9
Premessa
Questo lavoro nasce da un percorso personale iniziato nel 2006 a termine
della laurea triennale in “Scienze Internazionali ed Istituzioni Europee”, in seguito
alla quale ho ottenuto il Master di Primo livello in “Analisi e Gestione dei progetti
di Sviluppo”. Il conseguimento di questo Master mi ha dato l’opportunità di
immettermi nel mondo lavorativo del settore della cooperazione internazionale allo
sviluppo.
Il lavoro mi ha portato inizialmente in Marocco a Marrakech, nella
promozione dell’artigianato locale per la NGO Re.Te.
1
; successivamente in
Repubblica Centrafricana, nella tutela dei diritti dell’infanzia per il supporto del
progetto di Sostegno a Distanza della NGO Coopi
2
; in Mali, sempre per la NGO
Re.Te., nella promozione della filiera dello scalogno Dogon a Bandiagara; e in
BØnin presso l’ufficio UNDP – United Nations Developement Programme, in
qualità di responsabile di monitoraggio e valutazione dei progetti del programma
UNV – United Nations Volunteers
3
. Durante l’esperienza in Mali nel ruolo di capo
progetto sono venuto a contatto con la filiera dello scalogno Dogon.
Re.Te. è in Mali dal 2004 e collabora con PDCo
4
nel supporto della filiera
dello scalogno Dogon. ¨ intervenuta nei diversi stadi della filiera, dall’introduzione
1
Re.Te. - Associazione dei tecnici per la solidarietà e la cooperazione internazionale, nasce nei
primi anni ’80 con l’idea di mettere insieme le competenze tecniche di persone e di enti per costruire
iniziative di solidarietà e cooperazione nel Sud del mondo. Riconosciuta dalla legge 49/87 sulla
Cooperazione, è oggi un’associazione laica di volontari con diverse convinzioni politiche e religiose,
con un approccio non ideologico di lotta alla povertà e di affermazione dei diritti per tutti i cittadini
del pianeta. Aderisce all’Associazione delle NGO Italiane, al COCIS (Coordinamento delle
Organizzazioni non Governative per la Cooperazione Internazionale allo Sviluppo), a SOLIDAR, al
COP (Consorzio delle NGO Piemontesi) (cfr. http://www.reteong.org/).
2
Coopi – Cooperazione Internazionale, è un’organizzazione umanitaria italiana laica e indipendente
che lotta contro ogni forma di povertà per migliorare il mondo. ¨ stata fondata nel 1965 da padre
Vincenzo Barbieri e in 45 anni di lavoro sono stati realizzati 1.300 progetti in 53 paesi,
coinvolgendo 50 mila operatori locali e assicurando un beneficio diretto a 80 milioni di persone.
Oggi, fondazione ufficialmente riconosciuta dal Ministero Affari Esteri come NGO ai sensi della
legge 49/87, è presente in 23 paesi con 194 progetti di sviluppo e di emergenza (cfr.
http://coopi.org/it/home/).
3
UNV è il programma di volontariato delle Nazioni Unite. Basato a Bonn in Germania è attivo in
130 paesi con 86 uffici di terreno rappresentati attraverso le sedi di UNDP. Il programma UNV mira
a promuovere il volontariato nel mondo come motore trainante dello sviluppo e della pace nel
mondo (cfr. http://www.unv.org/).
4
PDCo – Promotion du DØveloppement Communautaire, è una NGO maliana che si occupa del
coordinamento delle attività di trasformazione e commercializzazione dello scalogno Dogon. In
collaborazione con FAG-GEST coadiuva i produttori in azioni di ricerca, nella gestione e appoggio
10
di nuove tecnologie per l’essicazione dello scalogno, al rafforzamento delle
organizzazioni contadini fino a giungere a quello che possiamo definire l’orgoglio
di tutto il lavoro effettuato fino a oggi: esportare lo scalogno trasformato EST
5
in
Italia attraverso la cooperativa di commercio equo&solidale LiberoMondo
6
. Lo
scalogno importato è poi lavorato da LiberoMondo per la produzione di taralli e
cracker che possiamo trovare in qualsiasi negozio equo&solidale italiano.
