Introduzione
I Millennium Development Goals: utopia o realtà?
9
Introduzione
“Se la civiltà ha sconfitto la barbarie che dominava il mondo, non è lecito
professare il timore che la barbarie, dopo essere stata largamente debellata,
risorga e sconfigga la civiltà. Una civiltà che può soccombere in questo modo
al nemico che ha già battuto in precedenza deve essere prima arrivata a un tale
punto di degenerazione, che né i suoi sacerdoti e maestri designati né chiunque
altro hanno la capacità, o la voglia, di difenderla. Se le cose stanno così, prima
una tale civiltà riceve l’ordine di andarsene, meglio è: può solo continuare a
peggiorare finché –come accadde all’Impero d’Occidente- dei barbari vigorosi
non la distruggano e non la rigenerino”
John Stuart Mill
1
La Cooperazione Internazionale allo Sviluppo, la sua crisi contingente e
la sua ineluttabile evoluzione, si situa nel più ampio e problematico
contesto dei limiti, dei benefici, delle potenzialità espresse ed inespresse,
e delle possibili sciagure del capitalismo.
Il XX secolo si è concluso con una grande manifestazione di dissenso da
parte della Società globale per il sistema economico internazionale (a
Seattle, nel 1999, in occasione dell’apertura del Millennium Round del
WTO) e il XXI si è aperto con il più grande attacco terroristico che la
storia ricordi (l’attacco dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle).
Sebbene i due eventi siano completamente estranei l’uno all’altro e
debbano, perciò, essere considerati separatamente, in entrambi possiamo
leggere l’espressione (chiaramente la prima civile e pacifica, la seconda
assolutamente imperdonabile ed inammissibile) di dissenso per il sistema
economico internazionale e per la governance che lo gestisce. Tale
dissenso nasce dalla profonda insoddisfazione nei riguardi della
globalizzazione capitalista che ha preso piede all’indomani della Seconda
1
J. S. Mill, Saggio sulla libertà (1858), Il Saggiatore, Milano, 1997
Introduzione
I Millennium Development Goals: utopia o realtà?
10
Guerra Mondiale, avendo però assunto caratteri universali con la fine
della Guerra Fredda, e che si è rivelata incapace di mantenere le promesse
di prosperità e di pace di cui si era fatta carico. Di fatto, gli ultimi
decenni, sono stati caratterizzati da un aumento complessivo della
ricchezza (grazie sia all’incredibile evoluzione scientifico-tecnologica,
ma anche e soprattutto all’espansione del commercio e della
liberalizzazione finanziaria), che tuttavia non è stata equamente
distribuita, anzi. La globalizzazione ha portato con sé un aumento
considerevole delle sperequazioni sociali all’interno degli Stati (anche
quelli più ricchi hanno visto, infatti, aumentare sia la percentuale dei
poveri che la concentrazione del reddito nei decili più ricchi della
popolazione), ma soprattutto l’ampliamento del gap tra Paesi ricchi e
Paesi poveri. L’esportazione del sistema economico ritenuto in grado di
generare ricchezza ovunque e per sempre, si è scontrato con una realtà
molto diversa. Il capitalismo, ed in particolare nella sua versione di
“fondamentalismo di mercato”, non è stato in grado di far uscire dalla
condizione di sottosviluppo la maggior parte della popolazione terrestre.
Uno degli errori fondamentali dalle Organizzazioni Internazionali che si
occupano di cooperazione allo sviluppo è stato quello di considerare il
capitalismo come sistema produttivo universale, anziché il frutto
dell’evoluzione contingente ed unica di una cultura e di una storia
particolare, cioè quella occidentale. Se si tralascia questo fondamentale
presupposto, non si potrà mai comprendere il perché esso non sia stato in
grado di attecchire in altre culture e si rischia di dare delle spiegazioni
razziste e, perciò, inaccettabili. Il più affascinante studio che affronta il
tema dell’evoluzione economico-politica e sociale delle differenti
popolazioni della terra è quello di Jared Diamond, Armi, acciaio e
malattie
2
. Nella Postfazione del 2003, l’autore afferma:
2
J. Diamond, Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni,
Introduzione
I Millennium Development Goals: utopia o realtà?
