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INTRODUZIONE
Divenuto ormai uno dei pilastri dell’economia mondiale, il turismo costituisce un
fenomeno assai vasto e complesso che abbraccia svariati settori e figure
professionali e che coinvolge nel suo studio un’ampia gamma di ambiti
disciplinari.
Definito dall’Organizzazione Mondiale del Turismo come un’attività praticata da
chi si sposta dal luogo dove vive e lavora abitualmente ad una località diversa per
almeno una notte e per non più di un anno, il turismo rappresenta per l’individuo
una possibile alternativa di impiego del tempo libero, di distrazione e di svago
dalla routine quotidiana, di miglioramento della propria salute psicofisica, di
arricchimento del proprio bagaglio culturale.
Ampiamente studiato in chiave economica, sociologica, antropologica e
psicologica, tale fenomeno ha registrato per lungo tempo un numero esiguo di
riflessioni linguistiche sistematiche, probabilmente a causa della sua “sfuggente
fisionomia”, trattandosi di un settore che ha costruito il suo linguaggio
rielaborando apporti da discipline diverse come la geografia, la storia dell’arte,
l’economia ecc.
Convertitosi, a partire dagli anni Novanta, in motore della macchina turistica, il
linguaggio del turismo viene ormai concepito come una sfera linguistica a sé, o
meglio come uno dei tanti linguaggi specialistici che, pur mescolando insieme
elementi tematici provenienti da ambiti diversi, organizza il suo discorso secondo
scelte lessicali, strutture morfosintattiche e schemi testuali specifici.
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Utilizzato anche nella produzione di diversi macrogeneri testuali legati al settore
turistico (guide, opuscoli, annunci turistici ecc), tale linguaggio annovera tra le
sue caratteristiche lessicali principali una copiosa presenza di elementi
culturospecifici o realia, e cioè di parole che rimandano a concetti propri di una
cultura, i quali non hanno corrispondenze precise in altre lingue.
Nell’intento di rendere migliore l’immagine di una meta turistica, di catturare
l’attenzione del lettore, di persuaderlo fino a spingerlo a voler “toccare con mano”
quanto descritto, il linguaggio turistico si carica di elementi specifici della
geografia, della vita quotidiana, dell’arte, della cultura ecc, di una determinata
località, con lo scopo di riprodurre nel testo un certo “colorito locale”,
un’atmosfera che faccia sentire il lettore immerso nelle bellezze e nella cultura di
un posto fisicamente lontano.
Finalizzata a diffondere altrove un messaggio allo stesso tempo informativo e
persuasivo, la traduzione del linguaggio turistico costituisce uno strumento
fondamentale per coinvolgere cerchie di turisti sempre più ampie e diversificate e
per trasmettere ad altre culture concetti strettamente legati al territorio e alle
tradizioni artistico-culturali di un popolo.
Sulla base di queste premesse, il lavoro che segue intende far luce su alcune
questioni legate al discorso turistico, alla traduzione del linguaggio del turismo e
all’analisi degli elementi culturospecifici individuati in un piccolo corpus di
riferimento appositamente creato.
Il primo capitolo, infatti, si apre con una panoramica generale tesa a definire il
concetto di “turismo”, ad individuare le discipline pertinenti allo studio di questo
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fenomeno, a ricostruirne la storia e a chiarire le differenze esistenti tra “turista”,
“visitatore” e “viaggiatore”.
Successivamente, il discorso si sposta sui linguaggi specialistici e sulle difficoltà
incontrate nel trovare per loro una denominazione condivisa, sull’individuazione
delle principali caratteristiche che distinguono tali linguaggi dalla lingua comune
e sulla definizione degli aspetti lessicali, morfosintattici e testuali propri del
linguaggio del turismo.
Infine, il capitolo si chiude con una breve ricostruzione degli studi sul concetto di
“genere”, per poter introdurre il discorso sul linguaggio del turismo in quanto
genere discorsivo ed individuare così le principali categorie di generi coinvolte in
questo ambito, rivolgendo un’attenzione particolare al macrogenere “opuscolo”.
Il secondo capitolo, invece, esordisce con un lungo excursus storico-linguistico
sul concetto di “traduzione”, il quale a sua volta apre le porte ad un ampio
discorso sull’evoluzione degli studi traduttologici e sui principali aspetti che
caratterizzano il processo traduttivo.
