INTRODUZIONE
«Personalmente volevo porre una pietra
per quello scrittore o quegli scrittori che verranno:
La Pira prima di tutto e soprattutto era un cristiano!»
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Chi si appresta a fare uno studio preciso sulla figura profetica di Giorgio
La Pira, non può non scontrarsi con il carattere poliedrico dal punto di
vista religioso, culturale e umano della sua personalità. In più, come la
citazione di apertura precisa, è necessario inquadrare La Pira
fondamentalmente come cristiano che, poiché ha preso a cuore la sua
fede, ha ordinato ad essa tutta la vita sia nella sfera pubblica che privata.
L’obiettivo della presente ricerca è quello di far emergere i
caratteri filosofici sottesi al pensiero e all’operato di Giorgio La Pira,
conosciuto soprattutto per il suo incarico di Padre Costituente, sindaco di
Firenze, parlamentare e uomo politico impegnato strenuamente per la
pace. I motivi per cui si vuole affrontare questo percorso sono vari:
anzitutto il pensiero filosofico di Giorgio La Pira è poco conosciuto,
talvolta si è caduti in banalizzazioni del suo impegno politico fortemente
impregnato di religiosità, ignorando la solida base tomista sulla quale si
1
F. MAZZEI, La Pira. Cose viste e ascoltate, LEF, Firenze, 1987, p. 8.
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costruisce; in secondo luogo, il periodo storico che viviamo è segnato da
una crisi a vari livelli, di cui uno è costituito dalla crisi della politica, che
indubbiamente porta soprattutto i giovani ad avere un senso di sfiducia
nei suoi confronti. In relazione a ciò, si è ritenuto opportuno studiare la
vita, il pensiero e l’operato di un uomo che ha vissuto l’impegno politico
in maniera eminente; in terzo luogo, si è individuato nella persona
umana il tema centrale del lavoro, che nel pensiero di La Pira è
presentata in maniera tanto originale quanto attuale.
Per la realizzazione di tale ricerca ci si è serviti in particolar modo
di alcuni scritti specifici di La Pira, sia filosofici che politici, discorsi,
lettere, testimonianze, oltre che della monumentale Summa Theologiae
di Tommaso d’Aquino e altri suoi scritti. Ottime fonti poi sono state
rappresentate da alcuni studi di Carmelo Vigna, di Vittorio Possenti e di
Salvatore Luigi Carlino, oltre che dal sito della Fondazione «Giorgio La
Pira» e dalla Fondazione stessa che ha messo a disposizione il suo
materiale.
Il percorso dell’intero lavoro si snoda attraverso cinque capitoli
sistemati in maniera concettualmente progressiva.
Nel primo capitolo sarà presentata una dettagliata e ampia biografia di
Giorgio La Pira, alla quale si è prestata molta attenzione poiché il
pensiero è strettamente connesso con il vissuto e l’operato. Particolare
rilievo è dato all’impegno sociale e politico di La Pira, vale a dire agli
anni che lo hanno visto impegnato nel sociale, soprattutto con i poveri,
nella Costituente e come sindaco di Firenze; trasversale a questa attività
è da leggersi l’impegno di La Pira per la pace.
Il secondo capitolo inquadra il contesto storico e filosofico in cui
La Pira visse, facendo riferimento in modo particolare ai grandi eventi
bellici verificatisi nella prima metà del Novecento, e alle dottrine e
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correnti filosofiche nate e approfondite durante gli stessi anni, con
particolare attenzione al personalismo, di cui è fortemente impregnato il
suo pensiero. Questo capitolo aiuterà il lettore ad entrare maggiormente
nel pensiero lapiriano, potendolo così collocare nella storia e nel
panorama culturale e filosofico.
Dal terzo capitolo si entra nel vivo della trattazione. La Pira ha a
base del suo impianto teoretico molti pensatori, come Agostino, Pascal,
Maritain, Mounier, Blondel, ma primo fra tutti san Tommaso d’Aquino.
Questa ricerca si è basata soprattutto sul forte tomismo di Giorgio La
Pira, per cui, volutamente ci si è soffermati maggiormente sui nessi e
sull’eredità di Tommaso nel pensiero lapiriano, scorgendo e facendo
emergere quei temi che gli stanno a cuore, e che ha cercato di applicare
nella vita privata e pubblica. Dunque, nel capitolo terzo saranno
affrontati i nuclei centrali del pensiero politico tomista in relazione agli
elementi fondamentali del pensiero politico di La Pira stesso; accanto a
ciò, saranno affrontati anche temi particolarmente attinenti la teologia,
quali il rapporto tra natura e grazia, la teleologia della storia e il tema
escatologico.
