5
Il progressivo deterioramento della qualità dei mutui subprime ha innescato nel 2007
una crisi che, sebbene inizialmente circoscritta al mercato di mutui e dei prodotti
strutturati statunitensi, si è estesa all’intero sistema finanziario propagando conseguenze
negative sui mercati finanziari fino ai giorni nostri.
La crisi ha fatto emergere tensioni di liquidità latenti in molte realtà bancarie, anche
quelle ritenute solide; questo perchè il turmoil finanziario è stato preceduto da anni di
abbondante liquidità, tanto che il connesso “rischio di liquidità” non aveva fino ad
allora ricevuto la dovuta importanza in termini di gestione, controllo e monitoraggio,
rispetto ad altre tipologie di rischio quali quello di credito.
In un contesto di “sottovalutazione” del liquidity risk, la crisi ha messo in evidenza
come questo rischio possa manifestarsi anche in contesti apparentemente liquidi,
innescando un circolo vizioso dove c’è carenza di liquidità quando se ne ha
maggiormente bisogno: il sistema finanziario si è ritrovato a fine 2008 in una “trappola
della liquidità”, dal momento che le iniezioni di denaro delle Banche Centrali sono state
vanificate dal clima di sfiducia e sospetto nei rapporti interbancari.
È proprio l’emergere del rischio di liquidità, nella sua duplice manifestazione, che ha
fatto assumere alla crisi proporzioni sistemiche: non bisogna considerare solo che la
banca non sia in grado di far fronte puntualmente e in modo economico ai propri
deflussi di cassa (funding liquidity risk), ma anche la possibilità di dover vendere alcuni
asset a un prezzo inferiore al loro fair value per ottenere disponibilità liquide immediate
(market liquidity risk).
Le Autorità di vigilanza hanno risposto alle lacune proponendo nuovi modelli di risk
management con l’obiettivo di rafforzare processi e presidi interni per identificare,
misurare e gestire il rischio di liquidità in maniera più efficiente; su questa linea il
Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria, formato dai governatori delle banche
centrali, ha steso un nuovo framework regolamentare, “Basilea 3”, che va a innestarsi
sul precedente accordo (Basilea 2) arricchendone i vuoti normativi, anche e soprattutto
con riferimento al rischio di liquidità.
Le nuove regole in materia di capitale e liquidità proposte dal Comitato avranno
un’implementazione graduale fino al 2019, anno in cui Basilea 3 sarà in vigore a pieno
regime, e sono destinate a modificare in profondità il funzionamento delle banche, il
loro rapporto col mercato e la loro redditività.
6
Per quanto riguarda la liquidità, sono stati introdotti due indicatori finalizzati a
misurare, da un lato, la vulnerabilità della banca a una crisi di liquidità nel breve
termine (Liquidity Coverage Ratio, LCR) e, dall’altro, la presenza di eventuali squilibri
nella struttura per scadenza di attivo e passivo (Net Stable Funding Ratio, NSFR).
Dal momento che le nuove regole in tema di liquidità prevedono un’introduzione
graduale (dal 2015 il Liquidity Coverage Ratio e dal 2018 il Net Stable Funding Ratio),
è tuttora oggetto di studi il potenziale impatto di questi due indicatori sul bilancio delle
banche, al fine eventualmente di rivederne la composizione; infatti l’introduzione dei
due ratios solleva perplessità di varia natura tra gli studiosi, riconducibili alle modalità
di determinazione delle grandezze e agli impatti che l’osservanza degli indicatori può
produrre sull’operatività e sulle strategie bancarie nonchè, in termini generali, sui
mercati finanziari e sulle economie globali.
Per questi motivi il Comitato non esclude rivistazioni future dei due coefficienti da parte
dei regulators e, per valutare questa possibilità, ha avviato una serie di studi d’impatto
quantitativo per monitorare l’impatto dei due requisiti sulle istituzioni più piccole
rispetto a quelle più grandi, oltre che sulle diverse linee di business.
Il presente lavoro si inserisce in questi studi d’impatto quantitativo, oltre che sulle
analisi di alcuni accademici, e si propone di stimare il Net Stable Funding Ratio per un
campione di banche, col fine di formulare alcune conclusioni con riguardo all’effetto
della crisi subprime sulla liquidità strutturale delle banche e sulla performance in
termini di NSFR delle banche appartenenti a diversi modelli di business, oltre che sulla
generale situazione di compliance o meno col requisito minimo del 100%, che sarà
vincolante dal 2018.