In Mali sono stato capo progetto per la NGO Re.Te. e ho gestito diversi
progetti della cooperazione decentrata della Regione Piemonte e un progetto
finanziato dalla delegazione a Bamako della Commissione Europea.
Ho dato via al progetto finanziato dalla cooperazione italiana
“Miglioramento delle filiere orticole e organizzazione dei produttori dei Paesi
Dogon” e mantenuto le relazione con l’ufficio FAO a Bamako per la messa in opera
del progetto “Projet d’appui aux organisations paysannes du Plateau Dogon pour
une meilleure valorisation de leurs productions maraichères” finanziato dalla
cooperazione italiana e realizzato dalla FAO in collaborazione agli attori storici
della filiera dello scalogno: Re.Te., PDCo e FAC-GEST
7
. Quest’ultimo progetto si
inserisce nel quadro piø ampio del “Programme National d’Appui à la sØcuritØ
alimentaire au Mali”.
Attraverso questa esperienza ho maturato la conoscenza della filiera e le
competenze per il suo supporto e valorizzazione. I diversi incaricati svolti nel
settore della cooperazione internazionale allo sviluppo, sia come ruoli ricoperti (da
capo progetto a responsabile monitoraggio e valutazione) sia come organismi per i
quali ho prestato la mia opera (dalle organizzazioni non governative alle
organizzazioni internazionali), mi hanno fornito una maggiore visione della
complessità del problema dello sviluppo nell’Africa Sub-sahariana.
tecnico, nella ricerca dei finanziamenti per le campagne di produzione e nella valorizzare dello
scalogno Dogon. PDCo è partner di Re.Te. dal 2005.
5
EST - Échalote SØchØe en Tranche, è la metodologia moderna di trasformazione dello scalogno.
6
LiberoMondo è una cooperativa sociale nata nel 1997 dall’esperienza di una precedente
associazione per proporre un commercio equo e solidale che promuove giustizia sociale ed
economica sia nel Sud che nel Nord del mondo, operando a favore dei produttori (cfr.
http://www.liberomondo.org/liberomondo/cms/home.html)
7
FACGEST – Association des Groupements des SØchage d’Échalote en Tranches, è una
organizzazione contadina fondata nel 2000 per lo sviluppo della filiera dello scalogno Dogon. ¨
composta dai rappresentanti dei produttori e da una equipe tecnica che ha come scopo quello di
guidare l’attività della filiera. ¨ membro della AOPP – Association des Organisation
Professionnelles Paysannes (cfr. http://www.aopp-mali.org/spip.php?article135).
11
Personalmente ho sempre creduto nell’importanza di coniugare la teoria alla
pratica, il lavoro allo studio, nella convinzione che non possa esistere l’uno senza
l’altro. Vi è la costante necessità di ricerca e crescita personale nella comprensione
delle tematiche da un punto di vista teorico per poi svilupparle nel lavoro,
affinandole secondo quelle che sono le necessità e le particolarità della realtà
circostante.
Per questo motivo, nonostante lavorassi già da oltre 3 anni nella
cooperazione internazionale allo sviluppo, ho sempre mantenuto l’obiettivo di
conseguire la Laurea Magistrale alla quale mi iscrissi al termine del Master di
Primo Livello. Così alla scadenza del contratto in Benin ho deciso di rientrare in
Italia per terminare quello che rimaneva.
A conclusione di questo percorso, che ritengo importante da un punto di
vista di crescita professionale e umana, ho deciso di dedicare il mio lavoro di laurea
alla filiera dello scalogno Dogon; un esempio di come la cooperazione
internazionale allo sviluppo possa negli anni contribuire alla riduzione della povertà
e al raggiungimento della sicurezza alimentare dell’area d’intervento.
