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Introduzione
Questo lavoro ha come obiettivo prioritario lo studio delle stagioni riformistiche che
interessarono l'Italia e gli Stati Uniti nella prima metà degli anni sessanta.
Il paragrafo iniziale del capitolo dedicato agli Stati Uniti si propone di offrire un quadro
generale delle iniziative assunte dal governo statunitense tra la fase finale
dell'amministrazione Kennedy e l'avvio di quella guidata da Lyndon Johnson. Dal punto di
vista dell'azione internazionale, l'ultimo scorcio dell'amministrazione Kennedy fu
caratterizzato principalmente da due avvenimenti destinati a incidere profondamente negli
anni successivi: il primo fu, senza dubbio, l'aumento dell'impegno statunitense in Vietnam. Il
secondo, apparentemente meno rilevante ma destinato a aprire un periodo di distensione Est-
Ovest, fu la conclusione del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP) firmato – nell'estate
del 1963 – dai rappresentanti del governo statunitense, sovietico e britannico. Questo accordo
stabiliva la messa al bando degli esperimenti nucleari nell'atmosfera e nello spazio
sottomarino. In politica interna, Kennedy avviò un piano di riforme economiche e sociali,
destinate a restare enunciazioni teoriche a causa dell'opposizione del Congresso. Johnson,
divenuto Presidente dopo l'assassinio di Kennedy avvenuto a Dallas, il 22 novembre 1963, si
allineò alle posizioni kennediane in politica estera e in politica interna.
Nel secondo paragrafo si considera la linea politica adottata dall'amministrazione Johnson nei
confronti dell'Europa Occidentale. La politica kennediana verso l'Europa rispondeva a tre
obiettivi primari: il rafforzamento della partnership atlantica, il sostegno al processo
d'integrazione continentale e il maggior coinvolgimento degli alleati europei nella gestione
delle responsabilità globali degli Stati Uniti. La politica europea di Johnson si caratterizzò per
la scelta di una piena continuità con l'amministrazione precedente, continuando a dare
l'appoggio al processo di integrazione europea all'interno del principio di partnership
atlantica.
Il terzo paragrafo concentra la sua attenzione sull'analisi di una serie di riforme economiche e
sociali che facevano parte del programma denominato Great Society, di cui si fece promotore
l'amministrazione Johnson. Lo scopo di questo programma era porre fine alla discriminazione
razziale e la riduzione delle diseguaglianze sociali, affrontare il problema dell'emarginazione e
della povertà garantendo un livello di benessere diffuso nell'intera società americana. La
Great Society si tradusse in un insieme di provvedimenti di grande rilevanza simbolica e
pratica e rappresentò il più vasto piano di riforme realizzato negli Stati Uniti dai tempi del
New Deal rooseveltiano.
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Nel quarto paragrafo si delinea il percorso storico e politico che spinse gli Stati Uniti a
combattere il conflitto in Vietnam. Il governo statunitense, che aveva sostenuto il regime
coloniale francese sconfitto dalla guerriglia indipendentista vietnamita, appoggiò il governo
filoccidentale costituitosi nel sud del Vietnam dopo la divisione del paese avvenuta nel 1954.
La svolta decisiva avvenne con Kennedy, il quale autorizzò l'intervento militare in Vietnam.
Tuttavia fu Johnson a trasformare la guerra vietnamita in un conflitto a larga scala, dando il
via a una vera e propria escalation militare. L'andamento negativo della guerra e le sue
ripercussioni sul piano nazionale indussero Johnson a non candidarsi alle elezioni che si
dovevano tenere nel1968.
Il primo paragrafo del capitolo che riguarda l'Italia è dedicato all'avvio della coalizione
governativa di centrosinistra. Il primo esecutivo di centrosinistra rappresentò il risultato di un
quadro politico complesso, in cui ebbe un ruolo fondamentale l'evoluzione del mondo politico
italiano e l'orientamento del governo americano.
Dalla metà degli anni cinquanta i gruppi dirigenti della DC e del PSI, nonostante
l'opposizione delle correnti interne e di una parte del loro elettorato, cercarono di favorire
l'avvicinamento graduale dei loro partiti. L'altro fattore determinante per la formazione del
centrosinistra fu il parere favorevole dell'amministrazione Kennedy, che nel gennaio 1963
dette il suo assenso informale alla nuova compagine governativa. Nel marzo del 1962 fu
costituito il gabinetto con la partecipazione diretta dei democristiani, socialdemocratici,
repubblicani e l'astensione dei socialisti. Questo governo d'apertura a sinistra durò poco più di
un anno fino alle elezioni per il rinnovo del Parlamento, fissate per l'aprile del 1963. In
seguito a queste elezioni, nel dicembre del 1963 fu varato il primo vero esecutivo di
centrosinistra cosiddetto “organico”, formato dalla DC, dal Partito Socialdemocratico, dal
Partito Repubblicano e con la partecipazione diretta del PSI.
