2
Introduzione
La costante e inevitabile crescita della diffusione delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione ha contribuito (e sta sempre più contribuendo)
allo sviluppo e alla trasformazione dell’attuale società moderna. Al di là dell’evoluzione
tecnologica di tipo prettamente elettronico e strutturale (hardware), i motori di questo
cambiamento sono sempre più distintamente il software, le reti telematiche e soprattutto
Internet. Lo sviluppo dell’innovazione deve comunque necessariamente rapportarsi a
tutta la serie di dispositivi normativi che regolano tale ambito. Talvolta, in presenza di
fattori molto particolari, l’innovazione procede in modo autonomo, “anarchico” e
spesso si sviluppa in aree “nascoste” della società, quasi al limite della liceità. A riprova
di ciò, è sufficiente pensare che nel settore del software, alcune fra le migliori intuizioni
e fra le più positive soluzioni, siano arrivate spesso dai programmatori definiti
“hacker”
1
.
Nella maggior parte dei casi, il complesso rapporto tra norme e innovazione
diviene invece un fattore determinante per l’accelerazione impressa dal progresso
tecnologico alle dinamiche sociali. Quantomeno risulterà fondamentale che i due aspetti
procedano di pari passo, affinché la normativa non diventi un ostacolo piuttosto che uno
strumento di promozione e incentivazione per lo sviluppo
2
. Ciò è vero in particolare con
riferimento all’uso delle tecnologie in ambito pubblico e istituzionale, infatti, una
crescita “sincronizzata” e pertinente della legislazione in materia, dovrà permettere di
evitare il rischio di un’implementazione puramente tecnocratica dell’eGovernment.
Per tali motivi, risulta immediatamente evidente lo stretto rapporto che si
instaura fra l’innovazione tecnologica e la riforma della Pubblica Amministrazione,
quest’ultima nella rilevante duplice veste di beneficiaria e al contempo “regolatrice”
della prima. L’impulso decisivo ad una ”innovazione di sistema” risulta infatti fondata
su tre pilastri portanti: la ridefinizione dei processi organizzativi e gestionali, la
formazione di un capitale umano capace di attuarli e una innovazione tecnologica in
grado di supportare tale processo di evoluzione
3
.
Terminati i primi passaggi di “ammodernamento della Pubblica
amministrazione italiana” in termini di informatizzazione degli uffici e dei servizi, che
ha caratterizzato il periodo degli anni ‘90 fino ai primi di questo decennio
4
, si è ora
giunti ad una nuova fase dell’eGovernment, nella quale diviene importante l’uso
razionale, intelligente e sistematico delle nuove tecnologie al fine di favorire il
ripensamento e la ristrutturazione di tutti i processi amministrativi. L’obiettivo a cui si
punta è quello di rendere la Pubblica Amministrazione sempre più efficiente, semplice
per i cittadini e qualitativamente apprezzabile, perseguendo principi di efficienza,
efficacia ed economicità già espressi ricorsivamente in diverse fonti normative
5
.
In questo contesto si inserisce un’ulteriore finalità strategica individuata dal
Ministero per le Riforme e le innovazioni nella Pubblica amministrazione, riguardante
la creazione di un ambiente favorevole alla competitività delle imprese nell’ambito
dell’industria dell’Information and Comunication Tecnology (ICT) e di conseguenza ad
1
Hacker: dall’inglese “to hack” (fare a pezzi), erroneamente, nel linguaggio comune vuole indicare
qualcuno capace di accedere nei sistemi informatici senza autorizzazioni. In realtà un “good hack” è una
brillante soluzione ad un problema di programmazione. Fonte: www.pc-facile.com/glossario.
2
G. Bretoni, I diritti dei cittadini e delle imprese, in Guida al Codice dell’amministrazione digitale. A.
Lisi, L. Giacopuzzi, Matelica (MC), 2006, p. 19.
3
Progetto PAESE, Patto per l’attuazione del sistema nazionale di eGovernment nelle Regioni e negli enti
locali, Ministero per le riforme e le innovazioni della PA, 2007, www.funzionepubblica.it, p. 3.
4
F. Merloni, Introduzione all’eGovernment – Pubbliche amministrazioni e società dell’informazione,
Torino, 2005, p. 11.
