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Introduzione
Le pagine che seguono presentano una proposta didattica attuata nell’anno scolastico
2010-2011, in due classi quarte della scuola primaria di Mestrino (Padova), e finalizzata
all’acquisizione di abilità nel calcolo della misura del perimetro e dell’area di alcune
figure geometriche piane: quadrato, rettangolo, romboide, rombo, triangolo, trapezio.
Il progetto di intervento formativo si è basato sul tentativo di integrare le tecnologie
nel processo di insegnamento e di apprendimento. Il docente, cioè la scrivente, tenendo
conto del modello TPACK (Mishra & Koehler, 2006) e della sua operazionalizzazione
attraverso i tipi di attività di apprendimento (Learning Activity Types - LAT), proposto
da Harris e Hofer (2009), ha selezionato ed utilizzato le tecnologie, disponibili nel
contesto scolastico, maggiormente idonee in relazione allo specifico percorso didattico.
Tenendo presenti le componenti di base della conoscenza dell’insegnante
"Tecnologia, Pedagogia e Contenuto disciplinare" e le “relazioni dinamiche e
transazionali tra queste tre componenti” (Koehler, Mishra, & Yahya, 2007, p. 743),
sono stati individuati con precisione, per prima cosa, gli obiettivi, i contenuti e le attività
di apprendimento, in base alla realtà contestuale e formativa degli alunni e facendo
riferimento alla tassonomia dei tipi di attività di apprendimento (LAT) per la
matematica, proposta da Grandgenett, Harris e Hofer (2011), e successivamente sono
stati selezionati le risorse e gli strumenti tecnologici ritenuti adeguati da un punto di
vista pedagogico-didattico e in rapporto ai contenuti di insegnamento.
Per ogni attività di apprendimento sono stati individuati strumenti e risorse
tecnologici che avrebbero potuto sostenere l’apprendimento degli studenti di 9-10 anni e
che sarebbero stati accessibili nel contesto scolastico. Il TPACK dell’insegnante in
questo modo è stato “sviluppato autenticamente”, poiché la prima focalizzazione è
avvenuta su “contenuto e natura del curriculum degli studenti, basato sulle attività di
apprendimento”
1
(Harris, & Hofer, 2009b, p. 101) e non sui tipi di tecnologia.
Gli strumenti utilizzati sono stati: il computer con l’accesso a Internet, per la visione
di immagini geometriche nella vita reale e per la raccolta di informazioni, e con l’uso
dei software Geogebra e PowerPoint, per il lavoro su immagini geometriche piane; la
LIM per la presentazione, l’elaborazione e la condivisione delle informazioni all’interno
del gruppo.
Le attività sono state articolate a seconda dei vari livelli di conoscenza che si
intendevano sostenere: costruzione di conoscenza, espressione di conoscenza
convergente, espressione di conoscenza divergente scritta, espressione di conoscenza
visiva divergente, espressione di conoscenza concettuale divergente, espressione di
conoscenza divergente orientata al prodotto e espressione di conoscenza divergente
partecipativa (Harris & Hofer, 2009).
Tali tipi di conoscenza sono stati considerati anche in combinazione per coinvolgere
gli studenti nella costruzione di una migliore comprensione dei concetti matematici.
L’intento del progetto è stato quello di appurare se realmente quando gli insegnanti
integrano, in modo autentico, la tecnologia nelle aree della didattica quotidiana, gli
studenti diventano più interessati, coinvolti e motivati alla materia, migliorando le loro
prestazioni.
1
“By focusing first and primarily upon the content and nature of students’ curriculum-based learning
activities, teachers’ TPACK is developed authentically, rather than technocentrically, as an integral aspect
of instructional planning and implementation” (Harris, & Hofer, 2009b, p.101).
6
Proprio attraverso l’utilizzo delle tecnologie, è possibile attivare, all’interno della
scuola, conoscenze e abilità che quotidianamente vengono implicate al di fuori della
stessa, in quei contesti ricchi di cui parla Freudenthal (1994, p. 104), utili a “creare,
rinforzare, e mantenere i legami con la realtà. Tali contesti ricchi sono domini della
realtà proposta ai discenti per essere matematizzati”.
Si è voluto intenzionalmente avviare l’attività a partire da un problema reale, vicino
alle esperienze di vita, come quello della pianificazione di “un orto” nel giardino della
scuola, per favorire un ponte di collegamento tra “in e out of school” (Freudenthal,
1994, p. 54)
cioè tra le due realtà connesse alla vita di ciascun bambino, quella
scolastica e quella extrascolastica.
Nel primo capitolo di questo elaborato si analizza, alla luce delle teorie di alcuni
studiosi, la stretta relazione esistente tra i giovani e le tecnologie digitali, nelle quali
sono immersi in misura sempre maggiore, e la posizione della Scuola, agenzia educativa
cui spetterebbe la consapevolezza che i media influenzano il comportamento e i modi di
apprendere dei giovani e che modificano i modi di vivere la socialità. La Scuola si trova
nella necessità di attivare percorsi di Educazione Mediale, intesa in senso lato,
attraverso l’utilizzo, in modo efficace, dei media e delle ICT, riconoscendone il
potenziale valore educativo e formativo per l’acquisizione di una nuova dimensione di
competenza e per ottenere un cambiamento nelle coscienze e conoscenze degli alunni,
futuri cittadini.
