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Introduzione
Da molto ormai stiamo vivendo una crisi economica che ha colpito duramente a
livello mondiale tutti i settori. Le proiezioni economiche non sono per nulla
positive, la disoccupazione è in aumento, cosi come i prezzi dei beni di prima
necessità, gli investimenti in drastica diminuzione, tutto questo porta un calo della
domanda e molte aziende sono costrette a ridimensionare i loro piani aziendali. Si
sta assistendo a un graduale rallentamento dell’innovazione e perdita costante di
posti di lavoro con il rischio di piombare in una recessione profonda e duratura
che suscita timori di collasso dei sistemi finanziari. La crisi si è molto aggravata dal
2007 a oggi inceppando i mercati all’ingrosso su cui le banche si approvvigionano
di fondi. Gli investimenti alle imprese sono stagnanti, le esportazioni si sono
contratte risentendo dell’indebolimento della domanda mondiale e le banche
italiane hanno operato a loro volta un ulteriore irrigidimento dei criteri adottati per
l’erogazione del credito. La redditività delle banche italiane sta risentendo della crisi,
ma è pur vero che data l’esposizione relativamente contenuta al settore dei mutui
sub-prime gli effetti è meno devastanti, il carattere meno sofisticato degli istituti
italiani, infatti, ha preservato un buon grado di capitalizzazione e liquidità.
Il nostro sistema bancario non ha concesso mai con facilità credito alle imprese per
finanziare progetti senza garanzie, perciò ancora più evidente risultano ora le
difficoltà di accesso al credito soprattutto per le PMI che spesso sono incapaci di
fornirle; questo modus operandi paventa il rischio concreto di paralisi degli
investimenti e di riflesso del sistema produttivo. Lo scenario non è confortante e la
crisi di liquidità delle banche si riflette nel cosiddetto “credit crunch”, contrazione del
credito, che indica un calo significativo dell’offerta di credito al termine di un
prolungato periodo espansivo che accentua la fase recessiva. La chiusura avviene
sostanzialmente per due ragioni diverse: una legata al rischio d’inflazione che porta
le banche centrali ad alzare i tassi d’interesse per contenere l’espansione, l’altra
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legata alla crisi di liquidità che coinvolge le banche stesse che si vedono costrette a
una chiusura del credito per evitare il fallimento dati anche i rigidi requisiti dettati
da Basilea 2, prima, e Basilea 3 poi. A pagare il prezzo più alto sono le categorie
meno garantite come i giovani, gli immigrati e chi ha un reddito medio - basso che
per sostenere i propri investimenti soprattutto in alta tecnologia, quindi a rischio
più elevato, trovano notevoli difficoltà e nella maggior parte dei casi sono
impossibilitati a realizzarli; a questo si aggiunge poi l’aumento del costo del denaro
e degli elevati spread applicati alla clientela.