5
Art. 97 Costituzione della Repubblica Italiana e l’Art. 1 Legge 7 Agosto 1990 n. 241.
3
un miglioramento qualitativo dei prodotti e dei servizi
6
. Diviene dunque importante
gettare le basi per la creazione di un nuovo modello di approccio della PA nei confronti
del mercato del software, dove la collaborazione attiva tra quest’ultima ed i fornitori,
rappresenta un innovativo punto di contatto fra il pubblico e il privato. Un nodo cruciale
è infatti la scelta delle tecnologie strettamente interconnesse alle metodologie e ai
processi organizzativi che mirano al raggiungimento degli obiettivi e della “qualità”
della pubblica amministrazione.
E’ proprio in merito a questa problematica che si sviluppa l’ipotesi di lavoro
oggetto della presente tesi. La promozione di un ruolo di “procurement strategico” da
parte della Pubblica Amministrazione, di un innalzamento della qualità della domanda
di Software e di servizi e soprattutto della diffusione e utilizzazione di soluzioni “Open
Source Software”, sono alcuni dei passaggi fondamentali che la PA dovrà attraversare
nel percorso di riforma intrapreso.
In particolar modo, si porrà l’attenzione sul rapporto fra il “Software Open
Source” e la Pubblica Amministrazione. Sarà quindi fondamentale cercare di
individuare sinteticamente la definizione di “Software libero” o a “codice aperto” e
inquadrare storicamente la nascita e l’evoluzione di quello che può essere definito un
“movimento” o una “filosofia” emersa agli albori della società dell’Informazione. Si
potrà osservare che il concetto in questo momento maggiormente condiviso di software
a codice aperto, è quello legato al recente acronimo “FLOSS” che sintetizza le varie
correnti legate al movimento unico del Free, Libre, Open Source Software
7
. Il tutto in
contrapposizione al cosiddetto software “proprietario”, per il quale, come si avrà modo
di approfondire, la tutela del “sorgente” viene affidata al “diritto d’autore”.
8
Il discorso si svilupperà sostanzialmente alla ricerca delle motivazioni che
hanno spinto il legislatore ad indicare espressamente, all’interno del Codice
dell’amministrazione Digitale
9
, la possibilità (se non l’auspicio) che le Pubbliche
Amministrazioni possano ricorrere all’”Open Source Software”. Partendo da una breve
analisi giuridica retrospettiva, l’intento è quello di ricostruire il percorso legislativo, sia
italiano che Comunitario, che hanno portato alla situazione attuale e cercare di capire in
che misura si stia incentivando e promuovendo il ricorso a tale forma di acquisizione
del software.
Emergerà altresì che, nonostante le perplessità e le varie forme di resistenza
incontrate, la diffusione di tale tipologia di programmi è in continua crescita sia nel
mondo degli utenti finali, che in quello delle aziende e soprattutto delle pubbliche
amministrazioni. Tale inevitabile espansione sarà tanto più rilevante quanto più
l’insieme delle più diffuse soluzioni open source già presenti sul mercato costituiranno
una fondamentale infrastruttura per l’implementazione e l’uso di soluzioni
economicamente vantaggiose.
Vedremo quindi che, sebbene l’open source non rappresenti una novità assoluta
per la pubblica amministrazione, sta rivestendo sempre più un ruolo determinante nello
sviluppo delle future applicazioni software e nell’evoluzione dei propri procedimenti
organizzativi.
6
Cfr. Progetto PAESE, Patto per l’attuazione …, cit., p. 5.
7
“Free, libre and open source software” sono tipiche caratteristiche del software open source che non
necessariamente sono compresenti. Il termine “free” si può tradurre dall’inglese sia come “libero” che
come “gratuito”. Esistono infatti software open source non gratuiti e contemporaneamente software
ceduti gratuitamente che non rientrano nella categoria del software libero. In ogni caso il termine “free”
viene usato più frequentemente per indicare il concetto di software libero piuttosto che gratuito. Per
maggiori chiarimenti si rinvia alla lettura del II capitolo.
8
G. Scorza, La tutela giuridica del software, in Manuale di Diritto dell’informatica e delle nuove
tecnologie, a cura di E. Pattaro, Bologna, 2000, p. 33.
