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Presentazione
Il presente lavoro intende riflettere sui concetti di “formazione” e “progetto di
vita”, in riferimento ai servizi per i disabili adulti, presenti a Cesena, città nella
quale vivo.
Nell'attuale fase storica, ricca di profondi e sconvolgenti cambiamenti epocali, la
formazione è riconosciuta dalla Comunità Europea come uno strumento strategico
in grado di favorire la crescita e l'affermazione di ogni singolo cittadino e
contenere il rischio, sempre latente, dell'esclusione dalla vita sociale e produttiva
delle fasce piø svantaggiate della popolazione.
Nel tempo, nella coscienza collettiva è andata maturando l'idea che l'integrazione
sociale del disabile sia un diritto per i disabili, e un compito che investe la società,
la quale è chiamata ad offrire i supporti necessari per la realizzazione
dell'uguaglianza delle opportunità, in ogni arco e contesto dell'esistenza. Nello
specifico, la formazione, quale processo finalizzato all'acquisizione, alla
promozione, alla diffusione e all'aggiornamento del sapere e delle competenze è
chiamata ad accompagnare, orientare e proiettare il soggetto disabile verso il
futuro personale, lavorativo e sociale, affinchØ egli possa partecipare alla
costruzione del proprio progetto di vita. Quest'ultimo deve essere attuabile sin
dalla nascita, per mettere ogni individuo nelle condizioni di conoscere se stesso,
valorizzare le proprie potenzialità, abilità e competenze, definire le proprie
aspirazioni e partecipare attivamente per raggiungerle.
Nell'introduzione a questo lavoro, si analizzano le caratteristiche salienti della
società di oggi, attraverso alcune espressioni come società post-industriale, società
complessa, società post-moderna, società liquida.
Nel primo capitolo, si focalizza l'attenzione su alcuni studi inerenti al tema della
formazione, concentrando l'analisi sulla sua definizione, sui luoghi della
formazione, sulla “formazione per tutta la vita”, sulla dimensione europea, sullo
scenario legislativo e sulla relazione che intercorre tra formazione e disabilità.
Il secondo capitolo incomincia con un'intervista al Dirigente dei Servizi Sociali
del Comune di Cesena, al fine di individuare i bisogni della comunità in tema di
soggetti disabili e delle loro famiglie e, nel contempo, le misure e gli interventi di
sostegno adottati dall'Amministrazione Locale. Si procede poi analizzando il
concetto di “progetto di vita”, il quale può realizzarsi solo nell'ottica di un lavoro
5
in rete, in cui servizi, famiglia e territorio mettono in atto delle azioni condivise,
per creare spazi di accoglienza e di inclusione, affinchØ il disabile possa accedere
e realizzarsi nelle diverse aree della vita adulta: formazione, lavoro, residenzialità,
tempo libero, affettività e sessualità. Per ognuna di queste dimensioni vengono
messi in luce alcuni concetti teorici, e presentati alcuni servizi e alcune
progettualità, realizzati nella realtà cesenate, la quale si rivela ricca di opportunità.
In questa sede, l'analisi è stata condotta sui servizi maggiori e consolidati nel
territorio. La descrizione dei diversi percorsi è stata possibile attraverso la
documentazione interna, fornita dai vari centri, e i colloqui con responsabili ed
operatori.
Il terzo capitolo è dedicato alle testimonianze, le quali sono state ricavate
attraverso interviste strutturate e poste a coloro che quotidianamente gestiscono
servizi ed operano, per includere la persona disabile nella società. Sono inserite
anche le testimonianze di alcuni disabili e genitori, le cui voci consentono di
comprendere che, se una persona è adeguatamente supportata e valorizzata, può
divenire la protagonista della propria esistenza e condurre una vita dignitosa.
