3
1. INTRODUZIONE
Negli ultimi decenni è emersa sempre di più la consapevolezza che le
risorse materiali della terra non sono infinite e che mirare a uno sviluppo
illimitato, senza conservare e valorizzare il patrimonio umano, culturale e
ambientale di ogni Paese, rischia di causare sull’uomo, sulla società, sulla
natura, effetti nel tempo devastanti e irreversibili. Agire per evitare questo
rovinoso processo, purtroppo in atto, significa agire ora, riflettere ora sui
comportamenti individuali e collettivi, sulle azioni, sulle modalità di
consumo, sullo spreco energetico e sulla gestione dei rifiuti, sulla
distribuzione delle ricchezze, del lavoro, con l’obiettivo di creare condizioni
di benessere sia «infragenerazionali»
1
sia «intergenerazionali»
2
, riducendo
al minimo l’impatto della vita di ogni essere umano su ambiente, società,
natura ed economia.
Causa ed effetto è che «l’uomo trasforma le risorse in rifiuti più
rapidamente di quanto la natura sia in grado di trasformare questi rifiuti in
nuove risorse»
3
. Ed è con la coscienza, fortunatamente crescente,
dell’ineludibilità e dell’urgenza di agire, che inizia, dagli anni Settanta, a
maturare il pensiero di uno sviluppo sostenibile sempre più lucido e
cosciente. Un pensiero che sta trasformandosi concretamente, in progetti e
in azioni, attraverso conferenze internazionali, documenti, leggi e
provvedimenti che sempre di più stanno determinando l’agenda politica dei
Paesi più sviluppati.
Esistono molte definizioni di sviluppo sostenibile, ma, tutte, pur con
varianti, adottano e condividono 3 principi:
1. Ecologico – lo sviluppo deve essere pianificato e progettato in
maniera limitata, considerando la capacità di carico dell’ecosistema
per assicurare la diversità biologica;
2. Sociale e culturale – il processo decisionale deve rendere partecipe
interamente la comunità per conservarne l’identità;
1
«Tanto a livello locale che internazionale, che implica parità di accesso alle risorse
(siano queste ambientali o meno), da parte degli attuali cittadini del pianeta, senza
distinzioni rispetto al luogo/Paese in cui vivono». A. Lanza, Lo sviluppo sostenibile.
Risorse naturali e popolazione, consumi e crescita economica: soddisfare i nostri
bisogni senza compromettere la vita delle generazioni future, Bologna, Il Mulino, 2002,
cit. p. 17
2
«Che significa […] pari opportunità fra successive generazioni». Ivi
3
S. Latouche, Breve trattato sulla decrescita serena, Bollati Boringhieri, 2008, cit. p. 34
4
3. Economico – le risorse vanno gestite in modo intelligente e
razionale, al fine di garantirne la fruizione anche alle generazioni
future
4
.
Questa tesi si propone una sintesi dell’attuale stato della sensibilità nei
confronti del problema, una contestualizzazione sul territorio riminese e la
formulazione di un progetto che possa coniugare l’uso sostenibile “turistico”
del territorio e del suo patrimonio culturale nell’ottica di uno sviluppo
sostenibile.
Il capitolo 2 descrive le conferenze e i documenti cruciali che hanno segnato
l’evoluzione del concetto di sostenibilità, fornendone un quadro di
riferimento storico-politico e diverse definizioni. Dal capitolo 3, ci si
sofferma, in particolare, su un settore economico di rilevante importanza: il
turismo. Questo, sin dal principio, ha causato conseguenze sia positive che
negative, infatti, procura ingenti profitti economici, contribuisce alla
salvaguardia e alla condivisione del patrimonio culturale mondiale,
all’implementazione di servizi e infrastrutture. Contemporaneamente, però,
crea mutamenti in situazioni sociali e ambientali che esistono da secoli,
cancella le usanze e le tradizioni o mercifica il folklore delle popolazioni
locali, consuma le risorse non rinnovabili e genera inquinamento
5
. Sono
descritte le esternalità negative che una forte pressione turistica può causare.
Gli impatti si riflettono principalmente su tre sfere: ambiente, società e
cultura, economia. La sostenibilità deve essere applicata al settore turistico
al fine di:
• Proteggere le risorse ambientali;
• Consentire alle comunità locali di trarre vantaggi dal turismo sia
economici, sia in termini di qualità della vita;
• Garantire ai visitatori un’esperienza di qualità.
La sostenibilità del turismo diventa un’emergenza per preservare l’esistenza
stessa del fenomeno.