La tesi si struttura in tre capitoli: il primo presenta il concetto di liquidità bancaria, che
si innesta nella gestione finanziaria delle banche, per poi concentrarsi sul rischio di
liquidità nelle sue due accezioni più significative: il funding liquidity risk e il market
liquidity risk, di cui viene data la definizione e spiegate le modalità di misurazione;
viene poi analizzato il trattamento delle poste a scadenza indeterminata, presentando gli
approcci del portafoglio di replica e delle opzioni; infine, dal momento che una corretta
politica di gestione del liquidity risk prescrive un esame dell’area di impatto,
dell’orizzonte temporale di analisi e dello scenario economico in cui il rischio si
manifesta, particolare attenzione è posta a strumenti quali le analisi di scenario, gli
stress test e i piani di emergenza.
7
Il secondo capitolo si concentra sul framework regolamentare esistente, a partire da un
accenno al primo Accordo del 1988, Basilea 1, in cui il rischio di liquidità è trascurato,
per poi trattare Basilea 2 che non ha contemplato il rischio di liquidità nell’ambito del
calcolo dei requisiti patrimoniali, che costituiscono il “Primo pilastro”; il liquidity risk è
stato inserito nell’ambito del processo di controllo prudenziale noto come “Secondo
pilastro”, imponendo ad ogni banca l’adozione di adeguati sistemi per misurare,
monitorare e controllare il rischio di liquidità.
Vengono presentate le nuove dimensioni del rischio di liquidità alla luce della recente
crisi e le soluzioni regolamentari proposte dal Comitato di Basilea con il nuovo Accordo
(Basilea 3), mostrando anche le riflessioni degli studiosi sul possibile impatto dei nuovi
indicatori di liquidità sul bilancio delle banche, un argomento ancora oggi oggetto di
dibattito nella financial industry.
Il terzo capitolo si occupa dell’impatto quantitativo dei nuovi requisiti di liquidità sulle
banche; vengono presentati dapprima gli studi (Quantitative Impact Studies) del
Comitato di Basilea e della European Banking Authority, che si basano sui dati forniti
volontariamente dalle banche partecipanti, e in seguito le analisi accademiche che
stimano il NSFR per diversi campioni di banche e diversi intervalli temporali; tra questi
gli studi di King (2010 e 2012), Angora e Roulet (2011), Lusignani e Zicchino (2011),
Giordana e Schumacher (2011), Chiaramonte, Casu e Bottiglia (2012).
Infine viene proposta una stima del NSFR per un campione di 216 banche
internazionali, utilizzando una serie di ipotesi semplificatrici ed assunzioni, al fine di
formulare alcune conclusioni sull’andamento dell’indicatore di liquidità strutturale nel
campione sia a livello temporale, sia a livello dimensionale, sia a livello delle varie
specializzazioni bancarie considerate.
Questa verifica empirica si conclude con un approfondimento sulle banche italiane del
campione, soprattutto sui cinque principali gruppi bancari: Unicredit, Intesa Sanpaolo,
Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare e UBI Banca; anche per questi gruppi viene
stimato il NSFR e vengono effettuate alcune analisi accompagnate da statistiche
descrittive, col fine di formulare delle considerazioni sull’andamento dell’indicatore di
liquidità strutturale nella realtà italiana e su come il nostro Paese si appresta a recepire i
nuovi standard promossi dal Comitato di Basilea.
IL
CONCETTO
DI
LIQUIDITÀ
NELL’AZIENDA
BANCARIA
9
1.1 La gestione finanziaria nelle banche, la gestione della liquidità e
della tesoreria
La gestione di una banca, come quella di ogni altra impresa, deve svolgersi nel
contemporaneo rispetto dell’equilibrio economico, patrimoniale e finanziario.
E’ necessario operare in condizioni di redditività, in modo che il risultato economico
remuneri il capitale proprio e consenta di attuare una politica di autofinanziamento a
sostegno dello sviluppo aziendale; in condizioni di solvibilità, in modo da poter far
fronte, attraverso un adeguato livello di mezzi propri e un’opportuna composizione
degli impieghi, alle obbligazioni assunte verso i terzi; in condizioni di liquidità, in modo
da essere in grado di fronteggiare regolarmente gli esborsi monetari connessi al normale
svolgersi della gestione.
Una banca opera in condizioni di equilibrio finanziario quando è in grado di restituire il
denaro ricevuto dai depositanti, alle scadenze e alle condizioni pattuite.
