4
Introduzione
In questo lavoro di tesi è stato analizzato il contratto
di conto corrente bancario e la correlata fattispecie del
sistema revocatorio delle rimesse bancarie.
Il conto corrente bancario identifica un contratto
attraverso il quale la banca, nel presupposto dell’esistenza
presso di sé di una disponibilità a favore del cliente, si
obbliga ad effettuare a favore e per conto di quest’ultimo la
prestazione di un servizio di cassa.
Nel primo capitolo è stato approfondito il contratto su
citato nei suoi aspetti caratterizzanti.
Lo studio è partito dalle origini e dalle varie opinioni
espresse dalla dottrina e giurisprudenza per cercare di
inquadrare il conto corrente bancario.
Sono state analizzate le fonti, la natura giuridica e
l’aspetto pratico del regolamento del contratto, vale a dire
tutto ciò che il cliente può effettuare essendo titolare di un
conto ma anche l’equivalente utilità dell’Istituto di credito
nell’espletare il “servizio di cassa”.
Particolare attenzione è stata data agli aspetti formali
del contratto ed a tutta la disciplina relativa allo jus variandi,
specificando le condizioni per il suo esercizio.
Gli aspetti operativi e tecnici del contratto sono stati
analizzati in relazione alle possibili implicazioni giuridiche
che ne possono derivare, prestando particolare attenzione
all’estratto conto, che si presenta come un prospetto
contabile nel quale sono contenuti tutti gli aspetti
caratteristici delle operazioni e che il correntista deve
5
controllare ed approvare entro sessanta giorni dal
ricevimento dello stesso.
L’esame dei diritti e degli obblighi delle parti
contrattuali ha poi imposto una ricognizione, anche
giurisprudenziale, delle problematiche più frequenti
connesse al momento di perfezionamento dell’accordo ed
alla fase esecutiva di tale contratto.
In particolare, poi, l’attenzione si è soffermata sugli
effetti del fallimento di entrambe le parti sul contratto di
conto corrente bancario.
Nel secondo capitolo si è analizzata la nuova
revocatoria fallimentare disciplinata dal d.l. 14 marzo 2005,
n.35, convertito nella legge n.80/2005 e confermata, poi,
dalla riforma della legge fallimentare con il d.lgs. 9 gennaio
2006, n.5, e con il successivo decreto correttivo, d.lgs. 12
settembre 2007, n.169.
Dopo aver rivolto l’attenzione ai presupposti ed alla
natura giuridica dell’azione, nell’ottica del dimezzamento del
cosiddetto “periodo sospetto” e della salvaguardia del
normale svolgimento dell’attività d’impresa, si è esaminato
con particolare attenzione, il terzo comma dell’art.67, legge
fallimentare, nel quale il legislatore, per ridurre il peso della
revocatoria fallimentare, ha ampliato sensibilmente i casi di
esenzione dall’azione, aggiungendo un nuovo terzo comma
nel quale ne vengono enumerati ben sette.
Nel terzo capitolo si è affrontata la disciplina della
revocatoria delle rimesse confluite sul conto corrente
bancario a cui è dedicato il terzo comma, lett.b), dell’art.67,
legge fallimentare.
6
Si è visto come il curatore fallimentare, per poter
efficacemente esercitare l’azione revocatoria, dovrà
dimostrare, da una parte, che la rimessa ha ridotto in modo
consistente e durevole l’esposizione del fallito nei confronti
della banca e, dall’altra, che quest’ultima era a conoscenza
dello stato di insolvenza in cui si trovava, al momento della
rimessa, il correntista poi fallito.
La riforma ha finalmente codificato i risultati cui era
giunta la giurisprudenza e la dottrina a partire dagli anni ‘70.
In particolare, la giurisprudenza prevalente aveva
introdotto la distinzione tra rimesse solutorie e
ripristinatorie, considerando revocabili solo le prime, in
quanto pagamenti di credito liquido ed esigibile vantato dalla
banca ed effettuato in danno degli altri creditori; per contro,
non sono state considerate revocabili le rimesse eseguite su
un conto corrente con saldo attivo, ovvero quelle effettuate
su un conto passivo ma non scoperto e quindi entro i limiti
del fido.
