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Capitolo 1 – Introduzione
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1 Introduzione
Il lavoro di seguito descritto si pone come obiettivo lo sviluppo di un codice per il calcolo di
grandezze che descrivano la termochimica superficiale di scudi termici in materiale ablativo
in fase di rientro atmosferico. Il materiale (o i materiali) di cui è costituito lo scudo e la
composizione dell’atmosfera in cui viene simulato il rientro dovranno essere selezionabili
dall’utente del programma.
Il presente capitolo riporta una breve introduzione sul rientro atmosferico, ponendo, in
particolare, l’attenzione sull’impiego di veicoli di tipo non riutilizzabile, in cui la protezione
termica in fase di rientro è garantita dai materiali ablativi. Seguiranno, quindi, un paragrafo
relativo alla descrizione dei principali tipi di materiali ablativi, uno in cui verranno presentati i
modelli di calcolo disponibili e un ultimo paragrafo in cui saranno presentati in modo più
dettagliato gli obiettivi del lavoro.
Nel capitolo 2 sarà, invece, esposto il sistema di equazioni che costituirà il modello
matematico da implementare nel nuovo codice.
Il capitolo 3 descriverà il metodo numerico impiegato per l’implementazione del sistema di
equazioni presentato nel capitolo precedente.
Il capitolo 4 sarà relativo alla scelta dell’ambiente di programmazione e si porrà l’obiettivo di
descrivere la struttura del codice, ovvero il modo in cui sono stati realizzati il programma
principale (di interfaccia con l’utente) e le routines che permettono il calcolo delle grandezze
termodinamiche di interesse.
Nel capitolo 5 verranno, quindi, descritti i dati di input necessari per il corretto funzionamento
del codice e le routines per l’estrazione dei dati di input da un database di dimensioni molto
grandi.
Il capitolo 6 raccoglierà i risultati ottenuti dal nuovo codice analizzando un set di dati relativo
ad un caso semplificato. Tali risultati saranno confrontati con valori noti al fine di validare il
codice di calcolo sviluppato.
Il capitolo 7, infine, sarà dedicato al bilancio dei risultati ottenuti partendo dagli obiettivi
prefissati e ai possibili sviluppi futuri del presente lavoro.
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Capitolo 1 – Introduzione
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1.1 Il rientro atmosferico
Il rientro atmosferico è il processo per mezzo del quale veicoli di impiego spaziale possono
entrare nell'atmosfera di un pianeta e raggiungere la superficie planetaria. Tale operazione
può essere effettuata da sonde spaziali, navette, missili balistici intercontinentali. Il rientro
atmosferico richiede tipicamente adeguati sistemi di protezione termica.
Nel periodo della guerra fredda l'Unione Sovietica e agli Stati Uniti d'America iniziarono
intensi programmi di ricerca, che portarono a un notevole sviluppo nel settore.
Nel 1952 H. Julian Allen e Alfred J. Eggers del National Advisory Committee for
Aeronautics (NACA) [1] scoprirono, a sorpresa, che un corpo tozzo (blunt body) era la forma
più efficiente per uno scudo termico: essi dimostrarono che il calore generato sul veicolo era
inversamente proporzionale al coefficiente di resistenza (drag coefficient), quindi alla radice
del raggio di curvatura del corpo stesso.
Fig. 1.1 – Primi studi di veicoli per rientro atmosferico. Le immagini sono state ottenute attraverso la tecnica
della fotografia Schlieren [1]
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Capitolo 1 – Introduzione
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I risultati di tale ricerca furono pubblicati nel 1958. La teoria del corpo tozzo rese possibile il
progetto degli scudi termici impiegati per le capsule nei programmi Mercury, Gemini e
Apollo, garantendo agli astronauti la sopravvivenza durante il rientro atmosferico terrestre. In
tale ottica, i materiali su cui le ricerche si sono maggiormente concentrate sono gli ablativi: si
tratta di materiali impiegati per veicoli di tipo non riutilizzabile, destinati a un sempre
maggiore utilizzo in seguito al ritiro dello Space Shuttle.
1.2 Protezione termica e i materiali ablativi
Durante la fase di rientro atmosferico, un veicolo a velocità ipersonica induce la formazione
di un’onda d’urto che porta ad un forte aumento di pressione e temperatura dei gas adiacenti
alla superficie del veicolo e, di conseguenza, alla nascita di reazioni chimiche di dissociazione
e ionizzazione delle specie chimiche gassose. L’accoppiamento d’incremento di pressione ed
effetti viscosi genera resistenza ed una rapida decelerazione del veicolo, con un conseguente
trasferimento di calore dallo strato limite al corpo. È compito del Thermal Protection System
(TPS) minimizzare la quantità di calore che raggiunge la parte interna del veicolo di rientro.