Il quarto capitolo prende in esame gli aspetti comuni tra il pensiero
di Tommaso e quello di La Pira, nell’analisi della concezione che
entrambi hanno della persona umana. In particolar modo sarà
ampiamente analizzato il testo lapiriano Il valore della persona umana,
che di per sé è già una perfetta sintesi dell’antropologia tomista. L’esame
della persona umana prende le mosse, come si potrà vedere all’interno
del testo, dal concetto di essere, procede poi affrontando i caratteri propri
e il suo stesso valore; andando avanti sarà presentato lo sviluppo della
persona umana attraverso le sue facoltà, le sue tendenze, la sua azione,
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finendo con il considerare il valore finale, e non strumentale, della
persona stessa.
Il quinto capitolo presenta la posizione di Giorgio La Pira nei
confronti di alcune Weltanschauungen emergenti dal pensiero di alcuni
filosofi e che hanno condizionato profondamente gli eventi storici. In un
primo momento saranno presentate le stesse Weltanschauungen di
Hegel, Marx e Rousseau (nell’ordine presentato dall’Autore) seguite
dalla critica che muove La Pira; solo dopo aver fatto questo sarà
presentata la proposta di La Pira, cioè la Weltanschauung cattolica,
ritenuta la più rispettosa della persona umana. Questo capitolo
permetterà di vedere come da una trattazione teoretica, presentata nel
capitolo precedente, si passi poi facilmente alla prassi e come sia
traducibile nella pratica, nella vita politica e sociale, un’impostazione
metafisica.
Per mantenere una certa coerenza con il tema stesso del presente
lavoro, si è voluto restringere il vasto numero delle possibili fonti e
focalizzare l’attenzione solo su alcune; stesso discorso vale per i temi
affrontati, ad esempio, nonostante la forte analogia tra le categorie di
persona e di corpo sociale, naturalmente si è preferito approfondire
maggiormente la prima di queste, anche se la seconda non manca di
essere debitamente affrontata e presentata.
Si ritiene che un punto di forza di questa ricerca possa essere lo sforzo
di organicità della sua articolazione; essa mette insieme vari elementi,
che seppur esistenti già nella ricerca scientifica, raramente sono stati
accostati. Come si diceva all’inizio, non sono molti gli scritti che
analizzano la figura di Giorgio La Pira come pensatore, anche perché
egli non lo era di professione; principalmente era un giurista, ma con
forti basi filosofiche. Queste stesse motivazioni si spera possano rendere
7
originale il lavoro, che non ha pretese esaustive e che si è limitato a far
emergere i punti chiave del pensiero politico, sociale, filosofico, ma
anche metafisico del pensatore preso in esame.
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CAPITOLO PRIMO
LA VICENDA UMANA
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1. I primi anni e la giovinezza in Sicilia
La vita di La Pira si può dire essersi svolta in due luoghi più o meno ben
definiti: Messina e Firenze. Due città lontane, non solo geograficamente,
ma anche per cultura. Eppure l’esistenza del Professore affonda le sue
radici nella città siciliana e si sviluppa in un secondo momento nella
splendida città fiorentina, dove effettivamente hanno avuto luogo il suo
impegno accademico e sociale.
Giorgio La Pira vive tra il 1904 e il 1977, attraversa dunque tutti
gli sconvolgimenti negativi e positivi del secolo, rendendosi protagonista
in prima linea delle vicende di rinascita dell’Italia, come ad esempio
l’esperienza dell’Assemblea Costituente, ma anche del Mediterraneo,
luogo in cui si incrociano varie culture e auspicata culla di un futuro di
pace.
La sua vita solcò il Novecento, dall’Italia liberale a quella degli
anni di piombo, passando attraverso due guerre mondiali, la
“guerra fredda”, la decolonizzazione, il boom economico, la
contestazione e innumerevoli crisi locali. Una lunga stagione
segnata da ripetute trasformazioni della società, dell’economia,
della politica, della cultura e della Chiesa.
2
Ma la grandezza di La Pira sta nel fatto che seppe attraversare questi
momenti storici
con una propria e profonda originalità, fondata su un grande e
appassionato rispetto per la tradizione ma sempre pronta a
2
M. DE GIUSEPPE, Giorgio La Pira. Un sindaco e le vie della pace, Centro
Ambrosiano, Milano 2001, p. 8.
