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INTRODUZIONE
La psicologia dello sport è una vasta corrente di pensiero dove confluiscono
diverse dottrine (psicologia, medicina, psichiatria, sociologia, pedagogia,
filosofia, igiene, educazione fisica, riabilitazione ecc.) ed è pertanto un
argomento di competenza multidisciplinare aperto al contributo che ciascuno
può portare sulla base della propria preparazione scientifica (Antonelli -
Salvini: Psicologia dello sport, 1978).
Gli psicologi dello sport sono orientati verso due principali obiettivi: aiutare gli
atleti a utilizzare principi psicologici per aumentare le performance e
comprendere come la pratica sportiva, l’esercizio e l’attività fisica influenzino lo
sviluppo psicologico, la salute e il benessere dell’individuo attraverso il ciclo di
vita.
L’atleta non è immune dalle difficoltà psicologiche che affrontano gli esseri
umani: ansia, rabbia, depressione, disturbi affettivi, problemi familiari, stress,
per non parlare di problemi ben più gravi quali disturbi alimentari e abuso di
sostanze.
La differenza è che il mondo dello sport raramente lascia il tempo e lo spazio
per la loro elaborazione , risoluzione, superamento.
Ciò avviene a causa del carattere di immediatezza dell’ eccellenza della
prestazione a fronte di un mondo che corre vorticosamente in avanti, incapace
di aspettare e accogliere che rimane indietro.
In generale, gli stati emotivi o le percezioni, concetti generali che includono le
emozioni, gli atteggiamenti e i sentimenti, possono avere un certo impatto sulla
prestazione atletica (Hanin, 2000).
Nello sport l’influenza degli aspetti emozionali svolge un ruolo fondamentale
soprattutto nel momento pre-gara, il momento che anticipa l’attività sportiva.
L’aspettativa che precede una competizione produce tensioni emozionali
(insicurezza, ansietà, paura , stress, etc..) che possono essere così intense da
richiedere l’interventi di tipo psicologico.
L’analisi attenta e differenziata dei processi emozionali che influenzano l’azione
sportiva rappresenta un campo importante di ricerca psicologica nello sport.
Altrettanto importante risulta l’analisi del profilo di personalità dell’atleta , che
può dare informazioni utili sulla predisposizione individuale nel mostrare un
certo tipo di strategia comportamentale, che non è strettamente collegata al
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contesto specifico. Infatti i tratti della personalità riflettono le influenze
genetiche ed epigenetiche e sono responsabili di stabili differenze nel
comportamento tra individui, permettendoci di capire come gli individui
tendono a percepire il mondo e a far fronte agli stimoli sociali e ambientali in
modo prevedibile (Parmigiani et al,2009).
Deduciamo facilmente che la conoscenza e l’elaborazione della personalità e
dei processi emozionali risultano di grande utilità ai professionisti dello sport.
Questo progetto di tesi si basa su uno studio preliminare condotto su atleti
professionisti di Kick Boxing , della palestra 360 Training Club di Pescara.
Lo scopo di tale progetto è stato quello di misurare la personalità degli atleti e
di valutare come l’avvicinarsi di un evento sportivo possa innescare l’emozione
della rabbia, valutate rispettivamente tramite il Big Five Questionnaire (BFQ) e
lo State Trait Anger Expression Inventory-2 (STAXI-2).
L’emozione della rabbia è stata misurata per sei volte durante gli allenamenti e
prima e dopo un’importante competizione sportiva, i campionati italiani di Kick
Boxing.
Data l’impossibilità di effettuare analisi biologiche sugli atleti di Kick Boxing si
sono presi in considerazioni studi simili effettuati negli ultimi anni; in
particolare, si riportano due ricerche: una condotta su atleti di Karate volta ad
analizzare le risposte endocrine, l’altra su atleti di Rugby, interessata al legame
tra competizione agonistica e attivazione del sistema immunitario.
Nel primo capitolo vengono presentate e discusse le diverse teorie sulla
personalità che sono state elaborate in ambito psicologico. Ovvero le teorie
dei tratti, la cui idea di base è che la personalità corrisponda sostanzialmente a
un insieme di caratteristiche individuali, stabili e di origine biologica; le teorie
situazioniste, che spostano il focus all’esterno della persona; le teorie socio
cognitive, le quali considerano la persona come un agente che guida la propria
azione; e infine, le teorie del Sé che sono focalizzate sulla percezione che la
persona ha di sé stessa.
Nel secondo capitolo, viene tracciata la storia delle teorie dell’aggressività,
vengono trattate le diverse teorie psicodinamiche, l’approccio sperimentale e
anche il punto di vista prettamente etologico.
Filo comune in seno alla tradizione psicodinamica è l’idea che l’aggressività sia
un’ attitudine, che si genera principalmente per caratteristiche legate alla
storia e alla formazione del singolo individuo.
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Nell’approccio sperimentale, invece, è emersa una lettura della genesi
dell’aggressività, per lo più ambientalista,mentre è stato ridotto al minimo il
ricorso a pulsioni e istinti individuali. Infine, le teorie etologiche, mirano a
cogliere le radici del comportamento umano al di là degli artifici culturali
dell’uomo moderno occidentale, risalendo al patrimonio comune con gli
animali, in linea con il paradigma evoluzionistico.
Nel terzo capitolo viene presentato il nostro studio sperimentale su atleti di
Kick Boxing volto a misurare la loro personalità e a valutare l’andamento
dell’emozione della rabbia,in concomitanza con l’avvicinarsi di una
competizione agonistica.
