Capitolo Primo
LE BIOTECNOLOGIE
1. Le tecniche biologiche tradizionali.
1.1 Cosa sono le biotecnologie.
Biotecnologia
(1)
è un termine composto, introdotto di recente nel
linguaggio comune e scientifico, nato dall’accostamento di due
concetti che ne racchiudono il significato: il primo deriva dal greco
bìos, vita, così come il secondo, tecnologia, a sua volta formato dai
vocaboli techné e logos (letteralmente 'discorso sull'arte' o abilità),
definita quale il complesso di conoscenze, capacità professionali,
procedimenti, competenze, attrezzature e soluzioni tecniche necessarie per
la realizzazione e la produzione di beni, processi e servizi.
Biotech designa dunque le tecnologie che riguardano la vita,
applicate alla materia vivente attraverso strategie pratiche con cui le
creature (microrganismi, vegetali e animali) vengono impiegate
come mezzi produttivi; consistono nell'utilizzo integrato,
interdisciplinare e progettuale di sistemi biologici per ottenere prodotti e
servizi, secondo la definizione del prof. De Flora, studioso del
Dipartimento per le Biotecnologie presso la facoltà di Medicina
dell'Università di Genova nonché direttore di alcuni progetti
applicativi finalizzati CNR.
A causa del forte avanzamento scientifico e tecnologico che negli
ultimi cinquant'anni ha interessato un gran numero di settori e che è
in continua crescita, si parla attualmente di una vera e propria
rivoluzione biotecnologica che ha portato profonde innovazioni a
tutti i livelli dell'attività umana, sollevando inevitabilmente
entusiasmi, timori e perplessità che dividono gli animi in un clima di
(1)
Per una panoramica complessiva ed esaustiva sui vari aspetti dell'argomento (profilo
tecnico-scientifico, economico-giuridico ed etico-sociale), si veda Montanari B., Le
biotecnologie: atti del Convegno di Catania (Villa Cerami), 1999.
1
generale incertezza in cui non è stato ancora raggiunto un equilibrio
stabile e soddisfacente tra le diverse istanze.
1.2 Breve storia delle biotecnologie.
In realtà l'uomo sfrutta da sempre i processi naturali ed adotta
metodi di interazione con l'ambiente e gli organismi viventi che lo
popolano, adattandoli alle proprie esigenze, principalmente
alimentari, ben prima di conoscerne e comprenderne i meccanismi
che ne sono alla base.
(2)
Fin dagli albori, lo sviluppo delle civiltà umane succedutesi nelle
diverse epoche storiche è stato legato alla disponibilità di risorse e
quindi al benessere degli individui e della collettività.
Uno dei primi e più importanti campi d'intervento dell'essere
umano sull'ambiente circostante è coinciso con l'agricoltura, tramite
la selezione sempre più affinata di specie vegetali commestibili per
ottenerne un miglioramento qualitativo e quantitativo della
produzione.
Inizialmente venivano usati espedienti piuttosto rudimentali, ma col
passare del tempo l'aumento dell'esperienza e l'approfondimento
delle conoscenze hanno via via condotto alla specializzazione di
tecniche più o meno elaborate di cernita, mantenimento e
riproduzione delle caratteristiche vantaggiose individuate in alcuni
soggetti, attraverso incroci ed innesti tra differenti varietà, fino alla
creazione di linee pure, nuove specie affini a quelle di partenza che
ne ripresentano contemporaneamente le qualità più proficue.
L'utilizzo delle biotecnologie, anche se allora non erano
conosciute come tali, ha avuto inizio oltre diecimila anni fa quando,
dopo lunghe ed attente osservazioni dei fenomeni naturali, alcune
antiche popolazioni, per soddisfare più efficacemente le loro
necessità, hanno messo in atto degli accorgimenti che apportavano
migliorie nella produttività delle colture o consentivano la
trasformazione dei composti nutritivi per l'approvviggionamento e
la conservazione di derrate alimentari dalle quali dipendeva spesso
la sopravvivenza della comunità.
(2)
Sulla nascita, lo sviluppo e la descrizione dei metodi biotecnologici antichi e moderni
applicati in campo agroalimentare, Buiatti M., Le biotecnologie, 2004.
2
Già nel 6.000 a.C. Sumeri e Babilonesi avevano scoperto ed imparato
a sfruttare i processi biotecnologici trasformativi quali la
fermentazione e la lievitazione, avvalendosi inconsapevolmente ma
con successo dell'opera di determinati batteri, che anzi sono stati
mano a mano selezionati con l'uso per replicarne ed ottimizzarne gli
effetti.