Ai fini poi, dell’individuazione dell’ammontare
revocabile, la teoria prevalente è stata per lungo tempo quella
che prendeva in considerazione un ammontare pari alla
differenza tra l’ammontare scoperto e quello del fido.
Il riformato art.67, invece, introduce due concetti
nuovi: riduzione “consistente” e “durevole”, senza
specificarne i criteri per l’individuazione.
In tale contesto, il legislatore sembrerebbe avere
recepito la teoria delle cosiddette “partite bilanciate”, secondo
la quale non avrebbero natura solutoria le operazioni
bilanciate, vale a dire quelle operazioni di accredito, ovvero
rimesse sul conto corrente, effettuate da terzi o dal
7
correntista a fronte di specifiche operazioni speculari a
debito con disposizione di prelevamento e di pagamento a
favore di terzi.
Inoltre appare evidente come, a seguito della riforma,
si possa dire superata la distinzione tra conto corrente
scoperto e conto corrente passivo e, per quanto riguarda
l’ammontare revocabile, è stato codificato il principio del
cosiddetto “massimo scoperto”, stabilendo la revocabilità di un
importo pari alla differenza tra l’ammontare massimo
raggiunto dalle pretese della banca e l’ammontare residuo
delle stesse alla data in cui si è aperto il concorso. Infine, si è
analizzata la revoca delle rimesse intrafido, la fattispecie della
revoca dei versamenti effettuati dal terzo garante della banca
sul conto corrente del fallito, degli addebiti sul conto
corrente per il pagamento di spese, commissioni ed interessi
passivi oppure per il pagamento di propri crediti nei
confronti del correntista derivanti, ad esempio, da mutui
concessi al correntista o da altro titolo. Si è poi dato un
breve sguardo al rapporto tra l’esenzione in esame e quella
prevista al medesimo terzo comma vale a dire, atti,
pagamenti e garanzie posti in essere in esecuzione di un
piano attestato, di un concordato preventivo o di un accordo
di ristrutturazione.
8
Capitolo I
1. Il conto corrente bancario: dalle origini
all’inquadramento nel codice civile
Il contratto di conto corrente bancario, o conto
corrente di corrispondenza
1
, è un accordo tra banca e cliente
in base al quale quest’ultimo usufruisce di servizi resi
disponibili dall’istituto di credito “consistenti, in sostanza, in
un servizio di cassa
2
, ossia nel provvedere per conto del
cliente correntista, su ordine diretto e indiretto e con le sue
disponibilità, ai pagamenti ed alle riscossioni”
3
; al contempo
consente la raccolta dei risparmi destinati a fronteggiare le
spese correnti.
Le origini del conto corrente bancario sono difficili da
ricercare trattandosi di una fattispecie non tipizzata
rigorosamente dal legislatore; è difatti, il contratto bancario
che maggiormente richiama l’attenzione di dottrina e
giurisprudenza ed è al centro di importanti dibattiti
4
.
1
S.Martucelli, Obbligazioni pecuniarie e pagamento virtuale, Milano, 1998, pag. 64,
dove si precisa che “l’ espressione di corrispondenza trae origine dalla prassi,
seguita dagli istituti di credito, di confermare le operazioni, una volta compiute,
mediante, appunto, corrispondenza inviata al cliente”.
2
Una prima decisione giurisprudenziale in tal senso rinviene da Cass., 23 giugno
1982, n.815, in Massimario della giurisprudenza italiana, 1982, pag.1997.
3
P.Bontempi, Diritto Bancario e Finanziario, Milano, 2009, pag.375.
4
V.Santoro, Il conto corrente bancario art.1852-1857, Milano, 1992, pag.4;
N.Salanitro, voce Conto corrente bancario, in Digesto, Diritto commerciale, vol.IV,
Torino, 1989, pag.10; G.Cavalli, voce Conto corrente II) conto corrente bancario, in
Enciclopedia Treccani, vol.VIII, Roma, 1988, pag.3;
9
Una prima analisi lo riconduce ad un altro contratto
regolato nel codice civile che va sotto il nome di “conto
corrente” regolato dall’art. 1823.
