INTRODUZIONE
Negli ultimi due decenni, la rivoluzione tecnologica ha coinvolto tutti
gli aspetti della vita sociale, modificando le abitudini delle persone ed
il loro modo di relazionarsi. Agente principale di questo cambiamento
così radicale è stato Internet che ha compresso ulteriormente lo spazio
ed il tempo, aggirando qualsiasi distanza prima considerata proibitiva
ed imponendosi con un modello di comunicabilità universale.
L'oggetto della nostra analisi sembrerà, per molti aspetti, esulare dai
contenuti e dalle tematiche che in una facoltà di Scienze Politiche si è
soliti affrontare. In realtà, lo scopo del nostro lavoro è quello di
contribuire alla letteratura inerente la governance globale del diritto
d'autore in reazione alle peculiarità del moderno ambiente tecnologico
modellato dalla globalizzazione. Ci occuperemo in particolare della
musica, la prima delle industrie culturali in ordine cronologico ad aver
vissuto uno stravolgimento per ciò che riguarda la messa a
disposizione del pubblico delle opere e la loro produzione.
Il punto di partenza di questa ricerca è il diritto industriale, nella
fattispecie le disposizioni concernenti la proprietà intellettuale relativa
alle opere musicali e la loro evoluzione in relazione a due diversi
processi: l'internazionalizzazione del diritto d'autore e l'emergere di
nuove tecnologie in grado di metterne in discussione le fondamenta.
Per questo motivo il nostro lavoro inizia passando in rassegna, nel
primo capitolo, i trattati internazionali che si sono susseguiti in
materia ed enucleando le differenze esistenti tra due diversi approcci
alla tutela delle opere dell'ingegno, uno incentrato sull'autore, l'altro
sull'editore. A mettere in crisi un sistema così radicato come la tutela
del diritto d'autore è, verso la fine del XX secolo, il fenomeno della
condivisione non autorizzata di materiale protetto sulla rete grazie
1
all'utilizzo delle nuove tecnologie. Come avremo modo di dimostrare,
la musica è molto più che semplice loisir: l'attenzione ad essa rivolta
da parte di tutti gli attori sociali, dai cittadini alle aziende
discografiche fino ai governi e le aule parlamentari, ci spingono a
pensare che essa, sotto molteplici punti di vista, sia assurta negli anni
ad un ruolo che va ben oltre l'intrattenimento ed il divertissement.
Da un punto di vista economico, innanzitutto. La music industry,
definizione olistica che racchiude al suo interno l'industria
discografica, le edizioni musicali e la musica dal vivo, ha fatto segnare
nel 2010 un giro d'affari mondiale di 66.4 miliardi di dollari, circa 6
miliardi in più rispetto ai valori del 2006 e più di un miliardo di dollari
in meno rispetto alle previsioni per il 2011
1
. Si tratta di un dato che ci
permette di fare alcune osservazioni molto rilevanti: se l'industria
musicale fosse uno Stato autonomo ed indipendente, essa risulterebbe
al 64° posto nella lista dei Paesi con il più alto PIL stilata del Fondo
Monetario Internazionale, davanti a Croazia, Lussemburgo, Slovenia e
Tunisia per fare degli esempi
2
. Inoltre, per ciò che riguarda il mondo
della finanza, alcuni artisti hanno visto le proprie canzoni essere
quotate in borsa come asset-backed securities
3
: il primo è stato David
Bowie che, nel 1997, ha ricevuto 55 milioni di dollari dalla Prudential
Insurance Company per l'acquisto dei Bowie Bonds, azioni della
durata di 10 anni con un tasso di interesse del 7.9% legate alle rendite
dei suoi dischi pubblicati prima del 1990
4
.
1 Queste statistiche, frutto delle indagini di eMarketer, sito di ricerca e analisi su
commercio, mercato digitale e media, sono consultabili a questo collegamento:
http://grabstats.com/statcategorymain.asp?StatCatID=9
2 Nominal GDP list of countries for the year 2010: World Economic Outlook Database –
September 2011, International Monetary Fund
3 Questo è stato possibile negli Stati Uniti, nei paesi dell'Europa continentale la vendita
ad altri è impedita dall'inalienabilità dei diritti morali degli autori, ossia quei diritti che
hanno ad oggetto la tutela della personalità degli stessi.
