Introduzione
Con la presente tesi si sono voluti approfondire gli effetti dell’innovazione
sulla performance aziendale, con particolare riferimento all’innovazione
definita “tecnologica”, e anche alcuni aspetti legati all’innovazione “non
tecnologica”, ovvero l’innovazione non prettamente legata ad una tecnologia,
bensì concernente aspetti organizzativi, di gestione delle risorse umane e di
marketing.
L’analisi dell’innovazione è stata svolta focalizzando l’attenzione su un
particolare segmento all’interno del settore meccanico italiano: le aziende
produttrici di macchinari per la lavorazione della plastica.
E’ stato scelto questo settore come focus dell’analisi in seguito allo
svolgimento di un tirocinio presso Sica S.p.A., azienda romagnola
produttrice di macchinari per l’industria dell’estrusione della plastica.
Le informazioni sull’innovazione nel settore oggetto di studio sono state
reperite principalmente mediante un’indagine svolta sottoponendo alla
compilazione di un questionario un campione di aziende italiane appartenenti
al comparto.
L’obiettivo di questo lavoro è stato principalmente quello di valutare il grado
di innovatività delle imprese del campione selezionato, nonché di analizzare,
da un lato, i fattori che hanno maggiore influenza sull’output innovativo e,
dall’altro lato, l’impatto dell’attività innovativa sulle performance delle
aziende intervistate.
Nel primo capitolo viene illustrato il concetto di innovazione in tutti i suoi
aspetti, attraverso il pensiero di diversi autori che hanno studiato il fenomeno
innovativo, primo fra tutti l’economista austriaco Joseph Schumpeter.
Saranno fornite descrizioni delle diverse tipologie di innovazioni, delle fonti,
dei principali indicatori, degli strumenti di protezione dell'innovazione, dei
cambiamenti che l'innovazione subisce a seconda dei contesti spazio-
temporali in cui viene generata.
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Nel secondo capitolo, saranno brevemente illustrati alcuni dati relativi
all'innovazione e alla R&S in Italia, facendo riferimento alle indagini
statistiche svolte dall'Istat rispettivamente sul triennio 2006-2008 e sull'anno
2008.
Nel terzo capitolo è stata fornita una descrizione delle caratteristiche che
delineano il settore delle aziende produttrici di macchinari per la lavorazione
della plastica; le informazioni sul settore sono state reperite principalmente
dagli studi e dalle indagini statistiche realizzati dall’associazione di categoria
italiana Assocomaplast (Associazione nazionale dei costruttori di macchinari
per la lavorazione della plastica e della gomma).
Nel quarto capitolo si descrive il questionario somministrato al campione
selezionato di aziende, le modalità di selezione del campione e di
divulgazione del questionario.
Nel quinto capitolo vengono illustrate e analizzate le informazioni risultanti
dalle risposte al questionario, al fine di capire se e quanto le aziende del
settore analizzato sono innovative, quali sono le fonti e i fattori che incidono
maggiormente sull’innovazione per queste, quale l’impatto dell’innovazione
sulle loro performance.
Si cercherà in ultima analisi di rispondere alla domanda: l'innovazione è per
le aziende di questo settore un fattore critico di successo? Se sì, in che
modo? Per fare questo si metteranno a confronto i dati relativi alle
innovazioni introdotte con quelli riguardanti le performance delle aziende.
Nell’ultimo capitolo si riportano le conclusioni, ovvero un riassunto sintetico
del lavoro svolto, dei risultati della ricerca e la loro interpretazione, anche
alla luce degli aspetti teorici approfonditi nella prima parte della tesi.
A fine testo sono presenti la bibliografia e la sitografia generale, che elenca
in dettaglio tutte le fonti bibliografiche e i siti internet cui si fa riferimento in
questo lavoro, nonché un'appendice con il questionario somministrato alle
imprese del campione.