10
guardare avanti, ad aprirsi alle innovazioni, ad osare e
sperimentare, nel tentativo costante di aprire orizzonti concreti.
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Giorgio La Pira nasce il 9 gennaio del 1904 a Pozzallo, una cittadina
all’epoca in provincia di Siracusa, da una famiglia di condizioni
economiche modeste. Trascorre un’infanzia normale, fatta di casa,
scuola, parrocchia, ma date le spiccate qualità intellettive che già
dimostrava all’età di dieci anni, i genitori decisero di mandarlo a
Messina, presso uno zio materno (Luigi Occhipinti), affinché potesse
completare gli studi. A Messina, il ragazzo era impegnato oltre che con
lo studio, anche con il lavoro: lo zio infatti aveva da qualche tempo
avviato un’attività di tabaccheria. L’impatto con la città non fu molto
semplice; qui La Pira ebbe il primo vero e proprio contatto con la
povertà. Messina infatti era ancora segnata da un terribile terremoto
avvenuto nel 1908, e la ripresa della vita urbana andava molto a rilento,
tant’è che si viveva, nella maggior parte della città, in vere e proprie
baraccopoli. Ma anche la situazione culturale non era delle più limpide:
Giorgio crebbe in quegli anni in un ambiente culturale non
troppo inconsueto per la Sicilia urbana dell’epoca che mescolava
spinte anticlericali, di cui era imbevuto lo zio Luigi (non privo di
simpatie framassoniche), a elementi ereditati dalla tradizione
cristiana.
4
Ma La Pira proseguì tranquillamente gli studi insieme all’impegno nella
tabaccheria degli zii; superò brillantemente gli esami di ammissione alla
scuola tecnica Antonello; dopo il terzo anno passò all’istituto tecnico
commerciale A.M. Iaci, sezione ragionieri, dove nel 1921 raggiunse il
3
Ib.
4
Ib., p. 16.
11
diploma. Ma la passione per le materie umanistiche era forte e nel giro di
un anno ottenne anche il diploma di maturità classica presso il liceo
Umberto I di Palermo
5
.
Fin dall’età di tredici anni, Giorgio cercò di inserirsi negli
ambienti culturali messinesi, in particolare si avvicinò ed entrò a far
parte di una società letteraria, Il Peloro, di cui facevano parte alcune
figure che sarebbero divenute di spicco nella cultura messinese. Tra
questi vi era anche Salvatore Quasimodo. In quegli anni La Pira
comincia a plasmare dunque la sua cultura, attraverso letture di opere di
Erasmo da Rotterdam, Tommaso Moro, Blondel, Andreev e Dostoevskij.
Erano ormai gli anni della fine della Grande Guerra e in quel periodo
il fervore giovanile di La Pira conobbe qualche prima
significativa trasformazione; innanzitutto le letture degli aderenti
alla società letteraria si andavano allargando sempre più, fino a
comprendere, come ricorda Pugliatti in una lettera, anche
esponenti del pensiero anarchico e marxista, quali Bakunin (il
cui influsso nel Mezzogiorno di matrice contadina fu assai
rilevante), Labriola e Lasalle.
6
La crisi dei primi anni Venti fu molto sentita da La Pira, che cominciò a
riflettere seriamente sul senso della storia, dell’arte, sull’uomo. In
questo periodo inizia ad abbandonare quei residui di anticlericalismo che
aveva cominciato ad assorbire negli ambienti culturali frequentati,
recandosi silenziosamente e in solitudine in chiese e santuari. Nel
giovane La Pira si stava realizzando un cambiamento che lo avrebbe
portato ad abbracciare totalmente la fede cristiana e a viverla per il resto
dei suoi giorni. A questo si accompagnarono anche le prime
5
Cfr. Ib., p. 17.
6
Ib., p. 19.
12
frequentazioni di esponenti della Camera del lavoro, e del movimento
del fascio giovanile socialista
7
.
Tutte queste varie sfaccettature ideologiche, la crisi del
dopoguerra, l’età del giovane La Pira, erano destinate a culminare nella
cosiddetta svolta cristiana. Nel 1922 dopo essersi iscritto alla facoltà di
giurisprudenza a Messina, conosce la «sua più profonda fase di
trasformazione, destinata a segnarne profondamente lo spirito e l’azione
futura»
8
. È il periodo della trasformazione interiore, dunque, fatto di
travagli e contraddizioni; in questo periodo (tra il 1921 e 1924) si
avvicina a vari esponenti del mondo cattolico e famosi professori, tra cui
quello che sarebbe divenuto il suo docente di diritto romano, Emilio
Betti, che avrebbe lanciato il giovane La Pira nel mondo accademico
nella Firenze del tempo.
