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INTRODUZIONE
The persona is that which in reality one is not, but which oneself as well as others think one is.
Carl Jung
“La persona è ciò che nella realtà uno non è, ma ciò che lo stesso gli altri credono che sia”.
Così sosteneva il filosofo Carl Jung a proposito della sua teoria sulla struttura della
personalità.
Anche se riferita ad un ambito diverso – filosofico - da quello che mi appresterò ad
analizzare, tale frase mi sembra l’incipit ideale per il mio elaborato, che si propone di
affrontare una questione complessa, basata sulle differenti percezioni che alcuni cineasti
internazionali hanno di un Paese diverso dalla loro nazionalità, la Spagna di oggi, e su come
loro la rappresentino nelle proprie opere, mostrando un chiaro esempio di arte - in questo
caso, il cinema – che dà adito alla conoscenza di un Paese, o meglio di una Nazione, quindi di
una storia, di una cultura, di un popolo. La tendenza qui proposta è quella che fa del cinema
una finestra linguistica. Se il semplice atto di studiare una lingua straniera significa
affacciarsi su un altro mondo, conoscerne usi, costumi e modi di pensare, cosa c’è di meglio
del cinema per guardare nel vivo di un’altra comunità?
Ho sempre pensato che la mia tesi di laurea specialistica dovesse prendere spunto da un
argomento che mi stesse veramente a cuore, che mi interessasse e mi stimolasse, ancor più di
quello scelto per la laurea triennale. Ho ritenuto, inoltre, che tale scelta dovesse essere
effettuata anche in previsione dell’ambito lavorativo in cui, un giorno, mi piacerebbe trovare
impiego, ovvero quello della produzione cinematografica. Pertanto, alla base delle pagine a
seguire vi sono due parole, due concetti, due punti di partenza: passione e futuro.
Quale passione? Il cinema, innanzi tutto: nel biennio specialistico, in particolare, l’intera
filiera cinematografica mi ha “assorbita” proiettandomi in un universo non solo di soggetti,
organizzazioni, dinamiche, strategie, ma anche di storie, significati ed emozioni; un mondo
governato non solo da logiche economiche, ma anche “esperienziali”. E poi, la Spagna: il
fascino di un paese intriso di arte, musica e una storia caratterizzata da rigore e religiosità, ma
allo stesso tempo da trasgressione e sensualità, in realtà, mi ha “travolto” solo da pochi anni,
grazie alla visione di alcune pellicole e allo studio della lingua spagnola, ma è stato, come
dire, un vero e proprio “amore a prima vista” che è tuttora vivo e sempre alimentato da viaggi,
visite a mostre e musei, oltre che visione di film.
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Prendendo avvio da questi miei interessi, ho pensato che fosse banale e alquanto noioso
proporre come argomento un’analisi storica e stilistica della cinematografia spagnola;
pertanto, la mia idea, confidando nella sua originalità, è quella di offrire una cornice
all’interno della quale la cinematografia internazionale, vale a dire quella realizzata da quei
cineasti che gli spagnoli definiscono “extranjeros” o semplicemente “los otros”, ritragga la
Spagna contemporanea nei suoi molteplici aspetti (artistico, storico, religioso, sociale e
soprattutto “umano”) e di come questo quadro si confronti con le tematiche emerse e
affrontate dal cinema spagnolo nel suo percorso storico, in particolare da quello che viene
definito Nuevo Cine Español.
Dedicandomi a questo argomento, voglio dimostrare in primo luogo la valenza del
dispositivo cinematografico come strumento di rappresentazione della realtà, vale a dire di un
Paese ritratto da un punto di vista topografico nelle sue bellezze artistiche e naturali, di un
popolo ripreso nella sua quotidianità e nei suoi costumi, ma anche di uno spirito di una
Nazione, ovviamente il tutto percepito dalle varie realtà internazionali. Ma non solo.
