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Introduzione
Negli ultimi anni la crisi economico-finanziaria ha colpito soprattutto i mercati
dei Paesi Occidentali. La congiuntura sfavorevole ha spinto molte società a rivedere le
scelte di sviluppo strategico e ha costretto gli amministratori di numerosi gruppi societari
a riformulare la propria struttura organizzativa. La conseguenza di ciò è stata l’utilizzo
sempre maggiore di operazioni straordinarie, allo scopo di delineare nuovi modelli di
crescita.
Quando si parla di operazioni straordinarie si fa riferimento ad una serie
eterogenea di operazioni che le imprese pongono in essere al di fuori della gestione
ordinaria, con l’intento di modificare la struttura o la forma giuridica dell’impresa,
trasferire la titolarità dell’azienda o il controllo dell’impresa o liquidare l’azienda per poi
estinguere l’impresa.
Tra le varie operazioni straordinarie riconosciute dal nostro ordinamento
giuridico, la scissione societaria è sicuramente una delle piø diffuse, soprattutto se
prendiamo a riferimento l’ultimo decennio. La logica che risiede alla base di questa
operazione è la possibilità di creare valore attraverso l’assegnazione di una parte del
patrimonio societario ad un’altra società già esistente o di nuova costituzione. La
normativa che disciplina le scissioni è stata modificata dalla riforma del diritto societario
nel 2003 e seguendo anche gli articoli del codice civile è possibile distinguere due
tipologie riguardanti questa operazione straordinaria: la scissione parziale o la scissione
totale. Difatti, con la scissione una società (c.d. scissa) assegna l’intero suo patrimonio
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(scissione totale) a piø società (c.d. società beneficiarie) preesistenti o di nuova
costituzione, oppure alternativamente assegna solo una parte del suo patrimonio
(scissione parziale) ad una o piø società.
A tal proposito, nel primo capitolo, verranno descritte le principali caratteristiche
della scissione societaria, iniziando la trattazione dall’analisi dell’evoluzione normativa
avvenuta nel nostro Paese. Successivamente, si illustrerà la disciplina della scissione
attraverso l’elencazione delle varie forme giuridiche di scissione ammesse dal nostro
codice civile e si descriverà la procedura da seguire per portare a compimento
l’operazione in oggetto. Tale procedura è composta da vari passaggi rigidamente
disciplinati sia per quanto riguarda i soggetti che devono svolgere il procedimento di
scissione, sia in merito alle tempistiche dell’intervento. Sempre nel primo capitolo,
verranno fornite anche le principali motivazioni che spingono gli amministratori a
proporre un’operazione di scissione ai soci delle società interessate. Come sarà
successivamente spiegato, molto spesso non vi è un solo obiettivo alla base di una
scissione, bensì vi è l’interesse a risolvere varie problematiche interne attraverso l’uso di
un’unica operazione di riorganizzazione societaria.
Una volta terminata la descrizione delle principali caratteristiche della scissione
societaria, il prosieguo del lavoro sarà incentrato sull’analisi del processo di
ristrutturazione aziendale del Gruppo Fiat, culminato proprio con una scissione societaria
tra i due principali settori operativi del Gruppo.
L’assemblea straordinaria della Gruppo Fiat ha approvato, il 16 settembre 2010, il
progetto di scissione redatto dagli amministratori di ambedue le società derivanti dalla
scissione: Fiat S.p.A. e Fiat Industrial S.p.A. L’operazione si è configurata come una
scissione parziale proporzionale, attraverso cui il Gruppo ante scissione Fiat S.p.A., ha
assegnato alla società di nuova costituzione Fiat Industrial S.p.A., le partecipazioni
azionarie riguardanti alcune società operanti nel mercato dei capital goods. In particolare,
sono state trasferite alla newco le partecipazioni azionarie di Iveco S.p.A., Fiat
Netherlands Holding N.V., FPT Industrial S.p.A e Fiat Industrial Finance S.p.A. Queste
società sono tutte attive nella produzione, commercializzazione e fornitura di servizi al
cliente riguardante il mercato delle macchine agricole e macchine movimento terra. Alla
holding originaria sono quindi rimaste tutte quelle partecipazioni riguardanti le società
operanti nel mercato, altamente competitivo, dell’automotive (Fiat Group Automobiles,
Ferrari, Maserati, Magneti Marelli, Fiat Powertrain, Teksid, Comau e altre partecipazioni
minori).