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Capitolo 1. L’innovazione
In questo capitolo viene introdotto il tema oggetto della tesi, ovvero
l’innovazione. Saranno trattati tutti gli aspetti fondamentali del tema, anche
attraverso il pensiero degli autori più famosi che nella storia hanno studiato il
fenomeno innovativo, fornendo una descrizione completa delle differenti
tipologie di innovazione e relativi esempi. Inoltre, verranno trattati i
meccanismi e i fattori di generazione dell’innovazione.
1.1 Dibattito economico sull’innovazione
Nel dibattito economico contemporaneo l’innovazione rappresenta uno dei
temi più importanti ed è stata una tematica oggetto di studi tra i più ricchi
negli ultimi anni. Tuttavia, nonostante il suo ruolo fondamentale
nell’economia, in passato non è stata presa in considerazione come meritava,
ma rivestiva bensì un ruolo marginale rispetto ad oggi.
In passato, si è data maggiore attenzione a fattori di cambiamento economico
quali l’accumulazione di capitale o i meccanismi di mercato.
Di recente invece le cose sono cambiate; sono infatti aumentati gli studi, le
ricerche e gli articoli sul processo innovativo e sul ruolo dell’innovazione in
ambito economico-sociale, attraverso un approccio interdisciplinare
(Faderberg J., Mowery D.C., Nelson R.R., 2007).
Si parla di approccio interdisciplinare in quanto per poter avere una visione
generale del processo innovativo è necessario unire i contributi di diverse
discipline, proprio perché non esiste una materia unitaria che studi
l’innovazione in ogni suo aspetto.
Il tema dell’innovazione è stato analizzato nelle sue sfaccettature da
differenti materie; l’economia tradizionale (principalmente si è occupata di
analizzare i suoi effetti economici e le scelte d’investimento in innovazione),
la sociologia, le scienze dell’organizzazione, gli studi di business e
management (trattando di ciò che avviene all’interno del processo
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innovativo, ovvero i meccanismi d’apprendimento); la geografia economica e
la storia economica (che studiano la localizzazione e organizzazione in
contesti specifici dei suddetti processi d’apprendimento e i cambiamenti di
questi nel tempo).
1.1.1 Definire cos’è l’innovazione
Forse il più importante fra tutti gli scienziati che hanno approfondito il tema
dell’innovazione è stato lo scienziato austriaco Joseph Schumpeter (1883-
1950).
Egli sosteneva che l’innovazione doveva essere intesa come una “nuova
combinazione di risorse esistenti”, che determina sviluppo economico in
quanto porta un cambiamento qualitativo. Ciò che lui chiama “funzione
imprenditoriale” non è altro che questa attività di combinazione affidata,
appunto, all’imprenditore.
La figura del singolo imprenditore è centrale negli studi di Schumpeter, in
particolare nelle sue prime opere (cui si fa solitamente riferimento come
“Schumpeter Mark I”), mentre le opere più tarde (dette “Schumpeter Mark
II”) approfondiscono maggiormente il ruolo delle innovazioni nelle grandi
imprese (Faderberg J., Mowery D.C., Nelson R.R., 2007, p. 35, riquadro 2,
linea 22).
Per capire che cos’è l’innovazione viene spesso fatto riferimento alla
distinzione tra “innovazione” e “invenzione”: quest’ultima è definita come la
concezione per la prima volta di un nuovo processo o prodotto, mentre il
concetto di innovazione racchiude in sé quello di invenzione poiché si tratta
del tentativo di mettere in pratica per la prima volta una nuova idea.
Ciò implica che siano sì due concetti estremamente legati l’uno all’altro ma
con differenze sostanziali che li distinguono: è possibile inventare in
qualsiasi luogo, mentre il processo innovativo avviene generalmente
all’interno dell’impresa, la quale deve essere capace di combinare tanti tipi di
risorse diverse, dalla conoscenza alla capacità produttiva di impianti e
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macchinari, da un’efficiente sistema distributivo alle risorse finanziarie
necessarie per realizzare l’innovazione, ecc. (Faderberg J., Mowery D.C.,
Nelson R.R., 2007).
