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1 . INTRODUZIONE
Come mette in evidenza il IV rapporto di valutazione dell’Intergovernmental Panel on
Climate Change (IPCC) del 2007 sul cambiamento climatico, l’attuale fase di
riscaldamento globale è ben documentata; le nuove previsioni confermano che il
riscaldamento osservato negli ultimi 50 anni può essere attribuito alle attività umane
(NICOLELLA M. et al., 2009).
La maggiore ricorrenza di fenomeni meteorologici di un certo rilievo, quali siccità, ondate
di calore, alluvioni, uragani e periodi di freddo intenso, ha fatto si che lo studio del clima e
la questione dei cambiamenti climatici divenissero di grande attualità negli ultimi anni. Il
mondo scientifico si è attivato per cercare delle conferme su tale cambiamento e, sulla base
di tutti gli studi effettuati, si è giunti alla conclusione di come questo sia inequivocabile ed
influisca sui fenomeni meteorologici estremi (IPCC 2007, IPCC 2012). Questi eventi
tendono ad avere importanti ripercussioni su un ampio spettro di sistemi ambientali e
socio-economici (BENISTON M. et al., 1997).
In questo contesto va sottolineato come gli ecosistemi montani siano particolarmente
sensibili al cambiamento climatico (BOGATAJ L. K. et al., 2007): lievi variazioni di
temperatura o precipitazioni in un sistema così complesso possono tradursi in drastici
cambiamenti, rilevanti dal punto di vista dell’innesco di eventi naturali, degradazione del
permafrost, distribuzione delle specie viventi, copertura nevosa ed estensione dei ghiacciai.
Come indicatore del cambiamento climatico, la neve è uno dei parametri piø interessanti da
analizzare perchØ dipende sia dalla temperatura che dalle precipitazioni (TESTA D., 2009):
variazioni nella distribuzione e nella consistenza delle precipitazioni nevose,
nell’estensione e nella copertura nevosa al suolo assumono, in quest’ottica, un importante
significato (KARL et al., 1993). I dati nivometrici permettono, inoltre, di incrementare la
conoscenza sui fenomeni eccezionali verificatisi in passato, così da prevedere gli eventi
estremi impattanti sul territorio montano.
Tuttavia, è difficile pronunciarsi sull’andamento futuro di eventi meteorologici con
conseguenze catastrofiche perchØ, da una parte, il cambiamento climatico modifica le
condizioni che danno origine agli eventi dannosi, ma dall’altra, trattandosi di avvenimenti
rari, è possibile definire delle tendenze solo nell’arco di periodi molto lunghi (NORTH N.
et al., 2007).
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Negli ultimi anni, lo studio dei fenomeni valanghivi è diventato sempre piø argomento di
attualità a causa del cospicuo numero di incidenti con danni materiali e perdita di vite
umane, oramai comparabile con quelle connesse ad altre calamità naturali (VAGLIANI F.,
1999).
La gestione del rischio valanghivo, operata dagli organi tecnici delle amministrazioni
pubbliche impegnate nella pianificazione e nella gestione del territorio alpino, è di
fondamentale importanza per poter organizzare le attività urbanistiche, turistiche e la
fruibilità dei luoghi da parte dei cittadini in totale sicurezza.
L’aumento dell’antropizzazione delle aree montane per lo sviluppo del turismo invernale, e
l’indifferenza nell’occupazione del territorio nei confronti di specifiche situazioni di
rischio, unita alla mancanza di studi sulla criticità delle aree e dei fenomeni di dissesto in
atto, causano effetti catastrofici che si ripercuotono sulla società in occasione di eventi
calamitosi di rilievo.
La conoscenza delle risorse naturali, dei beni ambientali e materiali presenti sul territorio
nonchØ studi e ricerche nivometeorologiche sono necessarie per la definizione di modelli
impiegati per la previsione e la gestione del rischio in ambiente montano (ROMEO V. et
FAZZINI M., 2008).
La diminuzione del rischio va perseguita attraverso adeguati strumenti legislativi che
stabiliscano l’uso piø corretto del territorio montano e regole di urbanizzazione da seguire
scrupolosamente, considerando il pericolo valanghe con la stessa importanza con cui si
tiene conto delle altre tipologie di rischio.