In seguito, la questione si sposta sul legame esistente tra lingua e cultura e, di
conseguenza, sul problema della traducibilità degli elementi culturospecifici e del
comportamento da assumere in merito al residuo traduttivo che si genera nel
passaggio dal prototesto al metatesto.
Per concludere, il capitolo presenta un ampio ventaglio di teorie proposte nel
corso degli anni a proposito della definizione e della trattazione degli elementi
culturospecifici, dedicando largo spazio al concetto di realia e alle possibili
strategie da adottare nella resa di tali elementi in traduzione.
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Infine, il terzo capitolo affronta praticamente le questioni teoriche dibattute in
precedenza, concentrandosi sull’analisi dei realia individuati in un corpus di
riferimento costituito da tre folletos e tre opuscoli turistici con relative traduzioni.
A monte di questo studio che copre buona parte del capitolo, si presenta la
metodologia d’indagine adottata e si definiscono in dettaglio le caratteristiche del
corpus.
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Capitolo I
IL TURISMO TRA STORIA, LINGUAGGIO E GENERI
I.1 “Turismo”: origine e definizione
Attestata nell’italiano scritto a partire dai primi del Novecento, la parola “turismo”
deriva dall’inglese tourism che, a sua volta, trae le sue origini dal francese tour e,
più precisamente, dal verbo tourner.
Coniato sulla base del greco «τορνεύω» e del latino «torno», il verbo francese
affianca al significato originale di “lavoro al tornio” quello più generico di
“andare intorno”, indicando comunque, con esso, un movimento circolare (Portale
Treccani, 2008).
Dalla forma verbale, il francese ricava poi il sostantivo tour che racchiude le
accezioni di “tornio” e di “giro” e che dà il nome al cosiddetto Grand Tour: il
viaggio a tappe che i rampolli della nobiltà e delle classi agiate europee compiono
fuori dai confini natî tra il Seicento e l’Ottocento, con lo scopo di istruirsi e di
formarsi da un punto di vista esistenziale e culturale.
Tour costituisce, quindi, la radice lessicale del francese tourisme e dell’inglese
tourism, dal quale si è adattata la forma italiana “turismo”.
Passando a definire questo concetto, l’Organizzazione Mondiale del Turismo
(OMT/WTO) sostiene che il turismo rappresenta un
Conjunto de actividades que realizan las personas durante sus viajes y estancias en
lugares distintos al de su entorno habitual, por un período de tiempo consecutivo inferior
a un año, con fines de ocio, por negocio o por otros motivos, y no por motivos lucrativos.
[...]
E inoltre, lo descrive come un
[...] Conjunto de técnicas y actividades encaminadas a atraer y satisfacer las necesidades y
motivaciones de los turistas en sus desplazamientos vacacionales. Por extensión,
organización de los medios conducentes a facilitar estos viajes (in M.V. Calvi, C.
Bordonaba Zabalza, G. Malpelli, J. Santos López, 2009: 199).
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Se la prima definizione focalizza l’attenzione sulla figura del turista e sulle
motivazioni che lo spingono ad intraprendere un viaggio, la seconda considera
principalmente l’insieme dei servizi e delle attività professionali che sono alla
base dell’organizzazione del viaggio.
Quindi, il fenomeno “turismo” si caratterizza essenzialmente per:
- lo spostamento fisico di persone (dal luogo di residenza ad un altro);
- la durata dello spostamento (di almeno una notte poiché altrimenti si parlerebbe
semplicemente di “escursione”);
- il motivo dello spostamento (viaggio di piacere, di formazione, di lavoro non
remunerato ecc).
In definitiva, il turismo rappresenterebbe una necessità dell’uomo di spostarsi da
un luogo ad un altro, almeno per un giorno, per motivi di svago e di impiego del
tempo libero, o per soddisfare esigenze di carattere culturale, oppure per arricchire
le proprie esperienze, o ancora per lavorare, a patto che non si trasferisca
stabilmente in un posto diverso rispetto a quello in cui risiede normalmente, per
svolgere lì la sua attività lavorativa.
Trattandosi di un fenomeno molto complesso, il turismo può essere classificato
secondo numerose variabili.
