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Nelle recite che fioriscono ovunque, grazie soprattutto alle
congreghe religiose, la lingua è costituita da un misto di volgare e
dialetto allo scopo di rendere più comunicativo un linguaggio che
altrimenti sarebbe rimasto limitato alla comprensione di pochi
uditori. Nei secoli successivi, le rappresentazioni sacre
aggiungono intense capacità espressive e assurgono a dignità di
veri spettacoli curati anche nei costumi e nelle coreografie.
In questa evoluzione che conduce lo spettacolo ad una vera
manifestazione mondana, la pratica della sacra rappresentazione è
molto fiorente in Liguria e nei secoli successivi va ad intrecciarsi
con quella del teatro profano, in particolare a partire dal
Cinquecento:
«Proprio a Rapallo se ne trova traccia dalla
seconda metà del secolo XV, ad opera di due
confratie rivali, dette dei Bianchi e dei Neri,
attive in oratorii e in chiese diverse». 1
Altre fonti riportano rappresentazioni risalenti allo stesso periodo
1
Manciotti M., Tutta la regione diventa una platea, "Il Secolo XIX", Genova, Editrice de "Il
Secolo XIX", 3 giugno 1982, pag. 182
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e tenute in altre città liguri, spettacoli devoti che proliferano a
Genova in particolare fino a tutto il XVII secolo. Le sacre
rappresentazioni si avviano al tramonto nel Seicento e rimangono
retaggio delle confraternite; tra le sacre rappresentazioni
dobbiamo ricordare una «Passione» derivata da un racconto
di Jacopo da Varagine, illustratore insigne delle antiche vicende
genovesi, ma lo spettacolo che ha un più alto valore artistico è
quello dedicato a Santa Caterina da Alessandria nella seconda
metà del Cinquecento. 2
Trasformazione verso lo spettacolo religioso
A partire da tale periodo si formano valide Compagnie che
progressivamente inducono il teatro profano a prendere il
sopravvento su quello religioso. Nel 1579 lavora a Genova la
Compagnia dei «Gelosi» che si era formata a Firenze ed aveva
ottenuto il permesso di rappresentare commedie nella città ligure.
Il loro esempio è seguito da altre Compagnie che ottengono dalle
2
Bassano E., Govi e il teatro genovese, Genova, Erga Edizioni, 1995, pag. 31
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autorità genovesi lunghi permessi di soggiorno, Compagnie quali
gli «Uniti», gli «Accesi», e i «Desiosi». 3
Per quel che concerne le opere rappresentate nel teatro profano,
arrivano in Italia dalla Francia i testi di Racine e di Molière che
vengono tradotti da letterati di fama e sono rappresentati nelle
dimore delle più illustri famiglie genovesi, spesso anche autori dei
testi che recitano nei saloni dei loro palazzi sontuosi. Le
commedie che hanno un carattere tipicamente genovese, limitano
però la parlata dialettale solo a qualche personaggio servile,
come si rileva in tutto il periodo del teatro arcadico, pratica che
non è ignorata nemmeno da Goldoni il quale nell'«Adulatore»
(1750) mette in bocca ad un cuoco oltremodo risoluto un dialetto
assai credibile, anche come notazioni psicologiche: «Son Zeneize
e tanto basta! ». 4
3
Ibidem, pagg. 32 – 33
4
Manciotti M., art. cit., pag. 182
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Steva de Franchi ed il teatro dialettale
Nella seconda metà del Settecento, con Steva de Franchi,
patrizio illuminato che aveva tradotto in dialetto genovese
commedie francesi, il teatro dialettale irrompe prepotentemente
sulle scene. Il De Franchi, non trovando argomenti originali da lui
ritenuti adatti all’interpretazione che ne avrebbero fatta i nobili
genovesi, secondo l’usanza di rappresentare essi stessi gli
spettacoli organizzati nelle loro ville, comincia a tradurre le
commedie di autori francesi, con quella capacità d’osservazione
posseduta dal ligure, ed effettuando così il primo tentativo di
teatro dialettale genovese: -------------------------------------------------
-----------
«Questa capacità d’osservazione la
ritroviamo risolta piuttosto in chiave di
arguzia elegante nell’opera di Steva De
Franchi, il patrizio che alla metà del
Settecento traduce Molière dal francese in
genovese, accomodandone personaggi e
azioni alle consuetudini locali». 5
5
Pruzzo P., Parola di "stundàio", "Il Secolo XIX", Genova, Editrice del Secolo XIX, 18
febbraio 1983, pag. 182
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Successivamente, e fino al Novecento, vi è una certa penuria,
come dimostrano le difficoltà incontrate dallo stesso Gilberto
Govi nel ritrovare un repertorio di testi genovesi, perciò egli è
costretto a ricorrere a traduzioni dal veneto o dal toscano che poi
cerca di adattare agli umori genovesi. Nonostante la carenza di
testi originali in dialetto genovese, cresce l’interesse nei riguardi
dello spettacolo da parte del popolo il quale era escluso dai teatri
patrizi, e doveva accontentarsi di assistere alle esibizioni di mimi e
saltimbanchi in piazza e nelle fiere.