Abstract: Il presente lavoro esamina la relazione nella sicurezza alimentare
fra spesa alimentare in cereali (miglio) e il reddito familiare (scalogno) con lo
scopo di analizzare l’accesso alimentare in termini economici dei produttori di
scalogno Dogon, misurato attraverso il potere d’acquisto dello scalogno in termini
di miglio. I risultati mostrano che nell’arco temporale 1989-2011 lo scalogno
Dogon contribuisce all’acquisto del 73,4% del miglio necessario a garantire la
sicurezza alimentare e garantisce l’accesso alimentare in termini economici in
diversi anni (2001, 2003, 2004, 2007, 2010 e 2011). Il lavoro si conclude
presentando le caratteristiche comuni a questi anni e elabora tre condizioni di
sostenibilità al raggiungimento della sicurezza alimentare in termini di accesso
economico.
12
Introduzione
La definizione di sicurezza alimentare comunemente condivisa a livello
internazionale è quella elaborata al World Food Summit nel 1996, la quale descrive
la sicurezza alimentare come una situazione in cui “tutte le persone, in ogni
momento, hanno accesso fisico, sociale ed economico ad alimenti sufficienti, sicuri
e nutrienti che garantiscono le loro necessità e preferenze alimentari per condurre
una vita attiva e sana”.
Questo concetto rispecchia l’evoluzione di trenta anni di dibattito
sull’argomento in cui da una visione prettamente incentrata sull’offerta alimentare
8
– vista in chiave di disponibilità alimentare – il dibattito sulla sicurezza alimentare
pone l’attenzione sulla domanda alimentare – vista in chiave di accesso alimentare,
di utilizzo alimentare e di stabilità alimentare. Tutto ciò rappresenta i quattro
aspetti della sicurezza alimentare: a) disponibilità, b) accesso, c) utilizzo e d)
stabilità.
La questione della sicurezza alimentare è un problema che coinvolge quasi
esclusivamente i Paesi in Via di Sviluppo di cui un quarto è rappresentato dai paesi
dell’Africa Sub-sahariana. In questa zona del mondo il numero delle persone che
vive in condizioni di “insicurezza alimentare”
9
è aumentato costantemente in
termini assoluti, da 165,9 milioni nel 1990 a 217,5 milioni nel 2008, per una
diminuzione in termini percentuali del 4% sul totale della popolazione.
In questo lavoro si considera soltanto l’aspetto dell’accesso alimentare in
termini economici come proposto da diversi autori (Kidane e altri 2006, Staatz e
altri 2009, Pinstrup-Andersen 2009; Boussard e altri 2006; Smith e altri 2000;
World Bank 2007; FAO 2008; 2010; deGraaff e altri 2011) secondo i quali la
sicurezza alimentare è legata all’insufficiente potere d’acquisto delle popolazioni
8
Il verificarsi di alcune carestie (e.g. Bangladesh 1974-1975) nonostante un’elevata offerta
alimentare induce il dibattito sulla sicurezza alimentare a concentrarsi sulla domanda alimentare. La
maggior parte degli individui vive in condizioni di “insicurezza alimentare” non a causa
dell’insufficiente disponibilità alimentare ma a problemi legati alla diffusa povertà.
9
L’insicurezza alimentare “esiste quando le persone non hanno accesso a quantità sufficienti di cibo
sicuro e nutriente, e quindi non consumano abbastanza per una vita attiva e sana. Ciò può essere
dovuto all’indisponibilità di cibo, ad insufficiente potere d’acquisto o all’utilizzo improprio del cibo
a livello familiare” (cfr. http://www.fao.org/hunger/hunger-home/en/).
13
che vivono in condizioni di “insicurezza alimentare”. La letteratura sull’argomento
mostra che vi è una leggera correlazione fra sicurezza alimentare e disponibilità di
cibo mentre questa aumenta fra il tasso di povertà e la sicurezza alimentare.
L’accesso alimentare dipende da quattro fattori: i) economici, ii) fisici, iii)
politici e iv) socio-culturali.
In un mondo che garantisce sufficienti volumi di cibo a livello mondiale, i
fattori economici a livello nazionale sono la capacità di compensare i deficit
nazionali di stock alimentare attraverso le importazioni. Questo è ostacolato
dall’assenza di risorse finanziarie, in particolare da una scarsa competitività
commerciale dei prodotti che il paese produce. Questo caso è molto frequente in
alcuni paesi dell’Africa Sub-sahariana.
