Introduzione
Questa tesi nasce dal desiderio di voler analizzare in modo
approfondito le caratteristiche storiche e le peculiarità della lingua dei
giornali italiani, focalizzando l’attenzione sulle specificità del linguaggio
della cronaca e della politica. La stampa al giorno d’oggi, insieme ad altri
mezzi di comunicazione di massa, è centro propulsore di informazioni;
mettendosi a diretto contatto con il pubblico fruitore ne influenza sia il
pensiero che, molto importante per la nostra trattazione, il linguaggio e le
modalità espressive, venendo essa stessa influenzata a sua volta.
Il linguaggio giornalistico fin dai suoi albori ha subìto una lenta e
graduale evoluzione che lo ha portato ad assumere le caratteristiche
odierne; tale evoluzione sarà trattata nel corso della prima parte del mio
lavoro partendo dal XIX secolo fino ad arrivare ai giorni nostri,
focalizzando l’attenzione sul giornalismo italiano. Saranno messi in
evidenza soprattutto quegli aspetti della tradizione letteraria colta che,
attraverso l’avvicendarsi di diverse fasi interne al sistema letteratura, ma
che risentono di cambiamenti politici, sociali, nonché storici, sono andati
lentamente perdendosi per lasciare spazio ad una lingua sempre più vicina
al parlato, che permette al lettore medio di poter approcciare la lettura di
un qualsiasi quotidiano senza rimanere troppo perplesso. Anche se, in
generale malgrado i molteplici tentativi di sostegno e le continue iniziative
promozionali, la stampa in Italia non riesce ad allargare la sua diffusione –
che è storicamente bassa rispetto a quella di altri paesi di paragonabile
situazione economica e culturale. Se analizziamo infatti i dati relativi al
numero di copie di quotidiani presenti in Italia ogni mille abitanti rispetto
ad altri quattordici paesi dell’ Unione Europea e agli Stati Uniti ci
accorgiamo che il nostro paese si colloca al terz’ultimo posto con una
media di cento copie ogni mille abitanti seguita solo da Portogallo con
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novanta copie e Grecia con sessanta
1
(Dati informazione e comunicazione
CENSIS).
Quindi pur rimanendo strumento per lo più in mano alla classe
borghese con medio - alto livello di scolarizzazione, il quotidiano moderno
cerca però il distacco dalla letterarietà della tradizione e dallo stile retorico
precedente con il fine specifico di veicolare l’informazione in modo chiaro
e soprattutto non ambiguo.
Osserveremo poi che due degli strumenti più usati sono il traslato e
la metafora ( caratteristica ormai onnipresente nello stile giornalistico
moderno) quindi analizzeremo il fenomeno partendo da esempi reali. Come
e dove la metafora viene usata, con quali caratteristiche specifiche e quali
finalità.
Lo studioso di sociolinguistica Gaetano Berruto distingue le lingue
speciali in tre categorie:
le lingue speciali vere e proprie, cioè quelle caratterizzate da un
proprio lessico particolarmente denotativo ( definito terminologia) e
a volte da tratti morfosintattici e testuali specifici come ad esempio
la lingua della medicina, della giurisprudenza e della linguistica;
gerghi, che hanno sì un lessico particolare, ma sono legati a gruppi o
cerchie di utenti specifici (varietà diastratiche e diafasiche
2
);
1
Dati tratti da www.censis.it
2
Le fondamentali dimensioni della variazione sincronica della lingua sono costituite: dall’area geografica
in cui essa viene usata (variabile diatopica), dalla condizione sociale dei parlanti/ scriventi (variabile
diastatica), dal mezzo di comunicazione, scritto o orale (variabile diamesica) e dalla situazione
comunicativa (variabile diafasica).
Frasnedi - Sebastiani, Lingua e cultura italiana, Bologna, Archetipolibri, 2010, pag.55
3
i linguaggi settoriali.
Questi ultimi sono definiti come varietà funzionali connesse a certi
argomenti o modalità comunicative caratterizzate da tratti disomogenei e
non distinguibili (soprattutto per ciò che riguarda il lessico); i linguaggi
settoriali sono propri di settori o ambiti professionali non specialistici e
diretti ad un pubblico largo e indifferenziato, ad esempio la lingua della
pubblicità, della moda, della politica militante e dei giornali di cui tratterò
più ampiamente e in maniera approfondita all’interno di questo scritto.
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Capitolo primo
Evoluzione storica della lingua dei giornali dal XIX secolo
1.1 La lingua del giornalismo politico e d’informazione ai suoi
esordi
Il quotidiano nel senso moderno del termine nasce
contemporaneamente all’unificazione, è infatti solo dopo il 1861 che
assistiamo alla lenta e graduale diffusione dei primi quotidiani nelle grandi
metropoli italiane (Torino: “La Gazzetta del popolo” 1852 e “La Stampa”
1867; Milano: “Il Secolo” 1866 e “Il Corriere della Sera” 1876; Firenze:
“La Nazione” 1859; Roma: “Il Messaggero” 1878; Napoli: “Roma” 1862;
Palermo: “Il Giornale di Sicilia”).
La nostra analisi dell’evoluzione del linguaggio giornalistico parte
però da inizio secolo, periodo in cui nascono nel nostro paese i primi
giornali politici che, al loro esordio saranno mero strumento di lotta e
persuasione politica a scapito della funzione referenziale.