La gestione finanziaria si occupa di ricercare l’equilibrio tra i flussi in entrata e in
uscita: la banca, nella sua funzione di raccolta e di impiego, si trova a dover gestire al
meglio i corrispondenti flussi monetari, assicurandone un corretto bilanciamento.
Quando tali flussi non si compensano, ci troviamo di fronte a squilibri che portano ad
un saldo, positivo o negativo, che fa risultare un’eccedenza di liquidità non fruttifera o
un disavanzo di cassa da coprire (un fabbisogno da finanziare).
I flussi di cassa e i flussi finanziari sono generati da variazioni nelle poste patrimoniali
attive e passive (impieghi e raccolta di fonti) e dalle componenti di costo e ricavo del
conto economico (interessi, commissioni, spese e costi operativi). I flussi in entrata si
manifestano in corrispondenza di un aumento dei fondi raccolti, del rientro di un credito
erogato in precedenza, della vendita di attività in portafoglio; analogamente, i flussi in
IL
CONCETTO
DI
LIQUIDITÀ
NELL’AZIENDA
BANCARIA
10
uscita si verificano a fronte di nuove erogazioni di credito, di rimborso di fondi in
precedenza raccolti, di un prelievo da parte della clientela da un deposito
1
.
La situazione di equilibrio finanziario è strettamente interconnessa alle condizioni di
equilibrio economico e di equilibrio patrimoniale mediante relazioni reciproche che, pur
essendo comuni a qualsiasi azienda, assumono nella banca una particolare rilevanza, a
causa della peculiarità della sua struttura finanziaria, contraddistinta congiuntamente da
un elevato grado di sfruttamento della leva finanziaria, dalla presenza di passività a
vista xxe da un presupposto fiduciario intrinseco nell’operatività bancaria.
2
La condizione di equilibrio finanziario influisce prima di tutto sull’equilibrio
economico: il mantenimento di un grado di liquidità superiore alla condizione minimale
di vincolo ipotizzabile genera un effetto limitativo della redditività, poiché presuppone
il mantenimento di riserve in eccesso e, più in generale, una struttura dell’attivo che
privilegia obiettivi di liquidità ad obiettivi di redditività. In questo senso si identifica un
trade-off fra equilibrio finanziario ed equilibrio economico. L’obiettivo della gestione
del rischio di liquidità deve quindi essere perseguito ottimizzando il profilo rischio-
rendimento, attraverso un opportuno bilanciamento fra queste due variabili.
Per soddisfare la domanda di strumenti di pagamento, potere d’acquisto e credito,
l’intermediario dovrà infatti disporre di adeguate risorse finanziarie; d’altro canto, per
conseguire risultati economici soddisfacenti, dovrà impiegare in maniera profittevole le
proprie attività.
3
La situazione di equilibrio economico influisce, a sua volta, sulla condizione di liquidità
sia direttamente, tramite la generazione di flussi di cassa, sia indirettamente, con la
percezione esterna di sicurezza e stabilità della banca.
Infine, la situazione di equilibrio patrimoniale migliora la gestione della liquidità, in
quanto aumenta la scadenza media del passivo e riduce eventuali situazioni di
disallineamento fra flussi di cassa in entrata e in uscita. L’eventuale sotto-
patrimonializzazione della banca e il conseguente allontanamento dall’equilibrio
patrimoniale possono determinare il peggioramento del merito creditizio della banca,
1
Cfr.
Ferrari
A.,
Gestione
della
Tesoreria
e
della
liquidità
in
Onado
M.,
La
Banca
come
Impresa,
il
Mulino,
Bologna,
2006,
p.76
2
Cfr.
Ruozi
R.,
Ferrari
P .,
Il
rischio
di
liquidità
nelle
banche:
aspetti
economici
e
profili
regolamentari
in
Banche
e
banchieri
n.2,
2009
3
Cfr.
Banfi
A.,
Capizzi
V.,
Nadotti
L.,
Valletta
M .,
Economia
e
gestione
della
b anca,
McGraw -‐
Hill,
Milano,
2010,
p.
140
ss.
IL
CONCETTO
DI
LIQUIDITÀ
NELL’AZIENDA
BANCARIA
11
che può incontrare difficoltà nel reperire i fondi necessari per coprire temporanei
squilibri fra flussi di cassa in entrata e flussi in uscita.