Per tale motivo, si prendono inizialmente in considerazione gli attori coinvolti nel
processo di insegnamento-apprendimento, alunni e docenti, in relazione ai media
digitali, per passare poi ad un’analisi di tre modelli concettuali per l’integrazione dei
media e delle ICT nell’insegnamento, soffermandosi sul modello del TPACK di Mishra
e Koehler (2006). In seguito viene esaminata l’attuale situazione italiana in relazione
alle tecnologie, vecchie e nuove, presenti nelle scuole, con un particolare
approfondimento dell’ultima tecnologia introdotta nel contesto scolastico, la LIM,
analizzandone le potenzialità e le funzionalità.
Nel secondo capitolo è presentato il progetto di ricerca didattica sviluppato
nell’ambito della geometria, di cui si descrivono gli scopi, i contenuti, gli obiettivi
generali e specifici, i tipi di attività, la metodologia e gli strumenti e le tecnologie
utilizzate per articolare il percorso nel rispetto della maturazione cognitiva degli alunni.
L’attuazione dell’intervento è esaminata seguendo il “diario di bordo” dell’insegnante,
sviluppato parallelamente all’intervento stesso.
Il progetto realizzato, attraverso l’uso delle tecnologie appropriate ai diversi tipi di
attività, ha inteso sviluppare negli studenti: la costruzione di conoscenze di tipo
prettamente matematico; un incremento di abilità utilizzabili direttamente nella
soluzione di problemi di matematica nel contesto reale; una certa consapevolezza dei
propri ragionamenti di matematica; la comprensione del legame esistente tra la
matematica scolastica e la matematica extrascolastica presente nella vita di tutti i giorni;
la formazione di un positivo atteggiamento di apertura verso il conoscere, basato sul
rafforzamento e mantenimento della motivazione, e di coinvolgimento nell’approccio
alla disciplina; l’acquisizione di nuove competenze nell’ambito delle ICT; il
potenziamento di nuove strategie comunicative con l’ausilio delle ICT.
Viene spontaneo richiamare, a proposito di “atteggiamento positivo”, gli
insegnamenti di Edgar Morin nel suo La testa ben fatta: “una testa ben fatta significa
che, invece di accumulare il sapere, è molto più importante disporre, allo stesso tempo,
di un’attitudine generale a porre e a trattare i problemi e di principi organizzatori che
7
permettano di collegare i saperi e di dare loro senso”. Quindi, “una testa ben fatta è una
testa atta a organizzare le conoscenze così da evitare la loro sterile accumulazione”
(Morin, 2000, pp. 15 e 18).
Uno degli intenti di questo percorso didattico è stato proprio quello di non
accumulare conoscenze mnemoniche e tra loro isolate, ma di stimolare la curiosità, la
voglia e la gioia di apprendere, in modo globale e non settorializzato, conoscenze
collegate tra loro e alla realtà, nell’ottica di migliorare il livello di motivazione e
coinvolgimento degli alunni.
Per quanto riguarda la motivazione essa è stata tenuta in considerazione durante tutto
il percorso. Partendo dalla definizione di Boscolo (1997, p. 130) – che vede la
motivazione come “pattern organizzato di tre funzioni psicologiche che servono a
dirigere, attivare e regolare l’attività rivolta ad un obiettivo: gli obiettivi personali, i
processi emozionali, le convinzioni dell’individuo circa la propria capacità di agire per
raggiungere un determinato obiettivo” – e intendendola anche come consenso sociale,
dimostrazione di essere bravi, soddisfazione dei propri miglioramenti e della facilità con
la quale si portano a termine i compiti affidati (D’Amore & Fandino Pinilla, 2006, p.
659), si è voluta considerare la dimensione motivazionale degli allievi come una
complessità in cui si integrano tre diversi filoni di ricerca: quelli relativi alla social
cognition, che considera la motivazione come rappresentazione che stimola l’individuo
a raggiungere un obiettivo attraente; quelli relativi agli “aspetti energetici” della
motivazione, come “fattori che attivano il comportamento dell’individuo verso oggetti o
attività che lo attraggono e a cui attribuisce un valore” sostenuti dalle motivazioni
intrinseche e interesse; infine quelli relativi all’autoregolazione dell’apprendimento, in
cui rientra l’uso di “strategie metacognitive e motivazionali” per raggiungere obiettivi di
apprendimento e di riuscita (Boscolo, 2004, pp. 81-82).
Alla fine del secondo capitolo si analizzano i risultati formativi ottenuti sia dal punto
di vista dell’insegnante sia dal punto di vista degli alunni, esaminando il percorso
didattico nel suo complesso, le verifiche oggettive e i questionari che sono stati
somministrati agli studenti e ai loro genitori, in entrambe le classi, per poter valutare
l’efficacia del percorso didattico teso a integrare le tecnologie nel processo di
insegnamento-apprendimento della geometria.