Contro la caduta di valanghe il territorio deve essere difeso nella sua interezza,
promuovendo interventi atti alla conservazione dinamica del suolo, alla prevenzione e
salvaguardia dei beni e dei suoi centri di produzione. Gli interventi devono puntare
all’annullamento o alla mitigazione del rischio e devono essere impostati in modo da
permettere il successivo incremento delle risorse ambientali attraverso la ricostruzione
delle coperture arboree, l’utilizzazione agraria, la creazione di nuove strutture produttive e
così via. La realizzazione di tali interventi deve altresì tener conto delle emergenze del
momento e delle realtà socio-economiche presenti.
L’intenzione di inserire dati valanghivi nelle carte di sintesi degli strumenti urbanistici sta
diventando sempre piø attuale e reale, permettendo così un’azione mirata attraverso una
3
pianificazione integrata ed una programmazione coordinata degli interventi stessi
(BONGIOVANNI M., C., 2011). Tuttavia, lacune nella conoscenza e la mancanza di dati a
disposizione degli organi amministrativi, spesso, impediscono una coerente gestione del
territorio e un tempestivo intervento in occasione di criticità ambientali.
E’ in quest’ottica che l’Università degli Studi di Torino e l’ARPA (Agenzia Regionale Per
la Protezione dell’Ambiente) Piemonte collaborano da tempo per implementare la
conoscenza tecnico-scientifica sul clima, l’ambiente e il territorio cercando di creare
strumenti di analisi e di intervento innovativi, utilizzabili da coloro che operano in questi
settori.
Negli ultimi anni sono state sviluppate numerose iniziative con lo scopo di analizzare la
variabilità climatica e ottenere un quadro sui cambiamenti climatici in atto ed, in
particolare, il progetto interregionale 2007 - 2013 STRA.DA (STRategie di ADattamento
ai cambiamenti climatici per la gestione dei rischi naturali), che analizzando le variabili
nivometriche in territorio alpino, valuta le possibili correlazioni tra i mutamenti climatici
ed il verificarsi di rischi naturali (CARDONA S. C., 2011).
In questo contesto si inserisce il mio lavoro di ricerca che è incentrato sulla
caratterizzazione del clima e del cambiamento climatico in atto in Alta Valle Po, sullo
studio dei fenomeni valanghivi che si sviluppano nel territorio comunale di Paesana,
Ostana e Oncino e sulla conseguente realizzazione di una Carta di Localizzazione
Probabile delle Valanghe.
I dati impiegati per lo studio del clima sono stati prelevati dalla banca dati meteorologica
dell’ARPA Piemonte. I dati giornalieri di temperatura, precipitazione liquida e solida delle
stazioni meteorologiche di Paesana, Pian Giasset e Monviso sono stati elaborati
statisticamente al fine di individuare le caratteristiche climatiche e gli andamenti di tali
parametri meteorologici. Per lo studio del cambiamento climatico in atto sulle Alpi
occidentali si è scelto di esaminare le elaborazioni già svolte da BRUNATTI S., (2008) e
da FRATIANNI S. et al., (2010) per la stazione meteorologica di Acceglio Saretto in Valle
Maira, per la quale esiste una serie completa di dati dal 1923 al 2009; i dati giornalieri,
infatti, coprono un periodo di 86 anni e soddisfano il requisito fondamentale stabilito dalla
World Meteorological Organizzation (WMO, 2007), secondo cui sono necessari almeno 30
anni di dati per poter svolgere uno studio climatico rappresentativo delle condizioni
meteorologiche della zona.
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La seconda parte del lavoro di tesi si focalizza sullo studio del fenomeno valanghivo in
Alta Valle Po e sulla realizzazione della Carta di Localizzazione Probabile delle Valanghe
(C.L.P.V.) per i tre comuni selezionati. In prima istanza sono stati esaminati i fotogrammi
aerei estivi, mediante uno stereoscopio, al fine di rilevare le tracce lasciate sul terreno dal
passaggio delle valanghe; successivamente, è stata svolta una ricerca storica sul fenomeno
che ha interessato questa valle e un’inchiesta dettagliata sul campo, che ha permesso di
riscontrare le testimonianze fisiche del passaggio di valanghe recenti e di acquisire le
memorie orali degli abitanti del luogo; infine, il lavoro è stato completato con la
restituzione cartografica e la realizzazione in formato digitale, con il software ESRI-
ArcWiev, della C.L.P.V. in scala 1:20.000 che riassume tutti i siti valanghivi individuati
precedentemente.