4
Il bilanciamento tra i flussi di cassa è l’obiettivo della politica della liquidità, che può
essere intesa come l’insieme degli interventi che l’azienda di credito definisce per
realizzare la combinazione desiderata tra flussi in entrata e in uscita nel medio termine. I
criteri gestionali così individuati dall’intermediario rifletteranno le sue valutazioni circa
la convenienza economica della detenzione di risorse finanziarie e determineranno la
composizione quali-quantitativa dell’attivo e del passivo del bilancio della banca. Con
la politica della liquidità la banca determina il quantitativo di base monetaria da
detenere in forma di riserve libere e definisce la composizione degli impieghi e della
raccolta.
In questo contesto, il management decide i confini e i metodi di gestione di quelle
componenti di bilancio con scadenza nel medio termine e il margine di manovra degli
interventi da compiere nel breve periodo: è necessario assicurare l’equilibrio di questi
flussi sia nel brevissimo periodo (tesoreria) sia su orizzonti temporali più ampi
(liquidità).
5
In definitiva gli obiettivi della gestione della liquidità si sostanziano in:
6
• assicurare in ogni istante un’adeguata corrispondenza fra flussi in entrata e in
uscita, garantendo in tal modo la solvibilità tecnica della banca;
• coordinare l’emissione da parte della banca di strumenti di finanziamento a breve,
media e lunga scadenza;
• ottimizzare il costo del rifinanziamento, bilanciando il trade-off fra liquidità e
redditività;
La gestione della liquidità a breve termine considera gli eventi che impatteranno sulla
posizione di liquidità della banca nell’orizzonte temporale di dodici mesi, mantenendo
la capacità di adempiere agli obblighi di pagamento ordinari e straordinari
minimizzandone i costi.
Le tipiche azioni svolte a tal fine sono:
7
4
Cfr.
Ruozi
R.,
Economia
e
gestione
della
banca ,
quarta
edizione,
Egea,
Milano,
2006
5
Cfr.
Onado
M.,
La
Banca
come
impresa ,
il
Mulino,
Milano,
2004,
p.75
6
Cfr.
Ruozi
R.,
Ferrari
P .,
Il
ri schio
di
liquidità
nel le
banche ,
op.cit.,
2009
7
Cfr.
Tuzzi
L.,
Rischio
di
liquidità
e
piani
di
gestione
delle
crisi
in
Resti
A.,
Il
secondo
pilastro
di
Basilea
e
la
sfida
del
capitale
economico ,
Bancaria
Editrice,
Roma,
2008,
p.
267
ss.
IL
CONCETTO
DI
LIQUIDITÀ
NELL’AZIENDA
BANCARIA
12
o gestire l’accesso al sistema dei pagamenti (gestione della liquidità operativa)
o gestire il profilo degli esborsi di liquidità da effettuare e monitorare il grado di
utilizzo delle riserve di liquidità (gestione attiva della maturity ladder)
o integrare le azioni di gestione della liquidità a breve con le esigenze di quella
strutturale, nell’orizzonte compreso tra i tre e i dodici mesi (integrazione tra
liquidità tattica e liquidità strategica)
Prendendo come esempio il gruppo Unicredit, la strategia adottata per raggiungere tale
obiettivo si realizza attraverso:
8
• la gestione dell’accesso ai sistemi di pagamento;
• la gestione dei pagamenti per cassa da effettuare e da ricevere che impattano
sulla “posizione della Tesoreria”
9
;
• la diversificazione delle fonti di mercato sui mercati monetari di breve termine;
• le gestione del livello delle riserve di liquidità e del loro utilizzo nel tempo;
• l’integrazione della gestione della liquidità a breve con un buffer per flussi
inattesi;
• il monitoraggio della concentrazione delle fonti di finanziamento;
• il monitoraggio della disponibilità di attivi non pignorati;
• il monitoraggio della posizione di liquidità a breve;
• l’analisi periodica dei risultati degli stress test di liquidità;
• il monitoraggio dell’evoluzione delle attività e delle passività a medio-lungo
termine;
• l’attivazione tempestiva del contingency funding plan
10
in caso di crisi;
8
Cfr.
Tutino
F.,
Brindelli
G.,
Ferretti
P.,
Basilea
3.
gli
impatti
sulle
banche ,
Egea,
Milano,
2011
p.170
ss
e
vedi
anche
Sezione
3
–
Rischio
di
liquidità,
Informazioni
di
natura
qualitativa
in
www.unicreditgroup.eu
9
La
Posizione
di
Tesoreria
è
definita
dalla
dinamica
dei
saldi
tra
entrate
e
u scite
nel
breve
e
brevissimo
periodo.
