4
Introduzione
L’ Italia, caratterizzata fino agli Ottanta da una sostanziale omogeneità etnica e
culturale, è stata interessata successivamente da fenomeni migratori, che, col passare
degli anni, hanno avuto un’ accelerazione talvolta considerevole e di cui, ancora oggi,
abbiamo tutti negli occhi immagini spesso drammatiche.
Le aree di maggiore provenienza sono, per via della collocazione geografica dell’ Italia,
il Nord Africa e l’area balcanica, a cui si sono aggiunti i contributi di altri popoli
(Filippine, India, Sud America ....).
Alle cause tradizionali, che stanno alla base di fenomeni migratori (carestie, guerre,
dittature ……) occorre aggiungere l’ apporto fondamentale della globalizzazione dei
mercati, che ha reso più dinamici ed interdipendenti i sistemi economici tra i vari stati e
ha causato un’ attrattiva fortissima verso i paesi industrializzati dell’ area occidentale,
nella speranza di poter migliorare la propria qualità di vita da parte dei migranti.
E’ interessante chiedersi, a seguito di queste premesse, quali motivi determinino la
creazione di piccole imprese da parte di imprenditori immigrati e, allo stesso tempo,
analizzare i rapporti che si creano con l’ imprenditoria italiana; occorre tenere presente
che sono sempre più numerosi gli immigrati, che, partendo da prestazioni di
manodopera dipendente e precaria, hanno dato vita ad un’ attività autonoma e,
sempre più spesso, sono essi stessi in grado di offrire lavoro ad altri stranieri e agli
italiani. ( “ + 5,7 %,di imprenditori stranieri e -1,4 % di imprenditori italiani “)
1
.
Il confronto tra le 402.549 imprese, presenti in Italia a giugno 2011, rapportate alle
165.144 di giugno 2008, evidenzia l’ importanza dell’ imprenditorialità immigrata nel
nostro Paese, nel quale è ancora difficile distinguere la figura dell’ imprenditore
immigrato da quella “pittoresca” dello straniero come il “vucumprà” o addirittura dall’
immigrato che delinque.
La realtà ci mostra che l’ imprenditorialità etnica ha un ruolo ormai determinante nella
formazione del PIL (oltre un decimo) nel gettito fiscale, nel versamento dei contributi
previdenziali; i lavoratori dipendenti stranieri concorrono a riempire le casse dell’ INPS,
ma, per converso, sono ancora pochi coloro che godono di un trattamento
pensionistico dal momento che si tratta di persone giovani.
1
Fondazione Moressa - agosto 2011(www.fondazioneleonemoressa.org).
5
Lo scopo del presente elaborato si propone di esaminare, in particolare, il caso dell’
imprenditoria cinese nel distretto tessile di Prato.
Il primo capitolo è imperniato sull’ imprenditorialità straniera in Italia: inizialmente sono
esaminate le teorie relative all’ imprenditorialità etnica, che appartengono alla
tradizione anglo-americana. Segue poi una classificazione delle imprese etniche, in
base al loro settore di attività e alle modalità operative poste in essere.
Nel secondo capitolo sarà analizzato il concetto di distretto, focalizzando l’attenzione
sulle sue origini e sulla sua evoluzione, dal dopoguerra in poi; evidenziando la sua
importanza nell’ economia italiana e le analogie che si riscontrano tra le piccole
imprese autoctone e quelle create dagli immigrati.
Infine, il terzo ed ultimo capitolo è dedicato al distretto tessile della città di Prato : viene
tracciato un profilo storico fino ai giorni nostri, con i relativi successi e le difficoltà
affrontate, poi si analizzano le cause della attuale crisi degli imprenditori pratesi e la
parallela affermazione dell’ imprenditoria cinese.
Lo strumento di indagine si fonda anche su interviste rivolte ad imprenditori italiani e
cinesi direttamente in loco e sulla raccolta di dati ed informazioni, ottenuta tramite enti
pubblici o professionali (es. Comune di Prato, la Camera di commercio pratese …)
A questo proposito, risulta particolarmente efficace la testimonianza dello scrittore/ex-
imprenditore pratese Edoardo Nesi, che, nella narrazione autobiografica “Storia della
mia gente”, racconta le difficoltà attraversate dall’ azienda di famiglia, l’ amarezza per
la vendita della stessa e per il destino dei suoi dipendenti di fronte all’impossibilità di
contrastare la concorrenza cinese.