4 A. Fraser, David Bowie Rocks Wall Street, in «Pittsburgh Post-Gazette», 15/2/1997.
2
Da un punto di vista sociologico, il grande rilievo della musica nella
società è riconosciuto sin dall'antica Grecia e grande attenzione è stata
rivolta ad essa da pensatori come Max Weber e Theodor Adorno. A
partire dal secondo dopoguerra, quando la musica è diventata un
fenomeno popolare, numerosi studi ne hanno analizzato l'impatto sulla
vita delle persone; la teoria degli Uses and Gratifications, sviluppata
tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta dal sociologo della
comunicazione Elihu Katz, ha sottolineato l'importanza del contributo
dei mezzi di comunicazione di massa, come la musica, nella creazione
e nel soddisfacimento dei bisogni degli individui
5
. La digitalizzazione
della musica, resa possibile dalla diffusione capillare di pc e lettori
MP3, ha fatto aumentare in maniera esponenziale l'ascolto di musica:
in un'indagine recente, due psicologi britannici hanno rilevato che in
media i giovani ascoltano musica per 3 ore e 40 minuti al giorno per
una serie di ragioni quali, ad esempio, controllare l'umore, distrarsi
dalla noia quotidiana, incentivare relazioni interpersonali e rafforzare
l'identità personale
6
.
Da un punto di vista normativo, Internet ha fatto sì che le legislazioni
sul copyright venissero modificate in tutto il mondo per adattarle alle
nuove tecnologie ed ha incoraggiato gli stati a ricercare, attraverso
numerosi trattati, una convergenza verso standard di tutela
internazionali. Questo può essere spiegato in parte con il passaggio,
avvenuto con la fine della Guerra fredda, da stato-nazione a stato-
mercato teorizzato dal giurista americano Philip Bobbitt e ripreso
dall'economista italiana Loretta Napoleoni: mentre lo stato-nazione
aveva il compito di proteggere i cittadini, lo stato-mercato ha come
5 E. Katz – J. G. Blumler – M. Gurevitch, Uses and Gratifications Research, in «The
Public Opinion Quarterly», vol. 37, No. 4, Winter 1973-1974.
6 A. J. Lonsdale – A. C. North, Why do we listen to music? A uses and gratifications
analysis, in «British Journal of Psychology», V olume 102, Issue 1, February 2011.
3
scopo ultimo ed unico quello di procacciare per l'individuo, non i
cittadini, le condizioni economiche migliori per il suo arricchimento
7
.
Il nuovo stato «imprenditoriale» occidentale cerca di difendere
strenuamente la proprietà intellettuale, linfa del capitalismo moderno,
nella sua totalità, dai brevetti farmaceutici alle composizioni musicali,
passando per i brevetti industriali e di procedimento. Le etichette
discografiche, molto preoccupate dall'eventualità che gli utenti della
rete potessero avere accesso gratuitamente alla musica dei loro artisti,
hanno trovato una spalla nei governi, a loro volta intimoriti dalla
possibilità di una delegittimazione della proprietà intellettuale a partire
proprio dalla musica.
Tutto ciò si riflette anche dal punto di vista delle relazioni
internazionali: come vedremo più dettagliatamente nel quinto capitolo,
alcuni governi, in particolare quello statunitense, hanno esercitato
notevoli pressioni verso i propri omologhi colpevoli di non contrastare
in una maniera considerata soddisfacente il problema della online
piracy. Nel 1984, negli Stati Uniti, le associazioni di settore
8
dei vari
rami dell'industria dell'intrattenimento istituiscono la International
Intellectual Property Alliance (IIPA), concentrando più di 1900
aziende che producono e distribuiscono materiali protetti dal
copyright
9
. Ogni anno questo ente sottopone al'ufficio dello United
States Trade Representative (USTR) e ad altre agenzie governative
una relazione circa lo stato di protezione effettiva dei diritti di
proprietà intellettuale e delle pratiche di accesso ai mercati in paesi
stranieri che viene poi pubblicato dallo USTR con il titolo di Special
7 L. Napoleoni, Economia canaglia, Milano, il Saggiatore, 2008, p. 85.
8 Tra queste la Recording Industry Association of America, la Motion Picture
Association of America e la Association of American Publishers.