I fattori economici a livello domestico sono la capacità di una famiglia o
individuo di acquistare la quantità alimentare necessaria per compiere una vita sana
e attiva. Questo è ostacolato dal debole potere di acquisto delle famiglie in
condizioni di “insicurezza alimentare”. Per questo motivo i fattori economici
dell’accesso alimentare a livello domestico sono strettamente legati alle strategie di
riduzione della povertà nelle zone rurali dove la maggior parte delle popolazioni in
condizioni di “insicurezza alimentare” vive.
I fattori fisici dell’accesso alimentare sono rappresentati da un lato dagli
elevati costi di trasporto che riducono il potere d’acquisto delle popolazioni e
dall’altro lato dalle difficoltà di trasportare in modo facile e veloce (infrastrutture) i
beni alimentari dalle zone in eccedenze a quelle in deficit. A livello nazionale i
fattori fisici dell’accesso alimentare sono determinati dalle barriere naturali o
geografiche, dall’assenza di infrastrutture e da scarsi collegamenti. A livello
domestico implica che gli individui con un adeguato potere d’acquisto possano
avere accesso fisico ad un punto di approvvigionamento alimentare (mercato).
La stabilità del contesto politico dell’ area può favorire o meno l’accesso
alimentare cosi come le specifiche norme socio-culturali che regolano la gestione
del reddito e l’allocazione intra-familiare del cibo.
L’agricoltura è il principale settore coinvolto nella sicurezza alimentare dei
paesi dell’Africa Sub-sahariana. Da un lato produce i beni alimentari consumati
14
dalle popolazioni in condizioni di “insicurezza alimentare” e dall’altro lato offre a
queste popolazioni la possibilità di occupazione e di generare i redditi
10
.
Il primo capitolo è dedicato all’approfondimento di questi argomenti, la
definizione della sicurezza alimentare e la letteratura dell’accesso alimentare nei
Paesi in Via di Sviluppo.
Il secondo capitolo si occupa del contesto di riferimento di questo lavoro, il
Mali. Nonostante le discrete performance macro-economiche e la costante crescita
del PIL il Mali è ancora uno dei paesi piø poveri al mondo secondo l’indice HDI
(175
esimo
posto su 187). Il settore privato e quello finanziario sono poco sviluppati e
la situazione socio-economica incide negativamente sul positivo andamento macro-
economico. Il settore agricolo è la principale fonte di reddito per il 78% della
popolazione maliana, in particolare nelle zone rurali.
Questa situazione è il risultato delle limitate risorse di base, dell’assenza di
uno sbocco al mare, della vulnerabilità agli shock esogeni, della carenza di
infrastrutture, dei bassi livelli di sviluppo umano e di una debole capacità
amministrativa.
Grazie alla produzione nazionale e alle importazioni il Mali ha una
disponibilità alimentare superiore ai paesi dell’area e sufficiente a soddisfare le
necessità della popolazione. Nonostante ciò la popolazione maliana vive in
condizioni di “insicurezza alimentare” a causa dei limiti nell’accesso alimentare e
nell’utilizzo alimentare.
Il Mali è considerato un esempio di stabilità politica nella regione
dell’Africa occidentale con discreti indici di democrazia ma a partire dal gennaio
2012 vive una grave crisi politica dagli incerti sviluppi.
In questo quadro il presente lavoro si occupa dell’accesso alimentare in
termine economici delle famiglie rurali del Plateau Dogon
11
. In questo area del
Mali il problema della sicurezza alimentare è il potere di acquisto delle famiglie. La
disponibilità alimentare in miglio (alimento base) è assicurata dall’approvvigionano
nei mercati contigui.
10
Il maggior numero della popolazione in condizioni di “insicurezza alimentare” appartiene alle
famiglie piø povere delle aree rurali e oltre l’80% di esse dipendono direttamente dall’agricoltura
(IFAD 2011).
11
Il Plateau Dogon corrisponde alla provincia di Bandiagara fulcro nevralgico del Paese Dogon (cfr.
cap. 3.2).