Voglio poter trasmettere le potenzialità che si possono cogliere da tale premessa: il cinema
non si pone solo come catalogo di un Paese, non è solo un documentario. Certo, la nascita del
cinematografo si configura prettamente documentaristica, ma con il tempo si è assistito ad
un’evoluzione delle sue funzioni. E una di quelle che ha acquisito e a cui voglio dedicarmi nel
mio elaborato è quella di “valorizzatore”; pertanto, il dispositivo cinematografico è diventato
uno strumento di valorizzazione culturale. La mia provenienza da un corso di Laurea
Interfacoltà, in cui la nozione di “valorizzazione” è stata continuamente la protagonista,
assieme a quella di “fruizione”, mi permette di affermare che la produzione di film girati da
registi stranieri o in Spagna o, pur essendo ambientati altrove, presentano riferimenti ad essa
(in un personaggio, in una canzone o altro) può creare delle forme di coinvolgimento tra
l’esterno (l’estero) e la realtà locale e fungere da stimolo per lo sviluppo dell’economia
territoriale.
Ecco perché il secondo concetto che ho proposto all’inizio è “futuro”: non una
rappresentazione fine a se stessa, ma volta a generare un meccanismo di attrazione per
l’estero. In tal modo, l’operazione compiuta dalla cinematografia internazionale di voler
rappresentare in differenti modalità la Spagna si inserisce all’interno di un piano di sviluppo
per richiamare il turismo - anche quello culturale - e rilanciare l’economia interna; il cinema,
quindi, diventa una nuova modalità per conoscere, apprezzare e successivamente visitare un
Paese, diversamente da quanto si fa con lo studio sui libri di scuola. Inoltre, attraverso il
dispositivo cinematografico si viene a creare un punto di incontro tra ciò che il Paese è per se
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stesso e ciò che è per gli altri: un incontro tra percezioni, una comunicazione tra diversi punti
di vista. Perché la percezione dell’altro è fondamentale per capire noi stessi. Marketing docet.
Pertanto, il mio elaborato fornirà, da una parte, un approccio socio-semiotico all’argomento
in questione; dall’altra, si concentrerà sulle opportunità offerte da esso in termini di marketing
territoriale.
Ovviamente, non posso non iniziare la mia tesi senza prima aver offerto una panoramica
sulla storia del cinema spagnolo, mettendo in evidenza il legame insito con la sua storia (in
particolare, il suo rapporto con lo Stato) e i temi emersi dallo sguardo dei più importanti
cineasti spagnoli; emergerà, pertanto, un quadro di personaggi, registi, tematiche e soprattutto
un Paese. Di certo, porrò particolare attenzione anche su quello che è definito “nuovo cinema
spagnolo”, tentando di metterlo a confronto con quello passato. Quindi, la prima parte del mio
elaborato sarà di carattere introduttivo - storico.
La seconda parte del mio elaborato sarà, invece, di carattere economico, in quanto sarà
dedicata alla trattazione del tema del “cineturismo”, con il quale darò prova della valenza del
dispositivo cinematografico come strumento di promozione e di valorizzazione di un
territorio. Dopo aver enunciato i concetti alla base del marketing territoriale, tenterò di capire
quali opportunità possa offrire il cinema internazionale per contribuire allo sviluppo
dell’economia di un altro Paese e soprattutto al turismo, anche culturale. La premessa al
“fenomeno” in questione risiede nella capacità delle immagini di film ritraenti determinati
luoghi di catturare l’attenzione dello spettatore ed invogliarlo a recarsi fisicamente verso essi.
E la Spagna, grazie alle sue numerose attrattive artistiche e naturali che fanno di essa la
location ideale per l’immaginazione di autori e registi, si presenta, in tal senso, come la
perfetta meta cineturistica.
Detto questo, passerei alla terza parte, la più analitica, dedicata all’analisi di alcuni film
girati da registi non spagnoli ma che, in qualche modo, rappresentino al loro interno la
Spagna: o perché sono stati lì girati, interamente o parzialmente, o perché rappresentano lo
spirito spagnolo che è uscito dai propri confini e si è proposto all’interno delle loro specifiche
realtà sottoforma di un personaggio, di una canzone o altro. Analizzerò modalità, tecniche e
strumenti usati da questi registi per rappresentare la Spagna, facendo emergere quale sia il
loro intento nel farlo e quale aspetto del Paese in questione emerga più degli altri, a confronto
sia con le altre cinematografie sia con quella propriamente spagnola. Mi sottoporrò, inoltre,
anche all’analisi del significato di alcune immagini significative che rimandino alla Spagna:
stabilirò se la loro valenza è assolutamente figurativa o plastica. Figurativa, nel senso che il
cinema si pone come mezzo per mostrare delle porzioni del mondo; plastica, nel senso che il
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dispositivo cinematografico non si limita a rappresentare qualcosa, ma suggerisce delle
qualità, che a loro volta generano delle sensazioni nello spettatore.