Il fascismo ormai stava prendendo piede con la forte propaganda con cui
si era attrezzato, ed infondeva una certa fiducia nel popolo, promettendo
un futuro di rinnovamento e di prosperità. Ma piuttosto presto La Pira si
rese conto di ciò che stava avvenendo, anche perché era il periodo in cui
cominciava a studiare e a crearsi una propria idea sulla relazione
esistente tra uomo, cittadino e istituzioni
9
.
Un periodo pieno e forte, dunque, per il giovane La Pira, che accanto a
questa trasformazione interiore, culminata con la Pasqua del 1924 (data a
cui i biografi fanno corrispondere la svolta cristiana), vedeva la lettura e
lo studio di argomenti e autori che avrebbero segnato per sempre la sua
riflessione e il suo operato. Durante questi anni La Pira legge Blondel
«da cui recuperò il concetto di verità oggettiva della storia, con alla base,
7
Cfr. Ib.
8
Ib., p. 20
9
Cfr. Ib., p. 21.
13
come solido fulcro, la profonda storicità del cristianesimo»
10
. A questo si
ricollega il primo interesse per la politica e in particolare per il concetto
di democrazia preso a partire dal suo significato etimologico, cioè il
popolo. Il già citato Massimo De Giuseppe, esperto biografo del
Professore, descrive la svolta cristiano-culturale come momento in cui
pone le fondamenta che caratterizzeranno il suo pensiero; tali
fondamenta possono essere individuate nel
suo concetto di provvidenza e finalità, la sua visione escatologica
(tendere verso la costruzione di un tempio futuro) ed immanente,
l’idea della grazia e della preghiera, la valorizzazione della
tradizione intesa non come conservazione fine a se stessa ma
come strumento essenziale per guardare il futuro.
11
Ma la svolta cristiana non si riduce solo alla lettura e allo studio di
queste questioni, ma anche e soprattutto ad uno stile di vita che vede il
modello ideale in certe forme di monachesimo medievale: in questo
periodo La Pira è solito frequentare il Monastero di Montevergine.
Fascino per la vita contemplativa dunque, ma al contempo fascino per il
sociale, per l’uomo, per la storia. È questo il punto centrale di tutta la
vita di La Pira, una perfetta sintesi tra contemplazione e azione.
Particolarmente significativo è l’avvicinamento a San Tommaso, che in
una conferenza avrebbe poi definito suo Maestro
12
. Parallelamente a ciò
è da ricondurre il progressivo avvicinamento ai domenicani, tanto che da
lì a poco avrebbe preso la decisione di diventare terziario domenicano
con il nome di fra’ Raimondo «in omaggio a Raimondo da Peñafort,
10
Ib., p. 22.
11
Ib.
12
Cfr. G. LA PIRA, Omaggio al Maestro, in «La Badia», n. 4 (1980).
14
santo spagnolo del XIII secolo, autore di una Summa Iuris Canonici che
probabilmente doveva aver molto impressionato il La Pira studente»
13
.
Durante gli anni dell’università, La Pira comincia ad avvicinarsi
alla FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) e ai gruppi
giovanili di Azione Cattolica. Pian piano comincia ad allontanarsi
definitivamente dall’attività commerciale di famiglia, inizia a emergere
come studente particolarmente brillante nell’università, tanta era la
passione per il diritto, mezzo fondamentale con cui ormai riusciva a
guardare la totalità della società. Si avvicina particolarmente al suo
docente di diritto romano, il prof. Betti, il quale dopo il suo trasferimento
a Firenze, chiamò il giovane La Pira a discutere la tesi di laurea sotto la
sua guida
14
.
2. Firenze e avvio della vita accademica
Lo studio, dunque porta La Pira a trasferirsi a Firenze. Doveva trattarsi
solo di discutere la tesi, non era nei progetti di La Pira rimanervi per
sempre. Eppure subito dopo la discussione, avvenuta il 10 luglio 1926
(iniziata con un dibattito imprevisto dovuto alla dedica alla Madonna con
cui la tesi si apriva), La Pira si getta a capofitto nello studio e
approfondimento del diritto rimanendo a Firenze.
In questo periodo maturò la propria concezione del diritto come
“fenomeno vivente” da collocare nella sua dimensione storica;
proseguì inoltre l’iter di avvicinamento all’impianto tomistico,
13
M. DE GIUSEPPE, Giorgio La Pira..., cit., p. 24.
14
Cfr. Ib.