Nesi esprime una critica molto forte verso gli effetti della globalizzazione, ritenuta da
molti solo portatrice di benefici e, a suo giudizio, verso l’ assenza di tutela dei prodotti
di qualità da parte dei responsabili della politica economica italiana.
6
CAPITOLO 1°
Imprenditorialità straniera in Italia
1.1 Un po’ di storia ………
L’Italia, come è noto, si trova pienamente immersa da almeno trent’anni in una
ragnatela di flussi migratori che l’hanno trasformata da paese di emigrazione a quello
di considerevole immigrazione, nell’ ambito dei cambiamenti che hanno caratterizzato il
mercato del lavoro nei paesi europei, quale il passaggio ad un’ economia post-fordista
basata prevalentemente sul terziario, sui servizi e in settori di nuova configurazione.
2
La presenza straniera è ormai una componente ineliminabile ed è una caratteristica
strutturale della società italiana. La semplice constatazione di questa trasformazione
dovrebbe convincere sulla necessità di uscire finalmente da logiche emergenziali, che,
sulla base di un determinato livello politico e di una certa opinione pubblica, hanno
affrontato e continuano ancora, paradossalmente, ad affrontare la questione come se
fosse una novità imprevista e straordinaria.
Uno dei primi flussi giunti nel nostro paese è stato quello dei lavoratori tunisini,
occupati nel settore dell’ agricoltura e della pesca, seguito poi da altri flussi, provenienti
dall’ America Latina, dall’ Asia e dalle ex colonie italiane.
3
La presenza di immigrati in Italia è attualmente regolata dalla legge Bossi-Fini (2002),
che ha visto nell’ anno stesso in cui è entrata in vigore, la presentazione di ben
settecentomila domande di regolarizzazione.
L’ atteggiamento manifestato nei confronti degli immigrati è ambivalente: da un lato
sono considerati elementi positivi, allorché la loro prestazione lavorativa finisce per
svolgere quelle attività che gli italiani rifiutano di compiere, dall’ altro sono ritenuti
negativi, quando entrano in concorrenza con le attività svolte dagli autoctoni, venendo
quindi considerati non più come una risorsa, ma come una minaccia.
4
Ciò risulta ancora più evidente con l’ acuirsi dell’ attuale crisi economico-finanziaria.
In un ambito soggetto a notevoli modifiche ed evoluzioni, è stata registrata una
trasformazione per quanto concerne la presenza degli immigrati nel mercato del lavoro,
costituita da una sensibile crescita delle “attività imprenditoriali gestite da immigrati
2
ISFOL n. 7/2006- n. 7/2006- Monografie sul Mercato del lavoro e le politiche per l’impiego
3
Dossier Statistico Caritas 2005
4
M.Ambrosini -La fatica di integrarsi-Il Mulino,2001 ,pg.21 ss.
7
extracomunitari……caratterizzata da un forte dinamismo” (Rapporto Caritas 2003) per
tre ordini di motivi:
1. non si hanno altre alternative di inserimento nel mercato del lavoro;
2. la caduta di alcuni freni legislativi permette al lavoratore immigrato di esprimere
la propria imprenditorialità (spesso l’immigrato era già imprenditore nel paese
d’origine);
3. si reagisce alla difficoltà di fare carriera attraverso il percorso del lavoro
dipendente.
5
Quando si parla di imprenditorialità multiculturale o multietnica, ci si riferisce a tutte
quelle persone, che a seguito di una migrazione, svolgono un’attività autonoma: la
creazione di piccole imprese da parte di imprenditori immigrati è per l’economia italiana
un fenomeno relativamente recente. “ Lo straniero…….. deve alla sua scarsa
socializzazione, alle ragioni che fanno di lui un emarginato dalla vita pubblica e dagli
interessi conservatori della società in cui vive, le proprie doti di iniziativa, l’interesse
quasi esclusivo per l’attività economica, il gusto del rischio …… è un vincitore che
riesce ad affermare se stesso e una nuova forma di organizzazione”
6
Pertanto l’imprenditore così presentato corrisponde ad un’ immagine caratterizzata da
doti quali attività, determinazione e audacia, unitamente ad una capacità di valutazione
razionale del rischio e del profitto; accanto a queste doti, è altrettanto importante
sottolineare la capacità di “rottura” rispetto alla tradizione e di innovazione, che sono
altrettanti elementi basilari per il conseguimento del successo imprenditoriale.
