Introduzione
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Introduzione
Negli ultimi anni si sta assistendo ad una sempre maggiore espansione delle
tecnologie per la produzione di energia alimentate da fonte rinnovabile. Questa
spinta è data dalla definizione di un quadro normativo internazionale sull’ambiente
che mira a ridurre le emissioni di anidride carbonica a livello mondiale. Esso è stato
recepito anche sul piano nazionale grazie all’emanazione di una serie di sistemi
incentivanti. Nel mondo, infatti, si è andata sviluppando una sempre maggiore
consapevolezza della preoccupante situazione energetica ed ambientale in cui ci si è
venuti a trovare. La produzione di energia, di fatto, è ancora legata alle fonti di
energia tradizionali (carbone, petrolio, metano), per cui appare sempre più necessario
un cambiamento urgente e radicale.
In questo quadro internazionale favorevole trova posto il solare termodinamico,
tecnologia che sfrutta la radiazione solare per l’ottenimento di energia elettrica.
Ad avvalorare questa affermazione, si riporta un’intervista allo scienziato friulano
Carlo Rubbia, premio Nobel per la fisica nel 1984 e noto sostenitore del solare
termodinamico.
Lo scienziato ha spiegato che: “Non solo il petrolio e gli altri combustibili fossili
sono in via di esaurimento, ma anche l'uranio è destinato a scarseggiare entro 35-40
anni, come del resto anche l'oro, il platino o il rame. Non possiamo continuare,
perciò, a elaborare piani energetici sulla base di previsioni sbagliate che rischiano
di portarci fuori strada. Dobbiamo sviluppare la più importante fonte energetica che
la natura mette da sempre a nostra disposizione, senza limiti, a costo zero: e cioè il
Sole, che ogni giorno illumina e riscalda la terra”.
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E sulla problematica della mancanza di deserti, solo all’apparenza indispensabili per
sfruttare al meglio l’energia solare, in Italia come nel resto dell’Europa, lo stesso
Rubbia afferma: “Noi possiamo sviluppare la tecnologia e costruire impianti di
questo genere nelle nostre regioni meridionali o magari in Africa, per trasportare
poi l'energia nel nostro Paese. Anche gli antichi romani dicevano che l'uva arrivava
da Cartagine. Basti pensare che un ipotetico quadrato di specchi, lungo 200
chilometri per ogni lato, potrebbe produrre tutta l'energia necessaria all'intero
pianeta. E un'area di queste dimensioni equivale appena allo 0,1% delle zone
desertiche del cosiddetto sun-belt. Per rifornire di elettricità un terzo dell'Italia,
un'area equivalente a 15 centrali nucleari da un gigawatt, basterebbe un anello
solare grande come il raccordo di Roma”.
L’energia solare, dunque, è la risorsa energetica più diffusa sul nostro pianeta e più
equamente distribuita. La radiazione solare, perciò, più di altre fonti rinnovabili,
rappresenta una straordinaria opportunità per risolvere le problematiche energetiche
ed ambientali che affliggono attualmente il mondo. Essa, tra l’altro ha il pregio di
consentire la produzione sia di energia elettrica che termica, peculiarità che spetta
solo ad altre poche fonti rinnovabili. Altre fonti rinnovabili, a esempio quella eolica o
idrica, non presentano questa caratteristica.
Non deve stupire, perciò, che molti Paesi nel mondo, tra cui l’Italia, abbiano già
pensato di promuovere un forte sviluppo dei sistemi di sfruttamento dell’energia
solare.
Vista l’attualità e l’importanza della questione, si è deciso di dedicare tale elaborato,
dopo una prima parte descrittiva, allo studio della tecnologia del solare
termodinamico integrato con un impianto ORC con acetone come fluido motore.
Tale fluido, infatti, viste le sue caratteristiche chimiche, fisiche e termodinamiche, si
è dimostrato adatto per essere impiegato in questo tipo di applicazione. Per il fluido
termovettore si è scelto di impiegare l’olio diatermico, sostanza generalmente
utilizzata nel solare termodinamico.
