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INTRODUZIONE
Questa tesi analizza la sottotitolazione di tre film americani “Ocean’s Eleven- Fate
il vostro gioco” (2001), “Mr. & Mrs. Smith” (2005) e “Il diavolo veste Prada – The devil
wears Prada” (2006). La tecnica della sottotitolazione, come quella di altri tipi di
traduzione scritta e audiovisiva, è condizionata da numerose variabili dovute a fattori
come la natura del testo originale, il genere filmico, il tipo di programma da sottotitolare,
i destinatari, la struttura delle lingue coinvolte e, infine, il diverso grado di affinità tra le
lingue e la cultura di partenza e la lingua e la cultura di arrivo. Per percepire in che modo
queste variabili incidono nella traduzione del film (sottotitolato, come nel caso di questa
tesi, o doppiato) è utile una analisi delle strategie di traduzione usate e delle loro fuzioni.
Il presente lavoro si articola in tre capitoli e si propone di analizzare tali strategie
di traduzione attraverso i sottotitoli italiani dei tre film citati sopra.
Il primo capitolo è diviso in due parti: la prima parte introduce la tecnica del
sottotitolaggio, le sue caratteristiche e i limiti di cui si deve tenere conto. Nella seconda
parte l’attenzione è rivolta alla discussione dei modelli di categorizzazione di diversi
sottotitolatori o studiosi. Ciascuno dei diversi modelli verrà analizzato, commentato,
contestualizzato e messo a confronto allo scopo di trovare un adeguato modello per
l’analisi finale dei film.
Il secondo capitolo si apre con la definizione della traduzione audiovisiva e
prosegue con l’introduzione della stessa in ambito accademico. In seguito, si è dato uno
sguardo alla realtà europea, in cui alcuni paesi fanno uso perlopiù della sottotitolazione,
mentre altri, tra i quali l’Italia, ricorrono al doppiaggio. Successivamente viene presentata
la sottotitolazione a partire dalla nascita fino ad arrivare alla descrizione degli aspetti
distintivi che la contraddistinguono da altre forme di traduzione. Segue una descrizione
nel dettaglio dei tipi e degli ambiti applicativi della sottotitolazione, dove mi focalizzerò
prima sulla sottotitolazione intralinguistica (rivolta prevalentemente ai non udenti) e, in
seguito, sulla sottotitolazione interlinguistica o standard (rivolta ai normoudenti). Si
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preferirà quest’ultima per l’analisi dei prodotti filmici. Verranno infine presentati i tre
prodotti filmici presi in esame tramite un breve riassunto delle diverse trame filmiche.
Il terzo e ultimo capitolo riguarda l’analisi delle strategie di traduzione dei
sottotitoli interlinguistici o standard per categorie dei tre film. L’analisi è stata effettuata
tramite un modello operativo da me creato alla luce della documentazione teorica
riassunta nei capitoli 1 e 2. L’intento principale di quest’ultima parte è spiegare come la
traduzione nei sottotitoli “cattura” il significato dei dialoghi filmici e conduce il lettore a
comprenderne il messaggio attraverso parole (tradotte) e immagini. Seguono infine le
conclusioni relative ai risultati dell’analisi da me proposta sui tre prodotti filmici
americani, integrate poi da un commento finale e personale che conclude la tesi.
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Il Sottotitolaggio: Strategie, Parametri di diversi autori e Modelli
1.1. I Sottotitoli
Il “sottotitolo” (subtitle) riporta in forma scritta i dialoghi fra gli attori e
compare nella parte inferiore dello schermo, per non alterare troppo l’armonia
dell’immagine. La sottotitolazione è, insieme al doppiaggio, la modalità più diffusa
per trasferire un prodotto audiovisivo da un paese all’altro. Secondo Shuttleworth e
Cowie (citati in Perego 2005:38), essa è un tipo di trasferimento linguistico usato
per rendere fruibili diversi tipi di prodotti di comunicazione audiovisiva di massa.