A seguire, la quarta parte del mio elaborato si incentrerà su un’iniziativa, sviluppatasi
nell’ambito del cineturismo, che ha interessato la città di Barcellona dopo che essa è stata
scelta come location di tre dei quattro film analizzati nel precedente capitolo. Il progetto in
questione, denominato “Barcelona Movie Walks”, si dimostra, pertanto, come la naturale
conseguenza dell’interesse suscitato dalla cinematografia verso un determinato territorio, il
quale ora viene reso accessibile allo spettore-cineturista in maniera diversa e originale.
La quinta e ultima parte sarà dedicata, infine, ad una summa delle principali conclusioni
tratte dalla stesura finale del mio elaborato. Sarà una raccolta di immagini di come la
cinematografia internazionale vede e rappresenta la Spagna e di come tutti questi ritratti si
confrontino con quello dipinto da Paese stesso: capirò se ci sarà affinità, identità, associazione
o contrasto, punti di vista diversi tra come la Spagna percepisce se stessa e come è vista
dall’esterno. Quest’ultima parte, inoltre, sarà dedicata ad una riflessione sul raggiungimento
degli obiettivi che mi sono preposta, chiedendomi se li ho raggiunti, in che modo, e cosa
avrei potuto fare di più.
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CAPITOLO 1 – I PROTAGONISTI DEL CINEMA SPAGNOLO
Ritengo sia necessario affrontare in primis una carrellata con i principali nomi che hanno
caratterizzato la storia del cinema spagnolo, per comprendere al meglio il loro rapporto con la
terra natale, prima di procedere all’analisi delle immagini della Spagna fornite dalle pellicole
realizzate dai registi internazionali. Tutto ciò, ovviamente, presuppone una digressione sulla
storia del cinema spagnolo.
L’aspetto più evidente che emerge dallo studio della storia del cinema di questo Paese è il
luogo comune del suo carattere di marginalità e di minoritaria importanza rispetto alle altre
cinematografie. Non solo il contesto internazionale riconosce lo scarso rilievo della
cinematografia spagnola a livello competitivo, ma anche gli stessi spagnoli operanti
nell’ambito, a quanto pare, stentano a dare al “fenomeno” una definizione, come è dato
dall’esempio di José María García Escudero, che ha ricoperto per due volte (dal 1951 al 1952
e dal 1962 al 1967) la carica di Direttore Generale della Cinematografia, il quale ha pensato
bene di riassumere la storia del cinema spagnolo in cento parole
1
.
In accordo con lui, il regista Juan Antonio Bardem, durante le Conversaciones de
Salamanca nel maggio del 1955, denota la mancanza di organicità e, quindi, l’assoluta
inesistenza del cinema spagnolo dal punto di vista industriale, politico e intellettuale,
sostenendo quanto fosse:
políticamente ineficaz, socialmente falso, intelectualmente infimo, estéticamente nulo e
industrialmente raquítico.
Il panorama in cui nasce e agisce il cinema spagnolo risulta, insomma, denominato da una
grande sfiducia da parte, soprattutto e paradossalmente, di coloro che, invece, dovrebbero
incentivarne lo sviluppo. Secondo gli studiosi, pochi sarebbero effettivamente i nomi di
coloro che hanno scritto la storia del cinema in questo paese, per alcuni circoscrivibili soltanto
a Luis Buñuel e Pedro Almodóvar.
La Spagna, pertanto, non si dimostra essere un terreno fertile per chi vuole fare cinema,
tanto che numerosi registi e autori poterono acquisire fama e successo, o più semplicemente
visibilità, soltanto lavorando al di fuori del proprio paese d’origine. Lo stesso Luis Buñuel
lavorò pochissimo nel proprio paese. Registi, autori, ma anche attori (da ricordare, Fernando
1
García Escudero J. M., La historia en cien calabra del cine español y otros escreto sobre cine, Salamanca,
Cine-Club del SEU, 1954
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Rey e Fernando Fernán Gómez) e tecnici (come Néstor Almendros, direttore della fotografia)
potevano sperare di emergere soltanto all’estero.