Questo documento tecnico verrà inserito nel SIVA (Sistema Informativo VAlanghe) di
ARPA Piemonte e sarà consultabile dal pubblico per mezzo del servizio internet gratuito
WebGIS; potrà essere quindi adottato come utile supporto dagli organi amministrativi
impegnati nella pianificazione territoriale per la gestione delle emergenze idro-geologiche.
Esso, riportando le aree potenzialmente esposte alla caduta di valanghe, fornisce un valido
supporto alla previsione e prevenzione dei rischi, garantendo una piø tempestiva
attivazione delle misure di intervento mirate a contrastare tali criticità ambientali.
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2. INQUADRAMENTO TERRITORIALE DELL’AREA DI STUDIO
2.1 Inquadramento geografico
2.1.1 L’Alta Valle Po
La Valle Po è situata nella parte centro occidentale del Piemonte, agli estremi limiti della
provincia di Cuneo e si estende dallo spartiacque, coincidente con l’attuale confine politico
italo-francese, fino allo sbocco in pianura. La valle sale rapidamente, in soli 13 km circa,
dalla piana alluvionale si passa alle zone di alta montagna dove molte vette del gruppo del
Monviso superano largamente i 3000 m di quota, tra cui le maggiori sono situate su
contrafforti e catene secondarie e non sulla linea spartiacque principale. Quest’ultimo,
separa invece i bacini gravitanti sull’asta del Po e convoglianti le acque al mar Adriatico,
da quelli francesi attinenti al sistema Ubaye-Durance-Rodano, le cui acque si dirigono
verso il mare della Provenza.
Oltre la frazione Calcinere di Paesana, la valle si apre in due sottobacini: Oncino, nella
valle del Lenta, sulla destra orografica del Po e Crissolo ed Ostana, interessati dal corso
iniziale del Po, sulla sinistra orografica della valle. Ogni sottobacino si suddivide e dirama
ancora in valloni secondari seguendo l’orografia specifica del territorio.
In termini macrotopografici, la vallata è delimitata da due lunghe catene che la separano
dalla Valle Varaita e dalla Valle Pellice; esse si staccano dalla catena principale, la prima a
Sud dalla Punta Gastaldi (3214 m) e lungo di essa si segnalano il Visolotto (3348 m), il
Monviso (3841 m), la cima delle Lobbie (3015 m), la punta Rasciassa (2664 m), la Testa di
Garitta Nuova (2385 m) per scendere fino alle porte di Saluzzo. La seconda a Nord, ha
origine presso il monte Granero (3171 m) e lungo di essa si allineano la Meidassa (3105
m), il Frioland (2720 m) la Selassa (2036 m) terminando, dopo la Colletta di Barge, con la
presenza del Monte Bracco (1307 m) contrafforte significativo all’imbocco della valle Po
(RIF. WEB 1).
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Fig. 1: Topografia dell’Alta Valle Po (Carta Topografica d’Italia, scala 1:100.000).
2.1.2 L’area di studio: Comuni di Paesana, Ostana e Oncino
2.1.2.1 Paesana
Il comune di Paesana si trova nella parte bassa della valle, allo sbocco con la pianura
saluzzese. Il suo territorio si estende per un’area di 58,1 km
2
e comprende porzioni
pianeggianti, in cui sorge la cittadina di Paesana, e zone di alta quota quali ad es. Piano
Croesio, Pian Munè, Testa di Garitta Nuova sul versante orografico destro della valle e la
Colletta di Barge sul sinistro. A Nord confina con il Comune di Barge, ad Est con il
Comune di Sanfront ad Ovest con i Comuni di Ostana e Oncino e a Sud con il Comune di
Sampeyre.