Delabastita (citato in Perego 2005:38) sottolinea nella sua definizione l’importanza
dei cambiamenti necessari al fine di rendere il testo filmico di arrivo più adatto per
il pubblico a cui si rivolge; non a caso parla di sottotitolazione o “adattamento”. La
posizione di Shuttleworth e Cowie è certamente più neutra rispetto a quella di
Delabastita. La posizione più convincente risulta quella di Delabastita, il quale,
oltre alla traduzione del testo linguistico, sembra considerare tutti i cambiamenti
necessari per rendere il testo filmico di arrivo più adatto per il pubblico cui si
rivolge. La sottotitolazione fa parte delle numerose forme di traduzione di prodotti
audiovisivi, insieme ad altre tecniche di trasferimento linguistico come il
doppiaggio, il voice-over, la sopratitolazione, la narrazione, il commento, la
descrizione audiovisiva e la sottotitolazione intralinguistica per non udenti. È chiaro
però che non tutti gli studiosi del campo sono concordi nel definire la
sottotitolazione come semplicemente una “traduzione”, date anche le due
definizioni accennate sopra. Si tratta dunque di una forma di traduzione di un testo
filmico da una lingua di partenza ad una di arrivo, prodotta tramite l’uso di strategie
traduttive specifiche, di cui generalmente la semplificazione e la riduzione testuale
sono quelle più utilizzate per frequenza e per estensione.
Nella traduzione filmica tramite sottotitoli avviene una variazione
diamesica: il messaggio espresso oralmente viene convertito in un messaggio
espresso in forma scritta e compattata, che unisce le convenzioni e le strutture sia
della lingua parlata che di quella scritta, anche se generalmente finisce per mostrare
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una prevalenza di tratti appartenenti più al registro scritto che non a quello parlato.
Indicano, inoltre, il valore pragmatico dell’enunciato, esprimono cioè le intenzioni
comunicative del parlante.
Uno dei maggiori limiti della sottotitolazione riguarda proprio
l’eliminazione degli elementi paralinguistici, i quali vengono spesso sostituiti da un
massiccio uso di segni grafici di interpunzione e convenzioni tipografiche, ovvero il
punto, la virgola, il punto e virgola, i due punti, i puntini di sospensione e di
reticenza, i punti interrogativi e di esclamazione che fungono da segnali intonativi,
talvolta abbinati o raddoppiati secondo la battuta.
La sottotitolazione dovrebbe, come afferma la studiosa Petillo (2012)
riequilibrare il rapporto tra i due codici e non disdegnare l’utilizzo di termini connotati
sociolinguisticamente, di colloquialismi, di espressioni appartenenti ad un registro informale o
familiare. In sintesi, la sottotitolazione dovrebbe raggiungere quel corretto equilibrio tra esigenze di
formalità, rigorosa osservanza delle regole grammaticali, sintattiche, ortografiche e di punteggiatura,
sinteticità, organizzazione rigida dei materiali linguistici – che sono tipiche della lingua scritta – ed
opposte esigenze di informalità, ridondanza, flessibilità, minore pianificazione, imprevedibilità ed
allontanamento delle norme, che sono proprie della comunicazione orale, spesso giocata su allusioni
e non-detti che non trovano spazio nell’informazione scritta. (Petillo 2012:122-123)
Ciononostante, la creazione di un sottotitolo adeguato non è sempre facile
poiché elementi tipici dell’oralità come i tratti soprasegmentali del linguaggio,
ovvero tutte quelle caratteristiche foniche non verbali che contribuiscono ad
accrescere e completare la comunicazione umana come intonazione e inflessione
vocale, vengono persi, impoverendo quindi l’originale. Essi sono infatti rilevanti
nello scambio verbale, perché rendono esplicite sfumature di significato e
forniscono informazioni non deducibili dal solo linguaggio verbale, oltre ad
aggiungere espressività, naturalezza e carica emozionale al discorso. Anche
l’utilizzo di segni paragrafematici (vale a dire quei segni non alfabetici che possono
valere come interpunzioni) come le virgolette, le lineette o l’applicazione di diversi
caratteri tipografici sono indispensabili per un’adeguata resa di specifiche
sfumature di significato. Come sottolinea Perego (Perego 2002:25), i criteri di
interpunzione e i criteri grafici propri della sottotitolazione “sono indicatori
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indispensabili per rappresentare graficamente le caratteristiche proprie del
parlato,come ad esempio: intonazione, enfasi, esitazione, presa dei turni”.