Tuttavia questa analisi attiene a un tipo di emigrazione che si può definire di “élite” e
relativa a persone e/o gruppi etnici relativamente privilegiati, messi in difficoltà talvolta
da lotte di religione o da particolari situazioni politiche nei propri paesi di origine.
Le grandi emigrazioni del mondo moderno, che sono causate da ragioni economiche e
sociali e che riguardano ormai i ceti più deboli e svantaggiati, presentano uno straniero
diverso da quello messo in luce da Sombart : si tratta di un individuo che resta fedele
alla cultura tradizionale, la quale lo contrappone ai paesi ospiti, e che va ad occupare i
posti di lavoro più sgraditi e le aree urbane meno appetibili e che stabilisce un rapporto
generalmente difficile, se non ostile, con il gruppo maggioritario.
7
Anche in una situazione di maggiore difficoltà, come questa, nella quale due culture si
affiancano senza confrontarsi, si produce inevitabilmente un cambiamento e si
perviene in ogni caso a modificazioni in entrambe le culture : lo straniero vede
5
Rapporto Caritas 2003
6
Sombart “Vicinanza e lontananza: lo straniero come imprenditore” - pag 48/49 – Milano Franco
Angeli, 1993)
7
M.Ambrosini – La fatica di integrarsi –pg.165 ss – Il Mulino, 2001
8
confermato il suo ruolo di portatore di cambiamento; la conseguenza positiva è che
vengono favoriti il rinnovamento e la vitalità di entrambe le culture .
A partire dagli anni Ottanta, il tema dell’imprenditorialità degli immigrati in Europa ha
suscitato un rinnovato interesse negli studiosi di scienze sociali; l’ Europa è divenuta
un’ area geografica interessata dai flussi migratori in tempi relativamente recenti,
mentre tale fenomeno era, ed è ancora, molto più visibile e radicato in paesi di vecchia
immigrazione, quali ad esempio gli Stati Uniti.
1.2 Teorie sull’imprenditorialità multiculturale
La letteratura in proposito individua differenti approcci allo studio della imprenditorialità
degli immigrati.
Un primo criterio di analisi è stato quello di considerare come elemento chiave “ la
predisposizione culturale all’ imprenditorialità di determinati gruppi etnici, che
risulterebbero naturalmente più inclini, rispetto ad altri, ad attività imprenditoriali
autonome, e più sensibili a determinati valori quali la tradizione di frugalità, l’etica del
lavoro, la ricerca del profitto” ; così . ad es., si spiegherebbe l’intraprendenza degli
ebrei grazie al “puritanesimo” ebraico.
8
Una seconda teoria considera le difficoltà degli immigrati, relative alla possibilità di
trovare occupazione come lavoratori dipendenti, all’ inserimento nel mercato del lavoro
e all’organizzazione del sistema economico del paese ospite: questi fattori
sembrerebbero lasciare aperte agli immigrati solo le porte del mercato secondario,
poco appetibile; da qui la spiegazione, che va sotto il nome di teoria dello svantaggio,
secondo la quale gli ostacoli di carattere sociale, costituiti dalla scarsa conoscenza
della lingua del paese ospitante, dal non riconoscimento di titoli di studio conseguiti in
patria, da competenze professionali modeste o, addirittura, talvolta inesistenti,
spingono l’ immigrato a intraprendere un’ attività indipendente
9
Partendo dall’ osservazione delle minoranze cinesi, giapponesi e indiane, emigrate in
America agli inizi del Novecento, I. Light ha cercato di trovare un punto di mediazione
tra la teoria culturale e quella dello svantaggio: viene sottolineato il ruolo
significativo delle caratteristiche individuali, di classe e delle risorse etniche collettive,
le quali rendono possibile l’ avviamento di una determinata attività imprenditoriale;
quando tali caratteristiche sono radicate nell’ insieme del gruppo etnico considerato,
8
M. Ambrosini- “Utili invasori :l’inserimento degli immigrati nel mercato del lavoro italiano”, pg.107 ss. -
Milano Franco Angeli ,1999
9
Collins Orvis - The enterprising man – Michigan State University Press, East Lansing 1964
9
esse consentono la creazione di lavoro autonomo e il successo imprenditoriale, basati
su quelle qualità di cui è invece carente la popolazione autoctona.