9
Decreto Legislativo 7 marzo 2005, N. 82
4
Capitolo I - L’eGovernment e il Codice dell’amministrazione
Digitale
1. Il Codice dell’amministrazione digitale.
La Legge 29 Luglio 2003, n. 229 conferiva al Governo la delega “ad adottare,
entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti
legislativi, su proposta del Ministro per l’innovazione tecnologica e dei ministri
competenti in materia, per il coordinamento e il riassetto delle disposizioni vigenti in
materia di società dell’informazione”. Il Codice dell’amministrazione Digitale, di cui al
Decreto Legislativo 7 Marzo 2005, n. 82 (successivamente modificato attraverso il
Decreto legislativo n. 159 del 17 Marzo 2006) è risultato il frutto di un lavoro di oltre
due anni al quale hanno partecipato Istituzioni, Regioni ed Autonomie Locali, supportati
da professionisti provenienti dal mondo dell’Università, della ricerca, degli ordini
professionali, dalle associazioni di categorie e dall’imprenditoria
10
.
Dal punto di vista strutturale, il Codice è suddiviso in 9 capi ed è composto
complessivamente di 92 articoli. In maniera molto sintetica, si può osservare che
un’ampia parte è dedicata all’enunciazione dei “principi generali” (Capo I), alla
disciplina del “documento informatico e delle firme elettroniche” (Capo II) e alle regole
sulla “formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici” (Capo III). A
seguire, si trova un capo relativo alla “trasmissione informatica dei documenti” (Capo
IV) ed uno inerente ai “dati delle pubbliche amministrazioni e dei servizi in rete” (Capo
V). Il capo successivo è dedicato allo “Sviluppo, acquisizione e riuso di sistemi
informatici nelle pubbliche amministrazioni” (Capo VI). Quest’ultima parte del Codice
sarà oggetto di analisi nel presente studio, in quanto in essa, come avremo modo di
analizzare nei capitoli seguenti, sono presenti gli articoli 67, 68, 69 e 70 contenenti
importanti riferimenti sulla modalità di reperimento del software nel mercato da parte
delle pubbliche amministrazioni.
Il Codice nasce non solo con l’intento di raggiungere obiettivi di riforma,
rendendo quasi “obbligatoria” l’innovazione nelle Pubbliche Amministrazioni
11
, ma
altresì, per finalità di semplificazione e riordino (riassetto) normativo. Il legislatore
infatti, ha individuato la necessità di porre rimedio alla continua dispersione normativa
che negli ultimi anni si stava sempre più diffondendo, in quanto le nuove problematiche
e i nuovi settori hanno determinato una moltiplicazione delle leggi in materie di
contrattualistica per gli acquisti dei sistemi informativi, di documentazione
amministrativa, di interconnessione tra pubbliche amministrazioni, di erogazione di
servizi e di molti altri ambiti
12
.
Il riferimento alla volontà di “addivenire ad un’amministrazione di risultati”
13
emerge nel Codice in maniera abbastanza netta ed evidente; efficacia, efficienza,
pubblicità e trasparenza rappresentano degli obiettivi perseguibili attraverso l’uso
razionale e sistematico delle nuove tecnologie all’interno delle pubbliche
10
G. Bretoni, I diritti dei cittadini e delle imprese.., cit., p. 19.
11
Si veda in tal senso la scheda esplicativa del Codice dell’amministrazione digitale redata dal Ministro
per l’innovazione e le tecnologie, nella quale si spiega che la Pubblica Amministrazione “dovrà
organizzarsi in modo da rendere sempre e comunque disponibili tutte le informazioni in modalità
digitale”, garantendo così ai cittadini il diritto di interagire sempre, ovunque e verso qualunque
amministrazione attraverso i servizi di rete.
12
E. Carloni, a cura di, Codice dell’amministrazione digitale: commento al D.lgs 7 marzo 2005 n. 82,
Rimini, 2005, p. 15.
13
L. Spallino, Capire il Codice dell’amministrazione digitale e cosa accadrà nelle PA, in
Webimpossibile, 2006, http://www.webimpossibile.it.
