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Introduzione
Il presente lavoro nasce dal personale interesse della sottoscritta verso il
mondo islamico in tutte le sue sfaccettature, politiche, economiche, culturali. Ho
scelto di concentrarmi sull’aspetto economico, perché è quello che mi ha
incuriosito di più. In particolare mi ha sempre motivato la voglia di comprendere,
da una parte, come un intero sistema economico possa svilupparsi in accordo con i
principi etici e giuridici della Shar†‘a (il corpus di regole e precetti islamici, con
valore di legge, scaturiti da Corano e Sunna); dall’altra, come tale sistema
economico interagisca con quello occidentale. La genesi del sistema bancario
islamico così come lo conosciamo oggi è legata alla storia di tre istituti: la Cassa
Rurale di Risparmio di Mit Ghamr, l’Organization of the Islamic Conference
(OIC) e l’Islamic Development Bank (IDB).
La Cassa Rurale di Risparmio di Mit Ghamr, fondata nel 1963 in Egitto, è
considerata il primo esempio di banca islamica, in cui tutti i risparmiatori e i
beneficiari di prestiti erano soci ed operava un consiglio di supervisione religioso
che controllava l’applicazione dei criteri islamici di giustizia economica (giustizia
distributiva, giustizia negli scambi, uguaglianza nell’accesso alle risorse). Questa
banca fu anche un modello per i successivi istituti di microcredito, destinati a
finanziare le fasce più disagiate, come i contadini.
L’Organizzazione della Conferenza Islamica fu fondata nel 1969 e riunisce
più di cinquanta paesi. La Carta dell’Organizzazione promuove la cooperazione
tra i musulmani, dentro e fuori i paesi islamici, nel campo economico e in quello
culturale. Non si tratta di un documento centrato su principi economici, ma è una
tappa fondamentale nel riconoscimento dell’identità particolare della comunità
islamica, in tutte le sue espressioni.
L’Islamic Development Bank, oppure Banca Islamica dello Sviluppo, fu
istituita a Jeddah nel 1975 e costituisce l’organismo economico di riferimento per
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tutti i paesi islamici. Il suo obiettivo primario è la promozione dello sviluppo
economico dei paesi islamici, attraverso l’assistenza finanziaria con modalità di
investimento e finanziamento compatibili con la Shar†‘a, al fine di sostenere la
lotta contro l’arretratezza economica e sociale nei paesi islamici in via di sviluppo.
Oltre all’attività finanziaria e creditizia, l’IDB incoraggiava la cooperazione
commerciale tra i paesi membri e si serviva di una serie di strutture parallele per
offrire assistenza tecnica e corsi di formazione allo staff delle nascenti banche
islamiche e per favorire la ricerca di strategie bancarie rispettose dell’etica
islamica.
Da allora, il sistema economico islamico si è ampliato e si è evoluto, sia in
rapporto alle esigenze dei suoi fruitori, che dell’andamento dell’economia globale.
Tanto che oggi si preferisce parlare di finanza islamica, come del complesso di
pratiche, transazioni e contratti leciti e utilizzati, in quanto pienamente conformi
alla Shar†‘a. Allo stesso modo, ci si riferisce alle istituzioni finanziarie islamiche,
come all’insieme di istituti che offre prodotti compatibili con i dettami islamici,
che comprende altri organismi oltre le tradizionali banche, come le compagnie di
assicurazione, di mutuo, o gli sportelli islamici in banche occidentali. Tuttavia, la
banca islamica resta l’ente di riferimento per eccellenza, poiché rappresenta tutte
le funzioni principali assolte dagli altri istituti. Ognuno di questi enti svolge il
ruolo di intermediario finanziario tra chi emette il credito e gestisce i fondi e chi
investe i capitali e deposita i fondi. Tutte le istituzioni finanziarie islamiche,
dunque, hanno il compito di trasformare i rischi inerenti alle loro attività in un
sistema di condivisione degli stessi tra depositanti, banche e imprenditori.
Per la rilevanza dell’aspetto del rischio nelle operazioni di una banca, ho
deciso di concentrare la mia attenzione proprio su quest’argomento. In particolare,
ho tracciato un quadro sui rischi affrontati dalle banche e sulle strategie messe in
atto per arginarli. L’ultimo capitolo vuole essere uno sguardo sulle possibilità di
applicazione dei contratti derivati nella finanza islamica. Questi contratti, utilizzati
da anni nei mercati occidentali per gestire il rischio derivante dalle attività di
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investimento, sembrano essere non compatibili con la Shar†‘a, perché
contravvengono a una serie di requisiti giuridici. Per questo motivo, i “derivati
islamici” sono stati vietati e sono tuttora considerati sotterfugi contrattuali per
nascondere l’elevato rischio finanziario, un’eccessiva incertezza nelle prestazioni
delle parti e speculazioni.
Come vedremo, la questione è tutt’altro che chiusa e ciò fa della finanza
islamica un corpus in continua evoluzione, nonostante continui a basarsi su
peculiari principi religiosi.