La sottoccupazione, spesso cronica, che riguarda gruppi socialmente soggetti a
discriminazione e in posizione di debolezza sul mercato del lavoro, costituisce per
alcuni elementi una spinta considerevole ad intraprendere una attività autonoma per
affrancarsi da una condizione di emarginazione (teoria dello svantaggio); ovviamente
non tutti i gruppi svantaggiati mostrano la stessa intraprendenza : la differenza, che
caratterizza le minoranze imprenditrici, è determinata dalla maggiore propensione
culturale di alcune comunità a creare imprese autonome e dalla capacità di recuperare
i capitali necessari all’ interno delle reti etniche (teoria culturale) :”…l’etnicità supporta
l’economia etnica e l’economia etnica supporta la perpetuazione dell’etnicità”
10
Alla teoria dello svantaggio si affianca l’ analisi sulle cosiddette economie di “ enclave”,
definizione con la quale si intende una consistente presenza di attività imprenditoriali
avviate da cittadini stranieri, in aree particolari, quali, ad esempio, l’enclave cinese di
Prato, i cubani a Miami o gli ebrei a Manhattan, allo scopo di accrescere i profitti della
comunità e di conseguire progressi nella scala sociale
Queste imprese vedono l’utilizzo, da parte di proprietari immigrati, di una forza lavoro
prevalentemente, se non esclusivamente, immigrata, costituita dalla presenza e dal
ricambio di parenti, conoscenti e connazionali alla ricerca di un’ occupazione; nascono
inizialmente per procurare alla stessa popolazione immigrata quei prodotti e servizi che
essa aveva disponibili in patria e che non trova nel paese ospite; in fasi successive
diventano fornitrici di beni e servizi, generalmente destinati alla popolazione nel suo
complesso
Per l’impresa che deve entrare a far parte dell’enclave sono basilari, secondo Portes,
alcuni fattori : il primo, fondamentale, è la disponibilità del capitale, per il cui
reperimento, oltre alle disponibilità personali e familiari, diviene determinante
l’appoggio delle relazioni amicali e delle reti etniche, che, in alcuni casi, sono in grado
di produrre proprie istituzioni finanziarie; è inoltre essenziale la capacità imprenditoriale
di chi vuol creare l’impresa, cioè è opportuno che il capo dell’impresa abbia già svolto
nel paese d’origine il ruolo di imprenditore.
11
Ulteriore elemento è il fattore lavoro: la manodopera viene reperita all’interno delle reti
etniche e ha le caratteristiche di lealtà, dedizione e flessibilità, che permettono alle
imprese di affermarsi e di offrire a quei dipendenti che si rivelano tra i più affidabili,
prospettive di promozione professionale e di miglioramenti economici, nonché appoggi
10
I.Light – Immigrant and Ethnic Enterprise – “Ethnic and Racial Studies” ,vol.7,pg.208 - 1984
11
A.Portes, The economic sociology of immigration –Russel Sage Foundtion, N:Y. ,1998
10
nel caso di avvio di una attività autonoma. Risultato ultimo dell’enclave è il
rafforzamento della solidarietà etnica.
Un ulteriore apporto è dato dalla teoria delle “middleman minorities”, la quale si basa
sul presupposto che esistano delle comunità, che, in ogni parte del globo, non hanno
mai voluto radicarsi ed hanno svolto funzioni da intermediari fra produttori e
consumatori, gruppi d’elite e il popolo, come accade ad esempio nel caso dei cinesi in
Thailandia.