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Per comprendere l’evoluzione che ha subito il Gruppo Fiat negli ultimi anni e per
cogliere le differenze generate dalla scissione societaria, nel secondo capitolo, si
descriverà la situazione economico-finanziaria del Gruppo, prima dell’effettiva entrata in
vigore dell’atto giuridico di scissione. In questo capitolo, si illustrerà brevemente anche
l’evoluzione storica della Fiat attraverso l’esposizione della struttura organizzativa pre-
scissione e si descriverà la distribuzione nel mondo delle proprie attività.
Nel terzo capitolo si illustreranno gli aspetti fondamentali della scissione e si
forniranno le motivazioni ufficiali dell’operazione che sono state rese pubbliche dagli
amministratori del Gruppo. Seguendo l’iter descritto, verrà analizzato il progetto di
scissione, elencandone il contenuto minimo obbligatorio che gli amministratori dovevano
fornire e si esporranno le tempistiche che sono state adottate nelle varie fasi del
procedimento di scissione. Nello stesso capitolo, saranno poi illustrati i risultati
commerciali raggiunti nei vari mercati in cui operano le due società derivanti
dall’operazione e si forniranno al lettore i dati di bilancio riguardanti le situazioni
economico-finanziarie di Fiat S.p.A. e Fiat Industrial S.p.A. post-scissione.
Infine, nel quarto capitolo, si esporranno altri possibili obiettivi che il Gruppo Fiat
era interessato a raggiungere attraverso la scissione, anche se non sono stati diffusi
ufficialmente. La valutazione dell’operazione proseguirà con un’analisi delle
performance borsistiche ottenute prima e dopo l’atto di scissione dai titoli rappresentativi
delle due società interessate e successivamente si descriveranno i possibili scenari futuri
che coinvolgeranno i mercati in cui operano le varie società del Gruppo Fiat.
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La scissione di società
1.1. La scissione di società nell’ordinamento italiano
La scissione di società è una operazione economica mediante la quale un
determinato settore operativo all'interno di un'azienda si trasforma in una società
autonoma e distinta. Al termine della scissione aziendale l'unità operativa oggetto della
scissione diventa, a tutti gli effetti, una nuova società, indipendente dalla società di
origine.
L’istituto della scissione non fu mai espressamente disciplinato dal legislatore ed
una chiara normativa di riferimento fu introdotta solo grazie al decreto legislativo n°22
del 1991 a seguito del recepimento della direttiva 82/891/CEE. Prima di ciò la scissione
non era concepita come un’operazione autonoma, ma come una particolare fattispecie di
riduzione del capitale societario, tant’è vero che piø volte la giurisprudenza dovette
intervenire per stabilire se fosse consentito separare da una società un insieme di beni,
con i debiti corrispondenti, dando luogo ad un’entità indipendente.
Guardando a ritroso nel tempo, il primo esempio che si può citare di scissione
societaria risale al decreto della Corte d’Appello di Genova del 9 febbraio 1956
1
,
riguardante un provvedimento del Tribunale che aveva negato l’omologazione ad una
delibera assembleare di una società a responsabilità limitata. Questa società aveva infatti
1
V. App. Genova, 9 febbraio 1956 (decr.), S.r.l. C.I.S.A., ric., in Giur. Tosc., 1956.
10
stabilito di rimborsare ai soci la metà del patrimonio sociale ed aveva deciso che i soci
avrebbero dovuto conferire il patrimonio rimborsato in una società di nuova costituzione,
realizzando in realtà un’operazione classificata come scorporo. La Corte d’Appello di
Genova ritenne legittima tale operazione respingendo le motivazioni che avevano portato
il Tribunale a negare l’omologazione; quest’ultimo aveva infatti ritenuto che la decisione
intrapresa dalla società non fosse prevista dal diritto all’epoca vigente ed inoltre,
mancando una disciplina specifica del fenomeno, non riteneva possibile tutelare nella
maniera piø opportuna gli interessi dei creditori della società scorporante. La Corte
d’appello superò questi assunti ritenendo che l’operazione pur non essendo prevista
dall’ordinamento, poteva essere effettuata in base al principio dell’autonomia privata,
affermato dagli articoli 1322 e 1324 c.c. i quali sanciscono la validità degli atti che pur
non rientrando negli schemi previsti dal legislatore, siano comunque espressione di
interessi meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento; mentre in merito al pericolo
inerente gli interessi dei creditori stabilì che contro tale rischio si poteva ritenere
sufficiente la tutela già apprestata dall’art. 2445, 3° comma, c.c., che subordina
l’esecuzione della delibera al decorso di tre mesi dalla sua iscrizione nel registro delle
imprese senza che vi sia stata opposizione dei creditori.