6
Introduzione
Tracciare un identikit della società odierna non è impresa facile, nemmeno per i
piø scaltri sociologi. Su una cosa, però, sussiste un certo consenso da parte di tutti,
e cioè su quelli che sono i “segnali” piø facilmente riconoscibili di essa, vale a
dire la frammentazione, il policentrismo dei valori, l'individualismo, l'incessante
innovazione nella produzione e negli stili di vita. Perciò, non possiamo
prescindere dall'esigenza di indagare, sia pure in via provvisoria e precaria, le
trasformazioni che si sono verificate e i caratteri salienti dell'attuale fase storica,
ricca di profondi e sconvolgenti cambiamenti epocali, in cui ognuno di noi avverte
di essere coinvolto in un vero e proprio processo di mutazione, che è ad un tempo
economico, sociale, storico ed antropologico.
É difficile trovare e definire una categoria in grado di comprendere nel suo
concetto i fenomeni piø rilevanti del mondo contemporaneo, almeno di quello piø
sviluppato; le espressioni ricorrenti di Società Post-Industriale, Società
Complessa, Società Post-Moderna, Società Liquida, ormai entrate nel linguaggio
della quotidianità, cercano di ricostruire la genesi e il significato della
trasformazione in atto.
Si tratta, comunque, di espressioni che, pur nella relativa impossibilità di
darci una completa fenomenologia della società contemporanea, tendono a ridurne
il margine di oscurità, in quanto hanno il merito di offrirci dei profili, che
permettono di gettare uno sguardo meno precario su fenomeni socio-culturali, che
sono di grande importanza per prendere le decisioni necessarie nei vari contesti di
vita. Tutto questo potrà consentire l'acquisizione di una piø lucida consapevolezza
del ruolo-chiave svolto dalla formazione: attrezzare l'uomo di strumenti che gli
permettano di affrontare con successo le opportunità e le sfide della società del
terzo millennio.
Il termine società post-industriale può essere considerato il primo tentativo di
comprendere e di descrivere la percezione immediata di un profondo mutamento,
in atto nel mondo industriale avanzato. Sorta in ambito sociologico nella seconda
metà degli anni '60 ad opera di A. Touraine, tale percezione/definizione richiama
l'attenzione sugli elementi di discontinuità radicali rispetto alla fase storica
industriale classica. Secondo Touraine, il principio fondamentale della società
7
post-industriale è mettere il presente al servizio del futuro
1
, diversamente dalla
società industriale, che metteva il lavoro al servizio del capitale. Touraine ed altri
sociologi, alla fine degli anni Sessanta, mettevano poi l'accento sui seguenti
fattori, decisivi del mutamento in corso: la ricerca scientifica, la conoscenza
teorica, la pianificazione dell'innovazione sociale, la produzione intellettuale.
Correlati a questi, i fenomeni evidenziati erano, sul piano economico, la crescita
del settore terziario; su quello politico, la lotta per il controllo delle nuove
tecnologie; e su quello socio-culturale, l'emergenza di valori centrati sull'individuo
(inteso come risorsa) e sul tempo libero.
I primi studi sul post-industriale segnalarono poi il carattere qualitativo
della svolta in atto, precisato ulteriormente dalla piø recente letteratura
sociologica, che ha sottolineato:
- gli effetti sociali delle nuove tecnologie (microelettronica, telematica,
robotica, ecc.), che segnano la nuova società dell'informazione, definita
convenzionalmente anche col termine di società della conoscenza;
- il diverso rapporto tra tempo del lavoro e tempo libero dal lavoro,
attraverso la compenetrazione di attività produttivo/riproduttive e attività
di fruizione culturale;
- la graduale mutazione antropologica, legata ai nuovi valori post-
materialistici, nonchØ in quella che Cesareo definisce come policentrismo
esistenziale
2
; un’espressione con la quale si fa riferimento alla
compresenza di molteplici dimensioni del vivere sociale. L'uomo occupa
contemporaneamente, in diversi ambiti di vita, numerose posizioni sociali,
conciliabili tra loro e modificabili nel tempo.
La società complessa: un altro importante carattere della società contemporanea è
la perdita dell'unità e delle certezze, che caratterizzavano invece la società
moderna, che aveva prodotto la rivoluzione industriale. La società in cui viviamo
si presenta con caratteristiche di complessità non sempre facili da decifrare. Di
certo essa si evolve e modifica i suoi assetti con un ritmo frenetico rispetto al
passato; e tale dinamismo è dovuto agli sviluppi della scienza e delle tecnologie.