Le hostarie: prime sale pubbliche di Genova
Col tempo i divertimenti popolari vengono ospitati dalle
«hostarie» che erano semplici osterie nelle quali si esibivano
Compagnie di giro in cambio del vitto e dell’alloggio; queste
costituiscono le prime sale pubbliche di Genova, e tra quelle note,
la più antica è forse l’Hostaria delle Vigne, la cui attività risale al
secolo XVII, mentre il Teatro Falcone e il Sant’Agostino
risalgono alla famiglia del marchese Giacomo Filippo Durazzo:
Durazzo
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«Intanto il fronte del Teatro si allarga, dalle
sale patrizie scende nei locali aperti al
pubblico misto, e quindi anche al popolo di
bassa estrazione. Sono aperti e funzionanti il
teatro del ‘Falcone’ (ricavato da una
‘locanda’ o ‘hostaria’ esistente nel contiguo
stabile dei Durazzo, anzi dipendenza del
palazzo stesso), quello di S. Agostino e
quello delle Vigne, sui quali i Durazzo o per
diritto di proprietà o per spontanea
munificenza, esercitarono sempre il loro
controllo». 6
I teatri più importanti
In teatri quali il Falcone e il Sant’Agostino, si alternano prosa
e melodramma, mentre i commedianti si esibiscono nel teatro
delle Vigne, inizialmente anch’esso una «hostaria», e divenuto poi
locale di pubblico spettacolo nel Seicento. In questi teatri l’attività
si svolge in maniera intensa e regolare per tutto il Settecento,
specialmente al «Falcone» dove si tengono le rappresentazioni più
prestigiose con insigni artisti di opera lirica che si alterna alla
prosa. In questo settore si afferma l’avvocato Carlo Goldoni,
veneziano che si trasferisce a Genova come poeta al seguito della
6
Bassano E., op. cit., pagg. 36 - 37
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Compagnia del teatro San Samuele nel 1736, Compagnia
scritturata al Falcone.
Presso tale teatro si tengono gli spettacoli i primi dei quali
risalgono alla seconda metà del Seicento, quando i nobili vi
trasferiscono le recite che si organizzavano nelle residenze estive e
in quelle della città 7. Il Sant’Agostino, teatro che fa concorrenza
al Falcone, affianca all’ingresso principale riservato ai nobili, un
ingresso piuttosto angusto riservato al popolo, e dà così impulso
al sistema economico e sociale della città. Vi si tengono recite
memorabili e di alto livello anche se spesso i nuovi programmi
prevedono anche spazi per spettacoli di acrobati e danzatori
che erano richiesti dai ceti minori. Questa sala è per lunghi anni
il principale teatro genovese ed annovera tra i suoi
spettatori, imperatori, re e principi, da Filippo V a Napoleone I.
Il teatro di prosa in dialetto genovese
7
Bassano E., op. cit., pagg. 38 - 39
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La dilagante moda del teatro francese da origine al teatro di
prosa in dialetto genovese, il quale nel Settecento conservava
ancora difficoltà di espressione, ma è, come si è detto, grazie
al De Franchi, che si apre il sipario sul teatro in vernacolo
genovese. Per le prime rappresentazioni sono sue le traduzioni,
quali «L’avaro», «Ro manezzo per força», «Re preçiose
ridicole» di Molière, «Ro legatario universale» e «Ro ritorno no
previsto» di Regnard, «Ra Locandera de Sampé d'Arena»,
commedia d'autore ignoto, anche se alcune fonti la fanno risalire
alla «Locandiera» di Carlo Goldoni. 8
Altre sale di spettacolo in Liguria
Nel Teatro delle Vigne si svolgono spettacoli di marionette
molto graditi sia ai giovanissimi sia ai meno giovani, che vi
assistono fin dalla fine del Settecento. Tra le compagnie
più note provenienti da Milano, da Roma e da Torino sono quelle
dei Maggi, dei Nocchi, degli Zane, dei Colla.
8
Bassano E., op. cit., pag. 42
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Nell’Ottocento si moltiplicano i teatri grazie in particolare alle
feste laiche e repubblicane e al riconoscimento della funzione
civica dello spettacolo teatrale, propri del periodo giacobino.
Per tutto il secolo, Genova e la Liguria vedono aprirsi sale di
spettacolo, alcune in oratorii sconsacrati, altre per iniziative
pubbliche o private. A Genova, tra le prime, il Campetto, il
Colombo e l’Apollo, mentre tra le seconde, sono soprattutto altre
città liguri che vedono l’apertura del Sacco e del Chiabrera a
Savona, del Sociale a Camogli e così via.
