fonemi (condotto da Warren,
1984) veniva osservato che la percezione soggettiva di una certa parola può essere
influenzata dalle parole che la seguono. Nell’esperimento veniva presentato il
suono *eel (dove l’asterisco sta per un fonema sostituito da un colpo di tosse) ed i
soggetti lo udivano come peel(buccia) quando era seguito dalla parola was on the
2
Irwin, D.E. Memory for position and identity across eye movements. Journal of Experimental
Psychology: Learning, Memory, and Cognition, pp.307-317, 1992.
3
Si veda, ad esempio, Cowan et al., 2000.
4
Gray, Peter. Psicologia, Zanichelli editore, Bologna, pp.295 ( titolo originale: Psychology, New York
and Basingstoke, 1991), 2004.
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orange(era sull’arancia) e come heel(tacco) se era seguito da was on the shoe( era
sulla scarpa). Questo risultato non era il risultato di un’ inferenza conscia, perché i
soggetti erano convinti di aver effettivamente udito la prima consonante. La
memoria sensoriale ha messo in atto una modifica della parola, antecedentemente
al suo ingresso nella coscienza, questo a dimostranza del fatto che la memoria
ecoica non è solo un magazzino passivo, ma al suo interno l’informazione sensoriale
può essere modificata in modo da produrre costrutti dotati di significato.
1.2 L’attenzione
Fin’ ora non abbiamo approfondito il concetto di attenzione, quel processo selettivo
che, di tutti gli input registrati per breve tempo nella memoria sensoriale, seleziona
solo alcune informazioni per passarle nella memoria di lavoro, dove vengono
percepite ed elaborate in modo conscio dai processi mentali.
L’attenzione può essere ancora meglio definita come:
<<L’atto per cui la mente prende possesso in forma limpida e vivace di uno fra
tanti oggetti e fra diverse correnti di pensieri che si presentano come
simultaneamente possibili [...] essa implica l’abbandono di certe cose, allo scopo
di trattare più efficacemente con altre, ed è uno stato che trova precisamente il
suo opposto in quello stato di dispersione, confusione, che […] viene detto
distrazione.>>
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L’attenzione è un processo cognitivo primario, poiché è sempre presente in ogni
altro processo, in quanto non può esserci percezione, emozione, memoria,
linguaggio e pensiero senza l’attenzione. William James individua nell’attenzione
due caratteristiche principali, la focalizzazione e la concentrazione; la prima è un
processo selettivo mediante il quale decidiamo quale stimolo, tra i tanti, prendere in
considerazione, mentre la seconda, la concentrazione, rappresenta la quantità di
sforzo cognitivo richiesto per mantenere l’attenzione focalizzata sullo stimolo. In
generale, possiamo dire che l’attenzione indica la capacità del soggetto di
focalizzarsi su qualcosa. Ma che cosa ci fa prestare attenzione? Potremmo dire che
5
William, James. Principi di Psicologia, Principato editore, p.298, 1890.
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noi stessi scegliamo su cosa focalizzare la nostra attenzione (attenzione volontaria),
ma spesso questa viene catturata involontariamente (attenzione involontaria), per
esempio quando si presentano stimoli nuovi, complessi ecc.. . L’attenzione può
essere classificata in tre categorie: l’attenzione selettiva, l’attenzione divisa ed infine
l’attenzione sostenuta.
La prima, l’attenzione selettiva, coincide con la capacità di mettere in evidenza uno
o due stimoli o idee importanti che si stanno affrontando mentre viene soppressa la
consapevolezza relativa ad elementi distraenti che competono con l’attività
dell’attenzione
6
. Esistono dei limiti nella quantità di stimoli a cui il soggetto presta
attenzione in un dato momento; interferenze, interne all’organismo (un calo di
motivazione o particolari stati emotivi) o esterne all’organismo, producono il
cambiamento involontario in un focus precedentemente stabilito, fenomeno
comunemente definito distrazione. Di conseguenza, gli stimoli che hanno un buon
rilievo percettivo (un suono rimarcato con l’accento, una pausa seguita da un
aumento di volume ecc.) destano una maggiore attenzione e vengono registrati più
facilmente
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. La selettività della coscienza può essere attivata involontariamente da
stimoli intensi ed emotivi o volontariamente, cioè da uno sforzo di volontà diretto a
uno scopo. Quando è volontaria è paragonata ad un processo o compito
preattentivo che la persona adotta, individuando preliminarmente degli stimoli-
bersaglio su cui orientare il focus attentivo.
Il fenomeno del cocktail party dimostra come l’attenzione selettiva non è soltanto un
meccanismo che permette di eliminare i messaggi in competizione ma è, invece, un
<< sistema che controlla l’intera massa di input e che in ogni singolo istante mette a
fuoco l’informazione appropriata >>
8
. Il concetto di “attenzione selettiva” si diffuse a
partire dagli anni ’50 del Novecento, dopo le ricerche dello psicologo inglese
Broadbent, riassunte nel suo libro del 1958 Perception and communication , il quale
suppose un sistema di filtraggio della mente solo su alcuni stimoli in entrata,
seguita dall’ elaborazione cognitiva negli stadi successivi. Ad esempio nelle sue
6
Deutsch, M. Valutazione neuropsicologica: teoria e pratica, Edra editore, p.75, 2000.
7
Canestrari R., Godino A. Introduzione alla psicologia generale, Mondadori Bruno editore, p.133,
2002.
8
Burla, F., Capozzi, S., Lozupone,E. Elementi di psicologia, pedagogia, sociologia per le professioni
sanitarie, FrancoAngeli editore, p.19, 2007.