Uno degli elementi fondamentali che quantificano il livello di rischio assunto dagli
istituti di credito è il Rating, tema caldo del dibattito economico. Le agenzie di
Rating fungono principalmente da intermediari d’informazioni tra coloro che
emettono titoli e gli investitori, riassumendo le indicazioni fondamentali del
mercato creditizio in una semplice lettera, che indica una determinata classe di
Rating e, quindi, un giudizio preciso in base ad una scala di misura. Accanto alla
principale funzione informativa va ricordata anche la funzione di certificazione
volta a favorire la regolamentazione della sorveglianza all’interno dei mercati
finanziari, nonché la funzione di normalizzazione che consente un monitoraggio
costante e globale dell’intero mercato dei titoli. Nell’ultimo periodo è stato
registrato un aumento notevole riguardo all’utilizzo del rating interno, in ragione
della crescente sfiducia nei giudizi delle grandi agenzie che a lungo hanno
monopolizzato questo strumento sfruttando le notevoli economie di scala, senza
dimenticare speculazioni e conflitti d’interesse endogeni al sistema. Tutto questo
attribuisce alle agenzie di Rating un ruolo fondamentale nel panorama finanziario
mondiale, offrendo una stima sulla probabilità d’insolvenza del debitore a scadenza,
quanto più è elevato il giudizio, tanto minore è tale probabilità. Le agenzie
effettuano una continua attività di monitoraggio, che si concretizza nella variazione
del livello di Rating assegnato, segnalando cosi agli investitori la variazione del
rischio di default nel tempo. L’effetto di queste valutazioni si propaga naturalmente
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ai mercati finanziari attraverso diversi atteggiamenti da parte degli investitori che in
base ai giudizi assegnati indirizzeranno i propri investimenti: emittenti di prestiti
obbligazionari con bassi Rating dovranno pagare un tasso d’interesse più alto ai
propri investitori per compensare il maggior rischio, inoltre risulta condizionato
dallo stesso giudizio anche il numero di sottoscrizioni e perciò il successo
dell’emissione. A questo punto è lecito domandarsi se e in quale misura questo
sistema di giudizi sia efficiente. E’ importante cercare di capire come questo
influenzi le decisioni d’investimento del mercato e le politiche di concessione del
credito e dei finanziamenti in generale da parte degli istituti di credito (fenomeno
del credit crunch). Tutto questo ha inevitabili e importanti ripercussioni sulle
decisioni d’investimento da parte sia delle grandi, ma soprattutto delle PMI che
sono più orientate allo sviluppo e all’innovazione tecnologica, ma che senza le
giuste opportunità e risorse rischiano di vedere irrealizzati i propri progetti. Le
agenzie di Rating dispongono perciò di un elevato potere di mercato, potere che
può condurle anche a investire meno di quanto socialmente efficiente nella raccolta
ed elaborazione delle informazioni sui debitori, appare quindi evidente il ruolo
chiave che queste istituzioni assumono e perché tutto ciò che ruota intorno ad esse
sia, soprattutto oggi, di estremo interesse.
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1.2 Organizzazione e performance
Passiamo ora ad analizzare il settore industriale del rating dal punto di vista
dell’organizzazione delle poche agenzie, che svolgono quest’attività.
Esaminando la struttura e l’organizzazione industriale delle principali agenzie di
rating si riscontrano emissioni di giudizi molto diversi tra loro, di varia entità e
appartenenti anche a diversi settori di attività. L’analisi delle varie tipologie di titoli
è svolta da personale qualificato che attribuisce pesi diversi alle variabili quantitative
in relazione alla classe dell’emittente, per esempio per quanto riguarda emissioni
statali si da un notevole peso al rischio politico, per quanto riguarda società
industriali al contrario a parametri totalmente diversi come per esempio le
prospettive future del mercato o le capacità manageriali di gestione. Il primo
elemento che risulta evidente dello studente che si affaccia allo studio del settore
rating è il numero limitato d’imprese che offrono il servizio, le principali sono
Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch Rating che insieme coprono i diversi mercati
internazionali. Nello svolgere la propria attività le agenzie pongono particolare
attenzione all’analisi del debito, attuata tramite numerosi incontri con il
management, la valutazione di dati economici e finanziari e approfondimento con
ricerche sull’emittente e sul settore di appartenenza; i ricercatori non essendo
coinvolti nella vendita o nello scambio di titoli e non dedicandosi alle azioni
ordinarie delle emittenti salvaguardano l’indipendenza dell’agenzia che non viene ad
avere alcun legame o vincolo partecipativo. In genere la struttura di un’agenzia di
rating è divisa secondo criteri settoriali e funzionali all’interno di ogni gruppo, le
divisioni sono guidate da direttori di ricerca e comprendono numerosi direttori
associati cui è affidata la supervisione dei team di analisi. Possono essere previsti
diversi comparti separati come per esempio il gruppo industriale, o il gruppo
istituzioni finanziarie, il gruppo pubblica utilità, il gruppo Stati Sovrani, quello di
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finanza strutturata ecc. Può anche essere previsto uno o più staff separati che si
occupano della gestione e dello sviluppo di una banca dati interna, della
pianificazione strategica, di consulenze anche legali o di altro genere e dell’efficacia
comunicativa dei giudizi emessi al pubblico. L’organizzazione settoriale in genere è
abbastanza comune tra le varie agenzie di rating, gli elementi più importanti
possono variare secondo la realtà in cui opera l’agenzia e per far fronte a questo
tipo di incertezza il personale deve essere estremamente qualificato e preparato ad
affrontare situazioni diverse specializzato per settore cosi da poter offrire un
servizio qualitativamente valido e che garantisca l’affidabilità e la correttezza del
giudizio.