11
“In Armi, acciaio e malattie ho sostenuto la tesi secondo cui le nazioni
oggi emergenti si trovano nelle sedi degli antichi centri di potere in cui
nacque l’agricoltura, oppure sono state colonizzate da popoli
provenienti da quegli stessi centri: le conseguenze di ciò che accadde
10000 anni fa si fanno sentire ancora oggi. In due recenti lavori di un
gruppo di economisti
3
, questa ipotesi è stata vagliata con attenzione e
sottoposta a varie verifiche. E’ risultato che le nazioni con una lunga
storia di sedentarietà ed agricoltura sono quelle a più alto PIL pro
capite. La correlazione è elevata, e sembra in grado di spiegare buona
parte delle attuali differenze di ricchezza. La Corea del Sud, la Cina e il
Giappone, antiche culle dell’agricoltura, sono più ricche e/o stanno
crescendo più velocemente di Paesi dalle abbondanti risorse naturali
come la Nuova Guinea o le Filippine, che vantano però una tradizione
agricola più recente. Questa correlazione ha molte spiegazioni evidenti.
Una lunga storia agricola e una lunga esperienza all’interno di società
complesse porta ad una buona tradizione di governo, a una buona
gestione dell’economia e così via. Dal punto di vista statistico, l’effetto
delle cause remote è mediato da quello della causa prossima più nota,
cioè dalla presenza di buone istituzioni (…). Il prossimo problema da
affrontare è quello di enucleare una catena delle cause e degli effetti
che portano le nazioni a partire da una lunga storia di pratiche agricole
e complessità sociale per approdare al benessere. Sarà più facile, allora,
insegnare ai Paesi poveri a compiere lo stesso percorso.”
Il concetto di sviluppo di cui si fanno portatrici le Istituzioni Finanziarie
Internazionali sembra ignorare la necessità di queste precondizioni
essenziali affinché il capitalismo possa “attecchire” in Paesi che sono
socialmente, culturalmente e storicamente lontani dai modelli occidentali
ai quali si cerca di ricondurli. Molti economisti hanno indagato sulle
ragioni del fallimento del capitalismo in aree estranee all’Occidente. Uno
dei più avvincenti (sebbene le sue conclusioni siano forse troppo
ottimistiche) è il lavoro di Hernando de Soto, Il mistero del capitale
4
, nel
quale si afferma:
“il maggior ostacolo che impedisce al resto del mondo di beneficiare
del capitalismo è l’incapacità di produrre il capitale. Il capitale è la
forza che eleva la produttività del lavoro e crea la ricchezza delle
Nuova edizione accresciuta, Giulio Einaudi Editore, Torino 2005
3
Diamond fa riferimento a O. Olsson and D.Hibbs, Biogeography and long-run economic
development, European Economic Review, 2005; e V. Bockstette, A. Chanda and L. Putterman,
States and markets: the advantage of an early start, Journal of Economic Growth VII, 2002
4
H. De Soto, Il mistero del capitale. Perché il capitalismo ha trionfato in occidente e ha fallito
nel resto del mondo, Garzanti, Milano, 2001
Introduzione
I Millennium Development Goals: utopia o realtà?
12
nazioni. E’ la linfa vitale del sistema capitalistico, il fondamento del
progresso e l’unica cosa che i Paesi poveri del mondo non possono
produrre da sé, per quanto i loro popoli si adoperino di buon grado (…).
La maggior parte dei poveri già possiede quello che servirebbe per
avere successo con il capitalismo. Persino nei Paesi più poveri, i poveri
risparmiano. Il valore del risparmio tra i poveri, è, di fatto, immenso:
quaranta volte superiore all’aiuto internazionale ricevuto dal 1945 ad
oggi. (…) essi, tuttavia, detengono queste risorse in maniera imperfetta:
case edificate su terreni i cui diritti di proprietà non sono
adeguatamente documentati, imprese non registrate con responsabilità
mal definite, industrie localizzate dove finanziarie ed investitori non
possono vederle. A causa dell’inadeguata documentazione, si tratta di
attività patrimoniali che non possono essere convertite prontamente in
capitale, non possono essere scambiate al di fuori di ristrette cerchie
locali (…), non possono essere utilizzate come prestito né come quota
d’investimento. (…) è la carenza di queste forme essenziali di
rappresentazione -che trasformano le attività patrimoniali in capitale e
cioè i diritti di proprietà- a spiegare il perché persone che hanno
adottato ogni altra invenzione dell’Occidente, dalle graffette ai reattori
nucleari, non sono state capaci di produrre capitale sufficiente a far
funzionare il capitalismo nazionale.”
