6
Introduzione
Quando un cittadino medio occidentale sente o legge la parola «islam» la sua mente richiama
immancabilmente l’immagine di un arabo a sua volta necessariamente associato al terrorismo.
Raramente si rende conto che questo termine fa riferimento ad un sistema di fede i cui credenti sono
circa un miliardo e mezzo di cui solo una minoranza (il 20%) ha origini arabe: una minoranza
dunque che, per quanto goda di una sorta di diritto di primogenitura, non può rappresentare la
totalità di una comunità composta e variegata quant’altre mai
1
.
Mediamente, inoltre, il mondo islamico viene stereotipato come un sistema culturale
completamente incapace di concepire la democrazia: donne con il velo e sottomesse, regimi
militari, lapidazioni, divieto della libertà di espressione e via dicendo sono pensate come realtà
immodificabili proprie non solo della cultura islamica, ma di ogni singolo fedele.
Questa tendenza alla generalizzazione impedisce di vedere questa religione come una realtà che non
solo è attraversata da diverse correnti, ma è anche e soprattutto composta da esseri umani con
bisogni e sentimenti uguali agli altri.
Negli ultimi anni, l’umma, si sta disperdendo sull’intero pianeta sia a seguito dell’aumento del
numero di migranti, sia perché il numero di convertiti all’islam è in continua crescita.
Si stanno producendo (…) processi di meticciato, di ridefinizione in cui ciascuno avrebbe qualcosa
da offrire e qualcosa da imparare
2
.
Purtroppo entrambe le civiltà non sono ancora in grado di superare i rispettivi pregiudizi che, uniti
al timore della perdita della propria identità, le spinge ad arroccarsi sulle proprie idee e a chiudersi
in loro stesse senza lasciare alcuno spazio al confronto.
La politica e i mass media contribuiscono in maniera determinante a mantenere viva questa comune
propensione all’astio e alla contrapposizione, al timore irrazionale e al rifiuto del Diverso.
1
P. Branca, Il sorriso della mezzaluna: umorismo, ironia e satira nella cultura araba, Carocci, Roma 2011, p. 82
2
P. Branca, Yalla Italia. Le vere sfide dell’integrazione di arabi e musulmani nel nostro paese, Edizioni Lavoro, Roma
2007, p. 26
7
Molti ambienti della politica e dei mass media europei (…) sono stati contagiati da una violenta e
volgare «tentazione islamofobica» (…) che raggiunge talora i livelli del pregiudizio socio –
religioso e del razzismo
3
.
È indubbio che nella storia le occasioni di conflitto tra questi due mondi siano state innumerevoli e,
infatti dal primo momento della sua comparsa, la religione dell’islam ha costituito un problema per
l’Europa cristiana
4
.
È altrettanto vero però che i contatti pacifici, anche se meno frequenti rispetto agli scontri, sono stati
un’occasione di crescita e sviluppo per entrambe le civiltà ed hanno anche dato vita a importanti
contaminazioni culturali, ad esempio in Andalusia.
In realtà questi due mondi potrebbero trovare più elementi comuni di quanto ritengano se solo
fossero disposti a cercarli e ad accettarli. Anche la loro stessa fede, più volte snaturata e utilizzata
da entrambe le parti per giustificare guerre e conflitti, ha caratteristiche molto simili.
Lo sviluppo dell’islam è ampiamente simile a quello delle altre religioni profetiche: (…) prima
veniva il profeta, poi la rivelazione profetica veniva fissata in testi sacri, quindi i teologi cercavano
di spiegarla e di difenderla e gli studiosi del diritto di trarne le implicazioni pratiche
5
.
Oggi ci troviamo in una situazione del tutto nuova e mai affrontata prima: la stretta convivenza tra
persone di lingue, tradizioni e culture differenti.
Lasciando i paesi d’origine, in cerca non solo di lavoro ma anche di diritti e condizioni più umane
e dignitose di vita, esse si sono trovate a giocare il ruolo – per loro inconsueto – di minoranza
all’interno di società di tradizione religiosa diversa e fortemente secolarizzate
6
.
Questo ha dato luogo a innumerevoli tensioni dovute ai fraintendimenti delle peculiarità culturali,
ma anche alla mancanza di un dialogo aperto e costruttivo interamente destinato alla conoscenza
dell’Altro.
La vicenda delle vignette danesi ne è un chiaro esempio.