9 http://www.iipa.com/aboutiipa.html
4
301
10
. In esso viene stilata una lista di paesi sotto osservazione per via
di legislazioni inadeguate in materia di copyright cui vengono
suggeriti una serie di correttivi da adottare
11
.
Alla luce di queste valutazioni, la musica non può assolutamente
essere considerata una semplice forma di intrattenimento; le rilevanti e
sostanziali implicazioni che essa produce sia a livello simbolico che a
livello materiale ci obbligano ad includerla a pieno titolo
nell'orizzonte delle ricerche di una facoltà di Scienze Politiche.
I tre capitoli «centrali» della nostra ricerca presentano i differenti
tentativi, legali, tecnologici e legislativi, finalizzati ad arrestare la
libera circolazione di opere protette dal diritto d'autore. Tutto ha inizio
nel 1999, quando un diciottenne americano crea il primo sistema volto
alla condivisione di brani musicali il quale si diffonde rapidamente a
macchia d'olio in tutto l'emisfero occidentale: da quel momento
prendono il via una serie di procedimenti giudiziari, con epicentro
negli Stati Uniti, nei confronti sia degli inventori di questi programmi
che dei singoli individui colti a usufruire in maniera illegale di
materiale protetto da copyright. Allo stesso tempo, l'industria
discografica prova a reagire a questa situazione adottando un insieme
di misure tecnologiche ed esercitando pressione sui governi per
garantirsi il loro appoggio ed un maggiore riconoscimento delle
proprie prerogative; ci soffermeremo in particolare sui casi dell'Italia e
della Francia dove sono state introdotte di recente normative ad hoc.
Nell'ultimo capitolo, il quinto, passiamo in rassegna alcune delle
istanze più significative messe in campo dagli attori sociali che hanno
portato alla definizione di un nuovo modello di business ed hanno
10 http://www.iipa.com/special301.html
11 Nell'ultimo rapporto, pubblicato nel maggio 2011, figurano paesi come Cina, India,
Russia, Italia, Spagna, Brasile e Canada:
http://www.iipa.com/2011_SPEC301_TOC.htm
5
generato importanti conseguenze di carattere politico.
6
CAPITOLO I
DIRITTO D'AUTORE E GLOBALIZZAZIONE: EVOLUZIONE
E INTERNAZIONALIZZAZIONE
Un aspetto comune a ciascun tipo di proprietà intellettuale, presente
sia negli ordinamenti di common law che in quelli di civil law, è il suo
carattere negativo: si tratta essenzialmente del diritto di impedire ad
altri, ad esempio imitatori e falsari, di compiere determinate azioni,
come la vendita illegale di copie non autorizzate di un'opera.
Nonostante ci siano stati tentativi di convergenza per assicurare un
avvicinamento tra la tutela garantita dalle due tipologie di tradizioni
giuridiche, le differenze restano notevolmente marcate.
Una prima discrepanza risiede nella terminologia: nei sistemi
continentali si parla di diritto d’autore, nozione che non ha mai avuto
successo nei paesi di common law dove si utilizza l’espressione
copyright. In questo aspetto risiede una contrapposizione sostanziale:
gli ordinamenti di civil law mettono in primo piano l’autore e la sua
creatività, non soltanto tutelando i diritti correlati allo sfruttamento
economico della sua opera ma attribuendogli anche i cosiddetti diritti
morali, ossia la possibilità «di far prevalere su legittime ragioni
economiche altrui le ragioni sia della stima sociale che dell’autostima
delle sue opere»
12
. Il diritto anglosassone, invece, fedele al diritto di
copia, dedica maggiore attenzione ai publishers, gli editori, e agli altri
intermediari imprenditoriali.