Similmente, Erik S. Reinert
5
rigetta l’idea che esistano delle peculiarità
culturali che consentano uno sviluppo del capitalismo ed identifica nelle
diversità dell’evoluzione della struttura economica e delle attività
produttive dei paesi non occidentali il principale limite ad una sua
implementazione . Mentre William Easterly e Ross Levine
6
scorgono
nelle caratteristiche geo-climatiche i principali ostacoli allo sviluppo
istituzionale, necessario all’assimilazione ed all’implementazione di
questo particolare sistema produttivo. Non riconoscere questi limiti, insiti
nel capitalismo, comporta non solo il collezionare una serie di insuccessi,
rischiando di peggiorare ulteriormente la situazione già critica di molti
Paesi poveri, ma anche e più pericolosamente, come sottolinea Reinert:
“l’accettare passivamente la dinamica del capitalismo globalizzato e
riservare alla cooperazione il compito di risarcire coloro che ne sono
danneggiati, ossia tener con la testa fuori dall’acqua le centinaia di
milioni di esseri umani esclusi dal processo o vittime dei suoi effetti”.
5
E. S. Reinert, How Rich nations got Rich. Essays in the History of Economic Policy, Working
Paper Nr. 2004/01, Centre for Development and the Environment, University of Oslo, 2004
6
W. Easterly and R. Levine, Tropics, Germs and Crops: how endowments influence economic
development, Center for Global Development, Washington D.C., March 2002
Introduzione
I Millennium Development Goals: utopia o realtà?
13
Tale accettazione non solo si discosta dai principi per cui la cooperazione
internazionale è nata, - sia che si faccia riferimento alle sue motivazione
egoistiche (essa è nata e si è sviluppata perché chi teneva le redini del
potere aveva interesse a costruire un sistema economico capitalista
globalizzato), sia a quelle etiche (il principio di pietà e di solidarietà che
sono connaturati nell’atto di aiutare coloro che percepiamo essere in
condizione di bisogno) -, ma è altamente dannosa sia per i Paesi ricchi
(che continuerebbero a spendere ingenti somme di denaro consapevoli
che esse non saranno mai in grado di portare allo sviluppo dei Paesi
poveri), sia per i Paesi poveri (che si vedrebbero privati della possibilità
di intraprendere il cammino dello sviluppo). Il riconoscere dei limiti nel
capitalismo e l’ammettere che esso possa implicare delle sciagure
ambientali piuttosto che sociali, non significa etichettarlo come un
sistema produttivo cattivo e che, quindi, per sua natura porterà
inevitabilmente alla distruzione dell’ecosistema terrestre e costringerà
milioni di persone a morire di fame, mentre una piccolissima percentuale
di umanità godrà dei suoi benefici; semmai, attraverso l’identificazione di
questi limiti e di questi mali si consentirebbe alla Comunità
Internazionale di affrontarli e di risolverli attraverso un’evoluzione. Tanto
più che l’accettare la natura cattiva del capitalismo e continuare a
perpetrarlo, porterebbe inevitabilmente ad un aumento esponenziale delle
tensioni fra Paesi ricchi e Paesi poveri, che renderebbe, quindi, più
plausibile l’approssimarsi di uno scontro altamente distruttivo (come
predetto da S. P. Huntington
7
) tra i due gruppi.
I Millennium Development Goals sembrano incorporare questo
riconoscimento e sembrano voler porre in essere una cooperazione che sia
in grado non solo di risarcire gli sconfitti, gratificando i vincitori, ma che
7
S. P. Huntington, The Clash of Civilizations? Foreign Affairs, 72/3, Summer 1993
Introduzione
I Millennium Development Goals: utopia o realtà?
14
sappia anche rivoluzionare se stessa al fine di rendere la fine della
povertà, l’educazione universale, l’arresto dell’espansione dell’AIDS e
della malaria, lo sviluppo sostenibile, ecc, obiettivi concretamente
perseguibili. Tuttavia l’evidenza empirica dimostra che i risultati
conseguiti in questi sei anni sono decisamente sconfortanti. Sebbene ci sia
stato un sensibile aumento dei flussi internazionali di aiuto, al di là delle
dichiarazioni ufficiali e delle promesse da più parti rilanciate, non si può
certo dire che la Comunità Internazionale stia cercando strenuamente di
giungere al conseguimento di tali obiettivi. Sembra piuttosto che la
Dichiarazione del Millennio sia stata soppiantata da altre e differenti
esigenze di politica internazionale (quale la lotta al Terrorismo Globale)
sebbene siano gli stessi Stati Uniti ad ammettere che esista una
significativa correlazione tra povertà e terrorismo o almeno instabilità
politico-sociale e terrorismo. Potrebbe persino sorgere il sospetto che la
cooperazione venga utilizzata come un paravento per perpetrare un
sistema economico altamente iniquo.