1
A. Touraine (1970), La società post-industriale, Bologna, Il Mulino, p. 1.
2
V. Cesareo (1989), La società flessibile, Milano, Franco Angeli, p. 25.
8
Il concetto di complessità deriva dalla cibernetica, e da questa si è esteso
poi a tutte le scienze naturali fino alla sociologia. I teorici della società complessa
si distinguono per il risalto che danno ai nuovi problemi del rapporto tra individui
e sistema sociale, e in particolare ai giochi sociali di differenziazione e di
integrazione, di dipendenza e di autonomia. Per comprendere le dinamiche di
azione di un sistema complesso, occorre abbandonare sia la prospettiva del
riduzionismo (cioè della comprensione del tutto a partire dalla qualità delle parti)
sia la prospettiva olistica (studiare le parti per comprendere il tutto) ed abbracciare
il principio dell'organizzazione ricorsiva, messo in luce da E. Morin. Secondo tale
principio, per cercare di comprendere un fenomeno, si va dalle parti al tutto e dal
tutto alle parti
3
.
Nell'analisi dei diversi sistemi sociali, infatti, le diverse organizzazioni
possono essere interpretate come sistemi complessi che, per sopravvivere e
svilupparsi, sono continuamente alla ricerca di nuovi modi di interpretare gli
eventi della realtà esterna e, in conseguenza dei feed-back alle proprie azioni, si
autorganizzano, manifestando proprietà emergenti, in modo da rendere
l'interazione con l'ambiente la piø favorevole possibile. Ne consegue che la
flessibilità e l'adattabilità sono caratteri essenziali, per la sopravvivenza delle
organizzazioni.
E’ necessario, inoltre, distinguere il termine complessità da quello di
complicazione: un sistema, per quanto possa essere complicato, è comunque
prevedibile, a condizione che si conoscano a fondo tutti gli elementi che lo
compongono e tutte le relazioni che collegano tali elementi; viceversa, un sistema
complesso non è prevedibile, perchØ esso è in grado di adattarsi autonomamente,
cioè di autorganizzarsi. La complessità, infatti, non è equilibrio stabile e non è
caos: è una terza condizione, in cui il sistema è creativo, come se manifestasse un
comportamento intelligente di adattamento alle sollecitazioni ambientali. Un
sistema complesso appare come se avesse la possibilità di evolvere
autonomamente, di adattarsi, di migliorare. La complessità è una situazione di
transizione, in bilico tra il rigido deterministico e l'anarchia del caos
4
.
3
E. Morin (1991), Le vie delle complessità, in Bocchi, Ceruti, La sfida della complessità,
Milano, Feltrinelli, p. 120.
4
C. S. Bertuglia- F. Vaio (2003), Non linearità, caos, complessità, Torino, Ballati/Boringhieri,
p. 30.
9
La complessità è, dunque, in una condizione intermedia tra ordine e disordine; e il
nostro pensiero tenta di mettere ordine, di fare chiarezza nella realtà, cerca di
respingere il disordine, di allontanare l'incerto, per selezionare gli elementi di
ordine e di certezza e liberarsi dell'ambiguità.
A questo proposito, per comprendere il problema della complessità,
bisogna considerare ciò che Morin chiama il paradigma della semplificazione.
Tale paradigma, proprio della conoscenza scientifica tradizionale, mette ordine
nell'universo contro il disordine esistente: tutto viene smontato e ricondotto alla
semplicità; ma di fronte al volto della nostra attuale società, occorre abbandonare
questo atteggiamento di dominio e di controllo sulla realtà, per porsi in un
rapporto di negoziazione con il reale.
Uno degli assiomi della complessità è, infatti, l'impossibilità della
conoscenza completa, ossia dell'onniscienza. Se la conoscenza semplificante,
tipica del paradigma tradizionale, ignorava il problema dei limiti perchØ pensava
di riflettere la natura stessa delle cose, la conoscenza complessa ha bisogno di
conoscere continuamente, perchØ riconosce dentro di sØ la presenza dell'incertezza
e dell'ignoranza. Essa deve sapere che ogni punto di vista ha in sØ il punto cieco
5
,
e che ogni cultura si “acceca” per il suo etnocentrismo e per la credenza nel valore
universale dei suoi mezzi di conoscenza.
