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INtrODuZIONE
genesi della famiglia e aspetti giuridici
In India c’è un modo di dire adozione, con una parola che letteralmente
significa “tenere qualcuno sulle ginocchia”. Sarà quello che voi farete al
vostro primo incontro: lo prenderete sulle vostre ginocchia, qualunque sia
la sua età. Peserà pochissimo, e forse tremerà un po’ per l’eccitazione e
l’emozione. Così come voi. Ma capiterà che su quelle ginocchia ci si sta
bene, e che sono quelle di una persona che conosce il modo giusto di
amare lui, il figlio del suo desiderio.
(Tratto da: Adozione: le nuove regole, di A.G. Miliotti, Angeli, 2002)
La famiglia è un nucleo di persone affiliata da un legame di parentela,
consanguineità o semplicemente costituita da norme legali e
legislative.
La famiglia è pertanto costituita da membri che interagiscono tra loro
legati da una forte affettività, da un mutuo amore e da una profonda
partecipazione emotiva.
La funzione della famiglia, intesa quindi come la prima cellula della
società, è quella della riproduzione.
La coppia, intesa come diade genitoriale, alimenta il suo legame con la
nascita di un figlio. All’interno della dualità trova spazio un nuovo membro
che dovrà cercare e trovare la sua individuazione.
Quando purtroppo il desiderio di un figlio non trova un riscontro oggettivo,
naturale, attraverso la gravidanza e il concepimento, la coppia ricerca
nell’adozione l’appagamento di questo desiderio di completezza.
Un percorso carico di aspettative, di attese, spesso di delusioni dettate
dalle pratiche burocratiche eccessivamente lunghe. Nell’immaginario della
coppia genitoriale prende forma e vita l’immagine del bimbo tanto atteso.
Le prime foto o i primi contatti creati dalle istituzioni concretizzano queste
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fantasie lasciando posto a un susseguirsi di emozioni e preparativi per
accogliere il futuro figlio.
L’atto dell’adozione racchiude una enorme quantità di valori simbolici che
ruotano intorno al concetto di abbandono, perdita e accoglimento.
Il bambino, seppure piccolissimo, porta la cicatrice dell’abbandono
materno, genitoriale. Un abbandono carico di dolore che alimenta dubbi
sulla sua stessa bontà, sul fatto di poter meritare ancora amore e affetto
perché forse non degno di tutto ciò.
Nelle adozioni internazionali culture differenti cercano di compenetrarsi,
di trovare un modo nuovo di vivere e convivere. I nuovi genitori adottano
dunque non solo un bimbo ma anche la sua cultura di origine; cerche-
ranno di comprenderne significati, valori, simboli.
Il bambino, diventato adolescente, probabilmente sentirà una spinta che
lo muoverà verso la ricerca delle sue origini. È durante l’adolescenza
che il ragazzo/a cercherà la sua identità e anche le sue origini. Vorrà
scoprire e riscoprire la sua terra, andare alla ricerca di luoghi che in un
certo qual modo potranno far riaffiorare ricordi... attraverso luci, profumi,
paesaggi. Soprattutto cercherà di trovare delle risposte a domande come
“chi sono i miei veri genitori?”, “perché mi hanno abbandonato?”.
La nuova famiglia si troverà accanto al ragazzo, vivendo con lui e soste-
nendolo emotivamente questa in ricerca interiore per trovare sé
stesso.
In questo lungo viaggio chiamato “adozione”, genitori e figli imparano a
conoscersi e riconoscersi. Capiranno come prendersi cura amorevol-
mente gli uni degli altri, come accogliersi, come dialogare
rispettandosi.
Le istituzioni coinvolte sono numerose, dal Tribunale dei minori, alle
Regioni, agli Enti autorizzati, per continuare con le varie figure profes-
sionali che si integrano le une con le altre, spesso alternandosi, a volte
sovrapponendosi, tutte impegnate nel sostenere la coppia adottiva ed il
bambino. Psicologi, pediatri, assistenti sociali, alcune delle figure maggior-
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mente esposte a questo percorso adottivo, cercano, attraverso la loro
professionalità, di accompagnare la futura famiglia adottiva lungo questo
cammino talvolta incerto, ma comunque meravigliosamente carico di
emozioni ed affetti.
La famiglia: tra naturalità e cultura
Dare una definizione di famiglia risulta molto difficile e complesso in
quanto ogni popolo ha una visione differente del concetto stesso di
“famiglia” e “famigliare”.
Un primo aspetto è sicuramente legato al concetto di fecondità. In passato
avere dei figli, generare una prole, era visto come un processo vitale del
tutto naturale. Al contrario, non poter generare una prole, era motivo di
disonore e disgrazia. I figli erano quindi un bene prezioso che garantiva
al padre una sopravvivenza non soltanto economica, ma soprattutto gli
attribuiva un valore agli occhi della comunità di appartenenza.
I figli erano dunque la garanzia di un’immortalità sociale.
Oggigiorno avviene invece il contrario.