Paesana ha una popolazione di circa 2961 abitanti, è articolata in due borghi distinti a
cavallo del Po (Santa Margherita a destra e Santa Maria a sinistra) e fa parte della
Comunità montana Valli Po, Bronda e Infernotto. Le coordinate geografiche di riferimento
sono: Latitudine 44°41’17’’ N e Longitudine 7°16’28’’ E.
Le frazioni di maggiore rilievo sono Agliasco, Calcinere, Croce, Croesio, Erasca, Ghisola e
San Lorenzo.
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Oggi Paesana è un importante centro di soggiorno per la Valle Po, da cui partono numerosi
sentieri escursionistici per tutta la valle.
2.1.2.2 Ostana
Ostana è una comunità occitana dell’Alta Valle Po, un paese costituito da numerose
borgate disposte sul pendio in sinistra orografica del fiume Po; confina con i comuni di
Crissolo, Oncino, Paesana (in valle Po) e Bagnolo Piemonte e Barge (in Valle
dell’Infernotto).
Ostana occupa una superficie di 16,98 km
2
. Il suo territorio, tipicamente montano, si
estende dagli 895 m del Moulin di Villo fino ai 2426 m del Briccas, è posto su un lungo
pendio esposto a Sud, delimitato a valle dal corso del fiume Po. Il centro principale di
Ostana sorge a 1250 m s.l.m. e conta circa 73 abitanti. Le coordinate di riferimento sono:
Latitudine 44°41’36’’ N e Longitudine 7°11’25’’ E. Le principali frazioni sono:
Ciampagna, Ciampetti, Sant’Antonio, La Villa, San Bernardo, Bernardi, Serre, Miridò e
Martino.
2.1.2.3 Oncino
Il comune di Oncino si trova sulla destra orografica del fiume Po. Il suo territorio si
estende per 47,5 km
2
a partire dal versante Est del Monviso sino al Torrente Lenta che
segna il confine con il Comune di Paesana ed è delimitato a Nord dal corso del fiume Po.
Confina, inoltre, a Nord con Crissolo ed Ostana, a Ovest con Pontechianale e a Sud con
Casteldelfino e Sampeyre. Il borgo di Oncino sorge a 1220 m s.l.m. e possiede 81 abitanti.
Le coordinate di riferimento sono: Latitudine 44°40’40’’ N e Longitudine 7°11’29’’ E. Tra
le frazioni di maggior rilievo vi sono: Arlongo, Piatette, Chiotti, Bigorie, Paschiè, Porcili,
Ruata, Ruera, Sant’Ilario, Saret, Serre, Tirolo e Villa (RIF. WEB 2).
2.2 Inquadramento geologico
Nel Bacino del Fiume Po nell’Alta Valle, situato nelle Alpi Cozie, affiorano orientate NW-
SE, in fasce parallele, alcune delle maggiori unità strutturali della Zona Pennidica
(BIANCOTTI A., 1982). Dalla zona di sbocco in pianura verso la testata della valle
compaiono:
- il Massiccio Cristallino Dora-Maira;
- la Zona Piemontese (o dei Calcescisti con Pietre verdi).
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I massicci cristallini interni probabilmente rappresentavano il substrato del bordo esterno
della fossa piemontese, il cui fondo era in massima parte costituito dalla crosta oceanica
che ha dato origine al grande complesso ofiolitico del Monviso. L’orogenesi alpina ha
determinato la imponente traslazione orizzontale delle unità da Est verso Ovest e Sud-
Ovest. Le principali fasi tettoniche, che si sono succedute dall’Oligocene al Miocene,
hanno sconvolto l’originario assetto paleogeografico con la formazione di numerosi
ricoprimenti accavallatisi gli uni sugli altri e importanti complicazioni tettoniche quali
scagliamenti e retroflessioni. E’ stata mantenuta nel complesso la continuità laterale delle
varie unità che mostrano una disposizione allungata con direzione media parallela all’asse
della catena alpina.
Il territorio in esame si estende su settori caratterizzati da un contatto di sovrapposizione
tra le due unità pennidiche (Fig. 2).
Fig. 2: Stralcio della Carta Geologica d’Italia (1:100.000): foglio 79 Dronero; foglio 67
Pinerolo.
