3
Introduzione
«Per comprendere un individuo è necessario conoscere le aspirazioni
determinanti che desidera realizzare. […] Ma esse non sono innate, non
precedono l’insieme di ogni altra esperienza. Si formano nella fanciullezza
dalla convivenza con altri esseri umani e si fissano nella loro forma vitale
con l’andare degli anni, talora anche all’improvviso, in relazione ad
un’esperienza particolarmente incisiva. Senza dubbio gli individui spesso
non sono coscienti di quei desideri dominanti che orientano il loro
governarsi»
1
.
Le parole del sociologo Norbert Elias illuminano in modo perfetto sullo
spirito di questa ricerca, trovarle è stato un’importante conferma e stimolo.
Leggendo la biografia di Georg Simmel e la storia della sua produzione
intellettuale, nasceva sempre più forte il desiderio di mostrare come esse
fossero o come potessero essere collegate, interconnesse, influenzate. La
biografia di Simmel mostra infatti una particolarità: al crescere della
popolarità del filosofo in patria e all’estero, e all’incremento costante della
sua produzione scientifica, non corrispose per lungo tempo un adeguato
riconoscimento accademico. La motivazione che spesso veniva addotta a
questi disconoscimenti, in modo esplicito o implicito, riguardava
l’ascendenza ebraica dello studioso, motivazione che sembrava giustificare i
peculiari orientamenti che egli seguì all’inizio della sua carriera. Ci si è
domandato pertanto in che misura la ricezione costante di stereotipi
antisemiti abbia potuto influenzare proprio la sua produzione.
L’altra peculiarità della biografia di Simmel era proprio l’evoluzione da
tematiche positivistiche e da un interesse marcato verso la sociologia,
passando per il tema critico di ispirazione kantiana, all’introduzione di
aspetti ripresi dalla filosofia romantica, culminando nella filosofia della vita,
la cui metafisica ricomprendeva ormai l’interesse principale del filosofo e lo
induceva ad abbandonare la sociologia. Questo non significa che Simmel
abbia mai pensato di costruire un sistema metafisico, o che sia mai ricorso
ad uno sfondo teologico, che al contrario permetteva alla tradizione
storicista tedesca di giustificare le implicazioni relativiste sorte dal suo
11
N. Elias, Mozart: sociologia di un genio, (a cura di Michael Schröter, trad. it. R. Martini),
Bologna, Il mulino, 1991, cit. p. 7.
4
stesso seno. Tuttavia, nel suo pensiero emerge sempre più il riferimento allo
spirito e all’originalità individuale, ed un modo di filosofare più marcato si
intravede persino in opere sociologiche (Soziologie). La
Geschichtsphilosophie di Simmel, la sua riflessione epistemologica sulla
storia, che accompagna il filosofo nell’intero corso della sua vita tra
continuità e discontinuità, costituisce un punto di osservazione privilegiato
per comprendere queste trasformazioni.
Occuparsi tuttavia di filosofia della storia, non può prescindere dal
contesto delle altre opere, le quali sconfinano in vari settori, data l’ampiezza
dei suoi interessi. Pur disponendo di un campo di osservazione privilegiato,
la storia, si è voluto tuttavia ricomprendere anche le altre sfaccettature di
Simmel. Troppo spesso infatti, almeno per il passato, la ricezione è stata
condizionata dalla «compresenza di due immagini di Simmel: un Simmel
prevalentemente filosofo nella cultura europea e uno sociologo in quella
americana»
2
. Da una parte in America, già dagli anni Novanta dell’800
Simmel venne conosciuto prevalentemente come sociologo grazie ai saggi
tradotti in inglese e pubblicati sull’American Journal of Sociology da Albion
W. Small. Simmel influì sulla scuola di Chicago, in particolare sulla teoria
del conflitto sociale di Lewis A. Coser. Negli anni Venti furono poi tradotti
da Robert W. Park e da Ernst W. Burgess alcuni testi tratti dalla Soziologie,
così come Spykman dedicò una monografia proprio alla sociologia di
Simmel. La filosofia rimase invece piuttosto in ombra.