Il contenere e controllare la fecondità sottende ad una chiara e ragionata
scelta dettata da molteplici fattori. Esigenze lavorative, problematiche
economiche e sociali determinano spesso la scelta di non voler avere
figli. La posizione della donna in seguito ad una trasformazione culturale
nel mondo occidentale è notevolmente mutata. L’ingresso nel mondo del
lavoro da parte delle donne e la distribuzione stessa di ricchezza alla
famiglie da parte delle politiche del welfare state hanno ridimensionato
notevolmente la struttura della famiglia.
Nell’era moderna non si avverte più l’esigenza di “immortalità“, garantita
precedentemente dai figli, in quanto le aspettative di vita sono notevol-
mente aumentate.
La struttura della famiglia si sta quindi modificando. È molto probabile
infatti, che alla nascita di un bimbo, attualmente, siano presenti i quattro
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nonni ma nessun fratellino. Cosa peraltro inconcepibile già un secolo fa
quando la nascita di un bimbo era invece accolta da numerosi fratelli e
probabilmente pochi nonni e zii.
Questo cambiamento della famiglia determina naturalmente una trasfor-
mazione delle dinamiche parentali evidenziando come, la tanto auspicata
capacità della coppia di recidere i legami con la famiglia nucleare d’origine,
propugnata negli anni Settanta, sia solamente un tentativo effimero.
I forti legami con la famiglia d’origine portano ad un distacco sempre più
ritardato dei figli e quindi ad una minore procreazione.
In Italia, come in tutta Europa, l’aumentato numero di divorzi ha lasciato
spazio alla nascita di nuove tipologie familiari. Il fatto di separarsi ed
eventualmente ricostituire un nuovo nucleo familiare, genera uno stato
di famiglia allargata dove il bambino si ritrova ad avere un numero
maggiore di nonni e fratelli non consanguinei. Questa trasformazione
comporta non solamente una serie di problematiche affettive ma anche
legali. Forti tensioni possono scaturire da questi nuovi legami acquisiti
che ci obbligano a prendere in considerazione che la parentela non è
soltanto un riconoscimento sociale, ma anche un fenomeno sancito dalla
legge, con i suoi diritti e i suoi doveri.
La famiglia viene dunque vista come un’istituzione tutelata dalla legge,
come un qualcosa che costruisce la società.
In realtà la famiglia nasce ancor prima dello Stato, dell’Istituzione. Uno
stato nasce e si struttura in seguito ad un progetto politico, alla messa
in opera di leggi. La famiglia invece nasce prima e sopravvive anche
quando uno Stato viene distrutto da una guerra o da un cataclisma.
La famiglia è un processo che si trasforma da secoli, attraverso momenti
storici che trovano un loro riscontro nella Storia stessa dell’umanità.
Attualmente la nostra famiglia riduce il numero dei suoi partecipanti,
riproducendosi all’essenziale.
La famiglia attuale è un “atomo” sociale, come direbbe Murdock, composta
esclusivamente da due coniugi e dai loro figli. Ma esistono diverse
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tipologie di famiglie che si differenziano da quella nucleare. Ci sono le
famiglie poligamiche costituite dalla moltiplicazione dei legami coniugali,
e le famiglie estese che accolgono le famiglie dei figli.
Ma la famiglia non è soltanto un processo naturale che si è garantita la
propria sopravvivenza nel trascorrere dei tempi, è anche e soprattutto
un prodotto culturale.
La popolazione Ik, in Uganda settentrionale, è una società basata
sull’agricoltura costretta a combattere e sopravvivere a lunghi periodi di
siccità. L’istituzione famigliare è una realtà condannata alla scomparsa
mentre come popolazione intesa “nucleo” sociale, gli Ik sono soprav-
vissuti.
Nelle baraccopoli delle metropoli brasiliane colpite pesantemente dal
fenomeno dell’AIDS, i bimbi vengono allevati da numerose madri e
nonne, surrogati di famiglie. In questa triste realtà si può scorgere il
processo biologico della nascita e dell’adozione senza riscontrare il
sistema di famiglia nucleare.
In Tanzania, presso il popolo Wahehe, in seguito allo svezzamento, il
piccolo viene tolto alla madre ed affidato alle cure della nonna. La nonna
stessa abbandona il proprio marito per creare un legame particolare col
piccolo di lunga durata.
Il termine famiglia viene quindi soppiantato da un altro termine che è
quello di “gruppo domestico”. Questo gruppo assolve alle cure primarie,
all’allevamento, all’educazione, alla preparazione della vita sociale.
Soprattutto il gruppo domestico condivide uno spazio fisico comune e,
trattandosi di un gruppo, avrà un suo sistema di comunicazione interna-
zionale carico di simbologia e di affetti.
Molto particolare è l’usanza di una popolazione polinesiana dell’isoletta
Tikopia. Un bambino viene preso dalla sua famiglia nucleare e affidato
alla famiglia di uno zio. Per questa popolazione infatti non è positivo che
un figlio aderisca troppo alla famiglia d’origine come è negativo che una
società si isoli troppo senza avere contatti con l’esterno.