Attualmente la percentuale di incassi della produzione domestica in Spagna oscilla tra il 10
e il 20%: lo stesso Paese risulta, infatti, per lo più contagiato dai successi cinematografici
internazionali. Tuttavia, esso può vantare attori di tutto rispetto come Antonio Banderas,
Javier Bardem e Penélope Cruz conosciuti a livello mondiale e, quindi, esportatori di quella
hispanidad che più contraddistingue le loro origini.
Con queste affermazioni non è certo mia intenzione considerare il cinema spagnolo inferiore
rispetto agli altri. Sminuire il fenomeno, infatti, non deve assolutamente far dimenticare che,
comunque, anche la Spagna ha avuto e ha tuttora un suo cinema, con dei caratteri propri, che
vedremo in seguito.
1.1. Storia del cinema spagnolo: dalle origini ad oggi
Un breve excursus sulla storia del cinema spagnolo risulta essenziale per comprendere al
meglio il contesto nel quale si sono mossi i suoi protagonisti e dal quale hanno avuto vita le
loro opere più celebri. Esaminerò brevemente le varie fasi che hanno caratterizzato la sua
nascita ed evoluzione fino ad arrivare ad un quadro generale sulla situazione attuale, per poi
passare in rassegna i nomi più illustri e i contenuti dei loro lavori. Tutto ciò per capire quanto
la visione attuale del Paese da parte dell’estero sia conforme o difforme dall’immagine che è
stata offerta proprio dagli autori, registi e sceneggiatori spagnoli.
C’è una premessa da fare, innanzitutto. Il percorso compiuto dalla cinematografia spagnola
è svolto in parallelo a quello della letteratura e dell’arte, le quali, a loro volta, risultano
notevolmente influenzate dai fatti storici e politici di questo Paese che, come tutti sappiamo, è
stato fortemente caratterizzato dalla dittatura franchista. E con l’esperienza di Franco il
cinema è sottoposto al dominio dello Stato, il che va a compromettere l’autonomia espressiva
degli autori. Alcuni di essi, infatti, opteranno per lasciare la propria terra, per non rinunciare a
quella libertà che sta alla base della creazione artistica; altri, invece, si sottoporranno ai duri
dettami imposti dal regime.
Tuttavia, il vero e proprio sviluppo dell’azienda cinematografica inizia in un periodo
precedente alla dittatura di Franco, intorno alla metà degli anni Venti, e comunque in ritardo
rispetto alle altre cinematografie europee.
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Il cinema in Spagna arriva in ritardo e, a quanto pare, ciò costa caro al Paese. Ma chiariremo
questo punto nei paragrafi a seguire.
1.1.1. Le origini
La nascita e l’evoluzione del cinema spagnolo sono caratterizzate da una forte bipolarità:
infatti, i due principali centri che rappresentano il perno del cinema in Spagna sono
Barcellona e Madrid. In esse ha luogo, infatti, la prima proiezione cinematografica, quella del
cinematografo dei fratelli Lumière, rispettivamente nel maggio del 1895 e nel dicembre
dell’anno successivo; pertanto, il cinema assume sin da subito il carattere di fenomeno
metropolitano, circoscritto ad una specifica realtà, nella forma di un bipolarismo industriale
che caratterizzerà tutta la sua storia.
I primi film prodotti in Spagna furono Salida de la misa de doce de la Iglesia del Pilar de
Zaragoza (Uscita dalla messa delle dodici dalla Chiesa del Pilar di Saragozza) di Eduardo
Jimeno Peromante, Plaza del puerto en Barcelona (Piazza del porto a Barcellona) di
Alexandre Promio o l'anonimo Llegada de un tren de Teruel a Segorbe (Arrivo di un treno da
Teruel a Segorbe). Si tratta di film dal carattere per lo più documentaristico, descrittivo,
poiché ritraggono momenti, azioni e realtà tipiche, quotidiane, della Spagna di allora, ma,
comunque, attuali. Non c’è tanto una trama in sé, o un “raccontare”, quanto più un
“mostrare”, soprattutto riferito ad un luogo (chiesa, porto, stazione) della città. Il cinema,
pertanto, assume le stesse caratteristiche del cinematografo Lumière, mostrando attraverso i
fotogrammi la realtà con un approccio razionale e documentaristico. Proprio come nella prima
fase della sua nascita, non era ancora importante la narrazione di una storia, almeno non in
maniera prevalente. Il cinema serve per conoscere e riconoscersi, non per raccontare qualcosa
di nuovo. Per non parlare dei titoli: assolutamente di scarsa originalità.