Da questa distinzione viene naturale ricollegare il concetto di imprenditore-
innovatore concepito da Schumpeter, di cui si è accennato prima. Schumpeter
lo chiama “imprenditore”, ed è concepito come colui che innova ovvero colui
che mette insieme tutte le risorse necessarie per l’applicazione e
commercializzazione sul mercato dell’invenzione. E’ infatti figura ben
distinta da quella dell’inventore, che è solamente colui che inventa, crea la
nuova idea.
A tal proposito, Kline e Rosemberg sottolineano che un’invenzione può
essere sottoposta a miglioramenti i quali talvolta possiedono un valore
economico molto più alto dell’invenzione stessa nella sua forma originale
(Faderberg J., Mowery D.C., Nelson R.R., 2007, p. 36, linea 3).
Per meglio capire un concetto, spesso risulta più facile partire da ciò che esso
non è: questo è proprio quello che hanno cercato di fare Kline e Rosemberg
quando hanno definito l’innovazione utilizzando il concetto di “modello
lineare”, un modello che per anni è stato un punto di riferimento nella
descrizione del processo innovativo, ma che essi ritengono erroneo e
limitativo.
Il modello lineare descrive il processo innovativo come una sequenza di varie
fasi, date dalla ricerca di base per prima, poi dalla ricerca applicata, per finire
con la fase dello sviluppo e della successiva diffusione/ commercializzazione
(Grandi A., Sobrero M., 2005, p.29, par. 3.2).
I limiti di questo modello emergono dal fatto che esso considera come date
certe relazioni causa-effetto che valgono solo per alcuni tipi d’innovazione,
inoltre trascura totalmente i possibili feedback che da una fase possono
rimandare indietro ad un’altra, perché, ad esempio, sorgono problemi
imprevisti o sono necessari approfondimenti o ancora emergono nuovi
stimoli per una nuova idea.
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Kline e Rosemberg propongono invece un modello alternativo, definito “a
catena”, che rigetta l’idea di un processo innovativo dalla direzione univoca,
bensì suggerisce l’esistenza di direzioni biunivoche dove i feedback possono
fornire informazioni utili dalle fasi finali a quelle iniziali (Grandi A., Sobrero
M., 2005, p.29, in basso).
Dare una definizione chiara e precisa di innovazione non è quindi cosa
semplice ed è un obiettivo cui sono stati dedicati ingenti sforzi in passato
come anche negli anni più recenti.
Prendendo in considerazione solamente l’innovazione tecnologica, una sua
definizione è stata formulata di recente nel manuale redatto dall’OCSE,
“Oslo Manual: Guidelines for Collecting and Interpreting Innovation Data”,
nella versione pubblicata nell’ottobre del 2004, secondo cui per innovazione
tecnologica si intende:
ogni sforzo di natura scientifica, tecnologica, organizzativa, finanziaria e
commerciale per realizzare o rendere disponibili sul mercato delle versioni
caratterizzate da un miglioramento funzionale considerevole o contenuto
rispetto alle versioni precedenti, o a soluzioni alternative dirette alla
soluzione dei medesimi problemi/soddisfazione dei medesimi bisogni
(Grandi A., Sobrero M., 2005, p.16, in basso).
Da questa definizione risulta evidente che il processo innovativo è un
processo multiforme e sfaccettato, composto da tanti elementi (progresso
della conoscenza tecnico-scientifica, risorse finanziarie, organizzazione,
capacità produttiva ecc. per fare alcuni esempi), tanti diversi momenti, che
non seguono però una rigida sequenza cronologica, così come anche i diversi
attori che partecipano al processo possono assumere ruoli e funzioni diverse
a seconda del contesto e/o del momento in cui agiscono.
Inoltre è quanto mai riduttivo focalizzare l’attenzione solamente sul risultato
finale di questo processo: si deve infatti osservare ogni singola azione di
apprendimento, lasciando così spazio anche alla rilevazione di ricadute
impreviste o alla possibilità di considerare gli eventuali fallimenti come
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opportunità di crescita nelle competenze, anziché come eventi negativi da
rimuovere o da ignorare.