Nel terzo e ultimo capitolo dell’elaborato, tenendo presente sempre il doppio punto
di vista, del docente e degli alunni, si mettono in evidenza i punti di forza e le criticità
del percorso didattico e si individuano delle prospettive di sviluppo futuro per
l’innovazione della Scuola 2.0.
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Capitolo 1. Nella società dei media
“I media e le ICT non sono solo strumenti:
sono cultura, e sono la cultura
in cui i giovani di oggi vivono,
costruiscono e scambiano significati”
(Ardizzone & Rivoltella, 2008, p. VIII).
1.1. Media digitali e educazione
La vita di tutti i giorni è letteralmente invasa dalle tecnologie digitali, sempre meno
costose e sempre più piccole nel rispetto della accessibilità economica e della
portabilità. Tutti noi quotidianamente e più volte al giorno, nel tempo libero e in ambito
lavorativo, ricorriamo all’uso del computer, internet e tv per divertimento o per ottenere
informazioni, dei cellulari per comunicare con le persone care, con gli amici e colleghi,
ma anche per giocare e per fare fotografie, dei lettori mp3 per ascoltare la musica, dei
navigatori satellitari per raggiungere luoghi di svago o di lavoro, e così via.
Tutti noi, adulti e giovani, stiamo modificando le nostre pratiche di consumo
attraverso l’utilizzo dei media digitali all’interno di un sistema mediale che favorisce e
garantisce la reciprocità e l’integrazione dei vari ambienti in cui ci troviamo ad operare
ed interagire.
La Commissione Europea sostiene che, com’è vero che “i media restano fattori
determinanti per dar modo ai cittadini europei di comprendere meglio il mondo e
partecipare alla vita democratica e culturale, è vero anche che il loro consumo sta
cambiando. La mobilità, la comunicazione generata dall’utente, Internet e il boom nella
disponibilità di prodotti digitali stanno radicalmente trasformando l'economia dei
media” (European Commission, 2007, p. 1).
I soggetti, quindi, immersi nella tecnologia, vivono un nuovo genere di socialità,
autorialità e mobilità grazie ai media digitali che diventano l’hub di mutamento della
cultura, della formazione e dell’essere cittadini.
Nell’ultimo Rapporto Censis del 2011 è riportata un’analisi approfondita
relativamente alla “dieta mediatica” degli italiani che utilizzano più media nelle loro
relazioni quotidiane. “Il concetto di ‘dieta mediatica’ indica il fitto sistema di relazioni e
interazioni che si determinano in ciascun soggetto in base alla sua capacità di orientarsi
nel mondo, non solo grazie all’impiego di un numero più o meno ampio di media, ma
anche in base alla qualità intrinseca dei mezzi di comunicazione usati in prevalenza.
Negli ultimi anni le diete mediatiche degli italiani hanno subito notevoli trasformazioni.
Si è verificata la crescita dei “digitali” (fino al 48% del 2011), ma solo a discapito dei
“lettori” (scesi nel 2011 al 23,3%). Una metà del Paese ha dunque compiuto stabilmente
il salto oltre la soglia del digital divide” (Censis/Ucsi, 2011, pp. 3-4). Soprattutto i
ragazzi, pur facendo uso di più mezzi di comunicazione, audiovisivi e mezzi a stampa
compresi, dimostrano di preferire di gran lunga quelli digitali.
Non è trascurabile il dato che circa il 92% dei giovani (dai 14 ai 29 anni) conosce i
social network (Facebook, Twitter, Messenger, YouTube, fino a Skype) e l’88% li usa.
La maggioranza dei giovani, il 38% circa, fa uso di Internet quotidianamente,
direttamente o indirettamente, per “trovare strade e località”. Il web è molto utilizzato
anche per ascoltare musica e svolgere operazioni di home banking (Censis/Ucsi, 2011,
pp. 10-11).
10
Nel 2010, Caffo e Fara, nella presentazione della Indagine conoscitiva sulla
condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, hanno sottolineato come la vita dei
bambini e degli adolescenti sia molto cambiata “in relazione alla massiva presenza dei
nuovi strumenti tecnologici e di comunicazione” (Eurispes & TelefonoAzzurro, 2010, p.
3).
I new media e le nuove tecnologie sono familiari ai bambini e ai ragazzi che li
incontrano sempre prima nella loro vita e imparano ad usarli facilmente e rapidamente;
“pc e Internet sono sempre più presenti nelle case delle famiglie, i cellulari sono oggetti
di uso quotidiano. I ‘nativi digitali’ sono naturalmente votati a condividere la
quotidianità con le tecnologie. I media digitali stanno profondamente modificando il
modo in cui bambini e adolescenti pensano, apprendono, parlano ed esprimono le
proprie emozioni. Cambiano le modalità comunicative e il linguaggio” (Eurispes &
Telefono Azzurro, 2010, p. 5). I bambini e i giovani navigano nel web e fanno uso delle
apparecchiature elettroniche molte ore al giorno e prevalentemente da soli.
Il 62% dei bambini e l’85% degli adolescenti possiede un cellulare utilizzato non
solo per telefonare ma anche per navigare nel web, ascoltare musica e fare fotografie o
filmati.