15
Il Plateau Dogon ha un deficit strutturale nella produzione di miglio a causa
dei vincoli agricoli rappresentati dalla scarsa superficie arabile, dalla bassa fertilità
dei suoli e dal limitato accesso a fonti d’acqua. L’area confinante della Plaine di
SØnou
12
ha invece un surplus di miglio che va a completare il deficit di produzione
del Plateau Dogon. Questo offre alle popolazioni del Plateau Dogon la possibilità di
disporre al mercato della quantità sufficiente di miglio necessaria alla sicurezza
alimentare.
Per questo motivo il terzo capitolo studia la filiera dello scalogno Dogon
come caso particolare del piø generale ruolo dell’orticoltura nella sicurezza
alimentare. Dopo la presentazione della letteratura sul contributo dell’orticoltura
alla sicurezza alimentare nei paesi in via di sviluppo, il terzo capitolo descrive la
filiera dello scalogno Dogon negli aspetti principali dell’organizzazione, della
produzione, della trasformazione, della conservazione e della commercializzazione.
Nel Plateau Dogon l’orticoltura svolge un ruolo essenziale nel generare il
reddito necessario a completare l’acquisto del deficit di miglio. Le famiglie del
Plateau Dogon traggano quasi esclusivamente il loro reddito dalla produzione,
trasformazione e commercializzazione dello scalogno Dogon che negli anni ha
acquisito lo status di cash-crop.
Lo scalogno Dogon, seppure una coltivazione individuale
13
, si sviluppa
attraverso le organizzazione tradizionali di villaggio. A partire dagli anni ’80
notevoli sforzi sono effettuati per organizzare i produttori in associazioni contadine
piø grandi. Nel 2000 nasce la Association des Groupements des SØchage d’Échalote
en Tranches – FACGEST
14
e nel 2010 si unisce ad un altra organizzazione
contadina (ULPTE – Union Locale des Producteurs et Transformateurs
d’Échalote) per creare la FØdØration des Unions de SociØtØs CoopØratives pour la
Promotion de la Filière Échalote du Cercle de Bandiagara – FUPFEB.
12
La Plaine di SØnou è l’area a sud del Plateau Dogon e corrisponde alle provincie di Bankass e di
Koro che insieme al Plateau e alla Falaise compongono il Paese Dogon (cfr. cap. 3.2).
13
Lo scalogno è una coltivazione individuale o del nucleo familiare per cui i redditi di questo
prodotto vanno al singolo\famiglia che coltiva la terra. Il miglio è una coltivazione della “grande
famiglia” (famiglia allargata) per cui i frutti di questo prodotto sono ripartiti all’interno dei membri
della “grande famiglia” i quali condividono lo stock di miglio prodotto (cfr. cap. 3.2.1).
14
Questa associazione nasce inizialmente per organizzare i produttori dello scalogno EST (tipo di
scalogno trasformato con metodo moderno) ma nel tempo rappresenta una guida per tutti i produttori
dello scalogno Dogon.
16
Questa federazione è oggi il punto focale di tutti gli interventi di sviluppo
rurale nella filiera dello scalogno Dogon e rappresenta la forma piø alta di
organizzazione di categoria nella zona.
Il Mali è il maggiore produttore di scalogno dell’Africa occidentale
15
e
produce 251.478 t. circa di cui il 16,6% proveniente dal Plateau Dogon, il 57,3%
dall’Office du Niger e il restante dalle zone periurbane di Bamako e dalla zona di
Sikasso.
Il mercato maliano dello scalogno è scarsamente internazionalizzato e
l’offerta maliana è interamente assorbita dalla domanda nazionale. Diversi lavori
(PCDA 2008; D’Alessandro 2008; D’Alessandro e Soumah 2008) stimano un
eccesso di offerta nei prossimi anni conseguente a un costante aumento della
produzinoe dello scalogno proveniente dall’Office du Niger.
Per questa ragione è importante una maggiore integrazione del Mali nei
mercati esteri, in particolare con i vicini Costa d’Avorio e Guinea. Il Mali esporta
nel 2008 108.000 t. e i due paesi sono i probabili importatori dello scalogno
maliano ma dati gli scarsi dati sui commerci transfrontalieri dell’Africa occidentale
è difficile elaborare delle analisi.