O. Bermúdez (1997, in M.V. Calvi, 2001: 8) individua, ad esempio, i seguenti
criteri:
- la procedencia del turista (turismo exterior/interior);
- la edad (turismo juvenil/familiar/de la tercera edad);
- el medio de acceso (turismo terrestre/aéreo/marítimo);
- la movilidad del turista (turismo de asentamiento/de paso/itinerante/de golondrina/de
escala);
- las motivaciones (turismo de descanso/cultural/medicinal/religioso/deportivo/rural/
congresal y ferial/folklórico/gastronómico y enológico);
- la tipología del núcleo receptor (turismo blanco/verde/azul/multicolor);
- las repercusiones económicas (turismo activo/pasivo);
- el tiempo de permanencia (turismo de corta/media/larga estancia);
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- la forma de viajar (turismo individual/de grupo).
L’eterogeneità degli elementi coinvolti nel discorso del turismo determina la
necessità di considerare una gran varietà di discipline per poter studiare i diversi
aspetti che compongono quest’attività particolarmente ibrida.
In effetti, oltre alla geografia, l’analisi del turismo ingloba l’antropologia, la
psicologia e la sociologia, con riguardo alle ragioni che incidono sulle scelte dei
singoli ad utilizzare a scopi turistico-ricreativi il loro tempo libero; l’economia, in
merito agli effetti che il fenomeno ha sull’economia e sulla bilancia dei pagamenti
di uno Stato; la politica, per quanto riguarda la regolamentazione del turismo e
così via.
A questa interdisciplinarietà si affianca l’interrelazione di altri importanti fattori
che fanno del turismo un sistema perfetto (fig. 1.1), una rete complessa di
componenti appartenenti a settori diversi che si integrano tra loro nella creazione e
strutturazione dell’economia turistica.
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Figura 1.1: Le componenti del sistema “turismo”
Fonte: Gabriele Becher, 2002 e 2003: 19
Titulares de servicios
como
subsistema
- Empresas de
transporte
- Empresas de
alojamiento y hostelería
- Agencias en el destino
- Balnearios
- Instalaciones
deportivas
- Alquiler de vehículos
- Empresas de tarjetas
de crédito
Economía
Implica
disposiciones
monetarias y
económicas
básicas (p.ej.
infraestructura,
desarrollo...).
Política
Establece las
disposiciones
básicas (p.ej.
política
monetaria, de
medio ambiente,
política regional
de estructura).
Proveedores como
subsistema
- Agencias de
publicidad y de
estudios de mercado
- Imprentas/editoriales
- Asociaciones
turísticas
- Asesores de
empresas
- Oficinas de turismo
- Oficinas de
información
El núcleo del
sistema
“turismo”
• El turista
• El touroperador
• Las agencias de
viajes
• La hostelería
• Los destinos
Proveedores como
subsistema
- Corporaciones
administrativas
- Comunidades de
intereses
- Instituciones de
formación y de
investigación
- Los medios de
comunicación
- Grupos de acción
- Administración
estatal
Medio ambiente/la
naturaleza
Como potencial base
del turismo (p.ej.
clima, paisaje,
situación geográfica,
flora, fauna, etc.).
Atracciones como
subsistema
- Factores naturales
(clima/paisaje)
- Factores
socioculturales (cultura,
estilo de vida,
costumbres)
- Infraestructura
(parques acuáticos,
temáticos, estaciones de
esquí)
- Eventos organizados
- Folclore (souvenir)
La sociedad
En los destinos
influye el turismo
(p.ej. actitud frente a
los visitantes/
foráneos...).
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I.1.1 La storia del turismo
«Un viaggio è sempre una scoperta: prima di luoghi nuovi, è la scoperta di ciò che
i luoghi nuovi fanno alla tua mente e al tuo cuore»
1
.
Questo aforisma di S. Littleword rende perfettamente l’idea di quello che il
viaggio ha rappresentato per l’uomo nel corso dei secoli.
Esso «ha agito e continua ad agire come forza che trasforma le personalità
individuali, le mentalità e i rapporti sociali» (E.J. Leed, 1992, in M.G. Nigro,
2006: 13).
Attraverso il viaggio, infatti, l’uomo può vedere oltre il suo piccolo mondo,
scoprire nuove culture, principi e valori, relazionarsi con il “diverso”, adattarsi a
situazioni imprevedibili.