Le istituzioni internazionali che promuovono lo sviluppo economico e la
cooperazione tra le nazioni hanno cominciato già da qualche tempo a favorire
l’espansione delle agenzie di rating nei marcati in via di sviluppo. Questo comporta
di benefici nella costruzione delle infrastrutture di mercato, infatti, il buon
funzionamento del mercato bancario è essenziale per lo sviluppo economico di
ogni paese e la diffusione delle agenzie di rating può migliorare la solidità dei
sistemi finanziari; si riduce così il costo del processo informativo e il costo
dell’attività di monitoraggio dei soggetti che partecipano al mercato
obbligazionario. Importante fattore da considerare è che spesso le agenzie non
possono produrre in tutti i mercati gli stessi benefici economici, il rating deve essere
considerato come uno dei tanti strumenti per valutare la solidità di una banca o di
un’impresa e non diventare l’unico strumento di giudizio. Tale processo soprattutto
negli ultimi anni si sta incanalando in schemi sempre più rigidi dai quali è difficile
uscire e che portano le agenzie a produrre giudizi estremamente rigidi e che non si
adattano pienamente alla realtà in profonda crisi che caratterizza il contesto
economico attuale. Sono emersi poi non piccoli dubbi sull’esistenza di conflitti
d’interesse visto che molte di queste piccole agenzie sono possedute da istituzioni
coinvolte nel processo d’intermediazione finanziaria nei mercati locali.
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Interessante nell’analisi generale del settore rating è analizzare le spiegazioni della
bassa concorrenza e del numero limitato di operatori nel settore. Il mercato
obbligazionario come lo conosciamo oggi si è sviluppato negli USA e questo
motiva il nascere di istituzioni specializzate nel territorio per guidare le scelte degli
investitori meno esperti, tuttavia si tratta di una risposta soltanto parziale data
l’importanza internazionale che da tempo molti mercati obbligazionari europei e
non solo hanno assunto. Ci sono poi forti barriere all’entrata dovute ai rigidi e
ristretti requisiti che le organizzazioni di categoria richiedono ai potenziali nuovi
entranti e alla scarsa propensione di quest’ultime a far entrare potenziali concorrenti
nel settore, tanto che investimenti in attività tecnologiche, produttive, commerciali
e organizzative non bastano a migliore la propria capacità competitiva. Un altro
punto di vista interessante è basato sull’importanza della reputazione aziendale, data
dalla sommatoria di tutti i giudizi che gli operatori economici hanno dato su ogni
valutazione emessa dall’agenzia; ovviamente più è grande il bagaglio di esperienze e
la sua provata abilità a emettere giudizi e valutazioni accurati, tanto maggiori
saranno i giudizi positivi degli operatori e maggiore e solida sarà la reputazione
dell’agenzia. Come ogni buon lavoro che si rispetti occorrono anni per costruire
una solida reputazione e un solo piccole errore per far sfumare tutto il lavoro e gli
investimenti messi in atto. Anche per questo motivo quindi la sopravvivenza di
iniziative nuove o minori è minacciata dalla penetrazione sul mercato delle agenzie
più affermate e dalla diffidenza dei potenziali clienti.