In questo lavoro cercherò di comprendere se i Millennium Development
Goals siano solo un sogno utopico o se essi possano essere realmente
raggiunti. Sebbene esistano svariati studi ed una infinità di ricerche che
ruotano intorno alla perseguibilità di tali Obiettivi, alla crisi ed
all’insoddisfazione per il sistema di gestione della cooperazione
internazionale, così come sulle possibili riforme necessarie al fine di
poterli realizzare, sosterrò che non si sia sufficientemente analizzata la
portata di questo progetto e le potenzialità che esso nasconde. Sosterrò,
inoltre, l’evidenza che la maggior parte degli studi in merito partano da
una posizione precostituita (i Millennium Development Goals o sono
realizzabili o non lo sono) ed ideologicamente orientata (non sono
realizzabili perché i Paesi ricchi vogliono perpetrare lo sfruttamento nei
confronti dei Paesi poveri oppure devono essere realizzati perché i Paesi
Introduzione
I Millennium Development Goals: utopia o realtà?
15
ricchi si fanno carico, ancora una volta, dei mali del mondo). Il mio
intento è quello di analizzare in modo oggettivo l’evoluzione della
cooperazione allo sviluppo, per comprendere come si è giunti a siglare un
documento che appare tanto rivoluzionario; mi concentrerò poi sulle
concrete possibilità di attuazione di tale progetto, tentando di individuare
(al fine di superarli), i limiti dello stesso, ma soprattutto quelli del sistema
economico in cui esso dovrebbe essere realizzato; cercherò, infine, di
proporre una riforma del sistema di governance internazionale al fine di
rendere possibile la nascita ed il perseguimento di un nuovo concetto di
sviluppo, presente in nuce nei Millennium Development Goals.
Capitolo primo. Excursus Storico della Cooperazione allo Sviluppo
I Millennium Development Goals: utopia o realtà?
17
Capitolo primo
Excursus Storico della Cooperazione allo Sviluppo
1. La Genesi della Cooperazione Internazionale
“ Il vecchio imperialismo, lo sfruttamento per il profitto straniero, non trova
posto nei nostri piani. Ciò che noi immaginiamo è un programma di sviluppo
basato sui concetti di un leale rapporto democratico”
Harry S. Truman
1
Il 26 giugno del 1945, ancor prima della fine della Seconda Guerra
Mondiale, venne firmato a San Francisco lo Statuto dell’Organizzazione
delle Nazioni Unite
2
e venivano così gettate le basi per una Cooperazione
Internazionale permanente in ambito politico, economico e sociale. Lo
scopo principale di tale struttura era quello di garantire una pace duratura,
come si evince dall’art.1
3
, ma era chiaro per le potenze vincitrici, ed in
particolar modo per gli Stati Uniti, che per dare una tale garanzia alla
Comunità Internazionale era fondamentale ricostruire un sistema
multilaterale
4
del commercio mondiale nonché “prevenire il dissesto delle
1
Discorso di apertura al Congresso degli Stati Uniti, 20 Gennaio 1949
2
“I firmatari dell’atto istitutivo dell’ Organizzazione furono complessivamente 49 ai quali
venne aggiunta, mentre era in corso il processo di ratifica, la Polonia”E. Di Nolfo, Storia delle
Relazioni Internazionali 1918-1999, Edizioni Laterza, Bari, 2002
3
“I fine delle Nazione Unite sono: 1. Mantenere la pace e la sicurezza internazionale (…) 2.
Sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli (…) 3.Conseguire la cooperazione internazionale
nella soluzione dei problemi internazionali di carattere economico, sociale, culturale o
umanitario…”
4
“Gli storici delle relazioni economiche internazionali parlano di ‘multilateralismo’ e non di
‘libero scambio’ poiché il multilateralismo non significa implicitamente l’abolizione di tutte le
barrire al commercio – come dazi o contingenti – ma soltanto la loro riduzione.(…) - tant’è che
- il processo di rimozione delle barriere commerciali si mosse abbastanza a rilento (…) e il
principio di creazione dell’ITO – International Trade Organisation – venne abbandonato e
sostituito da quello di un accordo generale – il GATT : General Agreement on Tariffs and Trade
- , che sarebbe entrato in vigore solo nel 1947, ma che avrebbe esercitato un suo peso specifico
effettivo solo dopo la metà degli anni ‘50” E. Di Nolfo, op. cit.