Il sistema di scelta e incrocio degli individui dotati dei caratteri
più vantaggiosi è stato poi applicato con maggior cognizione di
causa agli animali (canidi, bovini, ovini, suini ed equini) e
cinquemila anni fa alle piante.
L'insieme delle suddette pratiche di adeguamento degli esseri
viventi alle esigenze umane viene detto domesticazione ed ha
costituito la prima forma di miglioramento genetico indotta
artificialmente, basata ancora sui meccanismi riproduttivi naturali e
sull'impiego della variabilità genetica esistente e disponibile,
sottostanti ai limiti posti dalle barriere riproduttive biologiche che
impediscono la fecondazione tra organismi appartenenti a specie
troppo dissimili tra loro.
I procedimenti tradizionali, attuati tramite incrocio selettivo,
consistevano appunto in una serie di scelte, incroci e reincroci
successivi fra più soggetti portatori di caratteristiche utili
complementari ed appartenenti a linee diverse della medesima
specie (omogenei), quindi interfecondi, la cui unione può avvenire
cioè anche spontaneamente. Tali azioni venivano reiterate fino alla
fissazione delle qualità che si volevano riprodurre nelle nuove
generazioni.
Nella maggior parte dei casi ne derivano ibridi sterili, ma non è
sempre così.
Se da un lato la realizzazione di tali metodi è molto laboriosa,
richiede tempi lunghi (almeno quindici anni per il perfezionamento
di una nuova varietà vegetale), ripetuti tentativi e continui
aggiustamenti prima di giungere al risultato desiderato, dall'altro
proprio per questo difficilmente travalica gli equilibri ambientali,
che fungono anzi da parametro di conformità.
Il miglioramento genetico apportato per incrocio selettivo, praticato
ormai da millenni, ha deviato l'evoluzione naturale delle specie nella
direzione scelta dall'uomo secondo le sue preferenze. Si tratta pur
sempre di un cambiamento provocato degli assetti ecologici
3
originari; ogni intervento umano sulle fonti alimentari (costituite
quasi esclusivamente da materiali organici) è in definitiva
biotecnologia.
Le tecniche si sono raffinate solo a partire dalla metà
dell'Ottocento, acquisendo il carattere della scientificità, sulla scorta
degli studi effettuati nel 1865 dall'abate agostiniano Gregor Mendel,
scopritore dei meccanismi di trasmissione delle informazioni
ereditarie attraverso le generazioni; sui principi e sulle leggi da lui
formulati è stata fondata e si è mano a mano sviluppata la genetica
(nome coniato da Bateson nel 1906), la scienza che studia il DNA
(sigla dell'acido desossiribonucleico), individuato nel 1869 dal chimico
tedesco Miescher. Circa un secolo più tardi (nel 1953) i due
ricercatori statunitensi Watson e Crik ne hanno descritto la struttura
a doppia elica contenente la sequenza di geni, disposti su due
filamenti collegati, che costituisce il genoma (materiale ereditario) di
ciascun essere vivente.
I primi anni del Novecento non hanno tuttavia portato grandi
innovazioni applicative a seguito delle scoperte appena effettuate. Si
è perlopiù continuato a mirare all'ottenimento ed al
perfezionamento delle suddette linee pure, generazioni successive di
individui, frutto di incroci e reincroci ripetuti per fissare determinate
caratteristiche ottimali, capaci di mantenerle e di trasmetterle a loro
volta nella discendenza senza alcuna alterazione.
A distanza di poco tempo, però, con l'applicazione delle nuove
conoscenze sull'ereditarietà e la genetica, i sistemi di miglioramento
hanno compiuto un balzo in avanti, aprendo la strada a tecniche
innovative, basate sempre sullo sfruttamento dei metodi
riproduttivi naturali; la genetica dei caratteri quantitativi è una di
esse e, come suggerisce il nome, punta alla selezione ed al
potenziamento di singole caratteristiche (invece che alla mera scelta
e combinazione attuate nelle pratiche tradizionali) determinanti
principalmente un incremento di produttività delle piante.
Negli anni Venti del Novecento è poi stata scoperta la possibilità, già
presente in natura, di indurre l'incrocio tra specie vegetali diverse
ma affini, in grado di impollinarsi a vicenda: per la prima volta,
grazie all'ibridazione interspecifica, vengono create nuove varietà
utili; derivanti da tale procedimento sono, ad esempio, il grano, il
mais, la patata ed il tabacco attualmente consumati.