L e agenzie che valutano il rischio di default di un’emittente sono spesso esposte al
rischio di intraprendere comportamenti opportunistici, un’azienda potrebbe essere
disposta a pagare una commissione maggiore pur di ricevere un giudizio elevato,
inoltre le agenzie stesse potrebbero minacciare le aziende emettendo un rating non
richiesto gratuito più basso rispetto a uno più alto a pagamento. Data l’importanza
che giudizio e attori assumono, sono stati istituiti degli organismi di controllo
preposti alla vigilanza sui mercati finanziari nazionali come la Sec (Securities and
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Exchange Commissionn) per il mercato americano, la Fsa (Financial Services
autorità garante) per il mercato britannico e la Consob che tutti conosciamo per il
mercato italiano. Al fine di scoraggiare comportamenti sleali, queste autorità
dispongono di poteri tra i quali quello di prendere provvedimenti verso le agenzie,
questo sarebbe troppo dannoso per la reputazione e diffusione futura delle
valutazioni e andrebbe a colpire uno degli elementi caratterizzanti del settore,
l’affermata affidabilità dei giudizi emessi. La difesa, quindi, della reputazione è
fondamentale ed ha anche dei riflessi sulla gestione del personale che opera
all’interno del settore, gli analisti possono ricevere non poche pressioni, di natura
politica o economica, sullo svolgimento del proprio lavoro data l’importanza degli
interessi in gioco; gli analisti per queste ragioni ricevono elevate remunerazioni e
seguono un processo di formazione basato su principi morali e regole molto
rigorose.
Un altro aspetto interessante è vedere il tutto dal punto di vista dei consumatori, in
altre parole gli utilizzatori del rating che sono emittenti di prestiti obbligazionari e
gli investitori. I primi sono favorevoli all’ingresso di nuove agenzie che possano
aumentare la concorrenza e ridurre i costi del servizio. Gli investitori puntano, al
contrario, sulla loro specializzazione nello sviluppo di metodi e criteri interni, senza
creare troppi giudizi emessi da diverse agenzie che potrebbero stimolare incertezza
e scarsa rappresentatività del prodotto della reale situazione aziendale. Questi
aspetti sono fondamentali da considerare dato che tutti gli attori operano nei
mercati che in genere sono caratterizzati da incertezza endogena al sistema e sulla
quale troppo spesso si è speculato e si specula ancora creando non solo disagio agli
operatori che provocando vere e proprie crisi finanziarie. Ogni variazione di
opinioni tra le diverse agenzie che operano con diverse scale di valutazione crea
confusione, questo rappresenta un problema che non può che aggravarsi con
l’aumento delle agenzie e delle differenze nella modalità di emissione dei giudizi.
Tuttavia le forze in gioco vanno equilibrate, infatti, non può essere ostacolato
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neanche il processo di formazione di un mercato concorrenziale del rating che
sarebbe agevolato dal fatto per esempio che tutte le agenzie operanti adottino la
stessa scala di valutazione che consenta di fare facili paragoni tra tutti i giudizi
emessi.