L'uomo di oggi ha bisogno di un pensiero che sappia riconoscere l'errore,
la fragilità della verità, la multidimensionalità del reale, l'estrema complessità
delle cose umane. Occorre, pertanto, abbandonare il pensiero tradizionale, basato
su categorie di astrazione universale, che trascurano il singolare ed il locale, e
abituarsi a connettere caos e disordine. Così, si passa dal paradigma della
semplificazione al paradigma della complessità, per cui si procederà ad una messa
in crisi dei concetti chiusi e chiari: non è piø possibile delimitare i confini della
scienza ed operare demarcazioni nette tra soggetto e oggetto, tra organismo e
ambiente. Da questa analisi discende, secondo Morin, un primo principio di
complessità, definibile come ologrammatico, per il quale ogni tipo di
organizzazione complessa (biologica, fisica, sociale, politica, economica...)
contiene in ogni sua parte le informazioni dell'insieme al quale appartiene. Dal
principio ologrammatico discende poi quello dell'organizzazione ricorsiva,
secondo cui esiste un rapporto di con-causalità tra produttore/prodotto,
5
E. Morin (1989), Per uscire dal XX secolo, Bergamo, Lubrina, p.269.
10
causa/effetto, uno/molteplice, non piø, pertanto, distinguibili sia empiricamente
sia concettualmente.
In conclusione, nella società complessa due sono gli aspetti identificabili:
1. UN ASPETTO NEGATIVO, rappresentato dalla componente
dell'incertezza nel processo cognitivo; e ciò proprio quando la coscienza
culturale del nostro tempo si era illusa di poter approdare ad una certezza
assoluta, assicurata dalla scienza;
2. UN ASPETTO POSITIVO, che consiste nel decollo di un pensiero
multidimensionale, che va ad opporsi ad un pensiero formalizzato e
quantificatore, il cui demerito risiede nell'aver ritenuto arbitrariamente che
tutto ciò che non fosse sottoponibile a pure operazioni di formalizzazione
non esistesse.
Un altro paradigma imprescindibile, per una miglior decifrazione del nostro
tempo, è la caratterizzazione della società odierna come società dell'incertezza. Lo
studioso Prigogine
6
riconosce nell'incertezza la cifra stessa della nostra
contemporaneità.
Il riconoscimento dell'incertezza implica la rinuncia ad una
ricomposizione, in un'idea unitaria, della pluralità della realtà sociale, l'abbandono
di un senso complessivo dell'agire individuale e comunitario, l'accettazione del
pluralismo delle condizioni e delle possibilità di vita.
Nello scenario della società complessa, sempre piø strutturalmente
differenziata, l'incremento delle opportunità culturali e sociali si collega con una
perdita dei punti di riferimento culturali, religiosi e morali forti e precisi, di cui,
invece, disponevano le generazioni passate. Così, l'uomo oggi si trova in difficoltà
nel mettere in atto quei meccanismi di identificazione o di contrapposizione, che
nei decenni passati assicuravano la formazione/maturazione di un Io-forte o di una
identità stabile. Questo declino delle identità forti non è necessariamente un fatto
negativo, ma deve essere considerato come un altro tipo di vita, quello della
società complessa, appunto.
L'identità instabile e la tendenza a riconoscersi come personalità multipla,
che esplora numerose e diverse possibilità di vita, sono tutti effetti della società
complessa, ma anche un modo di vivere la complessità stessa e di difendersi dallo
6
Cfr. I. Prigogine (1998), L'età dell'incertezza, in Telèma, autunno.