Le middleman minorities sono caratterizzate dal fatto che gli individui non percepiscono
il loro stato di migranti come una condizione permanente, rivelano un legame molto
stretto con la terra d’origine e si applicano in attività prevalentemente commerciali “che
non li vincolano per lunghi periodi alla terra d’ approdo” (Bonacich 1973).
12
Pertanto si rivela di fondamentale importanza la formazione di reti di supporto tali da
consentire alla comunità stessa di poter ridurre il costo del lavoro: dall’imprenditore co-
etnico, che sviluppa un rapporto di tipo paternalistico con i dipendenti, il lavoratore
dipendente riceve generalmente l’ aiuto per la ricerca della casa, per la risoluzione di
difficoltà personali, per eventuali ricongiungimenti parentali; proprio per questo non è
infrequente che accetti un lavoro anche a condizioni meno remunerative rispetto a
quelle previste dai contratti, consapevole che, nel caso di eventuali opportunità di
inserimento interno, sarà favorito dal datore di lavoro, il quale potrà aiutarlo anche a
intraprendere una propria eventuale attività indipendente.
Questo insieme di elementi rende le middleman minorities assai compatte al loro
interno, mentre sono in forte competizione con l’esterno. Per comprendere pienamente
la permanenza e lo sviluppo delle imprese etniche occorre considerare l’importanza
delle opportunità offerte dalla realtà socio-economica in cui vanno ad inserirsi le
attività imprenditoriali degli immigrati, riconoscendo il ruolo fondamentale, giocato da
fattori esterni al gruppo, quali i processi di trasformazione delle aree urbane e della
struttura istituzionale, così come le modalità di regolazione dell’economia.
13
In questo
senso sembra registrarsi una significativa relazione tra la crescita delle città globali,
che porta con sé un aumento della domanda di servizi, e l’intensificarsi
dell’imprenditorialità immigrata.
Per capire a fondo i motivi dello sviluppo di imprese straniere, non si può prescindere
dalle trasformazioni che hanno interessato le grandi aree urbane e le istituzioni, a
causa delle quali alcuni studi ritengono esista una stretta relazione tra l’incremento
della domanda di servizi e il corrispondente aumento dell’ imprenditorialità immigrata.
12
E.Bonacich-A theory of middle man minorities-American sociological Review,vol.38 ,1973).
13
M. Mora -Migrazioni, imprenditoria ….- CeSPI Febbraio 2006,pg.6 ss.
11
In particolare diventa importante la regolazione economica determinata dal ruolo delle
istituzioni e dal contesto politico istituzionale.
Quando un individuo gode di servizi e di protezioni sociali, erogati dallo Stato, che li
riconosce come diritti (es. assistenza sanitaria, infortunio, disoccupazione..), che se ne
accolla l’onere economico e che realizza un modello di Welfare in espansione, si
verifica quello che viene chiamato “processo di demercificazione”, poiché un
consistente numero di servizi è stato sottratto all’attività di mercato; da qui la presenza
di maggiori protezioni sociali per il lavoro dipendente con conseguente aumento del
suo costo.
Le attività che non sono in condizione di reggere i costi del lavoro dipendente regolare,
sono praticabili dalla piccola imprenditorialità: in questa ottica gli imprenditori immigrati
sono figure idonee e ideali, poiché dispongono di risorse umane a basso costo e assai
competitive.
Nel caso di contrazione del Welfare, si realizza un processo di mercificazione dei
servizi che apre ampi spazi alla iniziativa imprenditoriale, visto che i servizi stessi non
vengono più garantiti dallo Stato. Questa situazione offre notevoli opportunità all’
imprenditoria immigrata, che risponde in questo modo ai bisogni della società, ossia
alla domanda di imprenditorialità.
Alle teorie finora esaminate occorre affiancare il modello “ Vacancy chain”, ossia il
processo di sostituzione tra imprenditori autoctoni ed imprenditori immigrati che si
realizza, quando gli imprenditori autoctoni lasciano le attività di mercati considerati
maturi o a bassa redditività, aprendo questi spazi all’ iniziativa dei nuovi arrivati; le
caratteristiche della struttura socio-economica italiana ,nella quale è diffusa la piccola e
media impresa e la tendenza ad una economia informale, avallano l’idea che in Italia il
modello di sviluppo preferito della imprenditorialità immigrata sia appunto del tipo della
“vacancy chain” ( Codagnone 2003).