Si è eseguita, in particolare, una simulazione termodinamica di un impianto di
piccola potenza, mirata all’ottimizzazione del processo di conversione dell’energia
attraverso la gestione di alcuni parametri di processo. Dalla simulazione si sono
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ottenute informazioni sull’impianto reale, nello specifico la potenza termica che
devono smaltire gli scambiatori di calore e le dimensioni degli specchi, con relativi
andamenti dei costi di investimento.
A tal scopo si è impiegato il software commerciale Aspen Plus. In esso è stato
implementato l’impianto al fine di valutare le prestazioni energetiche dello stesso e le
eventuali opportunità di sviluppo.
Nell’ultima parte della trattazione, poi, si è effettuato un confronto tra la soluzione
presa in esame e il caso in cui il fluido motore sia acqua e non acetone. In questo
modo è stato possibile mettere in luce le principali differenze tra le prestazioni
dell’impianto con i due fluidi, con le conseguenze che ciò comporta.
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Capitolo 1
Il solare termodinamico
1.1 Generalità
Il solare termodinamico è quell’insieme di tecnologie che permettono l’ottenimento
di energia elettrica dalla fonte solare. Si sfrutta, in particolare, la componente diretta
della radiazione solare (DNI cioè Direct Normal Irradiance).
Spesso la tecnologia è indentificata anche con la dicitura CSP (acronimo che in
inglese sta per Concentrating Solar Power).
Il processo citato avviene grazie a due trasformazioni sequenziali. La prima consiste
nell’ottenimento di energia termica, immagazzinata in un fluido intermedio, detto
termovettore, e la seconda che consta nella conversione di tale energia termica in
meccanica, attraverso un ciclo termodinamico motore. Essa, infine, viene trasferita,
attraverso un albero, ad un motore elettrico che permette l’ottenimento di energia
elettrica, disponibile per la rete.
Il solare termodinamico si mostra particolarmente interessante proprio per la
possibilità che offre di utilizzare come fonte primaria energia solare, la quale ha il
vantaggio di essere pulita e praticamente inesauribile. Il solare termodinamico,
quindi, risulta essere un valido supporto agli impianti tradizionali (quelli che si
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servono di fonti fossili) proprio per l’impatto ambientale praticamente nullo durante
la fase di esercizio.
Altri vantaggi offerti, tipici del solare termodinamico, sono:
la competitività con le altre tecnologie solari;
la possibilità di costruire impianti da decine di MW
el
;
la possibilità di controllare la potenza erogata;
l’opportunità di sviluppo per più settori.
Il solare termodinamico, inoltre, è oggi la via più economica per la conversione
dell’energia solare in elettricità su grande scala; ancor più del fotovoltaico.
Per quanto riguarda il rendimento globale dell’impianto, esso è dato dal rapporto tra
l’energia elettrica ottenuta e l’energia termica disponibile, proveniente dalla
radiazione solare. Stesso valore si ottiene se si fa riferimento alla potenza. Il
rendimento di un impianto solare termodinamico (quello, cioè, che non tiene conto
dell’efficienza di conversione elettrica), a sua volta, è dato dal prodotto del
rendimento di captazione dell’energia solare da parte dei concentratori (tipicamente
variabile tra il 30 e il 60%, in funzione soprattutto delle condizione climatiche) e il
rendimento dell’impianto motore. I valori tipici di rendimento globale che si
ottengono sono tra il 20 e il 25%, quindi pienamente in linea con quelli del solare
fotovoltaico.
1.2 Storia del solare termodinamico
L’esempio che conosciamo più antico della capacità dell’uomo di convogliare la
radiazione solare attraverso specchi opportunamente sagomati e posizionati risale al
Mondo Antico. Si pensa, infatti, come testimoniato da alcuni raffigurazioni, che
Archimede di Siracusa (Siracusa, circa 287 a.C. - 212 a.C.) avesse ideato un sistema
molto ingegnoso che egli stesso definì degli specchi ustori. Questi ultimi erano
costituiti da lamiere metalliche concave che riflettevano la luce solare
concentrandola sui nemici e incendiandone le imbarcazioni in legno, come si vede
dalla figura.