Per contro nel vecchio continente fu l’aspetto filosofico a prevalere, in
modo particolare nella versione tarda, cioè nella filosofia della vita, accanto
al cliché del relativismo proposto da Mamelet nel 1914. Di fronte a tale
preferenza per la fase metafisica del suo pensiero, anche la teoria della storia
venne tralasciata, con l’eccezione dell’opera del 1938 di Aron, Essai sur la
théorie de l’histoire dans l’Allemagne contemporaine. L’opera sociologica
di Simmel venne invece rimossa quasi totalmente ed un caso paradigmatico
è rappresentato sicuramente dall’Italia. Il nostro paese conobbe Simmel già
dall’inizio degli anni Venti, per opera in primo luogo di Antonio Banfi che
aveva seguito le lezioni di Simmel a Berlino, e di Giacomo Perticone, ma lo
2
P. Rossi, Rassegna Italiana di sociologia, a. XXXIII, n. 2, aprile-giugno 1992, cit. p. 178.
5
conobbe essenzialmente come filosofo
3
, con particolare riferimento al
concetto di vita. Tutte le opere degli anni ’90, e persino la Philosophie des
Geldes e Die Probleme der Geschichtsphilosophie rimasero sconociute.
Questa ricezione incompleta rispetto alle opere che presentavano caratteri
evoluzionisti, neocriticisti, psicologici, evoluzionisti e sociologici, trovava
la sua base esplicativa nel terreno anti-positivista italiano, segnato dalle
polemiche di Croce e Gentile. La sociologia come scienza in particolar
modo trovava l’ostilità da parte dell’idealismo in filosofia, del fascismo in
politica e di alcune corporazioni come giuristi e demografi. Bisognava
aspettare qualche decennio per assistere a un cambiamento: negli anni
ottanta appare Die Probleme der Geschichtsphilosophie, negli anni novanta
la Philosophie des Geldes e la Soziologie, insieme ad altri saggi su aspetti
specifici del pensiero di Simmel. Gli anni ottanta segnano in generale la
volontà di superare la duplicità di immagini sopra menzionata. In America
Donald N. Levine, in Inghilterra David Frisby, in Germania Heinz Jürgen
Dahme e Klaus Christian Köhnke, hanno contribuito alla formazione di un
profilo del filosofo che tenesse conto degli anni della formazione, del
contesto storico, dei suoi rapporti con la filosofia tedesca, con la sociologia
tedesca, inglese e francese. Un contributo importante alla riscoperta delle
opere di Simmel è stata offerta dalla Gesamtausgabe diretta da Otthein
Rammstedt e pubblicata presso Suhrkamp
4
.
L’idea alla base della presente tesi prende le mosse da un’impostazione
volta a comprendere i diversi interessi del filosofo, in base alle ipotesi
elaborate da K. C. Köhnke in Der junge Simmel in Theoriebeziehungen und
sozialen Bewegungen. L’autore ha scritto una delle biografie più complete
su Georg Simmel, esaminando criticamente diverse fonti, dalla biografia del
figlio di Simmel, agli atti dell’università Humboldt di Berlino, a carteggi,
ecc. Nel capitolo Simmel als Jude Köhnke ipotizza che alla base dello
sviluppo del pensiero del filosofo e di alcune scelte compiute vi siano sullo
sfondo i ripetuti stereotipi ricevuti durante il corso della sua vita.
3
Le prime traduzioni di testi simmeliani nel nostro paese risalgono al 1922 con gli
Hautprobleme der Philosophie, nel 1923 con Schopenhauer und Nietzsche, nel 1925 con
Der Konflikt der modernen Kultur, nel 1927 con Fragment über die Liebe, nel 1931 con il
saggio su Rembrandt e nel 1938 con la Lebensanchauung. P. Rossi, Rassegna Italiana di
sociologia, p. 175.
4
Ibidem, p. 178.