Se la costante del viaggio è il movimento, lo scambio e l’arricchimento culturale,
esso assume sfaccettature diverse in base alle motivazioni che spingono un
individuo a viaggiare o in base al periodo storico in cui il viaggio si realizza.
La letteratura abbonda di resoconti di viaggi intrapresi da re, eroi, cavalieri e
uomini audaci che si sono spinti alla conquista di nuove terre, commerci e civiltà.
Il primo racconto occidentale di viaggio risale al 2900 a.C. circa, quando il
giovane re dei Sumeri Gilgamesh decide di raggiungere l’estremo limite del
mondo per diminuire la sua forza e il suo potere. Arrivato nella terra
dell’immortalità, il re si addormenta durante la notte in cui dovrebbe vegliare e
quindi non diviene immortale.
1
http://www.frasiaforismi.com/cat/frasi-viaggio/, [Data di consultazione: 28/03/2012].
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Da Gilgamesh si passa ad Ulisse, l’eroe omerico che, prima di poter rivedere la
sua amata Itaca, è costretto ad affrontare mille pericoli, ostacoli, prove e peripezie
(M.G. Nigro, 2006: 13-14).
Nato come atto eroico, leggendario e avventuroso, il viaggio diventa, nell’antica
Roma, impiego del tempo libero, soddisfacimento dei piaceri legati al benessere
fisico e mentale.
Infatti, a partire dal I secolo a.C., si diffonde, a Roma, la pratica della villeggiatura
in campagna, da parte di aristocratici che intendono allontanarsi dai rumori e dalle
ansie dei ritmi cittadini e trascorrere del tempo tra l’ozio e la cura di sé in
maestose ville con giardini, dotate di vasche per fare il bagno e di spazi in cui
effettuare giochi vari durante le serate “mondane”.
Accanto alla villeggiatura in campagna, dalla seconda metà del secolo si afferma
anche la vacanza al mare, dove i patrizi alternano momenti di divertimento
sfrenato con altri di pieno relax del corpo e della mente.
Le località balneari diventano anche centri termali con palestre e saune, in cui
anche i più umili vi si recano, attratti dalle proprietà terapeutiche e curative delle
acque.
Scandalizzata dalla promiscuità degli incontri negli spogliatoi e nelle vasche delle
stazioni termali, la Chiesa chiude i bagni pubblici e comincia a predicare la
purezza dello spirito e dell’anima piuttosto che la pulizia del corpo.
È così che con il Medioevo, il viaggio diventa ricerca di una fede lontana in
luoghi sacri. Le principali mete dei pellegrinaggi sono Gerusalemme, dimora del
Santo Sepolcro; Roma, sede del papato e terra di riposo di molti martiri cristiani;
Santiago di Compostela, meta religiosa per il culto di San Giacomo apostolo.
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Il pellegrinaggio diviene, col tempo, una vera e propria istituzione che gode di
uno specifico riconoscimento sociale: prima di partire, il pellegrino redige il suo
testamento ed è protetto da leggi che puniscono severamente chi lo assale durante
il viaggio di espiazione dei propri peccati e di conquista della purezza dell’anima
e della salvezza eterna (M.G. Nigro, 2006: 14-15).
Anche la letteratura si interessa a questa pratica, come ricordano la Guía del
Peregrino Medieval (1140), una sorta di guida del Cammino di Santiago redatta
da Aymeric Picaud e i Canterbury Tales (1387) di Geoffrey Chaucer, nati da un
pellegrinaggio sulla tomba di St. Thomas Becket proprio a Canterbury.
Intorno al XIII secolo, oltre che verso mete religiose, il viaggio si sposta anche
verso mondi nuovi, verso la scoperta di nuove terre, di nuove conoscenze e di
nuove prospettive.
Nel 1256, Marco Polo intraprende il primo viaggio occidentale verso Oriente, di
cui si conservano testimonianze nelle pagine de Il Milione (1298).
Gli scambi con l’Est continuano fino alla metà del XIV secolo, quando alcuni
eventi importanti (la peste e il dominio dei Turchi Ottomani) determinano
l’interruzione dei rapporti tra Occidente e Oriente.
Si arriva così alla data che segna la fine di un’epoca e l’inizio dell’Età moderna: il
1492, anno della “scoperta dell’America” ad opera di Cristoforo Colombo.