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Capitolo 1
I PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA FINANZA ISLAMICA
La finanza islamica si caratterizza come un sistema, che ha il suo fondamento
nelle regole etiche stabilite dalla Shar†‘a. Ciò perché il suo scopo non consiste
soltanto nella massimizzazione dei profitti, ma anche nel perseguimento del benessere
della collettività. Tutti gli uomini hanno uguale diritto di godere delle risorse messe a
disposizione da All āh. L’ideale di un’equa distribuzione delle ricchezze non esclude il
diritto alla proprietà privata e la libertà dei singoli di intraprendere attività negoziali e
imprenditoriali. Tuttavia, la Shar†‘a interviene a regolare i comportamenti ingiusti e il
libero andamento del mercato, per evitare che prendano piede frodi, speculazioni sui
prezzi, monopoli. L’”uomo islamico” deve soddisfare una serie di requisiti quando
entra in qualsiasi affare, come tener fede ai suoi obblighi contrattuali, massima onestà
nel fornire ogni tipo di informazione su qualità, quantità e prezzo della merce
scambiata, non interferenza negli affari di altri attori del mercato. La libertà di
sottoscrivere un contratto, dunque, è garantita solo all’interno di alcuni paletti, che
non devono essere oltrepassati, se non si vuole incorrere in transazioni illecite. Mi
riferisco alle proibizioni di rib… e gharar, che hanno un peso rilevante nella pratica
contrattuale islamica e anche nel funzionamento delle istituzioni finanziarie
islamiche. Meritano, dunque, un’attenzione particolare.
L’interdizione del rib… è contenuta nel Corano, ma nei versetti non viene data
una definizione precisa. La radice araba r b w, letteralmente, significa accrescere,
aumentare. Il Lessico di Lane fornisce una serie esaustiva dei primi significati assunti
dalla parola rib…:
2
“aumento, aggiunta proibita, pretendere più di quel che si è dato, la
pratica dell’usura, un’aggiunta alla somma principale spesa o concessa in prestito”.
2
www.study.quran.co.uk/LLhome.htm
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La traduzione più esatta corrisponde al concetto di usura, riferendosi a una
pratica assai diffusa nell’Arabia preislamica; alla data di scadenza di un debito, un
creditore esigeva dal debitore inadempiente il doppio del capitale prestato, in
cambio della concessione al debitore di un tempo prolungato per la restituzione
del denaro.
La nozione di rib… è stata oggetto di numerosi studi e dibattiti tra i dotti
musulmani delle quattro scuole giuridiche islamiche (|anbalita, hanafita, m…likita e
sh…fiita). Rib… è passato a indicare ogni forma di lucro ingiustificato che non
corrisponde a un’attività commerciale, quindi non deriva né da uno scambio di beni
né dalla prestazione di un servizio. Il consenso generale tra i giuristi islamici fa
rientrare nel rib… non solo l’usura, ma anche la moderna pratica degli interessi.
Vengono a contrapporsi perfettamente commercio e usura, da un lato, e profitti e
interessi, dall’altro. La legge islamica incoraggia il guadagno ottenuto da un’impresa
commerciale, ma vieta di fissare un ritorno positivo ex ante, a prescindere dalle
rendite di un’attività economica. Secondo l’ottica islamica, il capitale non ha valore si
per sé, ma lo acquista solo se utilizzato in un processo produttivo. Perciò conferire un
determinato valore a priori a un capitale e guadagnare dalla differenza di valore che
un capitale acquista nel tempo è assolutamente illecito. Allo stesso modo, non è
ammissibile caricare un debitore già inadempiente di un ulteriore debito, perché
significherebbe sfruttare la sua debolezza per ottenere un guadagno. Da tali
considerazioni è scaturita la condanna degli interessi impiegati nella finanza
convenzionale sia nelle vendite che nei prestiti.
Il divieto di rib… nell’accezione di usura e interesse viene definito più
propriamente rib… al- nas†‘a, che significa posporre, rimandare, in riferimento al
tempo extra concesso al debitore per restituire la somma ricevuta in prestito, in
cambio di un costo aggiuntivi a quello inizialmente pattuito. Si tratta
dell’arricchimento ingiustificato su un debito e può ricorrere nelle situazioni di
prestito o qualunque erogazione del credito.
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Esiste, però, un’altra forma di rib…, nota come rib… al- faÿl, letteralmente
rib… dell’incremento in uno scambio. Quest’ultima si riferisce all’arricchimento
ingiustificato di una sola delle due parti in un contratto, dovuto a un qualsiasi tipo
di squilibrio tra prestazione e controprestazione nello scambio di beni. Il contesto
in cui si può verificare questo tipo di rib… è precisamente spiegato in un detto della
Sunna (|ad†th), che riporto di seguito:
“Vendi oro per oro, argento per argento, grano per grano, orzo per orzo,
dattero per dattero, sale per sale, nella stessa specie, nella stessa quantità,
faccia a faccia (contestualmente); se le merci differiscono, puoi vendere
come desideri, purché lo scambio sia contestuale. Chi paga di più o riceve di
più cade nel rib…. Chi prende e chi riceve è uguale (nella colpa).”
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In sostanza, si vieta lo scambio di merci dello stesso genere, ma con valore
diverso e in ogni caso si raccomanda che la prestazione e la controprestazione
avvengano in maniera contestuale. Questo |ad†th ha un’importanza capitale per la
finanza islamica contemporanea. Per quanto la situazione descritta si riferisca ai
tempi del Profeta, quando erano frequenti le frodi nei baratti, ha ripercussioni
ancora oggi sul mercato monetario. La norma che regola l’attuale mercato
monetario riguarda lo scambio di valute in modo istantaneo, senza permettere che
il passaggio del tempo comporti un cambiamento nel valore del bene (in questo
caso, la moneta) e quindi l’arricchimento di una parte ai danni dell’altra. Inoltre, il
rib… al- faÿl influisce su una questione tutta contemporanea: il divieto degli
strumenti derivati nella prassi finanziaria islamica. Non ammettere la possibilità di
fissare oggi il prezzo di un bene e domani le condizioni della sua consegna
costituisce un grande ostacolo alla legittimazione di questi strumenti in campo
islamico.
3
Raccolta curata da Muslim, citato in R. Hamaui, M. Mauri, Economia e finanza islamica,
Bologna, Il Mulino, 2009, p. 22.