5
amministrazioni
14
. Diviene primaria un’informatizzazione globale, basata sul principio
dell’interconnessione e dell’interoperabilità dei sistemi informativi delle varie
amministrazioni e fondata sul rispetto degli standard definiti anche in accordo con le
normative comunitarie. In sintesi: miglioramento dei servizi da offrire a cittadini e
imprese, riduzione del digital divide
15
, trasparenza dell’azione amministrativa,
potenziamento dei supporti conoscitivi per le decisioni pubbliche e il contenimento dei
costi dell’azione amministrativa rappresentano alcuni dei principali obiettivi da
raggiungere.
L’emanazione del Codice ha comunque suscitato impressioni contrastanti di
parte della dottrina giuridica e di parte degli osservatori esperti. Infatti, secondo taluni,
la complessità di alcuni argomenti, legati alla molteplicità degli ambiti toccati dal
Codice, hanno prodotto dei risultati non sempre convincenti. Da numerosi ambienti
scientifici e giuridici, primo fra tutti il Consiglio di Stato,
16
tale atto normativo viene
fortemente criticato per le numerose incongruenze e per l’elevato numero di “errori
metodologici e tecnici riscontrati, che ne evidenziano la sostanziale inapplicabilità”.
17
Una delle principali cause individuate farebbe riferimento alla presenza invasiva della
cosiddetta “tecnocrazia” che pregiudicherebbe in molti tratti la lettura e l’interpretazione
lineare della norma. Il Codice, infatti, è stato scritto nell’ambito del Dipartimento per
l’Innovazione e le tecnologie, con il contributo del CNIPA
18
dove le figure professionali
prevalenti sono di tipo tecnico più che giuridico
19
. Inoltre, secondo taluni, il Codice
rappresenterebbe un’occasione mancata per una revisione organica dal punto di vista
dell’organizzazione digitale, della documentazione amministrativa, della comunicazione
pubblica, della riservatezza dei dati, della conservazione e della valorizzazione delle
“informazioni pubbliche”.
20
Ad una parte delle critiche non sfugge altresì il contenuto
degli articoli del Capo VI del Codice riferiti all’acquisizione del software, i quali, non
detterebbero delle linee chiare da seguire in tali procedure e non sarebbero più
innovativi rispetto a quanto già scritto nelle precedenti direttive ministeriali.
Nonostante ciò, al Codice viene comunque riconosciuto il primato di aver
affrontato in modo organico il complesso tema dell’informatizzazione delle Pubbliche
Amministrazioni, “accelerando e orientando i processi di cambiamento ed innovazione
in atto”
21
. Inoltre, la definizione di norme, regole e standard uniformi per tutto il
territorio nazionale e per tutte le pubbliche amministrazioni, favorisce, non solo
interoperabilità, ma soprattutto assicura legittimità e coerenza ai processi organizzativi
ed amministrativi
22
.
14
Codice dell’amministrazione Digitale Capo I, sezione III (articoli 12 e successivi) “Organizzazione
delle Pubbliche amministrazioni, rapporti fra Stato, regioni e autonomie locali”.
15
Per Digital Divide si intende “il complesso delle disuguaglianze significative nell’accesso alle
tecnologie e nella partecipazione alle nuove forme della comunicazione e dell’informazione”, in F.
Merloni, Introduzione all’egovernment…, cit., p. 209.
16
Sezione Consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato n. 6786/2004.
17
G. Penzo Doria, L’informatica e il codice dell’amministrazione digitale, in AIDAinformazioni, 2006,
Anno 24 – Numero 3-4/2006, p. 81.
18
Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione. Maggiori dettagli sul CNIPA sono
presenti nel paragrafo 4 del IV Capitolo.
19
G. Penzo Doria, L’informatica e il codice…, cit., p. 82.
20
F. Merloni, Introduzione all’eGovernment…, cit., p. 33.
21
S. Cacace, Codice dell’amministrazione digitale: Finalità ed ambito di applicazione – Diritti dei
cittadini e delle imprese; Organizzazione delle pubbliche amministrazioni e tecnologie dell’informazione,
in Giustizia-amministrativa.it, 2007, http://www.giustizia-amministrativa.it/documentazione.
22 L. Zoffoli, L’attuazione dell’e-Government, in e-Government: l’evoluzione della PA, a cura di G.
Bracchi e S. Mainetti, Milano, 2005, p. 9.