In definitiva, si può affermare che la dottrina prevalente negava l’ammissibilità
dell’operazione di scissione societaria per due motivi principali: la legittimità della
scissione e la modalità di attuazione di questa operazione. Infatti la loro tesi era
suffragata dal fatto che il trasferimento di una società ad un’altra poteva essere realizzata
ricorrendo ad altre figure giuridiche, come la compravendita, la permuta di un’azienda o
di un ramo della stessa con un pacchetto azionario della società acquirente, il
conferimento in natura di un’azienda o ramo d’azienda; mentre in riferimento alle
modalità di attuazione della scissione non si riteneva adeguata una semplice delibera
concernente la separazione del capitale sociale finalizzata alla creazione di piø società
vista la natura contrattuale dell’atto costitutivo e quindi la sua inidoneità a disporre di
diritti di terzi.
2
A tale proposito si può citare ad esempio un secondo caso, affrontato dal decreto
del Tribunale di Verona del 20 febbraio 1990. Quest’ultimo aveva dichiarata illegittima
una delibera che prevedeva la costituzione di una nuova società mediante la
scorporazione di una ramo d’azienda, con attribuzione proporzionale ai soci delle quote
2
Buttaro L., in Scissione e scorporo, Cedam, Padova, 1997
11
della nuova società. Secondo il Tribunale di Verona tale operazione avrebbe derogato il
principio secondo cui “la costituzione di una società può avvenire solo in base a
manifestazione di volontà di due o piø soggetti
3
”, rifiutando la validità di un atto
unilaterale compiuto dalla società scissa come persona giuridica distinta dalla compagine
societaria.
Un’altra dottrina, invece, riteneva che l’istituto della scissione fosse ammissibile
nel nostro ordinamento anche senza il recepimento della sesta direttiva CEE. Tale
opinione era fondata sulla qualificazione della scissione come modifica dell’atto
costitutivo tesa ad adattare le strutture societarie a nuovi tipi d’investimento, con un
unico limite: il necessario rispetto della causa sociale.
Data la situazione presentata fino ora possiamo dedurre la necessità di introdurre
nel nostro ordinamento una nuova disciplina giuridica in grado di fornire uno strumento
utile a tutte quelle società che sempre piø avevano bisogno di effettuare un’operazione di
scissione. Tuttavia, nonostante questa urgenza l’emanazione di una normativa a riguardo
è stata effettuata solo grazie al recepimento di una direttiva dell’Unione Europea del
1982
4
. In particolare si tratta della sesta direttiva basata sull’art. 54 del trattato istitutivo
della Comunità Economica Europea avente ad oggetto la disciplina delle scissioni delle
società per azioni. Il recepimento della suddetta direttiva è quindi avvenuto attraverso il
decreto legislativo n°22/91 con il quale il governo ha eseguito la delega concessa con
legge n°69/90, riguardante la terza e la sesta direttiva CEE sulle operazioni straordinarie
di fusioni e scissioni delle società. Questo iter normativo ha fatto si che venisse
introdotto nel codice civile la terza sezione del Capo VIII del titolo V intitolata “Della
scissione della società”, e nello specifico dagli articoli 2504 septies, octies, novies e
decies che avevano come schema di riferimento l’istituto della fusione societaria.