1. La tutela internazionale del diritto d'autore
Il 1455, anno dell’invenzione da parte del tipografo tedesco Johann
Gutenberg della stampa a caratteri mobili, rappresenta un momento di
12 P. Auteri – G. Floridia – V . M. Mangini – G. Olivieri – M. Ricolfi – P. Spada, Diritto
industriale. Proprietà intellettuale e concorrenza, Torino, Giappichelli, 2009, p. 24.
7
importanza cruciale, una sorta di anno zero per il diritto d’autore: con
la possibilità di riproduzione su scala, diviene necessaria una tutela del
diritto esclusivo di utilizzazione economica dell’opera
13
.
Sin dalla nascita, il diritto d’autore si fonda sul principio di
territorialità e di nazionalità: la tutela non viene accordata
universalmente a tutti gli autori, ma soltanto alle opere dei cittadini del
paese in questione e a quelle di autori stranieri pubblicate per la prima
volta o realizzate all’interno dei confini nazionali. Per ciò che
riguarda, invece, le altre opere di cittadini stranieri, la protezione è
accordata soltanto a condizioni di reciprocità, ossia se all’interno dello
Stato cui lo straniero appartiene è garantita la stessa tutela. Il principio
di reciprocità è stato da più parti criticato in quanto anacronistico e,
inoltre, è stato dichiarato inapplicabile dalla Corte di Giustizia
13 Per il primo corpus legislativo sul diritto d'autore, però, bisogna attendere il 1710,
quando in Inghilterra viene emanato lo Statuto di Anna, dal nome della regina della
dinastia Stuart, il quale garantisce per quattordici anni il diritto esclusivo di
riproduzione agli autori. Nel corso del Settecento, in Francia, gli illuministi dibattono
a lungo sul diritto d'autore: alcuni, tra i quali Diderot, ritengono che il diritto d'autore
sia fondato su una proprietà originaria non differente da una proprietà materiale, altri,
invece, come Condorcet, sostengono che un'opera, in quanto vettore di idee, non possa
essere considerata privata ma deve, una volta resa pubblica, essere utilizzata da tutti
senza, con ciò, privare l'autore di nulla. La prima legislazione francese viene
promulgata nel 1791, durante gli anni rivoluzionari: la legge Le Chapelier, dal nome
del suo redattore, riconosce i diritti degli autori per un periodo limitato alla loro vita
più cinque anni, trascorsi i quali le loro opere sarebbero divenute di pubblico dominio.
Gli autori vengono riconosciuti come funzionari al servizio di un patrimonio culturale
pubblico cui viene corrisposta una remunerazione. Come sostiene lo stesso Le
Chapelier dinanzi all'Assemblea Nazionale Costituente nella riunione del 13 gennaio
1791: «La più sacra, la più legittima, la più inattacabile, e la più personale di ogni
proprietà, è l'opera, frutto del pensiero d'uno scrittore; tuttavia è una proprietà di un
genere completamente diverso dalle altre proprietà. Quando un autore ha consegnato
la sua opera al pubblico, quando quest'opera è nelle mani di tutti, tutti gli uomini colti
la conoscono, si sono impadroniti delle bellezze che contiene e hanno affidato alla loro
memoria le sue battute più riuscite, sembra che in quel momento lo scrittore abbia
associato il pubblico alla sua proprietà o addirittura gliela abbia trasmessa nella sua
interezza». La successiva legge Lakanal del 1793 applica questi principi agli autori di
«tutte le opere dello spirito e del genio appartenenti alle belle arti», garantendo loro un
diritto esclusivo per la durata della loro vita più dieci anni. Vedi: M. Woodmansee,
The Genius and the Copyright: Economic and Legal Conditions of the Emergence of
the “Author”, in «Eighteenth-Century Studies», V ol. 17, No. 4, Special Issue: The
Printed Word in the Eighteenth Century, Summer 1984.