Solo dopo qualche tempo, ci si accorge che tra i due
negozi esistevano effettivamente delle differenze soprattutto
nella loro operatività.
Inizialmente, quello che veniva denominato conto
corrente bancario era visto dai giuristi come una forma
tecnica dei contratti di credito detta “conto di gestione”.
Altri
5
ritenevano che il contratto di conto corrente
fosse riferito, per lo più, al rapporto della banca con il
cliente, giungendo alla conclusione che il conto corrente
bancario “è una modalità, un rapporto accessorio rispetto ai
contratti di deposito e di apertura di credito con il quale il
banchiere diviene agente dei pagamenti e delle riscossioni dei
propri clienti e l’amministratore dei loro fondi pecuniari”
6
.
Diversamente, vi è stato chi
7
ha dato maggior peso al
cliente, al suo interesse a svolgere operazioni a mezzo banca.
I giuristi di questo filone sono stati i primi a
riconoscere l’autonomia
8
del contratto di conto corrente
bancario, non più riferito ad altri tipi contrattuali, e a
supporre che derivasse da una nuova tecnica di banca.
5
F.Greco, Questioni in tema di apertura di credito e di conti correnti, in Banca, borsa e titoli
di credito, 1934, pag.211; G.Magri, Natura giuridica del conto corrente bancario, in
Rivista di diritto commerciale, 1905, pag.89.
6
Cass., 22 marzo 2005, n.6187, in Foro Italiano, 2006, pag.1762; V.Santoro, Il conto
corrente bancario art.1852-1857, Milano, 1992, pag. 4.
7
V.Salandra, Conti correnti bancari e contratto di conto corrente, in Rivista di diritto
commerciale, 1931, pag. 711.
8
A.Rocco, La natura giuridica dello check e i diritti del possessore verso il trattario, in
Rivista di diritto commerciale, 1909, pag.301.
10
È nel medioevo che si svilupparono le prime banche
esercenti attività di intermediazione nei pagamenti,
intensificando i contatti reciproci e aumentando, in tal
modo, la messa in circolazione di conti con varie finalità.
In dottrina, successivamente, si è ritenuto che “il
credito aperto dei banchieri, ancorché assuma la forma
contabile del conto, non è contratto di conto corrente”
9
.
L’idea della netta differenza tra il conto corrente
tenuto dai commercianti e il conto corrente in uso tra banca
e cliente, nasce quindi, nella dottrina giuridica italiana
10
,
prima dell’entrata in vigore del codice civile del 1942.
A dire il vero, l’uso del conto corrente bancario si è
diffuso alla fine del primo decennio del secolo scorso
11
,
delineandosi due ipotesi di conto corrente bancario: il conto
corrente passivo, o deposito in conto corrente che
permetteva di disporre delle somme depositate attraverso
l’uso di assegni, e il conto corrente attivo, o apertura di
credito, regolata in conto corrente, in cui il cliente utilizza il
fido concessogli dalla banca, o traendo assegni o in altri
modi concordati.
9
L.Borsari, Codice di commercio commentato, P.I., Torino, 1968, pag.313
10
V.Santoro, Il conto corrente bancario art.1852-1857, Milano, 1992, pag.3 ss;
G.Bonelli, Sulla teoria del conto corrente, in Rivista di diritto commerciale, 1914,
pag.825; G.Magri, Natura giuridica del conto corrente bancario, in Rivista di diritto
commerciale, 1905, pag.89.
11
Tale prassi sicuramente non era ancora diffusa in Italia nella seconda metà del
XIX secolo, tanto è vero che P.Rota in Principi di scienza bancaria, pag.50,
afferma che, per studiare praticamente i conti correnti bancari, “è d’uopo ricorrere
alle banche inglesi”.