3
F. Cardini, Europa e Islam. Storia di un malinteso, Laterza, Roma - Bari 2007, p. 326
4
A. Hourani, L’Islam nel pensiero europeo, Donzelli, Roma 1994, p. 9
5
Ibid., p. 57
6
Branca, Yalla Italia. Le vere sfide dell’integrazione di arabi e musulmani nel nostro paese, cit. p. 19
8
Da una parte si è assisto alla strenua lotta per la difesa della libertà di espressione, dall’altra si
trovavano migliaia di fedeli che combattevano, anche con le armi, per la difesa dell’onore di Dio e
del suo Profeta.
Quella che poteva essere un’opportunità di confronto costruttivo che avrebbe potuto condurre ad un
avvicinamento delle due realtà, è stata invece vissuta da entrambi come una provocazione a cui era
necessario rispondere a dovere.
Inoltre, le violente reazioni nei Paesi a maggioranza islamica hanno spinto l’Occidente a dare nuovo
vigore ai suoi pregiudizi ed in particolare a quello che classifica gli arabo – islamici come una
comunità pericolosa, completamente incapace di leggerezza ed ironia.
Questo è quanto di più lontano ci sia dalla effettiva realtà vissuta da quella cultura.
Di fatto, gli arabi, musulmani e non, utilizzano l’ironia quanto e forse più del mondo occidentale,
essendo la comicità, in primo luogo, una valvola di sfogo tanto più sfruttata quanto più un regime è
dispotico e liberticida. Se l’Occidente si fosse veramente interessato all’Altro si sarebbe accorto
inoltre che le modalità in cui l’ironia viene sfruttata e i soggetti scelti sono molto simili ai suoi.
I temi non differiscono da quelli occidentali, ad eccezione delle barzellette contro la religione che
nell’islam hanno sempre riguardato aspetti minori, senza toccare la divinità e i suoi profeti
7
.
Da parte dei Paesi a maggioranza musulmana restano tuttavia ingiustificabili le azioni compiute.
La logica della vendetta e del regolamento dei conti viene cavalcata da quei governi che sfruttano
il potenziale esplosivo costituito dalla ferita narcisistica dell’Islam e la crescita dell’odio che
l’accompagna
8
.
Sicuramente le manipolazioni politiche hanno contribuito a scatenare gli animi e a tutelare la
violenza che ne è seguita, ma da parte dei credenti è necessaria una maggiore consapevolezza della
propria identità e della propria cultura al fine di evitare che vengano snaturate e strumentalizzate per
giustificare simili atti.
7
Branca, Il sorriso della mezzaluna: umorismo, ironia e satira nella cultura araba, cit. p. 9
8
F. Boespflung, La caricatura e il sacro: Islam, Ebraismo e Cristianesimo a confronto, Vita e pensiero, Milano 2007,
p. 135
9
Molti credenti, ritenendosi vittime di una siffatta aggressione, non hanno dubitato neanche per un
istante di poter decifrare le intenzioni, per loro evidenti, delle dodici caricature incriminate:
«Queste caricature hanno l’obiettivo di provocare la frattura tra l’Islam e l’Occidente e favorire lo
scontro delle culture», dichiara il rettore della Grande Moschea di Parigi
9
.
Se Occidente e mondo islamico riuscissero a mettere finalmente da parte pregiudizi e rivalità ed
iniziassero a guardarsi con occhi umani, si renderebbero conto della varietà che li caratterizza e ne
trarrebbero entrambi giovamento.
C’è quindi la necessità di cogliere le trasformazioni dell’islam (…) per rendere la sua presenza
sempre meno eccezionale e più normale
10
.
La scuola è il laboratorio migliore dove iniziare questa pratica. Già oggi ogni edificio scolastico è
una realtà multiculturale dove si incontrano, scontrano, socializzano e discutono bambini e ragazzi
di credo e culture differenti. Ci sono già stati vari tentativi di introdurre corsi laici inerenti alle varie
religioni e culture, ad esempio a Mazara del Vallo, con lo scopo di portare gli studenti alla
conoscenza delle Diversità, ma soprattutto per far loro prendere coscienza del fatto che la loro
cultura non è né l’unica né la migliore e che quindi può essere integrata con altre.