11
smarrimento che essa può provocare. Contro un tale pericolo, ma anche in
consonanza con le dinamiche piø profonde della società complessa, il soggetto è
portato a coltivare la propria diversità; a portare l'attenzione sulle esigenze
immediate del proprio io, dei propri bisogni e dei propri desideri; è portato ad
espandere la propria dimensione estetica nel senso delle emozioni e dei piaceri
che se ne può ricavare; ed è spinto ad alimentare il bisogno/desiderio di fusione
con gli altri (con-fusione), attraverso una comunicazione in grado di usare
creativamente i numerosi linguaggi e i media. Per questa confusione, significativa
è la metafora proposta da Bauman
7
. Lo studioso, per indicare il tratto
caratterizzante dell'odierna società complessa, parla di modernità liquida. In fisica
la fluidità è lo stato della materia in cui le molecole non sono reciprocamente
fissate, ma libere di scorrere le une sulle altre; e come tutto ciò che è fluido è, per
definizione, privo di una forma statica, così la società odierna è sempre in via di
conformazione, liquida appunto; e la fluidità diviene così un nuovo paradigma per
leggerla e interpretarla.
La società post-moderna: la modernità si è posta storicamente come tempo nuovo,
che spezzava i legami col passato, proponendo valori nuovi, quali l'autonomia del
soggetto, la libertà, il dominio sulla natura, l'emancipazione degli uomini.
Protagonisti indiscussi sono stati il progresso e la ragione, ma proprio questi
avrebbero determinato il fallimento stesso della modernità. Il progresso, in
particolare, in quanto incessante acquisizione di conoscenze e applicazioni
tecniche, avrebbe mostrato un lato imprevedibile: la perenne innovazione svaluta
la stessa novità; e il passato, identificato con ciò che è tecnologicamente superato
ed arretrato, non mostra piø alcun interesse ai fini del presente, mentre il futuro
viene bruciato non appena è stato conquistato.
L'espressione post-moderno, invece, indica una condizione esistenziale e
culturale che, abbandonata la modernità incominciata con la rivoluzione
scientifico-filosofica del XIX secolo, non è piø sensibile ai valori del progresso e
dell'emancipazione universale degli uomini.
Secondo Lyotard
8
, che fin dagli anni Settanta ne è stato uno degli interpreti
piø significativi in ambito filosofico, nel mondo post-moderno si assiste ad una
trasformazione radicale dell'intera cultura: il sapere muta il proprio statuto,
7
Cfr. Z. Bauman (2000), Modernità liquida, Bari, Laterza.
8
Cfr. J. F. Lyotard (1981), La condizione post moderna, Milano, Feltrinelli.
12
diventa la nuova vera forza produttiva e, in quanto merce-informazione,
necessaria alla produzione, si rivela come la posta piø importante nella
competizione mondiale per il potere.
Come si può vedere, l'interpretazione post-modernistica della
contemporaneità pone l'accento soprattutto sul mutamento dei paradigmi culturali
e psicologici degli attori sociali. La sensazione dell'uomo di questi ultimi decenni
è di non appartenere piø a nessun luogo e di non aver piø nulla di stabile nella
vita: non esiste alcuna utopia da realizzare, alcun progetto politico da costruire,
nessuna comunità o pratica da rifondare.
La dimensione estetico-percettiva ha preso il sopravvento: essa ha
generato soggetti che vivono un presente senza memoria del passato e senza alcun
futuro da costruire. Ora, vivere un presente così assoluto significa concentrarsi sui
bisogni e desideri, sulla ricerca del piacere; significa volere una vita fluida, dai
legami fondati su interessi comuni, ma reversibili.
La fiducia illimitata, l'ottimismo nei confronti delle possibilità della
scienza e della tecnologia appaiono soltanto uno sbiadito ricordo: dopo
Auschwitz, Hiroshima e Chernobyl, è impossibile continuare a coltivare il mito
del progresso, illudendosi che la tecnologia possa restare sotto il controllo
dell'uomo.
Nella società post-moderna, sono saltati, uno dopo l'altro, i presupposti del
sapere scientifico quali: l'oggettività (a causa dell'interferenza dell'osservatore); la
neutralità (a causa degli interessi del soggetto); la scomposizione del reale (a
causa del carattere irriducibile della complessità).
Vivere nel post-moderno significa, quindi, saper coesistere con situazioni
di disordine, di caducità e instabilità, nell'oscillazione e nel meticciato. A causa
delle nuove tecnologie dell'informazione, il sapere ha perso l'aura e si trova a
disposizione di tutti, al supermercato o in edicola, insieme con le saponette o gli
omogeneizzati, i rotocalchi o le bevande.