Capitolo primo. Excursus Storico della Cooperazione allo Sviluppo
I Millennium Development Goals: utopia o realtà?
18
valute estere e il collasso del sistema monetario e creditizio”
5
, e per fare
ciò era imprescindibile la ricostruzione dell’Europa, uscita dal conflitto in
condizione economiche e sociali disastrose
6
. Per questo il 27 dicembre
del 1945 furono istituiti il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la
Banca per la Ricostruzione e lo Sviluppo
7
(BM), a seguito dell'entrata in
vigore degli accordi della conferenza di Bretton Woods
8
, tenutasi tra l'1
ed il 22 luglio del 1944. Lo scopo della creazione del FMI era
prevalentemente quello di evitare la ripetizione delle disastrose politiche
economiche che contribuirono alla Grande Depressione degli anni '30 e
per questo si impegnava a ‘promuovere la cooperazione monetaria
internazionale, facilitare l’espansione e l’armonico sviluppo del
commercio internazionale, promuovere la stabilità dei cambi, costituire
un sistema multilaterale di pagamenti per le transazioni correnti dei paesi
membri per eliminare le restrizioni valutarie che limitano il commercio ed
infine di assicurare la disponibilità temporanea delle risorse del fondo al
fine di correggere squilibri nelle bilance di pagamenti dei paesi membri
senza dover ricorrere a misure che rischierebbero di compromettere la
prosperità nazionale o internazionale’
9
. Le finalità della Banca Mondiale
erano invece quelle di ‘assistere la ricostruzione e lo sviluppo dei territori
dei paesi membri, facilitando investimenti di capitali per finalità
produttive e promuovere la crescita equilibrata del commercio
5
Henry D White, alto funzionario del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, in E. Di Nolfo,
op. cit.
6
“La guerra provocò vaste e diverse conseguenze economiche. Per l’Europa, per il Giappone e
per la Cina essa fu la causa di immani distruzioni. Per l’Unione Sovietica, essa segnò un ritorno
all’indietro di oltre un decennio. Per gli Stati Uniti, la guerra coincise con la fine delle ultime
conseguenze della grande depressione e l’avvio di un ciclo di crescita incomparabile per
qualsiasi altra potenza mondiale” E. Di Nolfo, op. cit.
7
Più nota come Banca Mondiale e che, insieme all’ IFC – International Finance Center fondato
nel 1956 - ,all’IDA – International Development Agency fondata nel 1960 – ,all’ICSID–
International Centre for Settlement of Investiment Disputes fondato nel 1966 – e alla MIGA –
Multilateral Investiment Guarantee Agency fondata nel 1988-, costituisce il gruppo della Banca
Mondiale
8
Furono 45 i paesi partecipanti
9
Articolo Introduttivo, paragrafo I, gli scopi dell’Accordo Istitutivo del FMI
Capitolo primo. Excursus Storico della Cooperazione allo Sviluppo
I Millennium Development Goals: utopia o realtà?
19
internazionale; incoraggiare gli investimenti internazionali, per
contribuire all’aumento della produttività, al miglioramento delle
condizioni di vita e lavorative’
10
.