Per realizzare convivenza e dialogo interculturale non basta accogliere e garantire il diritto allo
studio a tutti i bambini e ragazzi che vivono nel nostro paese; l’esperienza insegna come sia
oltremodo utile riconoscere e rispettare anche la lingua e la cultura di origine di ciascuno
11
.
Purtroppo queste iniziative restano ancora oggi troppo sporadiche.
È necessaria un’educazione civica al ritegno come virtù del cittadino, sorella di educazione e
cortesia, tutte figlie della fraternità
12
.
Da parte dei Paesi a maggioranza musulmana, invece, la conoscenza dell’Altro è ancora molto
limitata e non vengono fatti particolari sforzi per riempire questa lacuna. Tuttavia il mondo arabo -
islamico è perfettamente consapevole dei pregiudizi occidentali nei loro confronti come dimostrano
tra l’altro le caricature di Bergol Steph.
9
Boespflung, La caricatura e il sacro: Islam, Ebraismo e Cristianesimo a confronto, cit. p. 9
10
A.a. V.v., Alunni arabofoni a scuola, a cura di P. Branca e M. Santerini, Carocci, Roma 2008, p. 11
11
Ibid., p. 9
12
Boespflung, La caricatura e il sacro: Islam, Ebraismo e Cristianesimo a confronto, cit. p. 133
10
Ancora oggi resta quindi ancora molto da fare per raggiungere il traguardo di una reale ed effettiva
integrazione.
Non è dunque in atto nessuno scontro di civiltà, non vi sono realtà monolitiche irriducibili che si
oppongono in alcun clash apocalittico
13
.
«L’Islam sarà ciò che ne faranno i musulmani», ha detto l’egiziano Fouad Zakaria. Ma anche
l’Europa sarà quello che gli europei sapranno farne. (…) Un’Europa che saprà d’altronde
ritrovare la sua storia e ritessere la sua millenaria tradizione identitaria solo e nella misura in cui
riuscirà ad aprirsi correttamente al futuro, a rinnovarsi
14
.
13
Branca, Yalla Italia. Le vere sfide dell’integrazione di arabi e musulmani nel nostro paese, cit. p. 26
14
Cardini, Europa e Islam. Storia di un malinteso, Laterza, Roma - Bari 2007, pp. 326 - 327
11
Capitolo primo
Conoscersi per capirsi e capirsi per integrarsi
§ 1. Una paura irrazionale
Soprattutto dopo l’11 settembre 2001, il tema dell’Islam e della distanza culturale e fisica che ci
separa dal mondo islamico è tornato alla ribalta nella cronaca.
Una recente ricerca svolta dalla Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza del
Consiglio d’Europa ha riscontrato una rinascita di questi sentimenti in particolare verso gli Arabi,
gli Ebrei e i Musulmani
15
.
Per denunciare questo problema, nel 2005, il Consiglio d’Europa ha pubblicato un documento
intitolato L’islamofobia e le sue conseguenze sui giovani in cui tentava di dare una definizione ai
pregiudizi e alla paura irrazionale che causa un sentimento di repulsione verso la religione
musulmana e i suoi fedeli.
Con il termine islamofobia si intende una variabile della xenofobia che può essere considerata in
buona parte un contraccolpo dell’immigrazione extracomunitaria, specie clandestina, ma che
raggiunge talora i livelli del pregiudizio sociale e del razzismo
16
.
Essa (…) viene considerata «una violazione dei diritti umani e una minaccia alla coesione
sociale»
17
.
Per questo l’EUMC (European Monitoring Centre on Racism and Xenophobia) ha sottolineato
l’importanza delle misure di formazione contro il razzismo e ha spiegato come, di particolare
rilevanza, sia il controllo dei libri di testo e la formazione degli insegnanti.
Ad aggravare il problema dell’islamofobia ci pensano, però, i media, la stampa e i politici.
15
A.a. V.v., Alunni arabofoni a scuola, a cura di P. Branca e M. Santerini, Carocci, Roma 2008, p. 72
16
F.Cardini, Europa e Islam. Storia di un malinteso, Laterza, Roma - Bari 2007, p. 326
17
A.a. V.v., Alunni arabofoni a scuola, cit. p. 73
12
Le notizie scelte sono quelle che hanno maggiore impatto sull’immaginario collettivo, quelle più
facilmente utilizzabili per secondi fini, non necessariamente le più gravi e quelle destinate a
influenzare in maniera determinante il nostro comune futuro
18
.