6
Quest’ipotesi è stata da me ampliata sia in senso biografico, riunendo e
contestualizzando alcuni avvenimenti salienti, che in senso teorico,
mostrando l’evoluzione della sua teoria della storia nelle diverse edizioni
del saggio Die Probleme der Geschichtsphilosophie.
Il primo capitolo della tesi ha pertanto un taglio biografico. In esso si
cerca di individuare il nesso tra i rifiuti ricevuti in ambito accademico e la
sua appartenenza al popolo ebraico. I primi tre paragrafi hanno
quest’obiettivo specifico e si concentrano rispettivamente sugli episodi della
dissertazione di laurea e dell’abilitazione alla docenza, sulla candidatura ad
Heidelberg nel 1908 e su alcuni episodi connessi alla sua chiamata a
Strasburgo alla vigilia della guerra. Il quarto paragrafo ha invece il compito
di discutere il tema dell’identità di Simmel alla luce di una frase che egli
stesso pronuncia rispetto al popolo ebraico e che potrebbe celare una sorta
di disprezzo anti-ebraico di sé, e quindi un valido argomento per la tesi di un
radicamento degli stereotipi di cui fa esperienza nel profondo del suo animo.
Il secondo e il terzo capitolo hanno invece un taglio teorico. Il secondo si
concentra sulla cosiddetta “prima fase” del pensiero di Simmel, molto
generalmente definita positivista (che ricalca più il giudizio dei
contemporanei del filosofo che una reale demarcazione di questo tipo); il
terzo analizza la fase centrale ed alcuni elementi di transizione verso quella
finale. Il punto di osservazione privilegiato per delineare questi
cambiamenti è rappresentato appunto dalle diverse edizioni di Die Probleme
der Geschichtsphilosophie, che dalla prima alla terza presentano
cambiamenti rilevanti pur mantenendo intatta la struttura del libro. Nel
secondo capitolo, dopo un paragrafo introduttivo sulle peculiarità della
concezione storica tedesca con cui Simmel si confronta, segue un excursus
sugli studi e interessi del giovane Simmel. L’esito ed il superamento di
alcuni orientamenti si realizza con la prima edizione dei Probleme del 1892
a cui è dedicato il terzo paragrafo.
Il terzo capitolo comincia dalla Philosophie des Geldes, l’opera del 1900
che consacrò la fama del filosofo e segnò importanti cambiamenti sul piano
sociologico e filosofico. Il secondo paragrafo passa invece brevemente in
rassegna alcuni saggi che Simmel dedica a filosofi tedeschi (o letterati dal
valore filosofico come nel caso di Goethe), e le nuove istanze romantiche e
7
metafisiche che ne emergono. Alla luce di queste opere, nel terzo paragrafo
viene presentata la terza edizione (1907) dei Probleme, che differisce solo
leggermente dalla precedente del 1905, ma in maniera molto rilevante da
quella del 1892. La postfazione riprende in maniera analitica il confronto
tra queste opere, cercando di lasciare maggiore respiro alle conclusioni e
riprendendo in maniera ideale il tema aperto dalla prefazione.
Per svolgere questo tipo di lavoro occorrevano tre tipi di fonti: storiche,
filosofiche e sociologiche. Per quanto riguarda la parte storico-biografica,
questa è stata svolta per la maggior parte a Berlino, come risultato di una
borsa di studio per il progetto “Tesi all’estero”, in collaborazione con
l’Institut für Zeitgeschichte di Berlino. Il materiale è stato reperito
principalmente alla Staatsbibliotek e nella biblioteca della Technische
Universität Berlin. Dalla lingua tedesca sono stati tradotti alcuni passi
specifici riguardanti la biografia di Simmel, mentre dalla lingua inglese è
stato tradotto il restante materiale in riferimento soprattutto al contesto
culturale, sociale e storico. Rispetto alla biografia sono stati privilegiati gli