Già dalle origini, comunque, si era consapevoli delle grandi possibilità che la città,
soprattutto Barcellona, poteva offrire al cinema in quanto location; il caso di Barcellona, poi,
è assolutamente interessante, dal momento che si sta parlando della capitale non della Spagna,
bensì di una sua regione, la Catalogna.
Il primo film con un argomento, cioè con una storia da raccontare, che dà, per così dire,
inizio ad un cinema “narrativo”, è Riña en un café (Rissa in un caffè) del 1897 di Fructuós
Gelabert.
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Il primo regista spagnolo che, invece, acquista visibilità internazionale, lavorando in Francia
e in Italia, è Segundo de Chomón. Egli si configura come il pioniere del cinema spagnolo,
anticipando una tendenza che lo accomunerà ad alcuni suoi “seguaci”, ovvero al
perseguimento del successo in terra straniera. Pur dedicandosi a produzioni internazionali,
egli realizza anche molti film spagnoli di fantasia come El Hotel eléctrico (1908). Pertanto, il
suo cinema si mostra già diverso da quello delle origini, poiché la macchina da presa è
concepita ora come un mezzo non per ricreare la realtà, ma per creare dal nulla qualcosa che
non esiste, o che è presente soltanto nella dimensione onirica. La fantasia ha sopravvento sulla
ragione. E’ evidente, qui, l’influenza del cinema di Georges Méliès
2
.
1.1.2. Il cinema muto (1896-1930)
Dal 1914 ha inizio a Barcellona il predominio delle españoladas, film di carattere epico -
storico, che sarebbe durato fino agli anni '60 del XX secolo, tra le quali si distinguono quelle
di Florián Rey, che avevano per protagonista l’attrice Imperio Argentina, e la prima versione
di Nobleza baturra (1925).
Accanto a questo tipo di pellicola vengono girati anche alcuni drammi storici come Vida de
Cristobal Colón y su descubrimiento de América (Vita di Cristoforo Colombo e la sua
scoperta dell'America) del 1917 del francese Gerald Bourgeois, adattamenti come Los
misterios de Barcelona del 1916 di Joan Maria Codina, opere teatrali come Don Juan Tenorio
di Ricardo Baños e operette. Lo stesso Jacinto Benavente, sceneggiatore vincitore di un
premio Nobel, il quale disse che “nel cinema mi appagano gli sprechi”, avrebbe girato
versioni cinematografiche delle sue opere teatrali. Molta rilevanza ebbero inoltre le riduzioni
cinematografiche, proiettate con accompagnamento musicale dal vivo, delle zarzuelas
3
, come
ad esempio La Verbena de la Paloma (La festa della colomba, 1921), diretta da José Buchs.
2
Maries-Georges-Jean Méliès (Parigi, 8 dicembre 1861 – Parigi, 21 gennaio 1938) è stato un regista e
illusionista francese. Viene riconosciuto come il secondo padre del cinema (dopo i Fratelli Lumière), per
l'introduzione e la sperimentazione di numerose novità tecniche e narrative. A lui è attribuita l'invenzione del
cinema di finzione (che filma mondi "diversi dalla realtà") e di numerose tecniche cinematografiche, in
particolare del montaggio, la caratteristica più peculiare del nascente linguaggio cinematografico. È
universalmente riconosciuto come il "padre" degli effetti speciali. Scoprì accidentalmente il trucco della
sostituzione nel 1896 e fu uno dei primi registi a usare l'esposizione multipla, la dissolvenza e il colore (dipinto a
mano direttamente sulla pellicola).