Per meglio capire, in che cosa sostanzialmente si manifesta l’attività
innovativa all’interno di un’impresa è necessario puntualizzare quali sono le
azioni che possono essere considerate “attività innovative”. Esse sono tutte
quelle azioni volte a sviluppare o introdurre prodotti, servizi o processi
tecnologicamente nuovi o significativamente migliorati. A tal proposito sono
da considerare attività innovative la R&S all’interno dell’impresa o
l’acquisizione all’esterno di servizi di R&S, l’acquisizione di macchinari,
attrezzature, software per introdurre innovazioni, l’acquisizione di tecnologie
sotto forma di brevetti, invenzioni non brevettate, licenze, know-how, servizi
di consulenza, marchi, tutte le attività preliminari all’introduzione di
innovazioni (progettazione, disegno tecnico, studi di fattibilità, verifiche e
collaudi ecc.), la formazione del personale volta all’introduzione di
innovazioni, le attività finalizzate al lancio di innovazioni come ad esempio
ricerche, test di mercato, pubblicità di lancio ecc. (sul punto si veda la voce
“attività innovative” del glossario ISTAT alla pagina internet:
www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20101209_00/glossario.p
df).
1.1.2 Modelli demand pull e technology push
Nella letteratura economica relativa alle determinanti dell’attività innovativa
è possibile distinguere due modelli basati l’uno sul trainamento da domanda,
ovvero il modello definito “demand pull”, e l’altro sulla spinta tecnologica,
definito “technology push”.
Nel modello demand-pull la variabile tecnologica è considerata come
esogena: le imprese, infatti, basano il proprio vantaggio competitivo sulla
capacità di anticipare e soddisfare le tendenze/bisogni della domanda, ovvero
la variabile che “traina” la direzione e la velocità dello sviluppo. Questa
visione di tipo demand-pull evidenzia il valore fondamentale
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dell’osservazione dell’ambiente circostante per carpire idee e tendenze, come
anche la valorizzazione dei contributi apportati dall’esterno.
Nel secondo modello, invece, è la spinta derivante da avanzamenti scientifici
e tecnologici a determinare lo sviluppo innovativo. Nel modello technology-
push, la variabile tecnologica è infatti vista come endogena, il ruolo
fondamentale che prima era attribuito alla domanda ora viene spostato
sull’offerta. Da questa diversa prospettiva assumono valore le componenti
interne all’impresa, anziché quelle esterne. Ad esempio, diventano centrali
gli effetti dell’attività di ricerca, gli investimenti in innovazione, la
possibilità di proteggere le idee innovative e le rendite ricavabili dal loro
sfruttamento (Grandi A., Sobrero M., 2005).
Ponendo l’attenzione sull’attività di Ricerca & Sviluppo all’interno
dell’impresa, si può evidenziare che vi è stato un passaggio dalla prevalenza
dell’approccio technology-push ad un approccio demand-pull.
Fra il 1950 e il 1960 è stato dato particolare rilievo all’approccio technology-
push, presentando il processo innovativo secondo un percorso lineare
(scoperta scientifica, invenzione, progettazione, produzione e
commercializzazione). Processo lineare che col tempo è però risultato poco
realistico, tanto è vero che dalla metà degli anni Sessanta ha preso piede
l’approccio demand-pull nell’attività di R&S, ovvero l’approccio secondo cui
gli sforzi dei ricercatori sono indirizzati verso la soddisfazione dei bisogni
del cliente/utilizzatore finale.
Anche questo approccio è stato però soggetto a critiche in quanto troppo
limitativo e poco aderente alla realtà (Schilling M.A., 2005).
Rothwell afferma, a tal proposito, che ogni fase del processo innovativo è un
mix tra modello demand-pull e modello technology-push. Tesi confermata
anche da recenti studi sulle imprese innovatrici di successo, le quali risultano
avvalersi di varie fonti e risorse sia esterne che interne, dalla Ricerca interna
alle relazioni con clienti/utilizzatori/fornitori/imprese concorrenti alle
Università e centri pubblici di ricerca ecc. (Schilling M.A., 2005, p. 26, linea
4).
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