studi di K. C. Köhnke, H. Liebeschütz, ed alcune lettere del volume 23 della
Gesamtausgabe mentre per il contesto storico, rispetto ai temi
dell’assimilazione e dell’antisemitismo c’è una folta schiera di nomi tra cui
G. L. Mosse, a S. Volkov, H. W. Smith, P. Mendes-Flôr, J. Reinharz, P.
Pulzer, V. Caron, J. E. Craig, C. E. Schorske e G. G. Iggers. Si è provveduto
poi in maniera autonoma a contattare due professori della Freie Universität
che si occupavano di temi quali antisemitismo, assimilazione e identità negli
ebrei tedeschi nel XIX secolo, con i quali sono stati discussi gli obiettivi
della ricerca e ai quali è stata presentata la parte biografica del presente
lavoro. Su loro suggerimento la ricerca è stata arricchita da studi di A.
Pawliczek, R. von Bruch e U. Gerhardt, rispetto al tema specifico
dell’antisemitismo in ambito accademico.
Per quanto riguarda le fonti filosofiche, la base è stata fornita e dal
succitato testo di Raymond Aron, imprescindibile punto di riferimento
rispetto alla teoria della storia di Simmel, e sempre in ambito internazionale
dagli studi di Maurice Mandelbaum, Robert Boudon, David Frisby. Rispetto
agli studi italiani sono stati privilegiati Pietro Rossi, massimo esperto di
storicismo italiano, il volume della rivista aut aut dedicata a Simmel e la
8
monografia di Vittorio d’Anna. Per realizzare il paragrafo di
contestualizzazione filosofica sono stati scelti Storia della filosofia moderna
di Ernst Cassirer, Lo storicismo e i suoi problemi di Ernst Troeltsch, Le
origini dello storicismo di Friedrich Meinecke, ma soprattutto The German
Conception of History di Georg G. Iggers. Rispetto alla parte sociologica
della ricerca ci si è avvalsi degli scritti di L. A. Coser, David Frisby, R.
Aron e del numero parzialmente dedicato a Simmel nella rivista Rassegna
italiana di sociologia del 1992. Sono stati presi in esame anche la Filosofia
del denaro nella traduzione di Alessandro Cavalli e la Differenziazione
sociale a cura di Franco Ferrarotti.
Il tipo di lavoro svolto mirante ad unificare le fonti biografiche, storiche,
filosofiche e sociologiche ha sicuramente dei limiti. Sicché gli si potrebbe
obiettare che si tratta di lavoro per così dire generalistico. E’ ampia la
prospettiva, sarebbero ampie le conoscenze da possedere in merito, è
complicata l’ipotesi e comunque non dimostrabile. Tuttavia si ritiene che sia
proprio la prospettiva ampia, lo sguardo che abbraccia i diversi aspetti di un
uomo nelle sue “diverse intersecazioni sociali”, per usare le parole di
Simmel, a conferire quelle possibilità di comprensione ed interpretazione
che la specializzazione, pur nella sua esattezza, non può fornire. Altre
competenze e metodi devono essere certamente acquisiti, altra letteratura
necessita di essere letta, ma la pista tracciata viene ritenuta
fondamentalmente corretta, nella consapevolezza che si tratta di una
“costruzione”. La cosa più importante infatti che si apprende dalla teoria
della storia di Simmel, infatti, è il come la storia sia racconto, distante e
diverso rispetto alla “realtà dei fatti”, ma anche come sia proprio la distanza
a conferire dignità a questo racconto.
9
Prefazione
Simmel nasce nel 1858 a Berlino e muore nel 1918 a Strasburgo, due date
che segnano oltre ad una biografia, anche la parabola del secondo Reich
tedesco. La Berlino della seconda metà dell’Ottocento era il punto di
incontro di tendenze eterogenee, conflittuali, correnti che Simmel analizza
sempre con un sguardo da osservatore esterno, da straniero in terra natia,
come soleva egli definire se stesso nel saggio Der Fremde. La metropoli
nella quale vive e si forma, costituisce la base per i suoi saggi sulla cultura
metropolitana, studi che ancora oggi vengono ritenuti di grande rilievo in
ambito sociologico. Simmel è molto probabilmente il primo ad occuparsi di
sociologia in Germania, paese che a causa di motivi soprattutto politici, vide
precluso l’insegnamento di questa disciplina fino alla fine del
diciannovesimo secolo. Simmel non fu tuttavia solo un sociologo, ma anche
filosofo (e come tale voleva essere ricordato nel suo testamento
intellettuale), psicologo, teorico di estetica e saggista
1
.