I. Il Piano Marshall e la Ricostruzione dell’Europa
Occidentale
“E’ logico che gli Stati Uniti facciano tutto ciò che è in loro potere per ridare
al mondo una condizione economica sana, senza la quale non vi possono
essere né stabilità politica né pace sicura. (…) L’obiettivo della nostra politica
è la rinascita di un’economia efficiente nel mondo così da permettere
l’emergere di quelle condizioni politiche e sociali nelle quali libere istituzioni
possano esistere”
11
Tra il 1945 e il 1947, oltre agli interventi umanitari dell’UNRRA (United
Nations Relief and Rehabilitation Administration)
12
gli Stati Uniti
concessero all’Europa prestiti per sette miliardi di dollari, per consentire
agli europei di importare ciò che gli era necessario per la ricostruzione
postbellica. Tuttavia, quando l’Inghilterra annunciò, nel febbraio del
1947, che, a causa delle difficoltà finanziarie, doveva non solo sospendere
la convertibilità della sterlina, ma anche gli aiuti finanziari alla Grecia,
nonché provvedere al ritiro delle sue truppe, gli Stati Uniti
10
Articolo Introduttivo, paragrafo I, gli scopi dell’Accordo Istitutivo della BM
11
Discorso all’Università di Harvard, 5 giugno 1947
12
“Nel novembre 1943 venne varato il piano UNRRA, che divenne operativo nel 1945 e si
concluse due anni dopo (la sua azione fu proseguita dall’Organizzazione Internazionale per i
rifugiati e dall’Organizzazione mondiale della sanità). Anche se il piano era delle Nazioni Unite,
di fatto furono gli Stati Uniti a fornire circa il 75% degli aiuti. Nonostante questi soccorsi di
emergenza, l’Europa da sola non riusciva a riemergere dalla devastazione della guerra. Il
razionamento dei prodotti alimentari alla popolazione civile, istituito durante la guerra, venne
mantenuto anche dopo la fine delle ostilità, rimanendo ovunque carenti i rifornimenti” R. Allio,
http://www.farcampus.unito.it/storia_economia/corso.aspx
Capitolo primo. Excursus Storico della Cooperazione allo Sviluppo
I Millennium Development Goals: utopia o realtà?
20
abbandonarono la speranza di una ripresa economica repentina per il
Vecchio Continente e compresero la necessità di una ricostruzione
coordinata e diversa da quella successiva al primo conflitto mondiale allo
scopo non solo di far ripartire l’economia mondiale, ma soprattutto di
ridurre le pulsioni filocomuniste che si andavano manifestando in diversi
paesi occidentali nel momento in cui le discordie con l’unione Sovietica
sembravano volgere ad un conflitto aperto.
Fu in questo clima che il Presidente Truman pronunciò il suo famoso
discorso divenuto noto come la Dottrina Truman
13
. Il Capo di Stato
americano chiese al Congresso, riunitosi il 12 marzo 1947,
l’autorizzazione di una spesa di 400 milioni di dollari per fornire aiuti a
Grecia e Turchia sino al giugno del 1948. Ma il piano americano era ben
più ampio:
“Siamo il gigante economico del mondo. Ci piaccia o meno, la struttura
delle relazioni economiche future dipenderà da noi. Il mondo è in attesa
e ci guarda per vedere ciò che dovremo fare. Scegliere è il nostro
compito. Possiamo condurre le nazioni verso la pace economica o
precipitarle nella guerra economica”
14
Fu l’allora Segretario di Stato, il generale George Marshall, già capo di
stato maggiore dell’esercito, che esplicitò, con il suo celebre discorso
all’Università di Harvard, il 5 giugno del 1947, come gli Stati Uniti
intendessero assumersi questo impegno globale. Il Piano Marshall
15
per la
ricostruzione dell’Europa prevedeva aiuti consistenti (più di 75 miliardi di
13
“un documento che molti fanno coincidere enfaticamente con l’inizio della Guerra Fredda, ma
che in realtà dava solo l’annuncio formale di un primo passo americano per inviare un monito a
Mosca” E. Di Nolfo, op. cit.
14
Harry S. Truman, discorso pronunciato alla Baylor University, 6 marzo 1947. In E. Di Nolfo,
op. cit.
15
Ufficialmente chiamato ERP – European Recovery Program - , la cui legge istitutiva fu
firmata dal Presidente Truman il 3 aprile 1948 e “che prevedeva, per il primo anno, uno
stanziamento complessivo di 4,3 miliardi di dollari più un miliardo di dollari in merci fornite
medianti canali commerciali privati” E. Di Nolfo, op. cit.
Capitolo primo. Excursus Storico della Cooperazione allo Sviluppo
I Millennium Development Goals: utopia o realtà?
21
dollari attuali
16
), in larga parte gratuiti, da concedersi a determinate
condizioni economico-politiche dettate dagli Stati Uniti al fine di
modernizzare l’apparato industriale europeo, dare l’avvio a un forte
slancio produttivo, espandere il commercio fra i due continenti e
provvedere al risanamento finanziario europeo
17
.