11
In dottrina
12
,queste due tipologie di conto sono state
confrontate con il contratto di conto corrente regolato dagli
art.345 e 348 del codice del commercio: riprendendo una tesi
elaborata dalla dottrina francese e sottolineando la
mancanza, in entrambi i conti, della reciprocità delle rimesse,
caratteristica del conto corrente.
Da ciò si deduce che il conto corrente bancario è stato
allora considerato solo come clausola del deposito o
dell’apertura di credito, caratterizzato da una particolare
contabilizzazione.
Questa conclusione poteva andar bene per il conto
corrente passivo mentre presentava delle difficoltà
nell’ipotesi di ricostruzione di conti correnti attivi. Nel primo
caso infatti, il meccanismo di versamento-prelievo era
facilmente inquadrabile nel deposito, nel conto corrente
attivo era difficile spiegare il fatto che se il cliente otteneva
un prestito, prendeva il denaro e in un altro momento lo
restituiva in tutto o in parte, aveva la possibilità, fino a
scadenza, di riprendere quella stessa somma.
La soluzione a tale problema è stata quella di ritenere
che nell’apertura di credito in conto corrente, il versamento
del cliente non aveva natura solutoria ma doveva solo
ricostruire una disponibilità.
L’evoluzione del conto corrente bancario la si ha solo
a partire dai primi dati normativi, difatti “l’art. 32 della Legge
Bancaria del 1936, nell’ambito della disciplina di vigilanza
12
F.Carnelutti, Note sulla funzione del conto corrente, in Studi di diritto commerciale, 1917,
pag.243
12
sulle banche faceva riferimento “alle condizioni di deposito e
di conto corrente”, come operazioni distinte.
Inoltre, all’art. 102 della stessa legge era prevista una
particolare efficacia sul piano processuale dell’ “estratto del
saldaconto” di Istituti di emissione e istituti di credito di
diritto pubblico”
13
.
Il riferimento nel codice del 1942 si ha quando, con
l’unificazione del codice di commercio, si inserisce il capo
dei “contratti bancari”, nell’ambito del quale abbiamo le
“operazioni bancarie in conto corrente” (art.1852-1857 c.c.).
L’ art.1852 stabilisce che “qualora il deposito,
l’apertura di credito o altre operazioni bancarie siano
regolate in conto corrente, il correntista può disporre in
qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito, salva
l’osservanza del termine di preavviso eventualmente
pattuito”.
La caratteristica, quindi, è che il saldo derivante dalla
somma algebrica delle poste attive e passive è disponibile e
recuperabile in qualsiasi momento, a meno che non si siano
stabiliti dei termini di preavviso. Le rimesse, inoltre,
possono essere effettuate solo dal cliente, diversamente da
quanto accade nel conto corrente ordinario.
Nel 1951 l’Associazione Bancaria Italiana (ABI)
pubblica le Norme Uniformi Nazionali che riservano un
paragrafo ai conti correnti di corrispondenza e servizi
connessi.
Successivamente, con l’entrata in vigore delle Norme
bancarie uniformi, lo schema contrattuale del conto corrente
13
N.Abriani, Diritto Commerciale, Roma, 2010, pag.254.
13
non è stato modificato fino al 1986, anno in cui c’è stato
l’inserimento di disposizioni circa l’apertura di credito che la
banca avrebbe potuto concedere al correntista.
“Le condizioni generali relative al rapporto banca-
cliente, frutto di un protocollo d’intesa fra l’ABI e le
associazioni dei consumatori, che hanno sostituito nel 2001
le Norme bancarie uniformi, sottolineano in misura
maggiore la tipicità del contratto che oggi è denominato
conto corrente bancario”
14
.
1.1. Le fonti giuridiche
La ricerca delle fonti del contratto di conto corrente
bancario non si presenta molto agevole: il codice civile
contiene, come già accennato, poche norme che regolano il
contratto di conto corrente e le norme bancarie uniformi
sono state giudicate dalla giurisprudenza
15
della Suprema
Corte come “usi normativi”.
A tutto ciò si aggiunge che, nelle norme bancarie
uniformi, si usa un termine diverso per indicare la medesima
fattispecie e non esiste uno schema contrattuale unico.