La funzione del rating come abbiamo già avuto modo di vedere è in breve quella di
sintetizzare in un simbolo il rischio d’insolvenza del debitore e di pagare da parte
dello stesso interessi e capitale. Secondo il grado di protezione del creditore, che
emerge dalle caratteristiche contrattuali, a debiti diversi possono essere assegnati
giudizi diversi anche di uno stesso debitore, avendo anche a disposizione un
giudizio staccato da questi, che riguarda l’affidabilità generale del debitore stesso. Le
agenzie assegnano due distinte tipologie di rating, al debito a breve termine che ha
durata non superiore a un anno e al debito a medio - lungo termine. Il perché di
questa distinzione è da ricercare nella volontà di dare una valutazione sintetica del
rischio di credito che non vuole essere un consiglio d’investimento in base alla
redditività del titolo. Le agenzie specializzate fanno una continua attività di
monitoraggio che analizza la variazione del rischio nel tempo palesato dal mutare
del livello di rating. La semplicità d’interpretazione è uno degli elementi vincenti di
questo metodo di valutazione degli investimenti, ogni simbolo rappresenta un
giudizio chiaro sulla capacità di rimborso del prestito, quindi valutazione e
informazione sono pienamente soddisfatte. I grandi colossi del rating devono
adempire come accennato a obblighi e adempimenti nei confronti delle autorità di
vigilanza, ne è un esempio la pubblicazione su un apposito registro l’elenco delle
valutazioni emesse indipendentemente dalla volontà dell’emittente. L’emittente può
in genere chiedere comunque il rating, se non richiesto le agenzie valuteranno
l’azienda solo utilizzando le informazioni pubbliche, se invece è richiesto allora
attraverso il pagamento di una commissione si ha accesso a tutte le informazioni
riguardanti l’azienda, comprese quelle riservate, attraverso incontri e visite degli
analisti con i manager della società. Ogni agenzia naturalmente opera con proprie
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procedure e modalità e gestisce i rapporti con la clientela in modo diverso, cosi
come i compensi stabiliti sono differenti. Dato il carattere oligopolistico del
mercato che caratterizza il settore gli attori potrebbero richiedere commissioni
anche più elevate rispetto a quelle percepite, infatti, se la domanda di rating è una
curva classica di domanda, a un alto livello di prezzo solo poche imprese faranno
richiesta di rating, mentre in corrispondenza di un basso livello di prezzo ci sarà un
elevato numero di imprese che ne faranno richiesta. Moody’s e S & P, le due più
importanti agenzie presenti al mondo potrebbero aumentare il loro profitto
aumentando il prezzo delle commissioni dei rating perdendo dei clienti, fino ad
arrivare al punto di massimizzazione dei profitti fissato dalla teoria del monopolio.
L’equilibrio in questo punto non influisce sull’impegno da parte delle agenzie di
valutare tutte le emissioni, sotto questo impegno i costi dell’emissione del rating
sono fissi e gli unici costi marginali importanti sono i costi aggiuntivi che l’agenzia
incontra nelle transazioni con il richiedente. Le agenzie non chiedono commissioni
tanto elevate e non sfruttano la posizione di monopolista, una ragione potrebbe
essere la presenza di un punto angolo sulla curva di domanda dove il prezzo pagato
compensa appena la riduzione nei costi di emissione; un’altra ragione è che se
iniziasse una politica di aumento dei prezzi che non è seguita dai rivali, i loro clienti
potrebbero diminuire a fronte di una cooperazione dei rivali e conseguente maggior
elasticità della domanda. Altre ragioni possono essere rappresentate dalla scelta
delle tariffe da applicare alla clientela, presentando un tariffario standard a poche
aziende e trattare commissioni con ogni singolo cliente attuando una
discriminazione di prezzo. In ultimo anche se le agenzie cercano sempre di
soddisfare tutte le richieste di rating potrebbe essere davvero negativo lo scenario in
cui molti emittenti non richiedono più le prestazioni a causa dell’elevato prezzo,
sarebbe davvero sconveniente per gli operatori emettere giudizi non sollecitati e
considerati poco affidabili. I giudizi spesso sono correlati tra loro, tra le varie
agenzie le differenze spesso sono minime, questo garantisce anche richieste di
valutazione fatte a più agenzie cosi da ottenere una sorta di consolidamento del
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rating e spesso un suo upgrade, giudizi contrastanti danneggerebbero la buona
riuscita dell’emissione e creerebbe notevole incertezza tra gli operatori.