I dati mondiali sul mercato dello scalogno e della cipolla (aggregati)
confermano che: a) il mercato mondiale di scalogno e cipolla è in aumento, b) la
Costa d’Avorio partner commerciale del Mali
16
è in parte integrata nel mercato
mondiale, c) le esportazioni maliane di scalogno sono in crescita dal 2004.
Il mercato di riferimento per lo scalogno maliano è quello di Bamako. La
domanda nazionale è costante e anelastica al prezzo presente sul mercato di
Bamako ma elastica al prezzo dello scalogno proveniente dalle varie zone del
paese
17
.
Per questa ragione sul mercato di Bamako l’offerta di scalogno è ripartita a
livello regionale su base stagionale. Da settembre a dicembre proviene dalle regioni
15
Tra i paesi dell’Africa occidentale Niger, Burkina Faso e Mali eccedono nell’offerta mentre
Benin, Ghana, Costa d’Avorio e Guinea sono eccedenti di domanda. Soltanto il Mali è produttore di
scalogno che è maggiormente apprezzato nei mercati di Costa d’Avorio e Guinea mentre negli altri
paesi non esiste una differenziazione tra scalogno e cipolla.
16
Data la sua posizione geografica il Mali utilizza come base principale per i suoi commerci
internazionali il porto di Abidjan (Costa d’Avorio) e successivamente Dakar (Senegal), Cotonou
(Benin) e Tema (Ghana).
17
I consumatori preferiscono acquistare lo scalogno al prezzo inferiore scegliendo tra la gamma dei
prodotti freschi provenienti dalle diverse zone del paese e dei prodotti trasformati.
17
periferiche, da fine settembre a dicembre a volte fino a febbraio dal Plateau Dogon,
da gennaio fino ad agosto con intensificazione a partire da marzo dall’Office du
Niger e nel periodo di maggiore penuria di scalogno fresco nazionale tra luglio e
ottobre il Mali importa dall’Olanda.
I produttori di scalogno Dogon entrano nel mercato con la prima produzione
nel periodo fine ottobre-dicembre in posizione di price-maker e a partire da gennaio
diventano price-taker con l’arrivo dello scalogno dell’Office du Niger. A questo
punto i produttori dello scalogno Dogon iniziano la trasformazione con l’obiettivo
di conservare il prodotto e immetterlo successivamente sul mercato.
A livello nazionale lo scalogno trasformato garantisce la stabilizzazione del
prezzo fresco in termini di rapporto prezzo - quantità unitaria
18
. Nel periodo di
crescita dell’offerta dello scalogno fresco il suo prezzo diminuisce e i produttori
iniziano la trasformazione riducendo l’offerta così che il prezzo dello scalogno
fresco risale. Quando il prezzo dello scalogno fresco raggiunge un livello troppo
elevato il prezzo per rapporto unitario dello scalogno trasformato offre una valida
alternativa ai consumatori.
Lo scalogno trasformato in EST
19
offre il vantaggio di una migliore qualità
e igiene, prerequisiti per penetrare i mercati internazionali. In questo aspetto sono
necessari ulteriori analisi che a causa dell’assenza di dati non è stato possibile
effettuare.
L’obiettivo di questo lavoro è esaminare la relazione fra spesa alimentare in
miglio e il reddito prodotto dallo scalogno, considerata un indicatore per l’accesso
alimentare in termini economici. Come vedremo nel quarto capitolo la sicurezza
alimentare degli abitanti del Plateau Dogon è strettamente correlata al potere di
acquisto dello scalogno in termini di miglio. Questo ultimo capitolo analizza i
risultati della filiera dello scalogno Dogon nell’arco temporale 1989 – 2011
evidenziando le caratteristiche degli anni in cui lo scalogno è stato efficace per il
raggiungimento della sicurezza alimentare e propone le condizioni di sostenibilità
dell’accesso alimentare in termini economici delle popolazioni del Plateau Dogon.