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Con l'avvento delle due metodologie innovative appena descritte,
parte la cosiddetta prima rivoluzione verde, l'inizio delle vere e
proprie ingerenze umane dirette nei meccanismi spontanei di
scambio e trasmissione delle informazioni genetiche tra specie
differenti, al fine di aumentare la produzione alimentare.
L'agricoltura diviene strumento d'impatto che comincia a modificare
sensibilmente l'ambiente circostante e ad intaccare la riserva di
biodiversità (la coesistenza in un ecosistema di un elevato numero
di forme di vita diverse): si afferma la coltivazione intensiva di
poche varietà selezionate a discapito di quelle preesistenti sia
domestiche che selvatiche. Ad accelerare la progressiva riduzione
dell'assortimento qualitativo ha inoltre contribuito
l'industrializzazione delle metodiche colturali (dagli anni Quaranta
agli anni Ottanta), con l'introduzione della meccanizzazione e
l'impiego sempre più massiccio dei composti chimici di sintesi
(pesticidi, diserbanti, fertilizzanti ecc.) per massimizzare la
produttività ortofrutticola; a seguito di ciò sono insorti non pochi né
lievi problemi a livello ambientale e sanitario (per esseri umani ed
animali).
2. Le nuove biotecnologie: la manipolazione genetica.
2.1 I mutanti.
Una soluzione parziale agli inconvenienti di vario ordine emersi
dallo sfruttamento agricolo intensivo si è profilata con lo sviluppo
degli studi sulla genetica
(3)
quando, negli anni Sessanta del secolo
scorso, sono state messe a punto le tecniche di mutagenesi (scoperte
e approfondite prima e durante la seconda guerra mondiale), le quali
consentono di aumentare artificialmente la variabilità genetica
accelerando il processo evolutivo spontaneo in modo da indurre
nell'organismo trattato cambiamenti (mutazioni) che naturalmente
avvengono in periodi di tempo lunghissimi, come risposta adattativa
(3)
Per l'approfondimento specifico della materia, Smith J. E., Biotecnologie, 2000.
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alle pressioni più o meno forti di determinati fattori selettivi
ambientali.
Tali modifiche nel patrimonio genetico di un individuo vengono
provocate dall'azione dei cosiddetti agenti mutageni, cioè tramite
incursione di specifiche sostanze chimiche, bombardamento con
particelle ionizzate, raggi gamma, raggi X o ultravioletti.
Simile procedimento può essere applicato utilmente ai soli vegetali,
poiché gli animali non ne tollerano gli effetti collaterali. Diverse
migliaia di tipi di piante oggi coltivati (primi tra tutti grano e
frumento) sono ottenuti attraverso mutagenesi.
Da questo momento ha inizio la seconda rivoluzione verde: per
la prima volta l'uomo interviene direttamente sul corredo genetico
degli altri esseri viventi, contribuendo in modo del tutto nuovo ed
incisivo alla spinta evolutiva, orientata discrezionalmente a proprio
vantaggio.
I risultati delle ricerche sulla presunta pericolosità dei prodotti
agricoli mutati hanno escluso il rischio di accumulo delle radiazioni,
che sembrano disperdersi dopo aver sortito l'effetto mutageno senza
essere assorbite e quindi senza lasciare tracce negli alimenti.
E' accertato però che siffatte mutazioni possono arrecare grosse
alterazioni metaboliche nel mutante, che in alcuni casi si presenta
più debole rispetto all'omologo di partenza e maggiormente esposto
all'attacco di patogeni o sensibile alle condizioni climatiche e
ambientali.
2.2 L'ingegneria genetica.
Intorno alla metà degli anni Settanta, quando il quadro cognitivo
sulla struttura, la composizione ed il funzionamento della molecola
portatrice delle informazioni ereditarie individuali (il DNA) è
apparso gradualmente più specifico e completo, sopraggiunge
quella che a breve si è rivelata una vera svolta epocale: i biologi
molecolari e i genetisti sono riusciti ad isolare singoli geni o
sequenze geniche dalla catena elicodale di un soggetto (detto
donatore) da cui vengono prelevati ed a trasferirli in un altro
(ricevente), inserendoli nel suo patrimonio genetico e creando così
una forma di vita diversa da tutte quelle preesistenti, esprimente
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nuove caratteristiche non riproducibili naturalmente perché
provenienti da organismi appartenenti a specie, ordini o addirittura
regni tra loro molto distanti.