A Genova viene inaugurato il 7 aprile del 1828 il teatro Carlo
Felice e, nel 1832 il Diurno, progenitore del Genovese; nel 1855
si tengono a battesimo il Margherita e il Paganini; nel 1870
genovese e nel 1874 il Politeama Alfieri. 9 A Genova sorgono
ancora altri teatri, quali l’Andrea Podestà, il Casino dei
Filodrammatici in Via Garibaldi, ed altri ancora che vanno a
caratterizzare gli anni ruggenti dei genovesi appassionati dello
spettacolo leggero.
9
Manciotti M., art. cit., pag. 183
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Quasi tutti i teatri genovesi sono distrutti a causa dei
bombardamenti subiti durante la seconda Guerra Mondiale, e
scompaiono teatri ben noti quali il Falcone e il Teatro delle Vigne
insieme agli altri teatri aperti successivamente, quali il Carlo Felice,
il Margherita e il Genovese successivamente ricostruiti, la Sala
Carignano, spazio privilegiato del teatro dialettale, e il
Sant’Agostino, divenuto successivamente Nazionale e che ha
vissuto l’esperienza dell’Accademia Filodrammatica Italiana.
La Compagnia Dialettale Genovese
In effetti, anche se diverse sono state le recite che si sono
svolte in diversi teatri di Genova, in dialetto genovese, quella che
è stata la prima Compagnia dialettale genovese ha avuto i suoi
natali sul palcoscenico del vecchio teatro Nazionale, divenuto
sede a partire dal 1890 della gloriosa Accademia Filodrammatica
Italiana fondata in Genova nel 1856. Ne facevano parte, in qualità
di soci, personalità quali Eleonora Duse, Nicolò Bacigalupo,
Paolo Ferrari ed altri ancora. Essa ha costituito una vera scuola
d’arte drammatica dalla quale sono usciti, per passare all’arte
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militante, numerosi filodrammatici che hanno presto raggiunto
posizioni apprezzabili in qualità di ottimi attori, quali Lauro
Gazzolo, Lina Volonghi, Claudio Gora, e molti altri ancora, fra i
quali Gilberto Govi. Quest’ultimo, dopo essersi affermato sulle
scene del Nazionale negli anni in cui recitava in lingua, ha lasciato
traccia incancellabile sulle scene italiane ed estere dove ha portato
la Compagnia Dialettale Genovese per oltre mezzo secolo,
facendola apprezzare da ogni tipo di pubblico.
È proprio in questo teatro che sono apparse le due prime
commedie in dialetto genovese, originali opere di Nicolò
Bacigalupo e non più traduzioni da Molière. Ad interpretare
queste commedie, un bravo attore, Davide Castelli, un
filodrammatico che recitava con Nicolò Bacigalupo
rappresentando in prima assoluta le sue pièces. Il Castelli, pur
costatando la povertà numerica del repertorio, affermava che una
volta messo in valore il teatro dialettale, non sarebbero mancati in
futuro autori di nuove commedie. Egli era affiancato anche se in
ruoli minori, da un giovane interprete destinato a divenire
famosissimo: Gilberto Govi.
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CAPITOLO PRIMO
IL TEATRO DI GILBERTO GOVI
Gli equivoci intorno alla città di nascita di Gilberto Govi
Gilberto Govi rappresenta per convenzione, presso gli
spettatori di mezzo mondo, il “tipo” genovese, furbo, sorridente e
rude; originale e misurato nell’inflessione e nel gesto, ha dato vita
a tipi e caratteri ben disegnati e coloriti con arte sottile e sicura.
Nato il 22 ottobre del 1885 a Genova, anche se le origini emiliane
della sua famiglia hanno creato alcuni equivoci intorno alla città di
nascita, equivoci che l’attore considerava come un affronto e una
menomazione alla sua personalità, per cui ha ritenuto opportuna
una precisazione nella sua autobiografia, nella quale si dichiara
genovese. Per questo egli aveva invitato il fondatore di uno
stabilimento tipografico, Adolfo Dellacasa, suo grande amico e
compagno di partite a bocce, a stampare centinaia di biglietti con
la riproduzione del suo atto di nascita. Gli equivoci derivavano
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dalle origini dei suoi genitori: il padre Anselmo impiegato nelle
ferrovie, era di nascita modenese, mentre la madre Francesca
Gardini era nata a Bologna, ed anche un illustre antenato, il fisico
Gilberto Govi (1826-89), era mantovano.
Le sue prima recite e il suo ingresso al Teatro Nazionale
Poche sono le notizie relative alla sua infanzia e adolescenza;
si sa per certo che egli ha frequentato l’Accademia di Belle Arti
dove ha rivelato un'evidente inclinazione per il disegno:
«Dopo le elementari (promozioni con fior di
voti), la scuola secondaria Da Passano, eppoi
i tre anni dell’Accademia di Belle Arti; si era
rapidamente rivelata e sviluppata un’attitudine
spiccata per il disegno, e il padre di Gilberto
non aveva avuto nulla in contrario che il
figliolo, ogni sera, si recasse alle lezioni del
prof. Quinzio, nei locali sovrastanti i portici
dell’Accademia, in Piazza De Ferrari».
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