18
Ogni Kg di scalogno trasformato corrisponde a 6-8 Kg di scalogno fresco a seconda del tipo di
trasformazione. Il prezzo del prodotto trasformato non segue questo rapporto per cui il suo prezzo in
termini unitari risulta piø basso a quello del prodotto fresco nei momenti di penuria di quest’ultimo.
19
Metodo di trasformazione moderno dello scalogno fresco.
18
CAPITOLO I
Definizione della sicurezza alimentare: la dimensione dell’accesso
al cibo
1.1 – Definizione della sicurezza alimentare
Il termine “sicurezza alimentare” è un concetto flessibile
20
come risulta dai
numerosi tentativi di definirne il concetto da parte della letteratura e della comunità
internazionale
21
. Nel corso degli anni il termine è utilizzato con diverse definizioni
e ogni autore si proietta verso un proprio significato o aspetto del problema,
nonostante gli sforzi di dettare una definizione comune. Per queste ragioni
approcciare il problema della sicurezza alimentare implica entrare nel dettaglio
della definizione creatasi nel corso del tempo e degli aspetti che via via sono
coinvolti nella sua elaborazione.
La definizione di sicurezza alimentare comunemente accettata a livello
internazionale è quella elaborata al World Food Summit nel 1996
22
, la quale
descrive la sicurezza alimentare come una situazione in cui:
“tutte le persone, in ogni momento, hanno accesso fisico, sociale ed
economico ad alimenti sufficienti, sicuri e nutrienti che garantiscano le loro
necessità e preferenze alimentari per condurre una vita attiva e sana”
20
Cfr. Clay (2002).
21
Con questo termine si fa riferimento ai soggetti quali Stati, Organizzazioni Internazionali e
Organizzazioni Non Governative – NGO, che giocano un ruolo primario nel dibattito internazionale
sulla sicurezza alimentare.
22
Il World Food Summit si è svolto a Roma, Italia tra il 13 e il 17 novembre 1996. Questo ha
portato all’adozione della Dichiarazione di Roma sulla sicurezza alimentare mondiale in cui gli stati
membri hanno sottoscritto: “dichiariamo la nostra volontà politica e il nostro impegno comune e
nazionale per il raggiungimento della sicurezza alimentare per tutti e ad un continuo sforzo per
sradicare la fame in tutti i paesi, con un obbiettivo immediato di ridurre il numero delle persone
denutrite alla metà del livello attuale entro il 2015” (cfr. http://www.fao.org/wfs/index_en.htm).
19
Tale concetto si evolve negli ultimi trenta anni e riflette i cambiamenti
avvenuti nei dibattiti della comunità internazionale e le particolarità del momento
storico in cui viene data una definizione al termine “sicurezza alimentare”.
La prima definizione ha origine nella metà degli anni ‘70, quando la
Conferenza Mondiale sull’Alimentazione (1974) descrive la sicurezza alimentare in
termini di disponibilità alimentare:
“Availability at all times of adequate world food supplies of basic foodstuff
to sustain a steady expansion of food consumption and to offset fluctuations in
production and prices”
Inizialmente l’attenzione è posta sul problema della disponibilità alimentare
e nel garantire la stabilità dei prezzi dei prodotti alimentare di base a livello
internazionale (Clay 2002). La Conferenza Mondiale sull’Alimentazione ha messo
al centro dei propri interessi il deficit in termini quantitativi e l’elevato livello dei
prezzi dei beni alimentari esistente a livello internazionale. Questo approccio
implica l’autosufficienza alimentare a livello nazionale o locale
23
, argomento
utilizzato per proteggere gli agricoltori locali contro la concorrenza esterna e contro
la produzione di cash-crops.
Le questioni delle crisi alimentari a seguito degli eventi di metà degli anni
‘70
24
portano alla ridefinizione della sicurezza alimentare, che riconosce il
comportamento delle persone potenzialmente vulnerabili e maggiormente colpite
come un aspetto determinante nell’approccio al problema.