La tesi si contestualizza nella provincia di Rimini, dopo un breve accenno
alla nascita del turismo in questo territorio (capitolo 4), si passa a esaminare
i documenti che la provincia stessa ha redatto al fine di indirizzare il turismo
verso uno sviluppo sostenibile e duraturo. Le azioni e le iniziative della
provincia di Rimini sono tante, qui si ricordano le conferenze e i documenti
di maggior rilievo, come la Prima conferenza internazionale sul turismo
sostenibile, svoltasi nel 2001; l’adozione, dal 2003, dell’Agenda 21 locale; il
Piano territoriale di coordinamento provinciale e il Piano strategico di
Rimini e del suo territorio, entrambi del 2007; la Seconda conferenza
internazionale sul turismo sostenibile, che ha luogo nel 2008.
4
A cura di F. Citarella, Turismo e diffusione territoriale dello sviluppo sostenibile, Napoli,
Loffredo editore, 1997, p. 6
5
M. De Carlo, R. Caso, Focus on turismo e sostenibilità. Principi, strumenti, esperienze,
Milano, FrancoAngeli, 2007
5
La tesi, oltre a descrivere il significato di turismo sostenibile, i documenti di
riferimento, i progetti concretizzati nella provincia di Rimini, vuole tracciare
anche delle possibili linee guida per uno sviluppo futuro del turismo
sostenibile, per un marketing e una comunicazione efficaci.
Il capitolo 7 apporta un contributo alla letteratura sull’argomento, si occupa
di un progetto riguardante un itinerario turistico sostenibile. Questo
itinerario tocca le diverse località, disseminate per la provincia di Rimini,
che costituiscono punti d’interesse naturalistico, storico, culturale,
ricreativo, gastronomico. L’itinerario si propone di destagionalizzare
l’offerta, offrendo attività in base alle circostanze climatiche e
meteorologiche, con il proposito di avvicinare i turisti al tema della
sostenibilità, facendo viver loro esperienze coinvolgenti e sensibilizzanti.
6
2. LE TAPPE EVOLUTIVE DEL CONCETTO DI
SVILUPPO SOSTENIBILE
2.1. Le conferenze internazionali e le definizioni di sviluppo
sostenibile
Nel 1972 un gruppo di scienziati presso il MIT (Massachusetts Institute of
Technology) di Boston elabora il rapporto The limits to growth nel quale
viene affermato che in un mondo che presenta dei limiti biofisici ben
definiti non è possibile concepire una crescita economica, materiale e
demografica illimitata
6
, com'è invece stata auspicata fino a questo momento.
Comincia a farsi strada, così, l'esigenza di conciliare crescita economica ed
equa distribuzione delle risorse in un nuovo modello di sviluppo, dal
momento che la crescita economica, intesa in senso classico, causerebbe il
collasso dei sistemi naturali.
Nello stesso anno si tiene la Conferenza delle Nazioni Unite a Stoccolma,
nella quale si affermano per la prima volta alcuni principi che saranno alla
base del concetto di sviluppo sostenibile:
• L'uomo è responsabile della protezione e del miglioramento
dell'ambiente per le generazioni presenti e future;
• Le risorse naturali della Terra devono essere salvaguardate a
beneficio delle generazioni presenti e future attraverso una
programmazione e una gestione appropriata e attenta;
• Deve essere mantenuta e, dove possibile, ricostituita e implementata
la capacità della Terra di produrre risorse vitali rinnovabili.
Parallelamente si assiste alla nascita dell'UNEP – United Nations
Environmental Programme (programma delle Nazioni Unite sui problemi
ambientali) – che ha lo scopo di coordinare e promuovere le iniziative ONU
relativamente alle questioni ambientali.
Negli anni Ottanta durante la World Conservation Strategy (Strategia
mondiale per la conservazione) di IUCN
7
, UNEP e WWF, relativamente
alla sostenibilità, vengono posti tre principali obiettivi da perseguire nelle
fasi di sviluppo:
1. Mantenimento dei sistemi vitali e dei processi ecologici essenziali;
2. Conservazione della diversità genetica;
3. Utilizzo “sostenibile” delle specie e degli ecosistemi.
Nella sua accezione più ampia, il concetto di sostenibilità esige che un
processo di sviluppo sia in grado di sostenere nel corso del tempo la
riproduzione del capitale mondiale costituito dal capitale economico,
umano/sociale e naturale.