La forte dipendenza dalla tradizione dalla quale assume il forte e
eterogeneo patrimonio espressivo è caratteristica fondamentale di questa
prima forma di linguaggio giornalistico.
Perciò, all’interno degli articoli di questo periodo possiamo osservare
la convivenza tra tradizionalismi fonologici e morfologici come siegue,
guernire, ambasciadore; accordi del participio passato con ‘avere’ ne ‘la
condotta che han tenuta’ (Corriere di Napoli 1806)
3
; costrutti impliciti
3
Andrea Masini, “La lingua dei giornali dell'Ottocento” in Luca Serianni, Pietro Trifone (a cura
di), Storia della lingua, II Scritto e parlato, Torino, Einaudi, 1994, pag. 635 e sgg.
5
soprattutto completive con l’infinito e costruzioni assolute con gerundio:
‘Le turbe armate de ribelli non più contaminando questa città’
4
.
I frequenti periodi fortemente ipotattici e di impianto ambizioso sono
retaggio della tradizione prosaica più sostenuta e antepongono proposizioni
subordinate alla principale, è inoltre molto gradita l’anteposizione
dell’aggettivo al sostantivo ‘veneta provincia’
5
non che quella tra verbo
retto e verbo reggente ‘sebbene il pubblico nulla saper possa se ottener
debba l’adulazione sovrana'
6
.
Molto importante è la presenza di voci lessicali e locuzioni
tipicamente tradizionali appartenenti al registro letterario sostenuto ‘astretti
a licenziare’
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in aggiunta ad un apporto non trascurabile di vocaboli e
calchi lessicali derivanti dalla forte influenza del francese nel nostro paese
‘permissione’
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. L’influsso gallicizzante molto frequente soprattutto in
alcuni fogli napoleonici come per esempio “La Gazzetta di Genova” è
caratterizzato oltre che dalla diffusione di francesismi lessicali e sintattici
anche dalla diffusione dello stile coupé che, essendo estraneo alla
tradizione italiana apporta nel nostro paese una prima ventata di
innovazione stilistica all’interno della lingua del quotidiano.
Lo stile spezzato, caratterizzato da un ritmo sincopato e da periodi
monofrastici realizza la funzione di cumulare in spazi ridotti il più alto
numero di notizie, a volte anche tralasciando la coerenza testuale.
Ulteriori acquisti della lingua del giornale nei primi anni del XIX sec
sono il condizionale di dissociazione che presenta la notizia come incerta
perché proveniente da altra fonte diversa dallo stesso giornale ‘parlasi di
[…]’ e il presente pro futuro che però affonda le sue radici già nella
tradizione precedente e che assegna la funzione di futuro alla sola presenza
di avverbi di tempo come ‘domani o dopo dimani’.
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“Diario di Roma” 1831, ivi
5
“ Diario di Roma” 1814, ivi
6
“ Gazzetta di Milano” 1816, ivi
7
“Gazzetta Piemontese” 1820 ivi
8
“ Gazzetta di Genova” 1811, “Gazzetta di Milano” 1816, “Giornale del Regno delle Due Sicilie” 1820 ivi
6
Discorso molto ampio e articolato è quello che riguarda invece il
lessico del giornale in questo periodo. Assistiamo ad un’ ampia diffusione
del neologismo in qualunque sfera semantica, con prevalenza però di voci
appartenenti al linguaggio politico: ‘antipatriottico’, ‘Nazione’,
‘carbonaro’.
Dall’influenza del francese deriva anche la penetrazione molto
importante del lessico burocratico che a volte viene riportato senza
traduzione sotto forma di prestito
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e a volte viene invece italianizzato per
una maggiore comprensione. Esempi di questi fenomeni sono: burò, maire
molto spesso italianizzato con mere.
Per la prima volta abbiamo inoltre l’affiorare, all’interno del
periodare giornalistico, di elementi dalle caratteristiche prettamente
popolareggianti, tratti informali tipici del parlato che entrano nella pagina
senza una logica precisa con il risultato di rendere la lingua sostanzialmente
ibrida. Questa tendenza all’eterogeneità è dovuta o alla poca padronanza
della lingua scritta o al voler apportare una nota di colore al pezzo
giornalistico oppure ad un atteggiamento linguistico che consente a chi
scrive di flirtare con il lettore.
Ultima caratteristica di rilievo nella lingua giornalistica del primo
‘800 è la presenza di un sostrato fonologico dialettale che comporta talvolta
il raddoppiamento consonantico ‘proggetti’ e ‘malvaggi’
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oppure l’esito in
affricata alveolare tipico del Meridione che sostituisce la consonante s con
la z: ‘accenzione’, ‘dissenzione’ e ‘pretenzione’
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e talvolta la presenza di
consonanti scempie tipiche del vernacolo di origine settentrionale.
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Elemento linguistico della cultura emittente importato in quella ricevente. Procedimento di traduzione
diretta in cui una parola o un termine passa ad appartenere ad una lingua diversa da quella di origine
senza però essere tradotta, viene quindi riportata tale quale com’è.
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“Monitore di Roma” 1798, ivi
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“Giornale del Regno delle Due Sicilie” 1820, ivi