Infine si può dire che il passaggio d'epoca dal moderno al post-moderno,
riguarda non solo il mondo delle abitudini di vita e degli atteggiamenti sociali, ma
le forme stesse del pensare. Da un pensiero prevalentemente analitico, logico e
dimostrativo, tipico della modernità, stiamo passando ad un pensiero
prevalentemente sistemico, narrativo, analogico, a rete, per interconnessioni. Un
pensiero che, come ricorda Morin, deve abbandonare il principio della linearità,
13
secondo cui tutto deve essere smontato e ricondotto alla semplicità, per un
pensiero complesso, che impara a convivere con il caos e l'imprevedibilità della
società contemporanea.
Infine, la società di oggi è anche stata definita come società del rischio
9
perchØ l'uomo vive sotto la minaccia incombente e onnipresente della guerra e dei
terrorismi, con la prospettiva aberrante della distruzione dell'ecosistema.
In questa società, un altro motivo che genera insicurezza e comporta il
rischio è dato dall'irrompere in Occidente di profonde differenze culturali e
antropologiche, provenienti dal Sud e dall'Oriente del mondo, che pone questioni
di notevole impatto sul piano politico, sociale, culturale e religioso. Il
rimescolamento dei popoli, delle culture, delle civiltà, delle concezioni di vita
costringe ciascuno a cercare nuovi equilibri, in cui far convivere l'elemento
autoctono con quello allogeno.
Ciò nonostante, queste sfide della post-modernità sono anche
entusiasmanti, perchØ aprono scenari inediti. Come tutte le epoche, anche la post-
modernità è un insieme di sfide e di opportunità. L'io globale post-moderno deve
diventare un uomo che accetta queste sfide e che cerca di dare delle risposte di
senso, al contempo coerenti e flessibili, perchØ le sfide, oggi come ieri, sono i
luoghi dove l'umanità costruisce il suo futuro.
9
Cfr. U. Beck (1989), La società del rischio. Verso la seconda modernità, Roma, Carocci.
14
Capitolo 1
Alcuni studi sul tema della formazione
1.1 Il concetto di formazione: definizioni e precisazioni
Il termine “formazione” deriva dal latino forma, che a sua volta ha origine dal
greco morphØ, i cui significati letterali sono “forma”, figura”, “persona”,
“bellezza”
10
.
Queste due etimologie sono emblematiche, per cogliere l'essenza del concetto di
formazione. Come scrive Giuditta Alessandrini: Formazione deriva
dall'etimologia classica latina (forma) e greca (morfØ): la prima ha un'estensione
di significato che postula il richiamo ad attività specifiche di formazione, la
seconda implica soprattutto un modo d'essere
11
. I due strati semantici rinviano da
un lato all'atto sistematico di apprendimento di un sapere e di un saper fare,
necessario a svolgere un ruolo o uno status sociale, dall'altro a tutto ciò che
influisce a livello, soprattutto soggettivo, sul modo di essere dell'individuo.
Piero Bertolini sottolinea che l'uso attuale del termine supera l'antica
contrapposizione tra istruzione ed educazione, di cui fino a poco tempo fa nella
letteratura pedagogica e nel linguaggio comune era un sinonimo, per coniugare
insieme la dimensione esistenziale dell'educazione e la sua dimensione tecnica e
quindi piø consapevole e voluta
12
. Dunque il concetto di “formazione” racchiude
in sØ elementi educativi ed elementi tecnico-funzionali.
Questo oscillare tra una interpretazione di ordine generale, vicina a quella
di educazione, ed una di ordine piø specifico e tecnicistico, vicina a quella di
istruzione, ha dato luogo a non poche ambiguità e ad usi diversi del termine.
Carlo Nanni individua alcune aree di significato, sintetizzate in:
- formazione come attività plasmatrice;
- formazione come processo integrativo dello sviluppo personale;
10
AA.VV. (2005), Dizionario etimologico, Trento, Legoprint.
11
G. Alessandrini (2003), Pedagogia sociale, Roma, Carocci, p. 47.
12
Cfr., P. Bertolini (1996), Dizionario di pedagogia e scienze dell'educazione, Bologna,
Zanichelli, p. 213.