I giovani pertanto si rapportano quotidianamente con il digitale, utilizzando
computer, cellulari, lettori MP3, …, impegnando “tutte le intelligenze, non solo la
forma di intelligenza consacrata da una tradizione culturale eccessivamente centrata
sull’esclusività della lingua scritta, ma anche le altre forme di intelligenza: la poesia
delle parole, la forza d’urto dei significanti (e la debolezza dei significati), l’estetica
(intesa propriamente come ‘forma di conoscenza’) dei suoni e delle immagini, le
prerogative del corpo, le dinamiche delle azioni” (Maragliano, 1999). Attraverso questo
rapporto con il digitale il giovane può “recuperare quella capacità di associare,
integrare, insomma ‘tessere’, e quindi rivedere continuamente le sue posizioni e i suoi
assunti” sviluppando creatività e “intelligenza mobile, fluida, discorsiva, dialogica
(richiesta, oggi, anche dal mercato!)” (Maragliano, 1999).
Tutti noi adulti, pertanto, dobbiamo rispondere ad una nuova sfida sociale,
fronteggiando con una strategia collettiva l’espansione delle nuove tecnologie digitali e
la nascita di nuovi bisogni nei bambini e negli adolescenti che rappresentano il nostro
futuro. I media stanno cambiano il modo di vivere, di relazionarsi e di comunicare delle
persone: fanno cultura. Considerato che i più grandi consumatori della cultura mediale
sono i bambini e i giovani è conseguenza ragionevole che la Scuola e gli Enti preposti
alla formazione si attivino a strutturare percorsi che contemplino l’Educazione Mediale
per rispondere ai nuovi bisogni educativi delle nuove generazioni. L’impegno deve
essere combinato e concepito attraverso un piano di azioni educative e formative a più
livelli, per poter offrire competenze di partecipazione consapevole e attiva relativamente
alle scelte relazionali e comunicative che si propongono nella vita di tutti i giorni.
È bene, prima di tutto, soffermarsi sui singoli termini che compongono il sintagma
“Educazione mediale”. Il termine “media” indica il complesso dei mezzi di
comunicazione di massa tradizionali (giornali quotidiani e periodici, radio, televisione,
cinema, fotografia, ecc.) e legati alle moderne tecnologie della telecomunicazione
(internet, cellulare, ecc.). Media, plurale di medium, significa stare nel mezzo tra coloro
che comunicano, quando si tratti di comunicazione non interpersonale ma, appunto,
mediata. Il termine “educazione”, derivando dal latino ex-ducere ha il significato di
portare fuori e liberare e indica, quindi, il processo attraverso cui il soggetto sviluppa
qualità e competenze che sono potenzialmente dentro di sé acquisendo simultaneamente
11
regole di comportamento condivise socialmente.
Con il termine Media Education, l’Unesco intende un lavoro programmatico
tendente a promuovere “la consapevolezza e il dibattito sugli effetti dei media sulla
società e il loro ruolo all’interno di essa, cercando modi nuovi in cui le persone,
attraverso i media, possano migliorare la loro partecipazione alla vita politica e culturale
della comunità”. In particolare, la Media Education “deve mirare a sviluppare l’accesso
dei giovani ai media e alla comprensione e valutazione critica dei media” (UNESCO,
2007).
Secondo Rivoltella (2001, p. 13), la Media Education interpella l’educazione nei tre
sensi: alfabetico, metodologico e critico, inquadrandosi come “campo disciplinare nella
zona di intersezione tra le scienze dell’educazione (didattica in particolare) e le scienze
della comunicazione (sociologia della comunicazione e della semiotica)”. Perciò egli la
intende “come quel particolare ambito delle scienze dell’educazione e del lavoro
educativo che consiste nel produrre riflessione e strategie operative in ordine ai media
intesi come risorsa integrale per l’intervento formativo” (Rivoltella, 2001, p. 37).
Galliani sostiene quanto sia “operazione impossibile quella di ricondurre sotto
un’unica etichetta disciplinare di ‘Media Education’ teorie e pratiche storicamente
consolidate” che spaziano tra ‘educazione ai media’, ‘educazione con i media’ e
‘educazione attraverso i media’ secondo diversi paradigmi scientifici e pedagogici,
quello semiologico, quello tecnologico e quello espressivo, che considerano centrale,
rispettivamente, la conoscenza del linguaggio, l’uso delle diverse tecniche nei processi
di insegnamento-apprendimento e una “soluzione nell’azione didattica di lettura-
scrittura, nella comunicazione educativa mediatizzata che è allo stesso tempo
conoscenza critica dei linguaggi mediali contestualizzati socialmente, uso dei media
tecnologici nello studio-apprendimento individuale e collaborativo dei saperi, forma
espressivo-artistica originale di comunicazione tecnologica e sociale”. Galliani
sottolinea che i temi dell’interattività e della multimedialità sono “indicatori di qualità
di una nuova ‘educazione ai/con/attraverso i media’ nel senso di dare vita ad ambienti
formativi determinati dall’uso integrato di tecnologie dell’informazione e della
comunicazione” (Galliani, 2002a, p. 571).