Il piano prevedeva un finanziamento di quattro anni
18
da parte del
governo americano a seconda delle richieste che sarebbero state fatte
concordemente dagli stati europei. Gli Stati Uniti non volevano quindi
dettare condizioni e ricette economiche agli europei, ma elaborarle con
loro
19
. Scegliere una regia paneuropea della ricostruzione era una
strategia politica che sottolineava la volontà statunitense di scostarsi da un
sistema di tipo colonialistico, da sempre apertamente condannato e che
soprattutto mirava a favorire forme di cooperazione tra gli stati del
Vecchio Continente, evitando quindi possibili controversie tra i
beneficiari.
Allo scopo di definire congiuntamente le richieste di prestito e per
coordinarne l’utilizzazione, gli stati europei diedero vita, nell’aprile del
1948, all’ Organizzazione Europea per la Cooperazione Economica
(OECE), che ordinava le merci da importare dagli Stati Uniti
16
Paying the price. Why rich countries must invest now in a war on poverty, Oxfam
International, 2005.
17
Ma, come ha ben sottolineato Di Nolfo “non bisogna pensare ad un progetto miracolistico
ispirato ai nobili sentimenti di una grande nazione, (…) (piuttosto) gli elementi che spingevano
l’amministrazione americana a prendere l’iniziativa con urgenza erano quelli che rendevano la
situazione del primo semestre del 1947 criticamente unica : (…) la crisi politica-economica e
l’inflazione che attanagliavano i paesi europei in un momento così delicato della loro
ricostruzione, i problemi del commercio internazionale e i rischi derivanti dal grave
sbilanciamento fra la disponibilità e il fabbisogno di dollari necessari a rendere possibile un
rapporto economicamente vitale fra l’Europa e gli Stati Uniti”in E. Di Nolfo, op. cit.
18
In realtà continuarono ben oltre il 1952
19
“Prima che il governo degli Stati Uniti possa procedere molto oltre nel suo sforzo per
alleviare la situazione e appoggiare l’Europa a muovere sulla via della ricostruzione deve
esserci una certa misura di accordo fra i paesi d’Europa in relazione alle esigenze della
situazione (…). Non sarebbe né opportuno né efficace per noi delineare unilateralmente un
programma inteso a rimettere economicamente in piedi l’Europa. Questo è un compito degli
europei” G. C. Marshall, Discorso all’ Università di Harvard, 5 giugno del 1947.
Capitolo primo. Excursus Storico della Cooperazione allo Sviluppo
I Millennium Development Goals: utopia o realtà?
22
all’americana Economic Cooperation Administration (ECA). Una volta
giunte in Europa, le merci venivano acquistate dalle industrie nazionali e
pagate ai governi beneficiari, che utilizzavano il denaro per la
ricostruzione. Inoltre l’Organizzazione aveva il compito di eliminare i
precedenti accordi bilaterali, i contingenti e le restrizioni all’import-
export nel Continente in vista della costruzione di un’area di libero
scambio, come gli Stati Uniti avevano suggerito. Furono sempre gli
americani a suggerire, nel 1950, la costituzione della Unione Europea dei
Pagamenti (UEP) allo scopo di stabilizzare i tassi di cambio nel timore
che le svalutazioni della sterlina vanificassero i loro sforzi.
Il Congresso americano decise che i fondi messi a disposizione dell’ERP
fossero per l’85% a fondo perduto e per il 15% in prestiti agevolati a
lungo termine. Inoltre, sempre per volontà statunitense, ogni governo
doveva costituire un "fondo di contropartita" nella propria moneta
nazionale; tale fondo, in cui doveva essere versato il ricavato dalla
vendita delle merci ottenute gratuitamente, doveva essere utilizzato per la
ripresa e lo sviluppo economico del paese.
Assistenza Economica del Piano Marshall dal 3 aprile 1948 al 30 giugno
1952
(milioni di dollari)
Paesi Totale Concessioni Prestiti
Totale per tutti le nazioni 13,325.8 11,820.7 1,505.1
Austria 677.08.00 677.08.00 --
Belgio – Lussemburgo 559.03.00 491.03.00 68.0 a
Danimarca 273.00.00 239.07.00 33.03.00
Francia 2,713.6 2,488.0 225.06.00
Repubblica Federale Tedesca 1,390.6 1,173.7 216.9 b
Grecia 706.07.00 706.07.00 --
Islanda 29.03.00 24.00.00 5.03
Irlanda 147.05.00 19.03 128.02.00
Italia (inclusa Trieste) 1,508.8 1,413.2 95.06.00
Paesi Bassi (*Indie Orientali)c 1,083.5 916.08.00 166.07.00