Capitolo Primo
1. Antichità ed etnogenesi
Tutto il territorio dell’odierna Croazia rientrava un tempo all’interno dei confini dell’Impero
romano, tuttavia vi sono grandi disparità riguardo al modo in cui le diverse regioni furono
plasmate dalle strutture politiche e sociali della tarda antichità.
L’unica area ad essere influenzata in misura marcata dall’appartenenza all’Impero romano
ed in generale dallo stretto rapporto con la cultura e lo spazio dei traffici del Mediterraneo,
fu la zona costiera. Sulla costa adriatica già nel IV secolo a.C. erano sorte alcune colonie
greche che nel III secolo a.C. passarono tutte sotto il dominio illirico.
L’influenza politica romana sulle stirpi illiriche invece cominciò a profilarsi a partire dalla
metà del II secolo a.C., nella zona compresa tra la costa e la pianura pannonica. Nel 34 a.C.
Ottaviano, poi imperatore con il nome di Augusto, sottomise questa regione e, all’inizio del
I secolo, venne formata la provincia di Dalmazia, dal nome della tribù dei delmatae. La
provincia romana si estendeva dalla costa fino al bordo meridionale della pianura del fiume
Sava e dall’Istria orientale fino all’odierna Serbia occidentale. Come detto la regione
costiera fu quella più influenzata dalla presenza dell’Impero romano, infatti vediamo che la
suddetta zona fu ulteriormente romanizzata e urbanizzata per ampi tratti. Le città più
importanti della provincia di Dalmazia erano Salona la capitale, con circa 60mila abitanti, e
Iader, da cui Zadar, Zara, che già nel 34 a.C. ottenne la qualifica di colonia romana. Questo
periodo di relativo sviluppo si interruppe bruscamente a partire dal 293, ossia dall’anno in
cui l’imperatore Diocleziano istituì la tetrarchia: suddivise l’impero in quattro parti e ne
affido l’amministrazione a due imperatori e a due cesari. Nella circostanza la provincia di
Dalmazia venne divisa, all’incirca lungo il corso del fiume Drina. L’epoca di Diocleziano è
spesso ricordata, oltre che per la divisione del territorio dell’impero, anche per le
persecuzioni ai danni dei cristiani che colpirono anche la Dalmazia e la Pannonia. In
entrambe le regioni il cristianesimo aveva preso saldamente piede già all’inizio del III
secolo, epoca a cui risalgono le prime diocesi. Di pari passo con lo sviluppo
dell’organizzazione ecclesiastica avvenuto nella tarda antichità, quasi ogni città divenne
sede di un vescovato, in conformità con la costituzione ecclesiale di allora. Per quanto
riguarda invece la definizione dei confini, risalente all’epoca della tetrarchia, rimase
immutata quando l’imperatore Teodosio, nel 395, sancì la definitiva divisione dell’impero in
un Impero romano d’Occidente e un Impero romano d’Oriente, consolidando il dualismo tra
Roma e Costantinopoli nonché quello tra Chiesa d’Occidente e Chiesa d’Oriente. Ancora
oggi se si osservano i confini tra Croazia e Bosnia-Erzegovina da una parte e Serbia e
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Montenegro dall’altra, si nota che grossomodo corrispondono alla linea tracciata all’epoca
della spartizione dell’impero romano. Da ciò spesso si trae spunto per parlare di uno
“spartiacque delle civiltà” che seguirebbe appunto il corso del fiume Drina. Nonostante
questa interpretazione sia smentita dalla storia, è fuori dubbio che il contatto, l’intreccio e il
confronto tra la tradizione ecclesiastica occidentale e quella orientale sono sempre stati
pregni di importanza per l’evoluzione storica dell’intera area geografica. Nei secoli
successivi alla divisione dell’impero romano prosegue, anzi semmai si accentua, la crisi che
colpì la regione dalmata. Nel 493 con la vittoria di Teodorico su Odoacre anche la Dalmazia
entrò a far parte del nuovo regno ostrogoto. Sebbene tale dominio non rappresentasse una
vera e propria cesura per la situazione sociale ed economica, in ogni caso la realtà urbana
conobbe una grave crisi a causa della ruralizzazione e del regresso del commercio e
dell’artigianato. Da questo declino furono risparmiati i centri urbani che svolgevano una
chiara funzione militare difensiva. Dopo la morte di Teodorico il Grande, a metà del VI
secolo, la Dalmazia, grazie all’opera di riconquista di Giustiniano, si trovava già sotto la
sovranità bizantino - romana orientale.