Per tale motivo è preferibile l’espressione “Educazione Mediale”, che intende
perseguire all’interno della scuola, attraverso specifici percorsi strutturati, le finalità di
acquisizione di conoscenze e abilità riconducibili ad una nuova dimensione di
competenza, la “competenza mediale”, che permetta alle nuove generazioni di saper
comprendere criticamente e misurarsi con il mondo dei media e di saper realizzare loro
stessi nuove possibilità di espressione e comunicazione nell’ottica della partecipazione
attiva.
Per acquisire conoscenza e competenza mediale è necessario percorrere il cammino
anche attraverso una “alfabetizzazione nell’ambito dei media” (Rivoltella, 2001, p. 37),
cioè l’apprendimento dei linguaggi utilizzati dai media. Tale apprendimento è definito
anche media literacy ed è inteso come l’insieme di conoscenze e competenze sui media
che implicano il saper leggere e scrivere i media.
Come sopra accennato, Galliani (2002a, pp. 568-569) precisa che “la dicotomia
‘educazione ai media/educazione con i media’, ovvero paradigma semiotico-ideologico
versus paradigma tecnologico-funzionalista, trova soluzione nell’azione didattica di
lettura-scrittura, cioè nella comunicazione mediatizzata (attraverso i media)", che
include contemporaneamente una conoscenza critica dei linguaggi mediali nel contesto
sociale, l'uso dei media tecnologici nelle attività di studio dei saperi e il profilo di una
12
comunicazione tecnologica e sociale. Galliani sottolinea che in Italia, da circa
quarant’anni, diversi studiosi hanno sostenuto esperienze associazionistiche e iniziative
di regioni ed Enti Locali che si sono occupati di educazione mass-mediale e dell’uso
delle nuove tecnologie della comunicazione (Galliani, 2002a, p. 575), ponendosi così in
dialettica costruttiva con gli studiosi anglo-americani che si sono occupati di media
literacy. Questo dimostra quanto interesse sia stato riservato ai media intesi come
strumenti e mezzi sia per comunicare e trasferire contenuti, sia per negoziare significati
e costruire conoscenza mediata (Ardizzone & Rivoltella, 2008, pp. 3-4).
La Commissione Europea definisce la media literacy come “la capacità di accedere
ai media, di comprendere e valutare criticamente diversi aspetti dei media e dei loro
contenuti e creare comunicazioni in una varietà di contesti. I mass media sono i media
in grado di raggiungere un vasto pubblico tramite diversi canali di distribuzione. I
messaggi dei media sono contenuti informativi e creativi inclusi in testi, suoni e
immagini veicolati da diverse forme di comunicazione, tra cui la televisione, il cinema, i
video, i siti web, la radio, i videogiochi e le comunità virtuali” (European Commission,
2007, p. 3).
Si sollecitano pertanto le “autorità nazionali verso la responsabilità di includere
l’alfabetizzazione mediale nel curriculum scolastico a tutti i livelli” (European
Commission, 2007, p. 6) e verso la strutturazione e l’avvio di “progetti di ricerca
sull’alfabetizzazione mediale” (European Commission, 2009, p. 5), per giungere a
conoscere le diverse forme di messaggi mediatici (video, immagini, testi, suoni, siti
web), per comprendere e valutare criticamente l’azione dei media, per diventare soggetti
più competenti nella dimensione dell’inclusività di cittadini inseriti nell’odierna società
dell’informazione, poiché solo partecipando attivamente alla vita della comunità, anche
attraverso una competenza mediale, si realizza il vivere democratico del soggetto che sa
“dare un senso al flusso quotidiano di informazioni diffuse tramite le nuove tecnologie
di comunicazione” (European Commission, 2009, p. 4).
Riteniamo quindi fondamentale che la scuola e le sue risorse umane si dimostrino
disponibili e adeguatamente formate per poter strutturare percorsi che prevedano
l’integrazione delle tecnologie nei processi di insegnamento e di apprendimento.
All’interno della scuola, come sostengono Ardizzone e Rivoltella (2008, pp. 5-6), i
media e le tecnologie incrociano l’educazione e la didattica ricavando un doppio spazio
interconnesso, quello dell’educazione ai/attraverso i media e quello della didattica con
l’uso dei media e dei loro prodotti, tecnologie educative e didattiche, a supporto
dell’insegnamento e dell’apprendimento. Mentre i media sono stati subito percepiti
come educativi, perché dotati di contenuto, le tecnologie hanno dovuto aspettare che
l’uso, da parte dei soggetti, le “riempisse di contenuti e comportamenti” per consentire
di “sostenere o integrare metodologie di insegnamento e apprendimento” (Ardizzone &
Rivoltella, 2008, pp. 6-7).
Giannatelli (2011a), in linea con Galliani (2002b, p. 648), individua nell’educazione
mediale una doppia dimensione costituita da “l’educazione con i media, considerati
come strumenti da utilizzare nei processi didattici e come parte dell’esperienza che gli
alunni devono fare con i media (hands on…), e l’educazione ai media, che si riferisce
piuttosto alla comprensione critica dei testi e del sistema dei media, intesi non solo
come strumento ma linguaggio e cultura” (Giannatelli, 2011a, p. 2).