Un classico esempio di TPS è rappresentato dalle mattonelle ceramiche dello Space Shuttle,
recentemente ritirato dalla NASA, che fornivano un isolamento ed erano riutilizzabili,
sebbene con lunghe manutenzioni tra un volo e il successivo.
Per un rientro di tipo balistico, invece, i veicoli sono soggetti a un gradiente termico più
intenso ed è necessario usare un differente tipo di TPS, che utilizza, appunto, i materiali
ablativi.
L’utilizzo di materiali ablativi nella protezione termica di strutture e componenti rappresenta
una soluzione efficiente e, in generale, economicamente vantaggiosa rispetto ai sistemi
riutilizzabili. Gli ablativi sono materiali per mezzo dei quali il TPS (scudo termico) preserva
la struttura sottostante alle elevate temperature che caratterizzano la fase di rientro
atmosferico assorbendo e dissipando calore a seguito di decomposizione, fusione,
sublimazione e/o erosione. La protezione ablativa viene quindi consumata durante l’uso e
deve essere ripristinata per un eventuale ulteriore utilizzo del componente. Lo spessore del
materiale protettivo ablativo deve essere opportunamente stimato in funzione del carico
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Capitolo 1 – Introduzione
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termico e della temperatura ammessa per la struttura. Sistemi ablativi sono stati impiegati in
campo aerospaziale sin dai primi lanci balistici ed hanno rappresentato per molto tempo il più
efficiente metodo di protezione dalle temperature estreme delle superfici aerodinamiche di
lanciatori e veicoli da rientro. In considerazione dei carichi termici previsti, spesso
rappresentano l’unica opzione possibile nelle missioni interplanetarie. Materiali ablativi sono
impiegati, inoltre, nei rivestimenti interni di propulsori a combustibile solido e ugelli. In
figura 1.2 è rappresentata una cronologia dell’impiego di ablativi in missioni di rientro o
interplanetarie USA.
Fig. 1.2 – Missioni USA che hanno impiegato protezioni ablative e corrispondenti flussi termici [17]
In generale, un materiale ablativo deve essere caratterizzato da un alto punto di
fusione/sublimazione, elevato calore specifico e calore latente di fusione/vaporizzazione,
bassa conducibilità termica, bassa densità, buona resistenza meccanica per sopportare le
sollecitazioni vibrazionali ed aerodinamiche, prevalentemente di compressione e taglio, ma
anche di trazione e peeling.
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Uno scudo termico ablativo è costituito solitamente da uno spessore di materiale, una parte
del quale ha funzione strettamente ablativa ed è sottoposto a decomposizione durante il
riscaldamento, mentre una parte più interna non subisce, se non parzialmente, degradazione
termica ed ha funzione di isolamento. La figura 1.3 sotto riportata mostra schematicamente le
caratteristiche e i meccanismi di scambio termico in un materiale ablativo.
Fig. 1.3 – Schema dei meccanismi di scambio termico in un ablativo [17]
La maggior parte degli ablativi è costituita da resine organiche caricate con rinforzi fibrosi.
Durante la pirolisi della resina per effetto del riscaldamento, i prodotti gassosi
(prevalentemente idrocarburi) diffondono verso la superficie calda e si inseriscono nello strato
limite. La pirolisi della resina produce anche residui carboniosi che restano depositati sul
materiale di rinforzo generando il char. Il processo di pirolisi è tipicamente endotermico; i gas
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Capitolo 1 – Introduzione
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di pirolisi assorbono calore durante il percorso attraverso il char e, inserendosi nel flusso
superficiale, ne alterano il riscaldamento convettivo, riducendolo. Reazioni chimiche tra il gas
in superficie e il materiale ablativo determinano il consumo e la recessione della superficie.
Queste reazioni possono essere endotermiche (vaporizzazione, sublimazione) oppure
esotermiche (ossidazione) e il loro contributo ha un effetto determinante sul bilancio netto
dell’energia in superficie.
Si osserva che la massa di ablativo è funzione diretta del carico termico totale, cioè del flusso
di energia unitario integrato sul tempo di riscaldamento; è, invece, scarsamente correlata al
flusso massimo di calore. In condizioni particolarmente severe il peso della protezione è una
frazione importante del peso totale del veicolo, come si evince dalla figura 1.4.