Come David Frisby
2
ha ricordato, Simmel fu uno dei primi insieme a
Baudelaire, ad intuire il nuovo concetto di modernità e la dimensione tragica
ad esso connessa. Anche in termini puramente quantitativi la sua produzione
intellettuale fu notevole; all’anno della sua morte egli annoverava
venticinque libri, trecento articoli, recensioni ed altri scritti. Alla sua
produzione, ai suoi riconoscimenti soprattutto all’estero, e al successo che le
sue lezioni avevano, non corrispose tuttavia un’uguale riconoscimento in
ambito accademico. Solo nel 1914, all’età di 56 anni egli si assicurò una
cattedra a Strasburgo, in un’università tuttavia marginale e che necessitava
di una politica più liberale a causa del particolare status dell’Alsazia come
provincia recentemente annessa.
Nel biografia di Simmel si registrano alcuni episodi che sono stati in questa
sede definiti come “fallimenti”, indicando cioè quei rifiuti da parte
dell’establishment universitario nei confronti del filosofo in vari momenti
della sua carriera. Questi consistono nelle bocciature di una dissertazione di
laurea e di un procedura per l’abilitazione alla docenza, nel rifiuto di una
candidatura per la cattedra di filosofia ad Heidelberg ed infine in un
1
D. Frisby, Georg Simmel, Chichester : Horwood, Tavistock, 1984, pp. 7-18.
2
ID., Frammenti di modernità : Simmel, Kracauer, Benjamin, Bologna, Il mulino, 1992 .
10
dibattito riguardante la sua idoneità alla docenza a Strasburgo, che tuttavia
si concluse positivamente. L’aspetto interessante in queste vicende è
costituito dal ripetersi di alcune aggettivazioni che lo caratterizzano, quali il
suo non fornire concetti solidi, l’atteggiamento pessimista piuttosto che
costruttivo, il suo affidarsi alla sociologia sostituendo il ruolo della chiesa e
dello stato, ma soprattutto quell’astrattezza, quella forma mentis che Simmel
stesso attribuirà a sé e alla sua gente, il popolo ebraico, in una delle poche
dichiarazioni lasciate sull’argomento.
Ancora più interessante è che questi rifiuti siano stati collegati al suo
essere e pensare come un ebreo, benché egli oltre ad essere convertito al
cristianesimo non si presenti mai come tale. L’antisemitismo era un
fenomeno diffuso in ambito accademico, tuttavia in questi rifiuti non c’è
solo una stereotipizzazione ed una conseguentemente stigmatizzazione, ma
un evidente collegamento alle scelte intellettuali che compie. Questi
orientamenti sono associabili dai suoi superiori e colleghi alla sua
appartenenza ebraica che, ancora lontana dalle implicazioni genetiche trova
in una certa tradizione, in una “irresponsabilità di pensiero”, il suo
fondamento. Influssi positivisti, interesse per la sociologia, relativismo
(anche etico), sembrano essere le accuse principali collegate con tale
tradizione accademica.
La consuetudine intellettuale con cui Simmel si confrontò affondava le sue
radici nella filosofia e metodologia dello storicismo, il quale permeava
l’intero spettro delle discipline culturali ed umanistiche tedesche del tempo.
Lo storicismo non fu un movimento limitato alla sola Germania, la
contestazione della possibilità di applicazione dei metodi delle scienze
naturali in ambito umanistico e la designazione della storia come unica
disciplina in grado di restituire l’unicità e la volitività degli atti umani, si
prestava bene alla reazione comune a tutta l’Europa a seguito della
penetrazione delle idee della rivoluzione francese e del nazionalismo emerso
in epoca napoleonica. In nessun altro paese europeo tuttavia la storicismo
11
ebbe pieno sviluppo come in Germania, paese la cui tradizione storiografica
elaborò una formulazione estrema di alcuni concetti
3
.