Passiamo ora ad analizzare le performance del settore rating, un settore come già
abbiamo avuto modo di vedere caratterizzato da un mercato di tipo oligopolistico
che genere per gli operatori un profitto che supera di molto il costo – opportunità
del mercato e da una perdita in termini sociali causata dalla disuguaglianza del
prezzo con il costo marginale sopportato dall’imprenditore per produrre il bene o il
servizio. I giudizi ne sono una prova perché quando sono variati dagli emittenti più
importanti simultaneamente il mercato reagisce alla variazione. Il ritorno sul
capitale investito per un’agenzia di rating ha dello sbalorditivo con presenza anche
di extra – profitto anche perché emissioni di grandi importi o piccoli non implicano
regolarmente costi di valutazione più o meno maggiori, nella maggior parte dei casi
il processo e gli strumenti utilizzati sono gli stessi. Un altro elemento interessante
da osservare è il grado di innovazione del settore, in genere in un mercato
competitivo è molto elevato data la spinta della concorrenza tra le imprese che
cercano di immettere nel mercato prodotti nuovi e migliori, è quindi difficile
individuare degli standard assoluti con i quali confrontare il grado di innovazione di
un’azienda e questo vale soprattutto per le società operanti nel rating.
L’innovazione qui va ricercata nell’espansione delle valutazioni su strumenti non
tradizionali e l’emissione di rating sempre più accurati e precisi che riescano a
rappresentare in modo ottimale la realtà, questo processo tende a essere portato
avanti dalle piccole agenzie che cercano di trovare metodi nuovi e giudizi completi,
successivamente sono seguite dalle agenzie principali. Perciò anche in questo
settore la concorrenza produce i suoi classici effetti positivi. Un altro aspetto che
vale la pena analizzare è come un elevato rating contribuisca a migliorare
l’efficienza del mercato obbligazionario. Un elevato rating comunque potrebbe
essere solo il riflesso del mutamento delle condizioni finanziarie del mercato come
può essere la variazione del differenziale di tassi d’interesse tra obbligazioni
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aziendali e titoli governativi, piuttosto che un’informazione aggiuntiva. Una buna
analisi verifica se un cambiamento del giudizio causa variazioni sui mercati
finanziari e se tale cambiamento riesce a trasmettere nuove informazioni al
mercato, o tutto resta invariato perché il mercato già da solo conosce i motivi alla
base del cambiamento del giudizio che è stato scontato già nella valutazione dei
titoli. Inizialmente quindi le agenzie possono aumentare l’efficienza del mercato a
patto però che le informazioni da esse fornite siano accurate e comunicate
tempestivamente non solo nei mercati regolamentari ma anche in quelli dove i
limiti organizzativi e regolamentari e la mancanza di trasparenza ostacolano il buon
funzionamento del mercato.
Possiamo vedere come quotidianamente i media in questi giorni di crisi portino
continuamente alla ribalta i grandi nomi del settore rating, che costantemente
rivedono e aggiornano i propri giudizi in particolare sulle emissioni di debito
pubblico dei paesi europei molto indebitati tra cui l’Italia è assolutamente una delle
protagoniste. Ogni variazione di giudizio causa ripercussioni sul rischio addirittura
di fallimento dello Stato che non riesce a piazzare a condizioni eque il prestito o a
reperire i fondi per finanziare il debito, oggi quindi più che mai le agenzie sono
protagoniste indiscusse nelle vicende economico – politiche mondiali.
Dai primi anni del novecento il rating ha guidato le scelte d’investimento del
pubblico dei risparmiatori, le fonti erano: le già note agenzie di rating che abbiamo
menzionato nelle pagine precedenti; uno implicito nella lista legale d’investimento
delle banche di risparmio adottate dalle autorità di vigilanza del sistema finanziario
in alcuni stati; rating di mercato calcolati in genere come differenza di rendimento
rispetto a un’obbligazione base con la stessa scadenza. Tutti i metodi che erano
usati sono risultati efficienti nel tempo e hanno tutti dato più o meno gli stessi
risultati, infatti, i procedimenti differivano sì gli uni dagli altri, ma si basavano sulle
stesse informazioni e non potevano produrre risultati troppo differenti tra loro.