Vedi
Ferrari
A.,
Gestione
della
Tesoreria
e
della
liquidità
in
Onado
M.,
La
Banca
come
Impresa ,
il
Mulino,
Bologna,
2006,
p.77
10
Documento
in
cui
sono
individuati
e
comunicati
in
modo
trasparente
a
tutta
l’azienda
i
processi
operativi
da
porre
in
essere
al
verificarsi
di
possibili
fenomeni
di
crisi
conseguenti
ad
eventi
ostili
(trigger
events);
vedi
Fortuna
F.,
L’Informativa
sui
rischi
nelle
banche,
Franco
Angeli
Editore,
Milano,
2010
e
vedi
infra
1.6.1
Il
contingency
funding
plan
IL
CONCETTO
DI
LIQUIDITÀ
NELL’AZIENDA
BANCARIA
13
A livello consolidato, i limiti per la gestione della liquidità, i warning level e i threshold
level sono fissati e monitorati secondo l’approccio del mismatch delle scadenze, con un
focus sulla Tesoreria e sulle attività alla clientela di primaria importanza.
11
Essi sono determinati in base a gap cumulati su diverse fasce di scadenza, definiti come:
Gap cumulato di liquidità = flussi netti + buffer di liquidità + aggiustamenti +
counterbalancing capacity
dove:
-‐ flussi netti: valore dei flussi di cassa giornalieri derivanti da flussi effettivi in
entrata e in uscita, determinati sui mercati finanziari o provenienti da clientela
privata o aziende, inclusi i flussi futuri previsti (pensioni, tasse, rimborso cedole,
dividendi,…) se disponibili e rilevanti
-‐ buffer di liquidità: è opzionale, è dato da componenti periodicamente valutate e
verificate, che rappresentano fabbisogni per la raccolta giornaliera derivanti da
attività di business, come prestiti, depositi, trasferimenti,… l’uso di questo
buffer va approvato dal presidio di risk management della banca.
-‐ aggiustamenti: dovuti alla gestione della riserva obbligatoria al fine di valutare
la posizione di liquidità della banca
-‐ counterbalancing capacity: insieme delle poste (quali le riserve libere o i titoli
disponibili) che, in quanto certe, sono esigibili a vista o rapidamente liquidabili e
consentono di far fronte tempestivamente ai gap di liquidità.
E’ di uso comune che i limiti relativi alla gestione della liquidità a breve siano definiti
per le posizioni fino a un mese; a questi si affianca un sistema di warning levels per
scadenze fino a due o tre mesi, da monitorare al fine di garantire un’adeguata gestione
della liquidità per il funding in scadenza.
Oltre ai limiti e ai warning levels viene controllata l’evoluzione dei gap di liquidità per
le scadenze fino a sei mesi e ad un anno, col fine di prevedere qualsiasi forma di
tensione connessa alla liquidità a breve, perseguendo contemporaneamente la stabilità
strutturale, con riferimento alle scadenze inferiori all’anno, in coerenza con la
definizione ed esecuzione del piano di emergenza
12
. Questi threshold supporteranno la
banca nel perseguire una gestione tattica della liquidità. I limiti e i livelli di warning
sono definiti e monitorati con riferimento alla posizione complessiva della banca.
11
Cfr.
Tuzzi
L.,
Rischio
di
liquidità
e
piani
di
gestione
delle
crisi
in
Resti
A.,
op.cit.,
p.
268
12
Cfr.
infra
1.6.1
Il
contingency
funding
plan
IL
CONCETTO
DI
LIQUIDITÀ
NELL’AZIENDA
BANCARIA
14
La gestione della liquidità strutturale (a medio-lungo termine) si propone di mantenere
un adeguato rapporto tra passività complessive e attività a medio-lungo termine, col fine
di evitare pressioni sulle fonti attuali e prospettiche di breve termine. Le tipiche azioni
svolte a tal fine sono:
• allungamento del profilo di scadenze delle passività per ridurre le fonti di
raccolta meno stabili, ottimizzando contestualmente il costo del funding;
• finanziamento della crescita attraverso l’attività di funding strutturale definendo
le scadenze più appropriate;
• conciliazione del fabbisogno di raccolta a medio-lungo con la necessità di
minimizzare il costo diversificando le fonti, i mercati nazionali e internazionali,
le valute di emissione e gli strumenti utilizzati.