14
“Non sembrano registrarsi per ora fenomeni
rilevanti di espulsione dal mercato di imprenditori autonomi da parte degli imprenditori
immigrati” ( Fieri 2005).
15
A questo proposito, la ricerca condotta su immigrati e lavoro autonomo a Torino (Fieri
2005) evidenzia che l’ ingresso degli operatori economici immigrati nelle attività
indipendenti riveste prevalentemente il ruolo di rimpiazzo di posizioni lasciate libere dai
nazionali, anche se la realtà nazionale presenta esempi di resistenza in senso
contrario ( Imprenditoria cinese a Prato).
14
C. Codagnone –Immigrati imprenditori.Il contributo degli extracomunitari allo sviluppo della piccola
impresa in Lombardia- Camera di Commercio…Egea,Milano 2003
15
Fieri ( Forum internazionale europeo ricerche immigrazione) ,2005
12
Per completare il quadro di analisi della imprenditorialità immigrata occorre prendere in
esame l’ interactive model, definito da Waldinger. L’ interpretazione formulata si basa
su due aspetti: la struttura delle opportunità (i due versanti della domanda e dell’offerta)
e le risorse sociali e personali degli immigrati, correlate alle trasformazioni delle
economie e delle società che li ospitano; l’ attività imprenditoriale viene vista quindi
come “ la conseguenza interattiva del perseguimento di opportunità attraverso una
mobilitazione di risorse mediate da reticoli etnici in condizioni storiche uniche”
(Waldinger e Aldrich)
16
e, allo stesso tempo, è “un modo con cui gli immigrati e le
minoranze etniche possono rispondere all’ attuale ristrutturazione delle economie
occidentali” (Waldinger e Aldrich).
L’ affermazione della imprenditorialità etnica risulta condizionata da un insieme di
elementi quali la struttura dei mercati, le politiche pubbliche praticate (industriali, del
lavoro, fiscali…..), la capacità del gruppo etnico di porre in azione risorse e di avviare
un’ attività imprenditoriale e scaturisce dalla reazione a una mobilità sociale, che è
spesso bloccata e che valorizza scarsamente le capacità professionali degli immigrati.
La realtà, in cui si possono affermare gli imprenditori immigrati, prevede un ventaglio di
ambienti economici in grado di favorire l’ attività imprenditoriale, quali i mercati
alimentari urbani rionali, mercati caratterizzati da instabilità ed incertezza, mercati che
propongono prodotti “esotici”; dapprima le imprese etniche si affermano nella comunità
con la quale condividono bisogni, tradizioni e cultura, caratterizzata però da uno scarso
potere d’ acquisto; in seguito si rivolgono a mercati più aperti, i cui componenti
possiedono un maggiore potere d’acquisto, proponendo alla popolazione autoctona
prodotti etnici sempre più diversificati e raffinati.
Elementi importanti che condizionano l’ accesso alla proprietà e all’ acquisizione dei
capitali sono costituiti generalmente dal livello di competizione che si sviluppa all’
interno del gruppo per lavori e iniziative commerciali, e dalle politiche pubbliche che il
paese ospitante pratica riguardo all’immigrazione ed al mercato del lavoro.
Si sottolineano inoltre gli elementi di ostacolo e di agevolazione verso l’ attività
imprenditoriale, che possono provenire dalle caratteristiche della comunità etnica : le
forme di insediamento, gli atteggiamenti culturali, religiosi, tradizioni professionali, i
livelli di aspirazione, le capacità organizzative della comunità stessa, i network sociali
etnici .
17
16
Waldinger e Aldrich-Ethnic entrepreneurs.Immigrant business in industrial societies-Sage
Publication, Newbury Park-London-New Delhi, !990 in M.Ambrosini ,1999, pg.117 ss
17
M. Martinelli – Immigrati imprenditori – Rivista Impresa &Stato n.59 ,2002