L’originario art. 2504 septies citava: “La scissione di una società si esegue
mediante trasferimenti dell’intero suo patrimonio a piø società, preesistenti o di nuova
costituzione, e assegnazione delle azioni o quote ai soci delle prime; la scissione di una
società può eseguirsi altresì mediante trasferimento di parte del suo patrimonio a una o
piø società, preesistenti o di nuova costituzione, e assegnazione delle loro azioni o quote
ai soci della prima. La partecipazione alla scissione non è consentita alle società
3
Tribunale di Verona, 20 febbraio 1990 (decr.), S.r.l. Trasporti Gianfranco Riolfi, in Società, 1990.
4
In Italia la direttiva europea è stata accolta con notevole ritardo rispetto al termine indicato dalla stessa,
che, all’art. 26, stabiliva il 1°gennaio 1986 come termine ultimo per conformare gli ordinamenti dei singoli
Stati membri. L’obbligo di recepimento veniva posto, secondo il contenuto letterale della direttiva stessa,
solo agli Stati membri i cui ordinamenti prevedevano già una disciplina specifica della scissione; non
essendo questa presente in Italia, l’indicazione è stata letta come una facoltà anzichØ un obbligo.
12
sottoposte a procedure concorsuali nØ a quelle in liquidazione che abbiano iniziato la
distribuzione dell’attivo”.
Il legislatore italiano ha introdotto questo articolo ampliandone l’ambito di
applicazione rispetto a quello dettato dalla citata direttiva europea, consentendo di
ricorrere a questo strumento, non solo alle società per azioni, ma a tutti i tipi di società
lucrative e cooperative, escludendo nei fatti solo quelle forme organizzative diverse dalle
società come consorzi e associazioni. Oltre a ciò il legislatore si è preoccupato di
realizzare una disciplina piø completa, consentendo sia la forma di scissione totale che la
forma parziale per la quale non vi era la necessità di arrivare all’estinzione della società
scissa.
Quindi la scissione poteva essere realizzata secondo una delle seguenti modalità
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:
• una società trasferisce parte del proprio patrimonio ad una o piø società
già esistenti;
• una società trasferisce parte del proprio patrimonio ad una o piø società
che saranno costituite mediante la scissione;
• una società trasferisce l’intero suo patrimonio a due o piø società già
esistenti;
• una società trasferisce l’intero suo patrimonio a due o piø società che
saranno costituite mediante la scissione;
• una società trasferisce l’intero suo patrimonio o parte di esso costituendo
nuove società e, contemporaneamente, accrescendone altre già esistenti.
A questo punto possiamo comprendere la capacità innovatrice della Commissione
Ministeriale, istituita allo scopo di verificare i presupposti al fine del recepimento della
direttiva 82/891/CEE, la quale permise di realizzare la scissione nel modo piø ampio e
vario possibile, andando addirittura oltre le previsioni della sesta direttiva CEE.
Quest’ultima, infatti, non contemplava la possibilità di compiere una scissione parziale,
nØ quella di cedere parte del patrimonio della scissa ad una sola società beneficiaria. In
ogni modo, se è vero che la direttiva non ha previsto le due operazioni anzidette, è
altrettanto vero che non ne ha espressamente precluso l’attuazione; pertanto l’iniziativa
del nostro legislatore non si può ritenere contraria alla disciplina comunitaria.
5
D’Alessandro F., La scissione delle società, in Riv. not., 1990, afferma che l’art. 2504 septies c.c.
definisce la scissione elencando le forme che essa può assumere.
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Tornando al citato D.Leg. 22/91, questi è rimasto in vigore fino al D.Leg. n°6 del
2003
6
, (riforma del diritto societario entrato in vigore il 01 gennaio 2004, che ha
riformulato l’operazione disciplinandola dall’art. 2506 all’art. 2506 quater. Il decreto
6/2003 trova il suo fondamento nella legge delega n° 366/2001 che ha ridefinito i principi
generali delle operazioni di fusione, scissione e trasformazione. In particolare, l’art.7
prevedeva che, in materia di operazioni straordinarie d’impresa, la riforma si sostanziasse
in interventi volti a semplificarne il procedimento.