Fig. 1.4 – Massa di ablativo in funzione del carico termico totale per alcune missioni passate e future [17]
In prima approssimazione il materiale di protezione può essere considerato costituito da uno
strato effettivamente ablativo in cui avvengono i fenomeni di decomposizione e da uno strato
isolante a contatto con la struttura di supporto; i corrispondenti spessori variano durante il
processo ablativo.
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Capitolo 1 – Introduzione
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La massa di materiale sottoposto ad ablazione M
abl
per unità di superficie [kg/m
2
] è
determinata dal carico termico aerodinamico totale W
tot
[J/m
2
] diviso il calore di ablazione
specifico W
abl
[J/kg] (dal riferimento [17]):
M
abl
= W
tot
/ W
abl
La massa della parete isolante è funzione della diffusività termica (k·ρ/c
p
, con k =
conducibilità termica, ρ = densità e c
p
= calore specifico), della temperatura del fronte di
ablazione, della temperatura a contatto con la struttura. Come visibile in figura 1.5, la massa
del materiale decomposto è una funzione crescente del carico termico; diversamente, la massa
isolante necessaria cresce inizialmente fino a raggiungere un massimo per poi decrescere.
Oltre a un certo limite, lo spessore di ablativo (che inizialmente agisce come isolante) diventa
dominante; la maggiore temperatura superficiale determina un incremento del calore re-
irradiato verso l’esterno, riducendo la necessità di isolamento.
Fig. 1.5 – Masse di ablativo e di isolante necessarie in funzione del carico termico [17]
La figura 1.6 mostra, invece, la variazione di spessore di ablativo sulla sonda Galileo durante
la missione su Giove.
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Fig. 1.6 – Consumo di materiale ablativo durante la missione della sonda Galileo su Giove [17]
Un’appropriata scelta del materiale richiede, quindi, considerazioni in merito sia alle proprietà
di ablazione, sia a quelle di isolamento. Peraltro, materiali ad alta densità posseggono migliori
capacità ablative, ma sono solitamente cattivi isolanti.
La tabella 1.1 riporta le caratteristiche di alcuni materiali impiegati in protezioni termiche.
Tab. 1.1 – Proprietà ablative di alcuni tra i materiali più diffusi [17]
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Capitolo 1 – Introduzione
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Le caratteristiche dell’ablativo, e delle protezioni termiche in generale, devono essere
compatibili con le condizioni dell’ambiente di missione. L’ablativo deve resistere alle
sollecitazioni aerodinamiche e di collegamento alla struttura. La temperatura sul lato interno
governa la scelta di metodo e materiali di collegamento; una temperatura eccessiva a causa di
inadeguato isolamento può indebolire la struttura portante. L’espansione termica differenziale,
l’erosione da parte di pioggia e grandine, o particelle di propellente solido incombusto nel
caso di ugelli, devono essere presi in considerazione. Inoltre, nel caso di permanenza in bassa
orbita per lunghi periodi come in missioni satellitari, l’erosione da ossigeno atomico
accompagnata da temperatura atmosferica elevata può essere un fattore significativo. Si è
valutato, ad esempio, un tasso di erosione di circa 70 μm / 5 anni nel caso di CFRP (Carbon-
fiber-reinforced polymer).
Il processo di ablazione comporta diversi fenomeni:
- Rapido aumento di temperatura superficiale;
- Trasformazione di fase dell’ablativo per effetto di fusione, evaporazione, sublimazione
e/o degradazione;
- Conduzione e accumulo di calore nel materiale sotto la superficie;
- Emissione di sostanze volatili (gas di decomposizione e/o evaporazione) con eventuali
reazioni;
- Assorbimento di calore da parte dei gas mentre permeano verso la superficie;
- Convezione in uno strato di materiale liquido;
- Traspirazione di gas e liquido e conseguente trasmissione di calore dalla superficie
allo strato limite;
- Reazioni chimiche endo/esotermiche;
- Irraggiamento verso l’esterno (e verso l’interno).
La depolimerizzazione comporta la rottura delle molecole con generazione di frazioni a basso
punto di fusione/evaporazione. La decomposizione termica può poi procedere con le reazioni
di reticolazione. All’aumentare della temperatura, la pirolisi e l’ossidazione generano gas
volatili e, contemporaneamente, residui carboniosi (char) che formano uno strato poroso