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1. INTRODUZIONE
E’ uno dei momenti attesi con più trepidazione: dopo nove mesi di gravidanza
finalmente hai tra le braccia il tuo piccolino e cerchi di attaccarlo al seno..ma qualcosa
non funziona!
Fai qualche tentativo, speri che tutto vada per il meglio, eppure, invece di entrare in quel
periodo idilliaco di cui tante donne raccontano estasiate, tu senti stanchezza, dolore e
disperazione. Cosa succede?
L'allattamento materno è il processo con il quale una femmina di mammifero nutre il
proprio cucciolo dalla nascita, e durante il primo periodo di vita, attraverso la
produzione e l'emissione del latte materno dalla mammella (lattazione), grazie alla
suzione diretta, da parte del cucciolo, dal capezzolo della madre.
Questa pratica risulta essere il modo naturale per nutrire e accudire il figlio nel periodo
iniziale di vita ed è una delle caratteristiche fondamentali di tutti i mammiferi, fra i quali
l’ Homo sapiens.
Qualcosa però, ad un certo punto, per gli esseri umani, è cambiato:
nelle società più civilizzate, allattare è considerato un comportamento primitivo,
associato alle popolazioni più povere del mondo ed agli altri animali.
Le cause principali di questo sconvolgimento nel modo di accudire la prole sono
fondamentalmente tre:
la necessità delle donne, a partire dalla metà del XIX secolo, di allontanarsi dal
neonato per lavorare nelle fabbriche. La nutrizione del piccolo viene delegata ad
altre figure quali nonni o badanti: da qui la necessità del biberon;
la produzione di massa di sostituti del latte materno, che non vengono venduti
come ‘la migliore alternativa’ in caso di necessità, ma come la soluzione a
presunti problemi delle neomamme;
Il potere sempre più grande acquisito dai medici che, forti delle loro
‘conoscenze scientifiche’ si sono pian piano appropriati delle competenze delle
madri, defraudate di conseguenza della loro capacità di accudire il piccolo e
relegate al ruolo di ‘incapaci’, bisognose di essere guidate in tutto e per tutto,
dalla scelta dell’alimentazione, alla gestione del sonno e così via.
In seguito a questi eventi il valore del “latte materno” è stato spesso screditato da falsi
miti, fra i quali “Il tuo latte non è abbastanza nutriente” ed altre affermazioni totalmente
prive di fondamento.
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Intorno all’allattamento sono sorti pregiudizi e luoghi comuni che
condizionano pesantemente la scelta della donna: allattare stanca, il seno si rovina, il
bambino monopolizza il tempo e lo spazio della madre.
Tutto ciò ha reso tale pratica, così naturale, apparentemente incompatibile con la vita
moderna.
Le conseguenze di tale drastico cambiamento nel modo di alimentare i bambini non
riguardano solo la loro salute e la mera nutrizione , al contrario coinvolgono la sfera
psico-emotiva dei bambini stessi e delle loro mamme, ed il loro benessere generale.
Sempre più donne non riescono ad allattare, e non per cause organiche.
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Dal mancato allattamento possono nascere molte insicurezze, soprattutto riguardanti le
capacità di accudimento del proprio bebè, con possibili conseguenze negative sulla
futura relazione e sul proprio benessere personale.
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Fortunatamente, negli ultimi anni, si sta facendo strada un movimento che sostiene
l’allattamento, formato da associazioni nate appositamente per favorire l’allattamento al
seno, quali La Leche League o Ibfan Italia, per citare le più conosciute, e sostenuto da
organizzazioni come l’Unicef e l’OMS, che hanno promosso molti studi e ricerche, oltre
a svariati documenti, per esempio una dichiarazione congiunta intitolata:
“L’allattamento al seno: protezione, incoraggiamento e sostegno. L’importanza del
ruolo dei servizi per la maternità” e “La dichiarazione degli innocenti sulla protezione,
promozione e sostegno dell'allattamento al seno” .
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Tutto questo dovrebbe aiutare le donne a riappropriarsi di uno spazio totalmente
personale ed intimo, che rimetta nelle loro mani un grande potere: la facoltà di nutrire il
proprio piccolo.
Ad oggi purtroppo sono ancora poche le donne che riescono ad ascoltarsi tanto da
portare avanti tale compito assegnato loro da Madre Natura ed è triste affermare che
l’allattamento non è più un gesto spontaneo e naturale, ma è diventato un’attività
condizionata dalla cultura di riferimento.
In questo lavoro vorrei evidenziare le difficoltà vissute dalle mamme nella nostra
società, i disagi che le portano a scegliere di non allattare nonostante un forte desiderio
di farlo, evidenziare la rete da cui sono circondate in ordine a comprendere quali siano i
punti fondamentali su cui lavorare, attraverso un intervento di counseling mirato, che mi
permetta di offrire un aiuto concreto alle donne che si trovano in difficoltà con
l’allattamento al seno.