Nel 1987 il rapporto “Our Common Future”, della Commissione Mondiale
per l'Ambiente e lo Sviluppo (WCED) delle Nazioni Unite presieduta dal
6
M. Wackernagel, W.E. Rees, L'impronta ecologica. Come ridurre l'impatto dell'uomo
sulla terra, Milano, Edizioni ambiente, 2008, p. 19
7
International Union for Conservation of Nature
7
Primo Ministro norvegese Brundtland, diffonde ampiamente il concetto di
sviluppo sostenibile. Il rapporto afferma:
Lo sviluppo sostenibile, lungi dall'essere una definitiva condizione di armonia, è
piuttosto un processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la
direzione degli investimenti, l'orientamento dello sviluppo tecnologico e i
cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con gli
attuali
8
.
Si legge ancora che lo sviluppo sostenibile è «uno sviluppo che soddisfa i
bisogni dell'attuale generazione senza compromettere la possibilità delle
generazioni future di soddisfare i propri»
9
. In questa definizione l'elemento
centrale è la necessità di cercare un’equità di tipo intergenerazionale: le
generazioni future hanno gli stessi diritti di quelle attuali. Sempre all’interno
del rapporto si legge che lo sviluppo sostenibile ruota attorno a due concetti
chiave, ovvero il concetto di bisogni, ai quali occorre dare assoluta priorità
nelle scelte politiche da adottare, e il riconoscimento delle limitazioni
imposte dallo stato della tecnologia e dall'organizzazione sociale alla
capacità ambientale di soddisfare esigenze presenti e future. Lo sviluppo
sostenibile deve essere perseguito tramite l'utilizzo di capitale naturale
rinnovabile e sulla massima razionalizzazione del capitale non rinnovabile.
L'anno successivo (1988), durante la Conferenza di Toronto, vengono presi
impegni per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica e il
miglioramento dell'efficienza energetica.
World Conservation Union, UNEP e WWF forniscono una nuova
denominazione di sviluppo sostenibile (1991), nella quale è inclusa una
visione più globale, ma meno puntuale, esso è: «Un miglioramento della
qualità della vita, senza eccedere la capacità di carico degli ecosistemi di
supporto, dai quali la vita stessa dipende»
10
.
Nel 1992 si tiene a Rio De Janeiro la United Nations Conference on
Environment and Development (Conferenza delle Nazioni Unite su
Ambiente e Sviluppo Vertice della Terra), durante la quale vengono
prodotti, fra gli altri, due importanti documenti:
• Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo, composta da 27
principi che definiscono diritti e responsabilità delle nazioni relativi
all'integrazione fra sviluppo (non solo economico) e ambiente.
• Agenda 21, il Programma d'Azione per il XXI° secolo, individua le
diverse strategie da avviare nella direzione dello sviluppo
sostenibile, prospettiva da perseguire per tutti i popoli del mondo.
8
Commissione mondiale per l'ambiente e lo sviluppo, Our Common Future, 1987, cit. p. 25
(punto 30)
9
Ivi
10
World Conservation Union, United Nation Environment Programme, World Wide Fund
for Nature, 1991, cit. Definizione tratta dal sito ISO Ambiente
http://www.isoambiente.it/svilupposostenibile.aspx, ultima consultazione ottobre 2012
8
Nello stesso anno viene approvato dall'Unione Europea il V Piano d'azione
ambientale dell'UE Per uno sviluppo durevole e sostenibile, relativo agli
anni 1993/1999.
A livello nazionale, l'Italia recepisce l'orientamento delle politiche
ambientali europee e il Ministero dell'Ambiente emana il primo Piano
Nazionale per lo sviluppo sostenibile (1993).
Perseguire lo sviluppo sostenibile significa ricercare un miglioramento della
qualità della vita pur rimanendo nei limiti della ricettività ambientale. Sviluppo
sostenibile non vuol dire bloccare la crescita economica, anche perché persino in
alcune aree del nostro Paese, l'ambiente stesso è una vittima della povertà e della
spirale di degrado da essa provocata. Un piano di azione per lo sviluppo
sostenibile non deve solo promuovere la conservazione delle risorse, ma anche
sollecitare attività produttive compatibili con gli usi futuri, ne deriva che
l'applicazione del concetto di sviluppo sostenibile è, da un lato, dinamica, ovvero
legata alle conoscenze e all'effettivo stato dell'ambiente e degli ecosistemi,
dall'altro consiglia un approccio cautelativo riguardo alle situazioni e alle azioni
che possono compromettere gli equilibri ambientali, attivando un processo
continuo di correzione degli errori.