In base a considerazioni militari l’amministrazione di Giustiniano promosse l’ampliamento
delle piazzeforti sulla costa adriatica orientale e fu proprio in quel periodo che avvenne il
primo sviluppo di Ragusa (Dubrovnik). Se, come descritto in precedenza, il regno degli
ostrogoti non rappresentò una vera e propria cesura storica per la ragione, sicuramente lo fu
l’arrivo degli àvari e degli slavi. I primi, un popolo di cavalieri dell’area centroasiatica,
occuparono la Pannonia ormai disabitata dopo la dipartita dei longobardi, intrapresero
campagne militari e di saccheggio, accarezzando soltanto però il sogno di conquistare
Costantinopoli. Gli slavi, che costituivano prevalentemente una comunità linguistica
proveniente nella regione a nord dei Carpazi, giunsero in un secondo momento andando ad
occupare tutta l’Europa sudorientale compresa gran parte dell’Istria. Così a causa delle
iniziative militari degli àvari e della colonizzazione slava, tra la fine del VI secolo e l’inizio
del VII, la sovranità bizantina nella parte occidentale della penisola balcanica crollò,
riducendosi a controllare una serie di città costiere e di isole. Dunque il crollo delle strutture
di potere e sociali sorte durante l’antichità rese possibile una serie di etnogenesi nell’Europa
sudorientale
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. L’etnogenesi croata è strettamente collegata alla creazione del regno degli
àvari e alla colonizzazione slava. Il nome dei croati è citato per la prima volta nelle fonti del
IX secolo, mentre nelle fonti più antiche si parla solamente di slavi. Tuttavia c’è ben poco
che conforti l’ipotesi che i croati fossero immigrati nel territori dell’Adriatico orientale solo
intorno all’800: l’etnogenesi croata, infatti, potrebbe risalire già al VII e all’VIII secolo. Per
quanto concerne l’origine ed il significato dell’etnonimo croato (hrvat), quel che è certo è
che il nome non ha una radice slava, per cui si può senza dubbio escludere che l’etnogenesi
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Etnogenesi: la stabilizzazione di un gruppo di individui di uguale cultura e lingua, tale gruppo non deve essere
necessariamente unito so o il profilo poli co, bensì avere coscienza della propria comune appartenenza. [ Ludwig
Steindorff, Croazia. Storia nazionale e vocazione europea , Beit, 2008]
dei croati si sia compiuta semplicemente come differenziazione di certe tribù slave rispetto
ad altre. L’arrivo dei croati sulla costa sarà avvenuto semmai solo dopo alcuni anni la
colonizzazione slava. L’ipotesi più probabile è che il nome abbia un’origine iranica.
L’etnonimo dei croati era forse in origine un titolo onorifico avente significato funzionale e
sociale all’interno del regno degli àvari. Il nome sarebbe servito a designare i compiti di
determinati gruppi in territori di frontiera del regno. Infatti il nome dei croati è attestato non
solo sulla costa adriatica, ma anche sul confine orientale delle Alpi in Carinzia, in Boemia
settentrionale, in Sassonia e in Polonia meridionale.
2. La formazione di una prima entità statale croata
Come facilmente intuibile ben presto l’intera area fu caratterizzata, per tutto il periodo
altomedioevale, dal dualismo tra le città costiere sottoposte al dominio bizantino e la
formazione delle signorie territoriali slave nell’entroterra. L’elenco delle città bizantine è
rintracciabile nel De administrando imperio dell’imperatore bizantino Costantino VII
Porfirogenito, risalente alla metà del X secolo. Caratteristica comune a tutte queste città era
il loro carattere specificamente difensivo. Tra le più importanti ricordiamo senz’altro Zara,
Traù e Spalato che, dal punto di vista funzionale, raccolse l’eredità dell’antica città di
Salona ormai abbandonata. Scendendo più a sud, sempre sulla costa adriatica, incontriamo
Ragusa, la continuazione dell’insediamento dell’antica Epidaurus, e la città di Cattaro, oggi
in Montenegro. A questi territori si aggiungevano una serie di isole minori. Centro politico
della Dalmazia bizantina era Zara, dove fin dall’inizio dell’VIII secolo ebbe la sua sede
l’arconte, ovvero il rappresentante del potere bizantino. Anche per le signorie che si
formarono nell’entroterra la fonte maggiormente attendibile è il De administrando imperio.