3
Forma teatrale spagnola che mescola musica, canto e dialogo. Il nome deriva dalla residenza reale di “La
Zarzuela”, dove nel XVII secolo la corte di Spagna assisteva a rappresentazioni di argomento mitico ed eroico. È
una forma in continua evoluzione: oggi ad esempio può trarre dal jazz la parte musicale e occuparsi di eventi di
attualità. Esistono due tipi di zarzuela: la grande, in vari atti e di impostazione drammatica, e la zarzuelita, più
breve e di carattere comico. Caratteristica è la sua immediatezza, che spesso fa leva sugli aspetti assurdi,
fantastici o melodrammatici della storia, ma anche su un facile stile di canto, sull'improvvisazione e sugli scambi
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In questi casi si nota un cambio di registro contenutistico. Si ritorna, infatti, ad esaminare la
realtà, intesa questa volta come memoria storica e compensata da un alone di leggenda e di
esotico. Inoltre, iniziano le prime contaminazioni tra il cinema e le altre discipline, per
esempio il teatro.
Nel 1928 Ernesto Giménez Caballero e Luis Buñuel fondano a Madrid il primo cine-club.
Allora era Madrid il primo centro industriale, con 44 titoli su 58 prodotti.
Il dramma rurale La aldea maldita (1929) di Florián Rey diviene un successo anche a
Parigi, dove, allo stesso tempo, Luis Buñuel y Salvador Dalí, esponenti del cinema francese
surrealista, presentano la prima di Un chien andalou. Tale opera è considerata uno dei film
d’avanguardia più noti del periodo in questione.
1.1.3. L’avvento del sonoro e della Repubblica (1930-1936)
Arriviamo finalmente alla comparsa del sonoro negli anni ’30. Nel febbraio del ’30, infatti,
esce El misterio de la Puerta del Sol di Francisco Elías, il primo film sonoro parlato in
castigliano.
In questo periodo l’attività cinematografica è strettamente legata ad un tipo di letteratura
definita Costumbrista (ovvero di costume), il che esalta il carattere folcloristico che
contraddistingue la Spagna ancora oggi. Il Costumbrismo, infatti, si mantiene nei suoi tratti
folklorici per lungo tempo e viene esaltato soprattutto dalla cultura della dittatura, che
rivendica un’immagine del Paese cosiddetta Canì, caratterizzata cioè dai tipici caratteri che
poi vengono esportati nel mondo (come la Spagna dei toreri o del flamenco, di cui parlerò nel
prossimo capitolo).
Nel 1931 assistiamo al primo duro colpo per la produzione cinematografica spagnola:
l'arrivo delle produzioni estere, grazie proprio al sonoro, abbatte in maniera allarmante la
produzione nazionale, che si riduce ad un unico titolo realizzato in un anno. Nello stesso
anno, le elezioni amministrative del 14 aprile segnano la nascita della Seconda Repubblica, a
seguito della quale l’allora re Alfonso XIII abbandona la Spagna.
Tuttavia, rimedio è presto fatto. L’anno successivo, Manuel Casanova fonda a Valencia la
Compañía Industrial Film Española S.A. (meglio conosciuta come CIFESA), che si rivelerà
continui tra palcoscenico e platea. È una forma d'arte popolare che ha interessato compositori e scrittori come
Lope de Vega, Pedro Calderón de la Barca e Juan Hildago.
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essere la casa produttrice più importante che sia mai esistita nel Paese. Spesso considerata
come uno strumento della destra politica, la nota casa di produzione e distribuzione dà
supporto ai giovani registi come Buñuel, il quale, grazie ad essa, realizza il suo primo film in
terra spagnola: si tratta dello pseudo documentario Las Hurdes: Tierra sin pan.
Nel 1933 la CIFESA diviene responsabile della produzione di 17 film; nel 1934 il numero
di film prodotti aumenta a 21, tra i quali si ricorda il grande successo La verbena de la
paloma (La sagra della colomba) di Benito Perojo. Inoltre, essa sarà responsabile per la
produzione del Don Quijote de la Mancha nel 1947, che è considerata la versione più
elaborata del classico di Cervantes fino a quel tempo.
Nel 1935 la produzione di film aumentò fino a 37 titoli. La crisi iniziale sembra ormai
superata.