1.1 COSA HA ACCESO IL MIO INTERESSE
Sono mamma di una bimba di 20 mesi che allatto a richiesta.
Prima della gravidanza l’allattamento era per me un argomento ‘extraterrestre’: nel mio
immaginario i bambini nascevano corredati di ciuccio e biberon e l’allattamento
materno era riservato agli altri mammiferi.
In gravidanza però ho iniziato ad informarmi su parto e post parto e , sorpresa, ho
scoperto che anche le mamme umane sono in grado di allattare, e anche per molto
tempo.
Dopo alcune letture, in primis “Bebè a costo zero” di Giorgia Cozza e “E se poi prende
il vizio” di Alessandra Bortolotti, ho sentito nascere in me una profonda curiosità per il
tema dell’allattamento, anche se non specificamente trattato nei testi sopraccitati.
Sono arrivate poi letture più specifiche quali “Un dono per tutta la vita” di Carlos
Gonzalez e “Tutte le mamme hanno il latte” di Paola Negri.
Internet mi ha fornito poi tanto materiale su cui studiare e lavorare: siti di associazioni
quali la Leche League e Ibfan Italia, ma anche www.ma-mi.it e www.allatare.it, solo per
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citarne alcuni, riportano articoli e ricerche sull’allattamento e non mi è stato difficile
risalire ai lavori originali pubblicati su varie riviste scientifiche.
Entusiasmata da queste scoperte ho deciso che avrei per lo meno provato ad allattare.
Nonostante tutte le difficoltà raccontatemi dalle donne che conosco, devo ammettere di
essere riuscita a farlo senza grossi problemi, da un punto di vista fisico, certo con
piccoli errori all’inizio che mi hanno causato qualche disagio fisico (ragadi e mastiti),
ma sempre più consapevole di avere tutte le carte in regola per svolgere questo
meraviglioso compito che la natura ci ha regalato.
Nonostante non abbia trovato grosse difficoltà pratiche nell’allattare, i disagi emotivi
non hanno tardato a farsi sentire: dalla stanchezza e dal dolore iniziale nascevano spesso
un pesante sconforto, la paura di non essere all’altezza del compito, il carico della
grande responsabilità di essere l’unica persona in grado di nutrire la mia bambina, la
paura di poter mancare e non darle la mia presenza, che mi appariva sempre
indispensabile, ed anche il peso della rinuncia agli spazi personali, quali i momenti di
amata solitudine o svago che ero solita concedermi.
I primi due mesi di notti insonni, passate a camminare per la stanza con la bimba in
braccio e piangendo dalla stanchezza e dal dolore sono stati terribili e solo una immensa
testardaggine, legata a carenze personali (nata pretermine, venti giorni di incubatrice
senza la possibilità di avvicinarmi alla mamma, non allattata al seno perché attaccata
troppo tardi), mi hanno spinta a continuare. Non credo che ciò sia giusto: allattare non
deve essere una sfida o una missione, deve essere un piacere, una scelta libera da
condizionamenti e sensi di colpa.
Fortunatamente, il sostegno di mio marito e la comprensione delle nonne, nonostante
non avessero allattato i propri figli (anche loro figlie dei primi cambiamenti di
alimentazione dei neonati), la convinzione di fare una cosa giusta ( a me negata), per la
mia bimba e la forza acquisita in anni di lavoro su me stessa, tra cui i tre anni di
counseling, mi hanno permesso di vedermi dentro e mi hanno insegnato come accedere
alle mie risorse, permettendomi di trovare le forze per affrontare il compito con
un’energia positiva, non derivante dal senso di abbandono e tristezza legati al mio
vissuto personale.
Aiutata quindi da una grande forza interiore e dopo aver accettato ed interiorizzato le
mie personali lacune, ho proseguito nel mio intento, arrivando a scoprire quale
meraviglia può essere, per una donna che lo desideri, allattare il proprio cucciolo,
rispettando il naturale ruolo di nutrice.
Quanta gioia mi ha dato e quanta consapevolezza del grosso dono e potere che abbiamo
noi donne, e con grande soddisfazione della mia autostima.
La mia esperienza personale è stata molto positiva e continuerò ad allattare finché la
bimba lo vorrà.
Intorno a me tuttavia c’è un mondo di donne che dichiarano di voler allattare, ma non lo
fanno: perché non riescono, perché fa male, perché non hanno latte.
La maggior parte delle mie amiche e conoscenti ha allattato per pochi giorni o
settimane, o addirittura non ha allattato affatto.
Che cosa è successo?
Perché sembra così difficile mettere in atto un comportamento che dovrebbe essere
tanto naturale?
Perché è necessario consultare degli specialisti per fare ciò per cui Madre Natura ci ha
predisposte?