Molti studiosi hanno rilevato delle differenze tra il rating emesso dal mercato
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rispetto agli alti due; il rating di mercato è molto meno stabile degli altri, in altre
parole la percentuale di imprese che nel periodo analizzato non ha avuto variazioni
di rating di mercato è molto più bassa della percentuale calcolata con gli altri due
tipi di rating, sembra cogliere meglio le variazioni delle situazioni economiche delle
imprese rispetto agli altri. L’eccessiva sensibilità del rating di mercato porta a
valutazioni troppo alte nei momenti di ottimismo e troppo basse in quelli di
pessimismo. Non dobbiamo poi dimenticare come i dati empirici emersi dagli studi
sul settore ci indicano che le valutazioni delle agenzie di rating sono strettamente
influenzate dall’andamento del ciclo economico del momento. Questo in passato
condizionò la regolamentazione finanziaria americana dove le banche acquistavano
obbligazioni con un rating compreso nelle prime quattro classi. Successivamente
nella valutazione complessiva della banca le attività in questione erano valutate al
valore di bilancio, mentre le attività con rating più bassi erano valutate al prezzo di
mercato e le perdite di capitale erano immediatamente sottratte al valore
complessivo della banca. Per queste ragioni il valore delle imprese era molto
instabile, tendendo a ridursi nei periodi recessivi per poi gonfiarsi in quelli
espansivi. L’utilizzo dei rating da parte delle autorità incaricate del controllo del
sistema finanziario per scopi regolamentari poteva cosi accentuare le difficoltà
finanziarie nei periodi recessivi, quando invece sarebbero opportune misure che
riducano le difficoltà. Questo è ciò che accadeva: una banca acquista un’attività con
un rating alto, successivamente inizia un periodo recessivo e le agenzie abbassano la
valutazione dell’attività. Se la riduzione fa diventare il titolo speculativo la banca è
costretta a venderlo con delle conseguenze drastiche sul prezzo dell’obbligazione,
sul valore della banca e sul valore dell’impresa che ha emesso il prestito perché tutti
gli istituti finanziari in possesso di quell’attività dovranno venderla. Se le riduzioni
dei rating al di sotto della soglia dell’investiment grade colpisce un numero elevato
di titoli si possono verificare cadute del marcato azionario – obbligazionario della
nazione generando una crisi sistemica. Per esempio studi simili, effettuati nel
dopoguerra in cui si viveva un periodo di crescita straordinario, danno risultati
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molto differenti. Le aziende crescevano e conseguivano profitti permettendo la
crescita dell’autofinanziamento, le banche ovviamente per reagire alla caduta della
domanda di prestiti introdussero i finanziamenti a lungo termine in alternativa
all’indebitamento di mercato, tuttavia non si può riscontrare un comportamento
ciclico delle agenzie data la particolare situazione economico – politico del tempo
che determinò un ruolo marginale delle agenzie di rating.
Negli ultimi decenni le agenzie hanno avuto uno sviluppo notevolissimo grazie
anche al processo di liberalizzazione che molti paesi hanno attuato e con
l’ampliamento del mercato obbligazionario internazionale nei Paesi in via di
sviluppo, proprio qui, infatti, la disciplina finanziaria è debole e lacunosa e le
agenzie più che mai fungono da punto di riferimento per tutti gli operatori che
vogliono investire in questi nuovi mercati. Dagli anni 60’ a oggi le agenzie di rating
hanno conosciuto un periodo di ascesa, grazie alla profonda crisi che segnò il
periodo, che le ha portate a detenere tutto il potere di cui oggi dispongono:
un’impresa che riceve un rating basso vede aumentare il costo dell’indebitamento e
la massa potenziale degli investitori si riduce se il valore è al di sotto della soglia che
individua gli investimenti non speculativi.