Seguendo l’evoluzione economica del Paese, il legislatore ha cercato di far fronte
alle esigenze delle società promuovendo vari obiettivi, in maniera speculare a quanto
fatto in precedenza dai legislatori comunitari, che si vanno di seguito ad elencare:
• coordinare la legislazione dei Paesi CEE relativamente alla scissione;
• tutelare in modo adeguato gli interessi dei soci appartenenti agli enti
coinvolti nella vicenda scissoria;
• tutelare i diritti dei creditori sociali, in particolare degli obbligazionisti,
visti i rischi derivanti dalla scissione per tali soggetti;
• tutelare i diritti dei terzi tramite un’adeguata pubblicità dell’operazione;
• garantire la certezza dei rapporti giuridici relativi alla scissione attraverso
la limitazione dei casi di nullità dell’operazione, limitazione ottenuta
tramite sanatorie, quando possibile, e tramite un termine breve per
l’esercizio dell’azione di nullità;
• rendere la disciplina della scissione maggiormente adattabile alle esigenze
di una realtà economica dinamica, tale da costringere le società a
intraprendere riorganizzazioni strutturali e patrimoniali rapide e continue.
L’istituto della scissione è stato quindi modificato avvalendosi di quei margini
consentiti dalle direttive europee e non “sfruttati” dal precedente D.Lgs 22/91, facendo
ampio ricorso alle norme in tema di fusione societaria.
6
Il Decreto Legislativo n°6 del 17 gennaio 2003 – c.d. “Riforma del diritto societario” - ha radicalmente
modificato il diritto societario determinandone una nuova forma nel codice civile e adattandone i contenuti
a nuove esigenze. I provvedimenti hanno riguardato sostanzialmente le società di capitali e sono stati
ispirati dalla duplice esigenza di pervenire ad un’armonizzazione dei modelli societari nell’Unione (la
legge si collega ad altri provvedimenti di carattere comunitario) e di semplificare la normativa del settore.
14
Il nuovo art. 2506 c.c. ricade sotto il titolo “Forme di scissione” sottolineando in
questo modo la volontà del legislatore di rinunciare ad una qualificazione statica della
disciplina in modo da non fornire una definizione generale di essa. Questa intenzione
prende le mosse dalla evidente mutevolezza del fenomeno, derivante dalla sua
multifunzionalità, argomento che sarà meglio affrontato nel terzo paragrafo di questo
capitolo.
Volendo operare un confronto tra il nuovo art. 2506 c.c. e l’originario art 2504
c.c. si possono notare le novità introdotte partendo dal primo comma nel quale viene
utilizzato il termine “assegnare”
7
con riferimento al patrimonio e alla distribuzione di
azioni o quote, anzichØ il termine “trasferire” come nel precedente art 2504 c.c. La
finalità cui tende il legislatore con l’eliminazione di ogni riferimento al termine
"trasferire" è quella di far venir meno il principale appiglio testuale alla ricostruzione del
fenomeno scissorio quale trasferimento. A conforto di questa ipotesi, si osservi la
relazione di accompagnamento alla riforma della Commissione "Vietti"
8
, ove
espressamente si afferma che “… da un punto di vista terminologico si è ritenuto
opportuno in tema di scissione caratterizzare i suoi riflessi sui beni in termini di
"assegnazione" e non di "trasferimento". Ciò anche al fine di chiarire, come riconosciuto
da giurisprudenza consolidata, che nell'ipotesi di scissione medesima non si applicano le
regole peculiari dei trasferimenti dei singoli beni (ad esempio relative alla situazione
edilizia degli immobili).”
Possiamo inoltre considerare che con il termine trasferire si fa riferimento a
qualcosa che già è stato deciso, per cui la nuova società beneficiaria nascerebbe con una
semplice delibera a maggioranza dell’assemblea della società che intende scindersi,
senza partecipazione dei soci della nuova beneficiaria. Al contrario, con il termine
“assegnare” si indica non solo un processo esecutivo di attuazione della scissione, ma
anche un processo volitivo, che consiste nel dividere la compagine sociale e il suo
patrimonio.
7
L’attuale formulazione della disposizione prevede al comma 1, che “Con la scissione una società assegna
l’intero suo patrimonio a piø società, preesistenti o di nuova costituzione, o parte del suo patrimonio, in tal
caso anche ad una sola società e le relative azioni o quote ai suoi soci”.
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Commissione Vietti - per l'attuazione del coordinamento e delle modifiche ai decreti legislativi numeri 5
e 6 del 2003 recanti attuazione della delega in materia di riforma organica del diritto societario (30
settembre 2003).