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2.2.1 Il Massiccio Cristallino Dora-Maira
Il Massiccio Cristallino Dora-Maira affiora limitatamente nella media e bassa valle Po;
rappresenta l’unità pennidica piø interna, le cui propaggini orientali e meridionali si
immergono al di sotto delle alluvioni quaternarie che formano le alte pianure del
Saluzzese.
Il metamorfismo alpino di alta pressione è stato accompagnato da una deformazione duttile
organizzata in almeno tre fasi plicative (LOMBARDO B., NERVO R., 1978). Infatti, il
Massiccio è costituito:
- internamente, da uno zoccolo cristallino polimetamorfico, in parte granitizzato in età
ercinica;
- da una sequenza vulcano-detritica di età permo-carbonifera attualmente formata da
micascisti, gneiss, conglomerati e porfiroidi;
- esternamente, da quarziti micacee, micascisti quarzosi e conglomerati, a loro volta
derivanti dal metamorfismo di arenarie ed argilliti permo-triassiche.
Le principali litologie del Dora-Maira affiorano solo nei fondovalle sottoposti ad intensa
erosione, nelle nicchie di distacco di alcune frane recenti e nei tagli artificiali. Sui versanti
sono in genere profondamente alterati, in ragione dell’alta componente micacea e coperti
da una coltre eluviale potente fino a 2-3 m. Sono in essi comuni le intercalazioni gneis
siche, minute o occhiatine e lenti di rocce basiche antiche.
2.2.2 La Zona Piemontese
Il Complesso dei Calcescisti con Pietre verdi affiora alla testata della valle; di età giurese-
cretacea, ha alla base un complesso calcareo-dolomitico triassico. Le “pietre verdi” sono
rappresentate, sottoforma di sottili intercalazioni, da calcescisti e filladi, talvolta carboniosi
associati a gabbri, prasiniti e serpentiniti, derivati dal metamorfismo di rocce e sedimenti
del fondo oceanico (SCHWARTZ S. et al., 2004).
L’imponente massa ofiolitica del Monviso (Klippe ofiolitico) costituisce un complesso
mesozoico autonomo. Si tratta di un’enorme scaglia sovrascorsa sui calcescisti e
proveniente dalle parti interne della fossa geosinclinale piemontese. Le pietre verdi del
Viso deriverebbero pertanto direttamente dalla crosta oceanica, sulla quale si depositarono
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i sedimenti calcareo-argillosi trasformati in calcescisti dal metamorfismo alpino
(ANSALDI G. et MAFFEO B., 1979).
Nel Massiccio del Monviso la letteratura definisce due diverse sequenze: una superiore
che, in successione rovesciata, risulta caratterizzata da metabasiti a grana fine, metagabbri
e metabasalti, mentre l’inferiore è formata da metabasiti listate, metagabbri e serpentiniti
antigoritiche. Una fascia intermedia costituita prevalentemente da serpentiniti, che
includono importanti masse di metagabbri eclogitici, separa le due sequenze lungo un
importante contatto tettonico (NERVO R., 2007).
Il contatto fra i Calcescisti e il Cristallino Dora-Maira è tettonico ed è segnato sovente da
intensi processi di laminazione e cataclasi, costituenti direzioni di scorrimento
preferenziali, segue l’andamento della giacitura principale, con immersione W-SW e
attraversa il fondovalle nei pressi di Pian Melzè (Crissolo).
2.3 Inquadramento geomorfologico
Dal punto di vista morfologico l’area in esame è caratterizzata dalla presenza della valle
principale, la quale, è incisa dal fiume Po ed ha una direzione W-E. L’asse vallivo, nella
zona prettamente montana, è piuttosto inciso e presenta importanti conoidi di deiezione,
che rappresentano la fascia di raccordo tra il fondovalle e gli ampi settori di versante.
L’assetto morfologico dominante risulta sicuramente connesso all’azione del glacialismo,
in particolare per le zone comprese fra i 1800 e i 2300 m di quota sui versanti; le strette
incisioni sul fondovalle principale invece si possono attribuire ad un’azione intensa della
dinamica fluviale.