Per misurare il rischio di liquidità strutturale
13
, le banche possono assumere a
riferimento le regole sulla trasformazione delle scadenze (TdS) dettate da Banca d’Italia;
tale normativa è stata abrogata nel 2006
14
, ma viene utilizzata come principio generale
di sana e prudente gestione.
Al fine di implementare una gestione più puntuale ed efficace del rischio di liquidità
strutturale, le banche adottano dei modelli consolidati interni coerenti con le logiche
sottostanti la TdS e caratterizzato da un profilo di gap così costruito:
1) allocazione delle attività e delle passività su fasce temporali in base alla
scadenza contrattuale;
2) calcolo di un indicatore di gap cumulato ottenuto come rapporto tra le passività e
le attività con scadenza superiore all’anno; tale gap ratio deve essere pari o
maggiore di 0,90;
3) calcolo di un indicatore di gap cumulato ottenuto come rapporto tra passività e
attività con scadenza superiore a 5 anni, con lo stesso limite del precedente.
13
Cfr.
Tuzzi
L.,
Rischio
di
liquidità
e
piani
di
gestione
delle
crisi
in
Resti
A.,
op.cit .,
p.
27 0
ss.
14
Cfr.
Banca
d’Italia,
Gazzetta
Ufficiale
n.
86
del
12
Aprile
2006,
11°
aggiornamento
del
28
marzo
2006
alla
circolare
n.
229
del
21
aprile
1999.
Istruzioni
di
vigilanza
per
le
banche:
trasformazione
delle
scadenze
e
finanziamenti
a
medio
e
lungo
ter mine
alle
imprese .
IL
CONCETTO
DI
LIQUIDITÀ
NELL’AZIENDA
BANCARIA
15
La tesoreria della banca può essere rappresentata sia come l’insieme delle riserve di
attività liquide e liquidabili (riserve bancarie), sia come il complesso delle procedure
utilizzabili per sistemare gli squilibri tra movimenti in entrata e in uscita.
15
Nel caso che la dinamica dei flussi non si riveli adeguata ad assicurare il regolare
svolgimento dell’attività bancaria, è necessario adottare misure correttive che
consentano di sistemare rapidamente ed economicamente lo squilibrio creatosi.
L’insieme degli strumenti attivabili a tale scopo costituisce l’oggetto della politica della
tesoreria, che può essere definita come l’insieme degli interventi che hanno l’obiettivo
di mantenere l’equilibrio tra flussi in entrata e in uscita in ogni istante della gestione
bancaria, minimizzando i “costi di aggiustamento”, rappresentati dagli oneri connessi a
tali operazioni.
Attraverso le manovre di tesoreria, la banca è in grado di raccogliere liquidità
supplementare, nel caso la domanda fosse superiore a quella prevista.
La gestione della tesoreria può essere effettuata tramite due approcci principali
16
: uno
tradizionale-amministrativo e uno dinamico-speculativo. Nel primo caso, le manovre
correttive vengono attuate con l’unico obiettivo di assicurare, su base giornaliera,
l’equilibrio tra flussi in entrata e in uscita; nel secondo caso gli interventi contemplano
la possibilità di trarre benefici economici dalle operazioni.
In ogni caso, le manovre di tesoreria sono eseguite nel rispetto degli obiettivi generali
della politica della liquidità, definiti in considerazione dei vincoli imposti dalle autorità
di politica monetaria relativamente all’ammontare minimo di base monetaria da
detenere in forma di riserva obbligatoria e alle operazioni consentite per soddisfare
temporanee esigenze di liquidità non previste.
Le operazioni finanziarie di tesoreria (di raccolta e di impiego) comportano la gestione
di procedure e strumenti per il posizionamento dei saldi liquidi nel tempo.
17
Questo
processo di allocazione temporale dei flussi di tesoreria di realizza mediante la
selezione dei diversi strumenti e delle scadenze disponibili per impiegare (se positivo) o
finanziare (se negativo) il saldo giornaliero.
15
Cfr.
Onado
M.,
Gestione
della
Tesoreria
e
della
liquidità
in
La
Banca
come
Impresa ,
il
Mulino,
Bologna,
2006,
p.77
16
Cfr.
Banfi
A.,
Capizzi
V.,
Nadotti
L.,
Valletta
M .,
Economia
e
gestione
della
banca ,
McGraw -‐
Hill,
Milano,
2010,
p.141
17
Cfr.
Onado
M.,
op.
cit.
p.77
ss.