Il secondo paragrafo presenta una sintesi del programma riformistico del centrosinistra e dei
risultati raggiunti. I principi su cui era imperniata la filosofia del centrosinistra erano:
programmazione e riforme per superare gli squilibri strutturali, razionalizzazione dei settori
tradizionali dell'economia e dell'occupazione, ruolo centrale dello Stato, che diveniva il punto
di riferimento della relazione fra capitale e lavoro, nuovo rapporto con i sindacati per costruire
il consenso riformistico. È parso necessario mettere in evidenza che fu il governo d'apertura a
sinistra a realizzare le riforme più rilevanti (la nazionalizzazione dell'energia elettrica, la
creazione della scuola media unica, l'istituzione della cedolare d'acconto). Il centrosinistra
organico, viceversa, non riuscì a portare a compimento provvedimenti significativi quanto il
suo predecessore. La causa della fine dello slancio riformatore fu la mutata situazione politica,
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caratterizzata da uno spostamento verso destra degli equilibri interni della DC, e l'opposizione
di un insieme di forze economiche e sociali che vedevano nella politica riformista una
minaccia per i propri interessi
L'ultimo paragrafo è dedicato alle relazioni fra Italia e Stati Uniti nei primi anni sessanta,
considerandole come il naturale sviluppo di una relazione sistemica reciprocamente accettata
nella sua definizione. In questo paragrafo è inoltre riassunto il ruolo degli Stati Uniti nella
dinamica politica italiana, e si è tentato un confronto fra la stagione riformistica statunitense e
quella italiana, riepilogandone -seppur brevemente- le caratteristiche e le profonde differenze.
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Gli Stati Uniti dalla fine dell'amministrazione Kennedy a Johnson
L’azione internazionale dell’ultima fase della presidenza Kennedy fu segnata dalla
conclusione del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP): firmato, nell'agosto del 1963,
dalle delegazioni statunitense, britannica e sovietica. Il raggiungimento di tale accordo fu
agevolato dal miglioramento delle relazioni fra Stati Uniti e Unione Sovietica, seguito alla
crisi a Cuba nel 1962. La valutazione dei rischi e delle tensioni emerse spinse le due
superpotenze a riaprire il dialogo, che si incentrò sul controllo dell'energia e delle armi
nucleari.
Da parte statunitense il negoziato fu ostacolato dall'opposizione di alcuni influenti esponenti
repubblicani e da alcuni esponenti dello stato maggiore. Il punto di svolta fu rappresentato dal
discorso tenuto da Kennedy, il 10 giugno 1963, all'American University di Washington.1 Il
Presidente dichiarò la volontà americana di non riavviare gli esperimenti nucleari
nell'atmosfera, a condizione che l'URSS si adeguasse a tale decisione. Oltre alla “questione
nucleare”, il discorso di Kennedy affrontò anche il tema dei rapporti con il governo sovietico.
In tal senso il Presidente riconobbe la necessità di un mutamento di condotta degli americani
verso l’avversario, dichiarando «penso che sia indispensabile che anche noi riesaminiamo le
nostre posizioni, come individui e come nazioni, poiché il nostro atteggiamento è altrettanto
essenziale del loro».2 Una frase, secondo Arthur Schlesinger Jr., in grado di rivoluzionare la
concezione americana della guerra fredda.3 Alcuni commentatori sono inclini a ritenere che il
discorso di Kennedy potesse porre le basi per un rapporto nuovo fra le due superpotenze. 4
Secondo il giudizio di Giuseppe Mammarella «è un'ipotesi che rimane su un terreno
puramente speculativo ed è difficile da suffragare e da verificare. Ad aperture come quelle del
discorso all'American University sono facilmente opponibili altre e non meno convincenti
dichiarazioni dello stesso periodo, che confermano la diffidenza, l'ostilità e l'irreconciliabilità
delle posizioni tra le due superpotenze».5
I toni di Kennedy destarono una buona impressione nel governo sovietico, contribuendo a
creare l'atmosfera adatta alla stipula del trattato. Il TNP stabiliva la messa al bando degli
esperimenti nucleari nell'atmosfera e nello spazio sottomarino, ma non nel sottosuolo. Oltre
ad alimentare le aspettative pacifiste dell'opinione pubblica mondiale, turbata dal timore di un
1
Great Issues in American History: from the reconstruction to the present day, 1864-1969, a cura di R.
Hofstadter, Vintage Books, New Y ork 1969, pp. 467 sgg.
2
G. Mammarella, Storia degli Stati Uniti dal 1945 a oggi, Laterza, Roma-Bari 1993, p. 304.
3
A. Schlesinger Jr., I Mille Giorni di John F . Kennedy, Rizzoli, Milano 1966, p. 896.
4
A.L. George e R. Smoke, Deterrence in American Foreign Policy. Theory and Practice, Columbia University
Press, New Y ork 1974, p. 597.
5
G. Mammarella, op. cit., p. 305.