Galliani (2002a, p. 575) sottolinea il valore profondo delle molte proposte ed
esperienze italiane, relativamente all’educazione mass-mediale e all’uso delle nuove
tecnologie della comunicazione, che hanno permesso di “trasformare i media da oggetti
13
di lettura in strumenti di scrittura e lettura insieme, da comunicati (artistici, politici,
pubblicitari ecc.) di altri, in espressione e comunicazione del soggetto, della persona,
del gruppo sociale” (Galliani, 2002b, p. 648). Galliani individua, inoltre, all’interno
della scuola, i tre paradigmi della comunicazione mediatizzata: il paradigma trasmissivo
nei processi di insegnamento-apprendimento “con i media”; il paradigma interazionista
che pone al centro dell’esperienza educativa-formativa “ai media” il rapporto
interpersonale del soggetto che è in relazione con altri soggetti; il paradigma
costruttivista, fondato sul costruttivismo sociale, che sottolinea la natura collaborativa e
cooperativa della produzione di conoscenza all’interno delle comunità di apprendimento
(Galliani, 2002b, pp. 643-649).
All’interno di questi paradigmi, secondo Ardizzone e Rivoltella (2008), vanno
cercate le ragioni che “giustificano l’integrazione dell’Education Technology nella
scuola”, nella quale si “identifica tanto la disciplina che si occupa di studiare le
applicazioni educative della tecnologia, quanto i metodi e gli strumenti operativi
attraverso i quali tali applicazioni vengono svolte”. Nell’Education Technology viene
inquadrato “in sé tanto il momento educativo che quello didattico”, riconoscendo come
tecnologie l’insieme delle risorse educative/didattiche, metodi e strumenti, informatici
oppure no, di cui l’insegnante si può servire nel proprio lavoro a scuola” a supporto
dell’istruzione e dell’apprendimento (Ardizzone & Rivoltella, 2008, pp. 13-15).
Le tecnologie che hanno segnato un cambiamento nella scuola, alla fine degli anni
Novanta del secolo scorso, sono state quelle informatiche e telematiche che hanno
valorizzato il focus dell’insegnamento interattivo basato sulla “centralità dello studente,
sulla personalizzazione dei contenuti, sul valore della costruzione e della scoperta per
suscitare apprendimenti significativi”, permettendo di realizzare in classe attività di
rappresentazione, di comunicazione, di condivisione e di costruzione (Ardizzone &
Rivoltella, 2008, pp. 16-17).
Rivoltella (2001, p. 54), inoltre, sostiene che l’Educazione con la/alla multimedialità
è la versione aggiornata dell’educazione con i media poiché i media digitali sono in
continua e veloce evoluzione tecnologica. Essi assumono sempre più le caratteristiche
della portabilità (sempre più piccoli e meno costosi), della personalizzazione
(accompagnano e sostengono il soggetto in ogni sua azione pubblica e privata),
dell’autorialità (permettono al soggetto di produrre oggetti multimediali e di pubblicarli
nell’ottica della condivisione sociale) e del multitasking (offrono la possibilità di
svolgere diverse attività contemporaneamente).
Questi presupposti dovrebbero consentire di sviluppare precorsi trasversali, centrati
sul soggetto, in cui tutta la sfera dell’educazione diventa media-educazione, nel senso
sociale insito nella tecnologia attuale molto personalizzata. Tali percorsi dovrebbero
riuscire ad aiutare i giovani a comprendere le potenzialità esistenti nell’uso degli
strumenti digitali, attraverso i quali si modifica il proprio ambiente di vita e si
sviluppano delle vere e proprie culture.
Il soggetto deve essere in grado di saper vivere dentro di sé, in modo corretto, le
capacità di essere egli stesso, anche solo con un cellulare o un computer, una possibile
centrale multimediale che accede ai servizi multimodali. Soggetto che sappia non solo
leggere criticamente i messaggi che lo circondano nei vari contesti, scolastici ed
extrascolastici, ma che sappia anche scriverne, in modo creativo e responsabile, per
contrastare la passività acritica, a favore dell’indipendenza mentale dalle informazioni
veicolate dai media.
14
Maragliano afferma che “il giovane si trova meglio nel multimediale che nel
monomediale, il sistema dei media gli dà più soddisfazione del libro, gli piace perché ci
sguazza dentro, perché gli tiene occupate zone corporee e mentali più estese di quelle
occupate dalla lettura, l’apprendimento multimediale opera per immersione,
l’apprendimento monomediale opera per astrazione” (Maragliano, 1998, pp. 19-20).
Ancora Maragliano, nel suo intervento a un Convegno a Bologna nel 1999, aggiunge
che quando il bambino, nell’ambiente del videogioco, si trova di fronte ad una
situazione problematica “si immerge nella situazione, si proietta in essa, la vive, e così
facendo sviluppa un’intelligenza di tipo tattile, empirico (l’intelligenza ‘operatoria
concreta’ del buon Piaget, da intendersi come una prerogativa del pensiero ‘libero’,
‘intuitivo’, ‘contestuale’). Così ‘lavorando’ il bambino trova il più delle volte la via di
uscita, il bambino che gioca si mette sempre in gioco, la multimedialità (quella ‘buona’)
ti mette in gioco, mette in gioco la tua visione del mondo, del mondo della conoscenza:
‘tira fuori’ il tuo mondo interno” (Maragliano, 1999).