Questo procedimento, sperimentato inizialmente sui
microrganismi (batteri, virus e funghi, dotati di un assetto genico
meno complesso) e poi applicato alle piante ed agli animali (su di
essi con maggiore difficoltà) è noto come transgenesi o tecnica del
DNA ricombinante ed ha oggi una larghissima diffusione. Il suo
impiego in agricoltura ha segnato la terza rivoluzione verde, che
vede l'essere umano da una prospettiva inedita, calato
improvvisamente nel delicato ruolo di creatore non più solo di
oggetti e strumenti inanimati, ma capace di plasmare la materia
vivente fin nella sua più intima essenza.
Ogni entità biologica, come è noto, interagisce con le altre e con
l'ambiente in cui si trova; inoltre ha la facoltà di replicarsi,
trasmettendo il proprio genoma e, con esso, le eventuali nuove
qualità introdottevi. Circostanze di non scarso rilievo, di cui è
necessario tener conto nell'applicazione delle biotecnologie
avanzate, considerato che allo stato attuale delle conoscenze
scientifiche sembra essere ancora alto il grado di imprevedibilità
nelle reazioni e nei comportamenti adattativi dei soggetti
transgenici.
La manipolazione genetica è il primo metodo biotecnologico che
consente di abbattere le barriere riproduttive interspecifiche; tale
particolarità la distingue nettamente dai sistemi precedentemente
ideati, sia tradizionali che innovativi (incrocio e mutagenesi), per
fissare e potenziare alcuni dei caratteri già esistenti nella specie, ma
che non consentono di immetterne altri estranei.
Per effettuare il passaggio di geni dall'organismo donatore a quello
ospite, vera e propria operazione chirurgica a livello molecolare,
vengono adoperati dei vettori enzimatici solitamente batterici o
virali, i quali agiscono come 'collanti' e promotori funzionali
(attivano cioè l'interazione genica dopo l'inserimento).
L'ingegneria genetica, in un certo senso, 'ricostruisce' gli esseri
viventi tramite l'assemblaggio di componenti di diversa provenienza
secondo un progetto mirato al loro impiego per scopi produttivi;
questa metafora meccanicistica può aiutare a chiarire a chi non è
esperto della materia in cosa consista tale pratica.
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Una nozione elaborata in ambito scientifico delle nuove tecniche
del DNA ricombinante le descrive come interventi specifici orientati
alla modificazione di alcuni caratteri del patrimonio ereditario di animali,
vegetali o microrganismi.
Vi è anche una interessante e puntuale definizione legale, formulata
dal Governo britannico, che le indica quali fonti di produzione di
nuove combinazioni di materiale ereditabile, ottenute mediante inserzione
di molecole di acido nucleico (DNA) di qualunque origine, in un individuo
ospite nel quale tali sequenze geniche non sono presenti naturalmente ma
che, una volta acquisite, possono propagarsi indefinitamente.
Già nel 1992 la legge francese identifica gli OGM: essi corrispondono
a quelle "piante, animali, esseri umani o microrganismi il cui materiale
genetico è stato modificato con processi diversi dalla moltiplicazione o
ricombinazione naturali, tramite l'inserimento di geni estranei".
Comunque vengano presentate, le biotecnologie d'avanguardia
sono entrate negli ultimi trent'anni a tutti i livelli dell'attività umana
e con il loro carico innovativo rappresentano oggi l'elemento di
congiunzione e continuo scambio tra la scienza (intesa come la pura e
semplice conoscenza della realtà, attraverso lo strumento della
ricerca di base, ossia lo studio di un dato settore) e la tecnica
(applicazione pratica delle scoperte e dei principi teorici elaborati
scientificamente ai processi produttivi per migliorarli ed
incrementarli), oramai legate così strettamente da divenire
interdipendenti, confondendosi in un nuovo equilibrio in cui la
prima appare anzi sempre più assoggettata alla seconda, che la
alimenta e ne determina gli obiettivi. Attualmente la conoscenza è
finalizzata alla realizzazione di risultati concreti ed utili, è attiva e
non più solo esplorativa, condizionata dalla rapida ed incalzante
spinta delle istanze tecnologiche.
3. Settori applicativi dell'ingegneria genetica.
3.1 Le prime applicazioni: gli MGM.
Una volta collaudato il metodo di transgenesi (trasporto di
informazioni genetiche da un soggetto ad un altro di specie diversa)
sui microrganismi (batteri e virus), aventi un patrimonio genetico
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