I settori pianeggianti o sub pianeggianti si ritrovano lungo l’asta fluviale principale e nelle
zone in quota; queste ultime sono probabilmente o depositi glacio-lacustri, o degli areali
legati geneticamente all’esarazione glaciale (CHIUSANO L., 2010).
Le principali evidenze del glacialismo sono rappresentate da numerosi affioramenti e sub-
affioramenti di depositi glaciali e fluvioglaciali sia, localmente, su settori di versanti nei
pressi del fondovalle, sia su settori in quota.
Il motivo geomorfologico dominante nell’area è dato da una serie di valloni glaciali, a
profilo trasversale a U, ad asse diretto SW-NE, incise in gole profonde dall’erosione
fluviale olocenica.
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Le forme glaciali e periglaciali del Viso sono rappresentate da numerosi rock-glaciers
ancora attivi. Alla base dei versanti si sviluppano grandi pietraie di probabile origine tardi-
glaciale ed olocenica. Attualmente, detriti di grandi massi si formano in particolare alla
base delle pareti rocciose, in corrispondenza alle grandi linee di frattura.
La presenza di grandi pietraie, di cui si riporta un esempio in figura 3, ha in buona parte
obliterato le forme di accumulo morenico dei fondovalle e i pinnacoli di erosione, che
costituivano un motivo comune dell’area; i grandi versanti corrispondenti alle superfici di
stratificazione, formati da rocce fresche prive di tracce di alterazione, sono la
dimostrazione di un modellamento in atto, estremamente intenso, dovuto alla rapida
variazione di equilibri: l’intensa dinamica in atto è interpretabile come conseguenza di un
vasto sollevamento neotettonico.
Fig. 3: Coni di detrito nel gruppo del Monviso.
In tutto l’areale di affioramento delle pietre verdi i fenomeni di alterazione pedologica
sono poco evidenti per la particolare resistenza all’alterazione delle rocce madri.
Sulla piramide del Viso prevale la roccia affiorante. Sulle alte morene dei valloni glaciali e
sulle pietraie oloceniche i suoli piø evoluti sono litosuoli ai primi stadi di evoluzione e non
pedogenizzati.
Gran parte del basso versante del Viso è coperto da morenico sparso, derivante
dall’erosione e dalla parziale demolizione degli apparati morenici piø in quota
(BIANCOTTI A., 1982).
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Testimonianza morfologica del glacialismo dell’area sono i numerosi laghi intramorenici
che sorgono nelle zone di testata della Valle al di sotto del gruppo del Monviso: il Lago
Fiorenza, Lago Chiaretto, Lago Grande di Viso, Lago Costa Grande, Laghi delle Sagnette,
Lago della Pellegrina, Lago Gallarino, Lago Bulè e Lago Alpetto. Tali laghi alpini sono
formazioni geologiche di breve vita: i detriti che scendono verso valle, soprattutto in
concomitanza con lo scioglimento primaverile delle nevi, colmano in tempi geologici brevi
il letto del lago. Una volta colmato, il lago si trasformerà in una torbiera alpina di alta
quota, così come è successo per il lago alpino del Pian del Re, in corrispondenza delle
sorgenti del Po, oggi anch’esso divenuto torbiera.
(a) (b)
Fig. 4: Laghi intramorenici del gruppo del Monviso: Lago Grande di Viso (a) e Lago
Chiaretto (b).
Nel settore distale e medio del bacino in cui affiora il Massiccio cristallino del Dora-Maira
le forme sono piø dolci che nel settore di testata e rilevano un’attività erosiva meno
intensa. La morfologia dominante è data dal versante regolarizzato, lievemente convesso in
alto e concavo in basso, con un lungo settore pressochØ rettilineo. In alcuni casi lo sbocco
vallivo alla base dei versanti della valle principale manca della concavità ed il pendio si
connette bruscamente al fondovalle. L’inclinazione dei versanti è in diretta relazione alle
litologie affioranti. Sui micascisti, alterati, prevalgono le pendenze poco accentuate e le
forme dolci e regolari. Sugli gneiss, meno degradabili, le forme sono tendenzialmente piø
aspre e le pendenze si accentuano.
L’evoluzione in atto dei versanti è principalmente condizionata dalla franosità e dai
fenomeni di erosione superficiale.