L’educazione alla multimedialità è sollecitata, per la sua valenza culturale, anche dal
Ministero della Pubblica Istruzione. Quest’ultimo, infatti, afferma che la
“multimedialità non può essere considerata solo in chiave di procedure e di strumenti
tecnici, costituendo essa stessa una dimensione culturale dalla quale non si può
prescindere sin dall'inizio, nel processo di costruzione dell’uomo, del cittadino e del
lavoratore” (MIUR, 1997a). Pertanto il sistema scolastico deve sviluppare e realizzare
un programma per una multimedialità che sappia “incidere sulla struttura dei processi di
insegnamento e di apprendimento” attraverso la realizzazione di tre obiettivi:
educazione degli studenti alla multimedialità, miglioramento dell’efficacia
dell’insegnamento e dell’apprendimento tramite l’uso delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione, miglioramento della professionalità dei
docenti che sviluppano padronanza delle tecnologie didattiche.
Sottolineando quindi la valenza culturale di una tale educazione, si evidenzia che
essa è in stretto rapporto con il vivere quotidiano e che solo coltivandola nella vita di
tutti i giorni sarà possibile, come afferma Chioccariello (2000, p. 39) “innovare il
sistema educativo con la multimedialità”.
Il sistema scolastico può agganciarsi al sistema della multimedialità, imparando a far
uso di altri apparati simbolici oltre il testo stampato (parola scritta e immagine statica),
affiancando agli strumenti didattici classici (penna, carta, lavagna, gessetti, ecc.) quelli
dei nuovi media digitali (computer, LIM, e-book, ecc.) per poter collegare ciò che si
apprende fuori dalla scuola con ciò che si apprende dentro di essa.
1.1.1. New media education
“… un importante obiettivo educativo,
almeno della scuola dell’obbligo, sia quello di
insegnare ai ragazzi ad interpretare anche criticamente
la realtà in cui sono immersi, a capirne codici e messaggi,
per non restarne esclusi o fuorviati” (Bonotto, 2007, p. 64).
È idea condivisa tra gli studiosi, e anche secondo uno dei maggiori teorici della
Media Education, Len Masterman (Rivoltella, 2001, p. 20; Giannatelli, 2001, p. 289),
che i media stiano entrando in maniera pervasiva nella vita dei giovani influenzandone
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coscienze e conoscenze, plasmandone la mentalità. Inoltre, si riconosce che “la
digitalizzazione e l’informatizzazione hanno investito il mondo della comunicazione
mediata, innescando spinte al mutamento che interessano tutto il campo dei media”
(Ardizzone & Rivoltella, 2008, p. 18) all’interno della convergenza digitale. Per questo
motivo l’istituzione scolastica non può evitare di proporre risposte a questo nuovo
genere di “potere” attraverso percorsi di educazione con/ai/attraverso i media per
formare il cittadino del futuro, affinché egli sia capace di avvalersi delle nuove
tecnologie digitali in modo consapevole, critico e libero, e sia in grado di sfruttarne le
potenziali opportunità di utilizzo in modo multiforme e personalizzato, a seconda delle
sue esigenze.
Ardizzone e Rivoltella (2008, p. 19) sostengono che “la doppia istanza, di carattere
tecnologico (il nuovo paradigma dei media preparato dalla convergenza digitale) e
pedagogico (il riemergere della preoccupazione educativa a margine delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione), spinge al superamento della differenza tra
Media Education ed Education Technology” verso il nuovo “framework concettuale
della New Media Education”. Il nuovo paradigma dei media offre delle nuove
opportunità all’educazione e alla didattica come: “nuove forme di scambio e di
condivisione (blog e strumenti del Web 2.0); possibilità di estendere il contesto
educativo oltre i limiti delle situazioni educative formalizzate (messaggi on line e
podcasting); nuove possibilità di lavoro cooperativo, di condivisione delle competenze;
attivazione degli studenti, il loro coinvolgimento in funzione di un’appropriazione
personale dei contenuti” (Ardizzone & Rivoltella 2008, p. 20).
Spesso nella Scuola accade che si tenda a far prevalere la dimensione strumentale
introducendo i media e le tecnologie come dispositivi a supporto della didattica.
Bisogna invece tener conto della loro forte potenzialità nell’apportare cambiamenti
profondi all’interno dell’ambiente scolastico e negli apprendimenti. I media e le ICT
non sono solo strumenti, sono cultura dentro cui i giovani di oggi vivono, costruiscono e
scambiano significati.
La Scuola non può mancare di essere presente dentro questa cultura con la sua
propria capacità formativa e culturale. Una formazione di base che possa garantire
anche un superamento del digital divide che, nell’ultimo rapporto Censis/Ucsi (2011, p.
4), già nominato, viene riportato al 48%, già in attenuazione rispetto alle ultime
indagini. Attraverso la formazione di base è possibile puntare al raggiungimento di
competenze di alfabetizzazione, relativamente ai nuovi linguaggi, che si affiancano oggi
a quelli tradizionali, per garantire la possibilità di comunicare e interagire nel e con il
proprio tempo.