11
Nel 1994 si tiene ad Aalborg, in Danimarca, la Iª Conferenza Europea sulle
Città sostenibili, organizzata dal Consiglio internazionale per le iniziative
ambientali locali (ICLEI), sotto il patrocinio congiunto della Commissione
Europea e della città di Aalborg. Durante la Conferenza viene sottoscritta la
Carta di Aalborg, un documento firmato inizialmente da 80
Amministrazioni Locali europee e da 253 rappresentanti di organizzazioni
internazionali, governi nazionali, istituti scientifici, consulenti e singoli
cittadini. Con la Carta si dà inizio alla “Campagna Europea delle Città
Sostenibili” e si formalizzano anche i concetti di partecipazione e di “buona
governance del territorio”. Le città e le regioni europee si impegnano ad
attuare l'Agenda 21 a livello locale, a elaborare piani a lungo termine per
uno sviluppo durevole e sostenibile, ad avviare una campagna di
sensibilizzazione. La Carta è composta essenzialmente da tre parti:
• Dichiarazione di principio: le città europee per un modello urbano
sostenibile;
• La campagna delle città europee sostenibili;
• L'impegno nel processo dell'attuazione dell'Agenda 21 a livello
locale: i piani locali d'azione per un modello urbano sostenibile.
L'ICLEI propone una nuova definizione di sviluppo sostenibile: «Sviluppo
che offre servizi ambientali, sociali ed economici di base a tutti i membri di
una comunità, senza minacciare la funzionalità dei sistemi naturali,
economici e sociali da cui dipende la fornitura di tali servizi»
12
. Ciò
11
Ministero dell'ambiente, Commissione per l'ambiente globale, Piano nazionale per lo
sviluppo sostenibile, 1993, cit. p. 17
12
ICLEI, 1994, cit.
9
significa che le tre dimensioni sono strettamente correlate e ogni intervento
di programmazione deve tenere conto delle reciproche interrelazioni.
Altri importanti avvenimenti sono: la creazione della Commissione
Mediterranea per lo Sviluppo Sostenibile (MCDS), nel 1995; la IIª
Conferenza europea sulle Città Sostenibili Dalla Carta all'Azione (Lisbona
– Portogallo, 1995), dove le città si impegnano ad attuare l'Agenda 21 a
livello locale, riconoscendo le proprie responsabilità nella regolamentazione
della vita sociale; la XIXª Sessione Speciale dell'Assemblea Generale delle
Nazioni Unite/UNGASS (Rio+5) (New York, 1997), durante la quale i
governi esaminano i progressi effettuati nell'attuazione degli impegni
definiti al Vertice di Rio. Nonostante siano stati compiuti progressi, emerge
una generale insoddisfazione per il grado di attuazione e la consapevolezza
che sono ancora molti i passi da compiere per l'ambiente. Il Protocollo di
Kyoto (1997) impegna i Paesi industrializzati e quelli con economia in
transizione a ridurre entro il 2010 le emissioni di gas in grado di contribuire
ai cambiamenti climatici del pianeta; altre conferenze e provvedimenti
rilevanti che affrontano il tema sono: la Conferenza di Ferrara, che istituisce
il Servizio per lo sviluppo sostenibile (Ferrara – Italia, 1999); la IIIª
Conferenza europea sulle Città Sostenibili (Hannover – Germania, 2000); il
VI° Piano d'azione ambientale 2002/2010 dell'UE, Ambiente 2010: il nostro
futuro, la nostra scelta – Strategia dell'Unione Europea per lo sviluppo
sostenibile in Italia (2001).
Anche l'UNESCO si occupa di definire lo sviluppo sostenibile indicando
che «la diversità culturale è necessaria per l'umanità quanto la biodiversità
per la natura [...], è una delle radici dello sviluppo inteso non solo come
crescita economica, ma anche come un mezzo per condurre un'esistenza più
soddisfacente sul piano intellettuale, emozionale, morale e spirituale»
13
.
Secondo quest'ottica, la diversità culturale diventa il quarto elemento
fondamentale dello sviluppo sostenibile, accanto al tradizionale equilibrio
delle tre “e”: ecologia, equità, economia.
Nel 2002 a Johannesburg si svolge la Conferenza delle nazioni Unite
sull'ambiente, aggiornamento della Conferenza di Rio (Rio+10), la quale
individua tre linee guida per le nuove politiche di sviluppo sostenibile del
terzo millennio:
1. Promuovere lo sviluppo di programmi quadro decennali per la
realizzazione di iniziative finalizzate alla modificazione dei modelli
di consumo e di produzione non sostenibili;
2. Individuare le politiche, le misure e i meccanismi finanziari per
sostenere i modelli di consumo e produzione sostenibili;
3. Promuovere e diffondere procedure di valutazione d'impatto
ambientale e di “ciclo di vita” dei prodotti, anche al fine di
incentivare quelli più favorevoli per l'ambiente.
13
UNESCO, Dichiarazione Universale sulla Diversità Culturale, 2001, cit. Art. 1 e 3