23
I sostenitori dell’autosufficienza si basano sul principio che i paesi debbano dare priorità alla
produzione agricola per soddisfare le esigenze della propria popolazione. Questo principio presenta
il difetto di concentrarsi solo sull’aspetto della produzione agricola in termini di disponibilità
alimentare e ne ignora l’accesso economico. Invece se i produttori partecipassero in modo redditizio
alla produzione di prodotti agricoli per l’esportazione e se i mercati alimentari funzionassero
correttamente, gli agricoltori potrebbero essere in grado di garantirsi un maggiore accesso
alimentare utilizzando i loro guadagni per comprare alimenti prodotti da altri. L’approccio
all’autosufficienza rinuncia ai benefici potenziali del vantaggio comparato e al commercio, che
storicamente sono stati fattori importanti per migliorare il benessere delle popolazioni in gran parte
del mondo (Staatz ed altri 2009).
24
Il verificarsi di alcune carestie (e.g. Bangladesh 1974-1975) nonostante la presenza di un’elevata
offerta alimentare, e l’assenza di benefici sulla denutrizione derivanti dai successi tecnici della
Rivoluzione Verde in Asia, fanno emergere la necessità di modificare la visione della sicurezza
alimentare in direzione di un’insufficiente domanda alimentare (Clay 2002).
20
A partire da questa esigenza nel 1983 l’analisi della FAO incentra il
dibattito sull’accesso al cibo, portando ad una definizione basata sull’equilibrio tra
domanda e offerta nell’equazione
25
della sicurezza alimentare:
“Ensuring that all people at all times have both physical and economic
access to the basic food that they need”
Questo approccio è inizialmente introdotto da Sen nel 1981 con “Poverty
and Famines: an Essay on Entitlement and Deprivation” che diffonde il concetto di
food entitlements
26
, cioè il diritto all’alimentazione da parte degli individui e delle
famiglie (Clay 2002; Kidane e altri 2006). La definizione viene rivista per includere
il livello individuale e domestico, in aggiunta a quello regionale e nazionale.
Nel 1986, l’influente rapporto della World Bank “Poverty and Hunger”
incentra il dibattito della sicurezza alimentare sulle dinamiche temporali:
“access of all people at all times to enough food for an active, healthy life”
Il rapporto introduce la distinzione tra insicurezza alimentare
27
cronica,
associata a problemi di povertà strutturale e a redditi bassi, e l’insicurezza
alimentare transitoria, che coinvolge le popolazioni in determinati periodi,
conseguenti all’intensificarsi di pressioni arrecate dalle calamità naturali, shock
economici o conflitti militari.
25
Nell’equazione della sicurezza alimentare la disponibilità di cibo riflette il lato dell’offerta, mentre
l’accesso al cibo riflette la domanda effettiva ed i prezzi dei prodotti alimentari collega i due lati
dell’equazione (Staatz ed altri 2009: 4).
26
L’idea che sta alla base di questo approccio deriva dall’osservazione del fatto che spesso gli
individui soffrono di denutrizione non a causa di un’insufficiente offerta di beni alimentari, ma
poichØ essi possiedono un controllo insufficiente sull’accesso dei beni alimentari. Questo approccio
fa riferimento a “titoli” (entitlement) sia di tipo non monetario (con rifermento alla produzione di
sussistenza, ai pagamenti in natura, alla distribuzione intrafamiliare, ecc.) sia monetario. Un
entitlement rappresenta la possibilità (il diritto) di avere accesso ad un certo paniera di beni in
un’economia di scambio. Gli entitlement di un individuo sono rappresentati dai diversi panieri di
consumo che sono legalmente raggiungibili a partire dalle dotazioni iniziali di quell’individuo, dati i
prezzi prevalenti. A seguito del lavoro di Sen (1981) la distinzione tra la disponibilità alimentare e
l’accesso alimentare viene ampiamente riconosciuta (Kidane ed altri 2006).
27
Secondo la definizione della FAO, l’insicurezza alimentare “esiste quando le persone non hanno
accesso a quantità sufficienti di cibo sicuro e nutriente, e quindi non consumano abbastanza per una
vita attiva e sana. Ciò può essere dovuto all’indisponibilità di cibo, ad insufficiente potere d'acquisto
o all'utilizzo improprio del cibo a livello familiare” (cfr. http://www.fao.org/hunger/hunger-
home/en/).