Durante il periodo della Seconda Repubblica si cerca di mettere in piedi un’industria sia
artisticamente sia economicamente competitiva. A partire dal 1932 sono creati a Barcellona
gli studi Orphea e, nel 1934 a Madrid, gli studi CEA (Cinematografia Española y Americana)
e Filmófono, che annoverava tra i suoi collaboratori Buñuel, nell’intento di produrre pellicole
commerciali ma anche di qualità.
1.1.4. La guerra civile e l’esilio (1936-1939)
La guerra civile spagnola, iniziata nel ’36 e finita nel ’39, è un accadimento che causa
l’esilio di molti intellettuali, artisti, letterati e filosofi. Tale esperienza, infatti, avrà una
decisiva ripercussione sulle loro opere, oltre che costituire un dramma per l’intero il popolo
spagnolo.
Dal 1936, infatti, le due fazioni avversarie, Fronte Popolare e franchisti, avevano iniziato ad
usare il cinema come mezzo di propaganda e a ricorrere alla censura. Nella fazione franchista,
in particolare, era stato creato il Dipartimento Nazionale di Cinematografia. Questo aveva
indotto molti professionisti del settore ad andare a lavorare all'estero. Non si poteva di certo
accettare che il genio intellettuale potesse essere controllato dallo Stato.
La guerra, nata in seguito alla vittoria del Fronte Popolare alle elezioni del 16 febbraio del
1936, determinerà la sconfitta dello stesso e la vittoria dei franchisti. Dunque, Francisco
Franco, el caudillo, una volta nominato capo di Stato a vita, governerà con un partito unico ed
anche il potere legislativo sarà lasciato ad un’assemblea non eletta. Da lì sarebbe iniziato un
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regime dittatoriale che avrebbe dominato lo scenario politico spagnolo per ben 36 lunghissimi
anni.
Sta di fatto che la Spagna, alla fine della guerra, si ritrova priva di menti brillanti. E questo
non è da poco. Ecco un esempio di come la storia possa incidere sulla produzione culturale.
Tuttavia, non tutti gli oppositori del governo franchista conoscono l’esperienza dell’esilio:
alcuni di loro, infatti, restano in Spagna dove, tacendo per via della censura, soffrono di una
prolungata emarginazione, il cosiddetto “esilio interiore”, ideologico e intellettuale. Il che è a
conferma del carattere negativo della dittatura instauratasi.
1.1.5. Gli anni dell’autarchia e del franchismo (1939-1950)
Come ho precedentemente affermato, nel 1939 l’epilogo della guerra civile consegna la
vittoria nelle mani di Franco, il quale instaura una dittatura fascista. Dopo la seconda guerra
mondiale, durante la quale si mantiene in posizione neutrale, la Spagna rientra gradualmente
nella comunità mondiale, ma rimane una Nazione a regime autoritario fino a metà degli anni
'70.
L'industria cinematografica del periodo è controllata da un Ministero Statale che ha il
compito di censurare le sceneggiature prima delle riprese, di imporre il doppiaggio di tutti i
film nella lingua “ufficiale” castigliana e di istituire un monopolio statale su cinegiornali e
documentari. Il regime detta regole per il cinema, insomma.
Il regime, inoltre, esige film devoti e sciovinisti e il risultato è una serie di drammi sulla
guerra civile (cine cruzada), saghe storiche, film religiosi e adattamenti letterari — fra cui un
Don Quijote de la Mancha (di Rafael Gil, 1947) che paragona l'eroe idealista di Cervantes a
Franco. Sono altresì messi in risalto registi come Ignacio F. Iquino, lo stesso Rafael Gil
(Huella de luz, 1941), Juan de Orduña (Locura de amor, 1948), Arturo Román, José Luis
Sáenz de Heredia (Raza, 1942, con il copione scritto dallo stesso Franco) e, soprattutto, Edgar
Neville. Ottiene un discreto successo anche Fedra (1956) di Manuel Mur Oti. Da ricordare,
inoltre, Los ultimos de la Filipinas (1945) di Antonio Roman.
A un livello meno prestigioso, l'industria sforna musical popolari, commedie e film sulle
corride. La cinematografia interna dispone anche di strutture per ospitare coproduzioni o
produzioni straniere.
Nel 1947, cosa importante, viene creato l’Istituto di ricerche ed esperienze cinematografiche
(noto come IIEC) per iniziativa di Victoriano López García.