L’immigrato viene presentato come diverso e malavitoso, come qualcosa di pericoloso da evitare e
condannare. Quante volte nei titoli di giornale viene messa in risalto la nazionalità dell’autore, vero
o presunto, di un crimine piuttosto che la notizia?
Il clandestino è visto soprattutto come un potenziale delinquente, o uno che commette reati solo per
il fatto di esistere, non anche e soprattutto come uno che subisce ogni sorta di angherie, ingiustizie
e sopraffazioni (…) se poi è musulmano, la predisposizione a finire militante di gruppi eversivi e
terroristici aggrava ulteriormente le cose
19
.
L’influenza dei media sull’opinione pubblica è un dato di fatto quindi è evidente quanto si sia
ancora lontani da un’integrazione effettiva.
L’informazione scarsa e di mediocre qualità, che solo una martellante pratica massmediale fa
sembrare al contrario abbondante e capillare, si sposa al permanente o addirittura grottesco
rinnovarsi di antichi pregiudizi nell’impedire che, riguardo all’Islam, si giunga a una visione
serena e concretamente flessibile delle cose
20
.
§ 2. Una graduatoria poco culturale
L’Occidente, nella sua convinzione di essere più avanzato, si disinteressa di approfondire la
conoscenza dell’altro, le sue idee, la sua cultura, la sua identità.
Questa assenza è significativa e diventa di capillare importanza quando si tratta di paesi, tradizioni
e culture differenti, poco note nei loro dettagli al di fuori di ristrette cerchie di specialisti
21
.
Dal canto suo, però, anche il mondo islamico offre poche possibilità di confronto.
Con il pretesto del rispetto della diversità culturale, alcuni pretendono non solo di continuare a
vivere come se fossero nel villaggio natio, ma addirittura di polemizzare su cose che in patria
18
P. Branca, Yalla Italia. Le vere sfide dell’integrazione di arabi e musulmani nel nostro paese, Edizioni Lavoro, Roma
2007, p. 18
19
Ibid., pp. 119 - 120
20
Cardini, Europa e Islam. Storia di un malinteso, cit. p. 325
21
Branca, Yalla Italia. Le vere sfide dell’integrazione di arabi e musulmani nel nostro paese, cit. p. 33
13
avrebbero accettato senza discutere. Qualche padre si rifiuta di parlare con insegnanti donne,
relega la propria moglie a svolgere compiti domestici impedendole di uscire
22
.
Lo stesso Paolo Branca afferma: «dentro casa mia, mi è capitato di ospitare musulmani che non
hanno fatto nessuno sforzo per comprendere le mie abitudini: la presenza del mio cagnolino è stata
talvolta vissuta con forte disappunto, per non parlare di mia moglie che, tornando dall’ufficio, non
ha ricevuto – non dico una stretta di mano – ma neppure un cenno di saluto»
23
.
Mondo occidentale e mondo arabo, purtroppo e per fortuna, hanno visioni diametralmente opposte:
nel primo il singolo ha una posizione di assoluta centralità mentre nell’altro è l’identità collettiva ad
avere un ruolo primario.
Questo complica notevolmente il processo di integrazione perché ognuna delle due civiltà è
convinta della propria superiorità e non pensa che il fatto che le culture siano molte e diverse non
comporta necessariamente che tra di esse vi sia una specie di graduatoria
24
.
Il fenomeno dell’immigrazione, che li sta portando tra noi, trova impreparazione da entrambe le
parti
25
.
§ 3. Integrarsi per completarsi
Molte persone quando sentono parlare di integrazione ne sono quasi intimorite. Pensano che l’unico
modo per raggiungerla sia rinunciare a parte della loro identità, a parte di loro stessi.
Ma cosa significa veramente «integrazione»?
Completamento. Inserimento in un contesto sociale, culturale e sim. Fusione fra diversi gruppi
etnici e razziali
26
.
Nulla di così spaventoso quindi. Completarsi, fondersi, unirsi non vuol dire rinunciare a qualcosa,
ma migliorarsi, accrescersi attraverso il contatto e la conoscenza dell’altro.
22
Ibid., p. 25
23
Branca, Yalla Italia. Le vere sfide dell’integrazione di arabi e musulmani nel nostro paese, cit. p. 23
24
Ibid., p. 17
25
Ivi.
26
N. Zingarelli, Il nuovo Zingarelli minore, Bologna 1998, p. 504