A sudovest la Dalmazia bizantina confinava con il principato dei narentani, che sulla
terraferma si estendeva fino alla Narenta e comprendeva alcune isole della Dalmazia
centrale. Durante l’alto medioevo i narentani, grazie al controllo della navigazione tra le
isolo e l’esercizio della pirateria, divennero un importante soggetto politico che a partire
dalla seconda metà dell’XI secolo intrecciò stretti legami con quella che allora era la
Croazia, che, fino a quel momento, risultava ancora debolmente strutturata sotto il profilo
politico. Nonostante ciò i primi barlumi di uno stato croato risalgono al IX secolo quando,
terminato il predominio dei franchi sulla Croazia, i croati, raggiunsero l’indipendenza
guidati dal principe Trpimir, il quale fu il fondatore della narodna dinastija, ossia della
dinastia nazionale che governò fino al 1089. Il regno di Trpimir è strettamente collegato con
il processo di cristianizzazione della Croazia che in verità era già cominciato intorno all’800
ed in questo senso appartiene alla fase più antica del processo che investì l’intera Europa
orientale. Dunque sotto Trpimir si assiste ad un consolidamento dell’organizzazione
ecclesiastica, come dimostrato dall’istituzione della diocesi di Nona. In realtà la fondazione
di questa diocesi rappresentava anche un deciso atto di emancipazione politica, perché
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acquistando una certa indipendenza in ambito religioso, nello specifico il non dover
dipendere da gerarchie esterne per la consacrazione dei sacerdoti, la Croazia era meno
soggetta alle possibili influenze delle potenze straniere. Ancora più importante sotto il
profilo politico, fu l’elogio, per mezzo di una lettera, che il papa Giovanni VIII fece del
principe Branimir per la sua, e del suo predecessore Zdeslav, politica filo bizantina. Nella
coscienza storica nazionale dei croati questa lettera rappresenta la più antica attestazione del
riconoscimento di un’entità statale croata da parte del pontefice. Il regno raggiunse il suo
apice sotto re Tomislav (910-928 circa) che viene considerato il primo episodio saliente
della potenza croata. Nel corso del X e XI secolo i legami tra le città dalmate e la Croazia
sia dal punto di vista politico sia da quello ecclesiastico. Significativo il fatto che i re
elencavano tra i loro possedimenti, accanto alla Croazia, anche la Dalmazia.
3. Nell’orbita ungherese
L’intreccio tra la storia croata e quella ungherese ebbe inizio nell’XI secolo. L’ultimo grande
sovrano croato, Zvonimir, fu così potente da riuscire a stringere forti legami di parentela con
il re d’Ungheria Bela I, sposandone la figlia Elena. L’unione delle due corone consentì al
sovrano croato di estendere la propria sovranità anche sulla Dalmazia settentrionale, dove
rafforzo il suo legame con la Chiesa cattolica proclamandosi fedele vassallo del papa
Gregorio VII. Fu proprio questo legame così stretto con il papato ad essere fatale al re
Zvonimir, di cui le cronache ci tramandano che fu ucciso “dai vergognosi ed infidi croati”
contrari al suo proposito di accogliere l’invito del papa a partecipare alla crociata in Terra
Santa. All’uccisione del re seguì un periodo di grave crisi ed instabilità che indusse una
parte della nobiltà a riconoscere come legittimo sovrano il re ungherese Ladislao. Il suo
successore Colomanno riuscì a spezzare ogni resistenza all’unione con l’Ungheria che fu
definitivamente sancita nel 1102. La Croazia, pur perdendo la propria narodna dinastija,
non perse la sua individualità statale, conservata nella dieta (sabor), nel bano in quanto
rappresentante della corona di Santo Stefano e nella propria nobiltà, fiera e poco disposta a
rinunciare ai suoi privilegi. Il costituirsi della frontiera tra il Sacro Romano Impero, cui
erano soggetti gli sloveni, ed i territori della corona ungherese lungo il corso del fiume
Sutla, creò una profonda cesura tra i due popoli, non rimarginata quando si ritrovarono
entrambe sotto il dominio degli Asburgo e dovettero fronteggiare lo stesso comune nemico
mortale: i turchi.
I due secoli che seguirono all’unione della Croazia con l’Ungheria fino all’inizio delle
scorribande ottomane furono caratterizzate da un profondo processo di trasformazione
sociale. Assistiamo all’affermazione, accanto ai grandi signori feudali, di una piccola e
media gentry, capace, nel 1222, di costringere il re a concedere la cosidetta “Bolla d’oro”.
Con questa venivano garantiti a tale ceto i diritti nobiliari e la possibilità di influire
sull’amministrazione dello stato attraverso le diete.
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