La prima era l’idealizzazione del concetto di stato, basato sul modello
dello stato autoritario rappresentato dalla monarchia degli Hohenzollern
dell’età prussiana delle riforme, ed implicante molto più di un semplice
modello utilitaristico. Lo stato non era la semplice somma degli individui,
ma era individuo nuovo e a sé stante, governato da propri principi,
oggettivazione dello spirito universale, personificazione della morale e
garante della libertà e della cultura. Accanto all’idea dello stato, c’era anche
una peculiare concezione storicista dei valori, per la quale essi potevano
essere giudicati solo all’interno del contesto storico concreto in cui si
formavano e per la quale veniva rigettata qualsiasi pretesa di normatività
basata su parametri esterni. L’importanza data all’unicità dell’avvenimento
storico contrastava la possibilità di applicazione di qualsiasi metodo
razionale per l’analisi nel mondo culturale e sociale, così come per studi
comparativi o costanti strutturali tra culture
4
.
La sociologia era vista con particolare sospetto, nel contesto più generale
di una critica all’applicazione del metodo positivista agli studi umanistici,
che rimase per lo più invariata sino al secondo dopo guerra. L’influenza
dell’Idealismo kantiano ed il legame con lo stato prussiano, nuovamente
rinforzato dall’unificazione del Reich tedesco nel 1871, rese più forte
l’approccio storicista in Germania che negli altri paesi europei, e determinò
un atteggiamento sostanzialmente positivo della ricerca, negante aspetti che
furono evidenziati da outsiders più attenti alle contraddizioni. Solo
successivamente all’esperienza nazista, l’associazione stato-libertà venne
criticata, così come gli storici fecero i conti con la realtà di una società di
massa tecnologica e integrarono in ambito storiografico i metodi delle
scienze politiche e sociali
5
.
Simmel è tuttavia estraneo al quadro appena delineato, seppur
condividendo molte delle tematiche storiciste, la sua visione rimane
costantemente quella dell’osservatore esterno, che proprio perché tale, è
3
G. G. Iggers, The German Conception of History. The national Tradition of historical
Thought from Herder to the Present, Wesleyan University Press, Middletown, Connecticut,
1969 (1968), pp. 3-6.
4
Ibidem, pp. 7-10.
5
Ibidem, p. 28.
12
capace di maggiore distacco. Una delle conseguenze intellettuali di questo
distacco sarà il riconoscere la crisi come elemento permanente, non
definitivamente superabile, anticipando il dibattito filosofico del secondo
dopoguerra. Egli è razionalmente consapevole di questo maggiore distacco,
che contraddistingue “lo straniero” in patria, cioè l’ebreo. Questo aspetto è
citato più o meno esplicitamente in vari passi della sua produzione.
Nondimeno egli ha avuto interessi profondamente tedeschi quali
l’atteggiamento estetico, la partecipazione al circolo del poeta Stefan
George, la ripresa di tematiche shopenhaueriane e nietzscheane, e persino
un entusiasmo per la guerra al suo esordio.
I passaggi più significativi che testimoniano questi interessi, sono
quell’evoluzione dal positivismo verso la filosofia della vita che viene al
meglio riflessa dalla sua teoria della storia, e l’evoluzione della sua
sociologia da positivista a formale. Non solo, Frisby
6
mette in luce come il
suo interesse per la sociologia si sviluppi nel ventennio 1890-1908, che non
casualmente è l’anno in cui viene rifiutata la sua candidatura ad Heidelberg,
e come tenda ad affievolirsi nell’ultimo periodo. Alla luce di questi
argomenti la questione che si è voluta porre in questa sede, è quella
identitaria: che peso avrebbero avuto gli stereotipi, ricevuti non solo da
“nemici” ma anche da amici di vecchia data, nel determinare l’evoluzione
del suo pensiero.
6
D. Frisby, Georg Simmel, p. 22.