Nonostante nell’art.1852 ci sia un richiamo al
contratto di conto corrente, è stata riconosciuta
16
a questa
fattispecie una multiforme struttura con caratteristiche
14
N.Abriani, Diritto Commerciale, Roma, 2010, pag. 254
15
Cass., sez.III, 30 marzo 1999, n.3096, in Corriere giuridico, 1999, pag. 561.
16
Tale orientamento è consolidato nella giurisprudenza della suprema corte a
partire dalla sentenza della Cass., 23 gennaio 1979, n.517, in Banca, borsa e titoli
di credito, 1980, pag.145.
14
tipiche del mandato, della convenzione d’assegno, del
deposito e dell’ apertura di credito.
Un aspetto importante del contratto, secondo un
orientamento
17
, consiste nell’espletare servizi al cliente
usufruendo dei suoi stessi mezzi.
Diversi autori
18
, invece, hanno ritenuto che questo
contratto avesse natura autonoma con la conseguenza che
“diventa lo strumento giuridico per convertire, almeno nei
rapporti tra banca e cliente, la moneta legale in moneta
bancaria, anche denominata scritturale”
19
.
In definitiva, si parla di conto corrente bancario per
indicare un “prodotto destinato alla gestione della liquidità
del cliente, con un profilo di rischio quasi nullo. Consente di
effettuare un complesso di operazioni di varia natura con
maggiore comodità e sicurezza, usufruendo dei servizi offerti
dalla banca. Chi intende aprire un conto corrente, quindi,
non si propone di realizzare un investimento, ma neanche di
raccogliere risparmi in modo durevole”
20
.
1.2. Natura giuridica
In generale, nel conto corrente bancario si incrociano
tutti i rapporti tra la banca e i suoi ordinari clienti. Si tratta di
un contratto consensuale: con esso le parti si obbligano a
17
A. Caltabiano, Il conto corrente bancario, Padova, 1967, pag. 89; G.Ferri, voce
Conto corrente di corrispondenza, in Enciclopedia del diritto, IX, Milano, 1961, pag.666.
18
F.Giorgianni, C.M.Tardivo, Diritto Bancario: banche, contratti e titoli bancari,
Milano, 2006, pag.565.
19
N.Abriani, Diritto Commerciale, Roma, 2010, pag. 256.
20
www.bancaditalia.it
15
regolare in un certo modo eventuali e futuri rapporti di dare
e avere, si concedono temporaneamente credito per le loro
reciproche rimesse considerandole inesigibili e indisponibili,
rinviano al momento della chiusura del conto l’esigibilità del
saldo attivo da parte di chi risulti creditore dopo le
reciproche compensazioni
21
. Ciò vuol dire che non occorre
che tra le parti esistano rapporti contrattuali di affari con
ripetuti pagamenti, è sufficiente la specifica volontà delle
parti di porre in essere il contratto
22
.
1.3. Regolamento del contratto
Sotto il profilo tecnico, tale contratto è utile sia per la
banca che per i clienti: il cliente può effettuare versamenti
oltre che in denaro, anche in qualunque altra forma
attraverso cessioni di assegni, di effetti cambiari, bonifici o
giroconti; e può eseguire prelevamenti, non solo a mezzo di
assegni bancari, ma anche di carte di debito e di credito.
D’altro canto, la banca riduce la quantità di moneta
“legale” circolante, necessaria per gli scambi, aumentando in
tal modo le proprie capacità d’impiego
23
.
L’istituto di credito cessa di essere un organo di
intermediazione della domanda e dell’offerta del denaro, per
assumere i connotati di un organo di trasformazione del
21
T.Ascarelli, Obbligazioni pecuniarie, in Commentario del codice civile a cura di
Scialoja-Branca, sub. art. 1277-1284, Bologna-Roma, 1969, pag.588;
A.Caltabiano, Il conto corrente bancario, Padova, 1967, pag. pag.139.
22
Tribunale di Napoli, 31 gennaio 1980, in Banca,borsa e titoli di credito, 1981,
pag.353.
23
N.Abriani, Diritto Commerciale, Roma, 2010, pag.256