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Una stampa che riproduce l’uso degli specchi ustori durante l’assedio romano a
Siracusa.
I primi tentativi moderni di sfruttamento concentrato dalla radiazione solare iniziano
alla fine del 1800 con realizzazioni che, nei limiti dell’epoca, già anticipano i concept
attuali.
Arrivando al secolo scorso, diversamente da quanto si potrebbe pensare, la moderna
utilizzazione del solare termodinamico risale a già circa trent’anni fa.
A ciò precede una fase di studio che riguarda molti Paesi. In Italia, negli anni ‘60 e
‘70, le ricerche nel settore sono condotte pioneristicamente dal prof. Giovanni
Francia con risultati sorprendenti e tuttora attuali. Verso la fine degli anni ‘70
comincia una collaborazione internazionale che porterà alla costruzione in Europa
della “Plataforma Solare de Almeria”, anche con il contributo italiano. Subito dopo
vengono realizzati i primi impianti a torre. Allo stesso tempo cominciano le
sperimentazioni con i sistemi solar-dish. A questi studi si aggiungono, alla fine degli
anni ‘90, quelli sui collettori lineari Fresnel.
Molto importante è la realizzazione del primo impianto solare termodinamico di
grossa taglia negli Stati Uniti. Nel deserto di Mojave, in California, infatti, è stato
realizzato un complesso di nove centrali a energia solare con capacità complessiva di
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354 MW
el e
con un immagazzinamento termico che garantisce un’autonomia di circa
tre ore. Nonostante la fattibilità tecnica di questo tipo di impianti, la LUZ
International, la società responsabile della costruzione della centrale e della
progettazione di nuovi impianti, è fallita. Per dieci anni, quindi, negli Stati Uniti e nel
resto del mondo lo sviluppo del solare termodinamico è stato accantonato per due
motivi principali:
La produzione di energia elettrica da gas metano era economicamente molto
più vantaggiosa. Basti pensare che nel 1997 il costo del kWh prodotto da
fonti fossili era di appena 0,025-0,030 $/kWh contro i 0,15 $/kWh delle
centrali a concentrazione.
Non esistevano politiche di incentivi ben definite che miravano a sostenere le
fonti rinnovabili, quale quella solare.
A partire dal 1997, però, lo scenario è cambiato radicalmente a causa del crescente
prezzo di mercato del gas naturale, che in pochi anni ha quintuplicato il proprio
valore. Ciò ha incrementato il costo di produzione dell’energia elettrica da fonte
tradizionale, rendendo nuovamente competitivo il solare termodinamico. In questo
nuovo assetto del mercato delle materie prime, la tecnologia CSP può nuovamente
ritagliarsi un ruolo da protagonista.
1.3 L’impianto
Si vuole analizzare, a questo punto, quali sono i componenti principali di un impianto
solare termodinamico nella sua forma semplificata.
A livello concettuale lo schema di base di un impianto CSP si presenta come in
figura.
Schema a blocchi di un impianto solare termodinamico.
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Come si evince dalla figura è possibile identificare quattro blocchi principali:
Sistema di collettori, responsabile di raccogliere la radiazione solare;
Sistema di ricevitori, incaricato di immagazzinare l’energia solare in un
fluido termovettore;
Sistema di accumulo, che permette di accumulare il calore disponibile per i
periodi di assenza della radiazione solare diretta;
Sistema di generazione, il quale converte l’energia termica del fluido
termovettore in elettricità.
Si riporta, a seguire, una visione schematica di un impianto solare termodinamico
d’esempio in cui sono presenti anche il sistema di stoccaggio del calore a due livelli
di temperatura e il sistema di generazione, costituito da un impianto a vapore.
Layout semplificato di un impianto solare termodinamico.
1.4 Sistema di collettori
La parte probabilmente più importante di un impianto CSP è costituita dal sistema di
specchi, opportunamente sagomati, che permettono di convogliare le radiazioni solari
su una superficie limitata, come si evince dalla figura.