L’opportunità di utilizzo dei media e delle tecnologie nella scuola può favorire lo
sviluppo di percorsi di “facilitazione e personalizzazione degli apprendimenti”,
attraverso la “disponibilità di tool operativi e di ambienti di apprendimento, di strumenti
per la comunicazione e gestione della conoscenza, di tecnologie per la collaborazione e
il lavoro individuale” in cui “la didattica viene chiamata a consolidare i suoi
convincimenti pedagogici e allo stesso tempo viene spinta a sperimentare tecniche e
strategie” (Ardizzone & Rivoltella, 2008, p. 25).
Nell’utilizzo della LIM (Lavagna Interattiva Multimediale), per esempio, il
“computer è mediato dall’azione del docente nell’ambito di una relazione educativa”
che vede, in compresenza, insegnante e alunni nella “condivisione di una grande
superficie di interazione” (Tosi, 2010, pp. 1-2). Un tale setting tecnologico permette
l’accesso a una realtà esterna alla classe, rendendo possibile visualizzare e analizzare
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informazioni, documenti e testimonianze in una superficie interattiva di lavoro anziché
esclusivamente su riproduzioni cartacee o attraverso racconti verbali. La convergenza
digitale, consentita dal software didattico, consentendo di utilizzare in formato digitale
diverse risorse, tramite software, “permette di utilizzare in classe contenuti che prima
richiedevano strumentazioni specifiche e ambienti dedicati” (Tosi, 2010, p. 21).
Per questo motivo i media e le tecnologie dell’informazione e della comunicazione
hanno potenzialmente la forza di abbattere il gap esistente fra scuola ed extra-scuola,
visto da Freudenthal nella relazione tra “in e out of school”. Essi permettono la
realizzazione di attività concretizzate attraverso la strutturazione di un “contesto ricco”
(Freudenthal, 1994, pp. 53-54) come quello a cui si riferisce il matematico ed educatore.
Riferendosi alla matematica, Freudenthal vede l’apprendimento come un insieme di
passi verso la costruzione di procedure conoscitive e di algoritmi di calcolo, e l’attività
del matematizzare si realizza sostanzialmente quando il soggetto si appropria delle idee
e delle strutture re-inventandole in modo attivo (Freudenthal, 1994, pp. 72-76).
L’alunno non deve ricevere un accumulo di nozioni, ma deve costruire da sé le proprie
conoscenze, deve “re-reinventare qualcosa che per lui è nuovo, ma che è ben conosciuto
da chi guida” (Freudenthal, 1994, p. 75). Attraverso questa “matematica dentro la
realtà”, il soggetto fa proprie le conoscenze, se ne impadronisce intellettualmente,
nell’ambito della sua educazione globale. Tutto ciò avviene portando dentro la scuola
ciò che di solito sta fuori di essa, per cercare di esperire azioni di vita quotidiana,
informale, all’interno del gruppo di coetanei nell’istituzione scolastica, formale. In
questa connessione tra formale e informale, è necessario che gli educatori-formatori
tengano conto che “il tempo della scuola non compete con la velocità del tempo dei
media” (Ardizzone & Rivoltella, 2008, p. 26). Essi devono quindi impegnarsi a tenere
d’occhio l’incessante e veloce evoluzione dei media per poterla seguire e conoscere.
Proponendo percorsi di New Media Education per realizzare ricerche, confrontare
aspetti culturali e interculturali, raccogliere informazioni sull’attualità, riflettere e meta-
riflettere sui media e sulla comunicazione di massa si può educare alla cittadinanza
democratica e realizzare quanto sostenuto dalla Commissione Europea (2009, pp. 2-4),
che sollecita da parte degli Stati membri la formazione di “cittadini attivi nell’odierna
società dell’informazione”, capaci di “compiere scelte informate e diversificate in veste
di consumatori di media”, attraverso lo sviluppo di “competenze analitiche che
favoriscano una migliore comprensione intellettuale ed emotiva dei media digitali”. La
Commissione esprime la convinzione che la “democrazia dipende dalla partecipazione
attiva dei cittadini alla vita della comunità” e che “l’alfabetizzazione mediatica fornisce
le competenze di cui hanno bisogno per dare un senso al flusso quotidiano di
informazioni diffuse tramite le nuove tecnologie di comunicazione”.
Secondo Ardizzone e Rivoltella (2008, pp. 33-34), la cittadinanza attiva è garantita
dalla possibilità di accesso, all’interno dell’istituzione scolastica, alle risorse mediali e
tecnologiche, che consenta l’acquisizione di capacità critica nei loro riguardi,
assumendo e sostenendo posizioni proprie ma aperte al confronto con gli altri, e che
faciliti la possibilità di partecipazione dinamica alla società attraverso la produzione di
comunicazione mediale.
Maragliano aggiunge che la scuola è il luogo adatto perché avvenga l’incontro dei
due modelli di apprendimento per astrazione e per immersione, cui si è già accennato
nel precedente paragrafo. L’apprendimento monomediale, che opera per astrazione e si
riferisce all’ambiente “gutenberghiano”, a scuola può realmente incontrare
l’apprendimento multimediale, che opera per immersione coinvolgendo le capacità