Le virgolette, che contengono citazioni, esplicitano il significato di una
parola o segnalano che questa deve essere intesa in una particolare accezione; le
lineette indicano l’intervento di ogni personaggio e l’introduzione di un discorso
diretto; l’uso del corsivo indica le voci in lontananza o fuori campo se riguarda
interi turni; i puntini di sospensione nel mezzo di una frase segnalano un momento
di esitazione del parlante, mentre lo stampatello maiuscolo contrassegna frasi brevi
o pronunciate a voce alta.
Il sottotitolo risulta in ogni caso più scarno rispetto alla versione orale
originale poiché fortemente vincolato da condizionamenti di tempo e di spazio:
esso rimane infatti visibile sullo schermo per solamente una manciata di secondi e
spesso viene condensato in una frase più breve rispetto all’originale. L’utilizzo di
un prodotto audiovisivo sottotitolato non può essere affidato solo alla lettura dei
sottotitoli, che deve essere comprensibilmente integrata con l’”ascolto della colonna
sonora originale, in modo da recuperare l’andamento prosodico dei dialoghi nella
source language”, come ben evidenzia Petillo (2012:124).
Oltre a ciò, l’interazione tra le componenti multimediali e il parallelismo dei
diversi canali semiotici determinano la multimedialità che caratterizza la visione di
un prodotto sottotitolato. Infatti ciò che viene omesso nei sottotitoli, viene
facilmente e immediatamente recuperato dalla componente iconica; integrando i
due diversi canali lo spettatore riesce a ricostruire i contenuti e a giungere a una
giusta interpretazione della trama del film.
1.2 Strategie di sottotitolazione e discussione parametri di autori diversi
Come già accennato precedentemente, la traduzione di materiale filmico
mostra maggiori difficoltà rispetto a una normale traduzione scritta poiché è
intersemiotica: le immagini devono essere in consonanza con i suoni ad esse
associati e, in contemporanea, i sottotitoli devono fornire un’adeguata traduzione
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del parlato originale. Gli svariati tentativi di sistematizzare le metodologie di
traduzione per i sottotitoli hanno riscontrato non poche difficoltà di applicazione e
quantificazione, dovute per lo più alla carenza di quell’uniformità analitica e
metodologica che caratterizza un settore relativamente giovane e senza un solido
background. È proprio per questo motivo che ancora oggi non esiste una
classificazione di riferimento univoca relativa alle strategie di sottotitolazione. Essa
è vincolata da un tale numero di variabili diverse che fissare un’unica, efficace e
incontestabile classificazione non è affatto semplice. Una causa certamente valida
di questa mancanza di uniformità metodologica è la difficoltà che la traduzione
filmica trova, da sempre, nell’essere inserita all’interno della teoria della
traduzione. Si tratta, quindi, di un campo di ricerca complesso e laborioso; per
esempio il solo reperimento del materiale utile per l’analisi come gli script originali
(ovvero la lista dei dialoghi) e la lista dei sottotitoli non è facile, dato che non
sempre sono disponibili; inoltre chi intraprende un’analisi in ambito audiovisivo
deve controllare l’eterogeneità delle fonti di riferimento con cui lavora, cercando di
applicare teorie e strategie provenienti da autori diversi.
Perego (2005:100) evidenzia che “autori diversi propongono parametri
diversi che tuttavia condividono alcuni tratti, o danno nomi diversi agli stessi
procedimenti”. Aggiunge, poi, che ci sono almeno cinque fattori che influenzano la
tassonomia delle strategie:
Tra i fattori più influenti sulla tipologia di strategie utilizzate ne vanno messi in evidenza cinque: la
natura del testo originale; il genere filmico o il tipo di programma televisivo da sottotitolare […]; i
destinatari; la struttura delle lingue coinvolte, che in alcune circostanze può essere determinante; e
infine anche il diverso grado di affinità tra la lingua e la cultura di partenza e la lingua e cultura di
arrivo, che variamente influenza la direzione di lettura della realtà filmica. (Perego 2005:100)
Tenuti in considerazione questi fattori si può procedere ad un lavoro di
analisi del prodotto filmico scelto, con l’avvalersi di uno specifico modello, o
meglio quello che si ritiene più corretto e valido.