Tale impresa ridisegna i confini dei continenti e dà un nuovo impulso agli
esploratori per la ricerca di nuove terre da colonizzare.
Cominciano così i lunghi viaggi verso il Nuovo Mondo, o meglio verso la
conquista del Nuovo Mondo. Sentendosi umanamente e culturalmente superiore
rispetto alle civiltà e ai modelli di vita primordiali incontrati, l’uomo europeo
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comincia a sfruttare e a trarre vantaggi economici da quelle terre, piuttosto che
valorizzare un patrimonio rimasto a lungo inesplorato (M.G. Nigro, 2006: 17).
Da questa linearità del viaggio probabilmente “senza ritorno”, intrapreso per
conquistare qualcosa (da regni e imperi alla fede religiosa) o per scoprire terre
deserte in cui vivere in condizioni migliori, si passa, nel XVII secolo, alla
circolarità del tour, inteso da A. Brilli (1995) come «“giro” di paesi continentali
con partenza ed arrivo nello stesso punto, nella medesima città» (in M.G. Nigro,
2006: 18).
Proponendosi come esperienza per ampliare il sapere, la conoscenza e il proprio
bagaglio culturale, e non più come puro e semplice mezzo per il soddisfacimento
di bisogni, il tour diventa un’importante occasione di formazione e di crescita
personale.
A partire dal Seicento, infatti, si comincia a parlare di Grand Tour, per indicare un
viaggio d’istruzione riservato ai giovani rampolli dell’aristocrazia europea, in
particolare inglese, francese e tedesca.
Con lo scopo di completare e perfezionare l’educazione dei giovani aristocratici,
questo viaggio pedagogico si caratterizza per una serie di soste in paesi e città
intrise di cultura e raffinatezza rispetto alla grossolanità ed ineleganza delle
periferie.
Italia, Francia, Grecia, Svizzera e Germania rappresentano le mete più ambite
dove questi giovani si incamminano alla scoperta del patrimonio artistico e
culturale locale, accompagnati da tutor che vigilano sul loro comportamento
morale, religioso e sociale (M.G. Nigro, 2006: 19):
El Grand Tour pretendía ilustrar; enseñar a los futuros funcionarios del Imperio los logros
conseguidos por las grandes civilizaciones pasadas, más allá de lo estudiado en los libros
de texto.
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La necesidad de “estar allí”, como dijimos antes, se volvió imperativa. Pusieron en estado
de alerta sus oídos para captar toda la información que consideraban estratégicamente
vital para alcanzar sus objetivos de dominación mundial.
Monumentos y ruinas arqueológicas; costumbres, formas de gobierno; potencialidad
económica, creencias y prácticas sociales, temperatura, presión atmosférica, mareas,
alturas, etc, fueron descriptas y catalogadas con determinación. Nada podía -o debía-
quedar al margen de la mirada ilustrada; y así el arte, la literatura y la ciencia se cargaron
de fríos datos y medidas, evidenciando el nuevo espíritu de la época (F.J. Soto Roland,
2005: 2).
Nella seconda metà del Settecento, il Grand Tour comincia a subire delle
trasformazioni: in seguito all’ampliamento della classe borghese britannica,
aumenta il numero dei partecipanti a questa esperienza che da «quest for
knowledge», riservata agli eredi delle classi aristocratiche, diventa «quest for
exploration, escape and pleasure», per i figli dei borghesi che intendono elevare il
loro status (C. Rojek e J. Urry, 1997, in M.G. Nigro, 2006: 21).
Saranno le campagne napoleoniche ad interrompere questo fenomeno che, nel
XIX secolo, acquista una nuova fisionomia.
Da un’élite privilegiata, il viaggio diventa un’attività per un pubblico sempre più
vasto, non più connotata da particolari motivazioni culturali, ma vista come un
ossessionante rito di consumo. Così, alla denominazione di Grand Tour, si
sostituisce quella di Grand Tourism, per indicare un tipo di viaggio sempre più
aperto e meno esclusivo, grazie al miglioramento delle condizioni economiche
degli individui e all’espansione dei mezzi di trasporto.
Una svolta importante si ha nel 1841, quando Thomas Cook propone il primo
viaggio organizzato per 570 persone, al prezzo di uno scellino a testa. Il pacchetto
include il trasporto in treno da Leicester a Loughborough, vitto, alloggio e
intrattenimento.