8
dell’Unione Europea ai cittadini degli Stati membri dell’Ue con il caso
“Phil Collins”, poiché in contrasto con il principio di non
discriminazione sancito dai Trattati di Roma
14
. Questo principio ha,
però, avuto il merito di spingere gli Stati a redigere convenzioni
internazionali in grado di dar vita ad un regime globale del diritto
d’autore. La più importante è la Convenzione d’Unione di Berna per
la protezione delle opere letterarie e artistiche (CUB) firmata a Berna
nel 1886 e modificata da numerose conferenze successive. L’articolo 2
dell’accordo definisce in maniera chiara cosa si intenda per opere
letterarie ed artistiche, ossia «tutte le produzioni nel campo letterario,
scientifico e artistico, qualunque ne sia il modo o la forma di
espressione». Quest’ultima precisazione obbliga a collocare
all’interno della sfera di protezione qualsiasi opera riconducibile ai
campi indicati, di qualsiasi mezzo di espressione si avvalga, quindi
anche di mezzi espressivi nuovi. La Convenzione di Berna prende
forma dalla necessità di tutelare in maniera organica ed universale il
diritto d’autore: gli Stati, prima d’allora, accordavano la protezione
esclusivamente alle opere dei propri cittadini mentre la ratifica della
CUB li obbliga ad estendere la stessa ai lavori dei cittadini dei Paesi
contraenti. Gli Stati Uniti non sono tra i firmatari della Convenzione
poiché questa sancisce che un’opera venga tutelata dal momento
stesso in cui viene creata; nell’ordinamento statunitense invece, per
ottenere tale protezione, era all’epoca necessaria la registrazione
presso il Copyright Office. Nel secondo dopoguerra, per venire
incontro sia alla necessità degli Stati Uniti di non stravolgere la
propria legislazione che alla richiesta di una tutela concretamente
universale del diritto d’autore, si inizia a discutere circa la stesura di
14 P. Auteri – G. Floridia – V . M. Mangini – G. Olivieri – M. Ricolfi – P. Spada, Diritto
industriale. Proprietà intellettuale e concorrenza, Torino, Giappichelli, 2009, p. 524.
9
un nuovo trattato. Da queste dinamiche prende forma la Convenzione
Universale sul Diritto d’Autore firmata a Ginevra il 6 settembre 1952
che tiene conto delle differenze esistenti tra le diverse modalità di
attribuzione del copyright all’articolo 3, il quale al primo paragrafo
recita:
«Ogni Stato contraente che, in base alla propria legislazione interna,
richieda, come condizione per la protezione dei diritti d’autore,
l’adempimento di formalità quali deposito, registrazione, menzione,
certificati notarili, pagamento di tasse, fabbricazione e pubblicazione
sul territorio nazionale, deve considerare tali esigenze soddisfatte per
qualsiasi opera protetta ai sensi della presente Convenzione,
pubblicata per la prima volta fuori del territorio di tale Stato e il cui
autore non è un suo cittadino se, fin dalla prima pubblicazione di tale
opera, tutti gli esemplari dell’opera pubblicata con l’autorizzazione
dell’autore o di qualsiasi altro titolare dei suoi diritti portano il
simbolo © accompagnato dal nome del titolare del diritto d’autore e
dall’indicazione dell’anno della prima pubblicazione; il simbolo, il
nome e l’anno devono essere apposti in modo e luogo tali da indicare
chiaramente che il diritto d’autore è riservato».
Particolare interesse ai fini della nostra analisi assume la Convenzione
internazionale relativa alla protezione degli artisti, interpreti o
esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di
radiodiffusione, firmata a Roma il 26 ottobre 1961. Gli Stati hanno
firmato questo nuovo accordo sotto l’egida delle Nazioni Unite
15
in
risposta agli sviluppi tecnologici di quegli anni, in particolare
l’invenzione del magnetofono, apparecchio magnetico per la
15 L’articolo 23 della Convenzione, infatti, dichiara che la stessa sarà depositata presso il
Segretario Generale delle Nazioni Unite, il quale riveste a tutti gli effetti il ruolo di
garante.
10