Nel quarto ed ultimo capitolo vengono presi in considerazione degli studi
condotti in psicologia dello sport, i quali hanno misurato negli atleti,le
modulazioni biologiche legate a competizioni agonistiche.
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CAPITOLO 1
La personalità: teorie e metodi di misurazione in ambito psicologico
1. Introduzione
Che cos’è la personalità? Non esiste una definizione universalmente condivisa.
Si potrebbe addirittura affermare che il termine personalità viene usato in
modo così ampio da poter esser riferito quasi a qualunque costrutto teorico.
Infatti, studiare la personalità, secondo alcuni, significa individuare e spiegare i
meccanismi che interessano l’inconscio; secondo altri, significa registrare l’atto
comportamentale e ricercare le condizioni che l’hanno prodotto; secondo altri
ancora, vuol dire definire i tratti e analizzarne le cause biologiche. E si potrebbe
continuare. Ognuna di queste definizioni riflette una peculiare visione della
natura umana e privilegia lo studio di determinati fenomeni. In breve, è attuale
quanto Allport (1963) scriveva quasi cinquant’anni fa: ”Alcune definizioni della
psicologia mettono l’accento sull’esperienza, alcune sul comportamento, altre
sulle relazioni psicofisiche, alcune sui processi mentali consci, altre
sull’inconscio, altre ancora sulla natura umana, poche, poche sulla totalità
dell’esistenza psichica dell’uomo”.
La molteplicità degli approcci alla personalità rende difficile lo sviluppo di un
corpus integrato di conoscenze. Ciò che appare di estrema importanza ad
alcuni studiosi interessa poco ad altri. Così, la psicologia della personalità può
sembrare un complicato intrico di idee slegate o fin’anche incoerenti tra loro.
D’altro canto, va detto che la pluralità di definizioni e concezioni riflette la
complessità dell’oggetto di studio. La personalità, infatti non è un fenomeno
dai chiari contorni, nettamente identificabile come un oggetto fisico.
Personalità è un concetto mentale.
Nonostante il caos apparente è possibile identificare alcune categorie di
variabili che rivestono particolare interresse per gli studiosi della personalità.
Secondo McCrae e Costa (1996) la maggior parte delle teorie della personalità
si occupa, seppur con diversa attenzione, di cinque principali classi di
eventi:tendenze di base, caratteristiche adattive, concetto di sé, condizioni
ambientali, biografia.
Con tendenze di base McCrae e Costa intendono quelle variabili cui si ascrive
un’origine biologica e tra queste indicano le abilità intellettive, i bisogni
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fisiologici e i tratti; possono essere riferite a qualità che l’individuo possiede per
natura.
Gli autori definiscono caratteristiche adattive quelle variabili che derivano da
un’interazione tra l’individuo e l’ambiente e sono sostanzialmente riferibili a ciò
che il soggetto fa concretamente; tra queste variabili, McCrae e Costa indicano
le competenze acquisite (ad esempio, il linguaggio e le strategie d’azione), gli
atteggiamenti e i valori religiosi, sociali, politici, gli obiettivi personali, gli stili
d’interazione e i ruoli sociali.
Il concetto di sé interessa la percezione che la persona ha di se stessa, ciò che
pensa di sé,il valore che si attribuisce, l’identità che si costituisce.
Sotto la denominazione di condizioni ambientali McCrae e Costa collocano
queste variabili che influenzano l’individuo dall’esterno,dalle persone che
contribuiscono al suo sviluppo (genitori, educatori, coetanei) ai macro
(ambientale, socioculturale) e microambienti (contesti
attuali,opportunità,pressioni) all’interno dei quali il soggetto vive e agisce.
Infine riveste un ruolo importante per lo studio della personalità la
biografia,intesa sia come insieme di eventi oggettivamente accaduti alla
persona sia come narrato personale di ciò che si è vissuto.
È altresì possibile individuare alcune questioni d’interesse centrale per gli
studiosi della personalità. Pervin (1990) osserva che il dibattito rimane
costantemente aperto su cinque principali temi,diversamente affrontati e
risolti dalle molteplici prospettive teoriche. La prima di queste è la questione
nota come nature/nurture (natura/educazione) e riguarda l’impatto che
ereditarietà e apprendimento hanno sulle modalità comportamentali che
contraddistinguono la persona. Una seconda questione, strettamente legata
alla prima, interessa la funzione che rivestono persona e situazione rispetto al
comportamento: se sia l’individuo a determinare in modo attivo e autonomo la
propria azione o sia indotto, invece, dalle contingenze situazionali a reagire
meccanicamente in un modo piuttosto che in un altro. Una terza questione
riguarda la stabilità delle caratteristiche che contraddistinguono la persona; si
discute se vi siano caratteristiche individuali che permangano nel
tempo,dall’infanzia all’età adulta. Infine, la psicologia della personalità è
contraddistinta da una grande biforcazione. Da un lato, viene seguito un
approccio idiografico, volto a comprendere il singolo individuo cercando di
analizzarlo nella sua totalità (ciò cha fa,pensa,desidera,sogna,sia
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consapevolmente, sia inconsciamente);dall’altro, viene seguito un approccio
nomotetico che si prefigge di trovare leggi generali sull’uomo attraverso lo
studio di ampi campioni di persone. Le teorie della personalità, come
vedremo,affrontano questi grandi temi e propongono soluzioni diverse, a volte
difficilmente integrabili fra loro.
Nelle prossime pagine, vengono presentate alcune teorie della personalità più
importanti. La teoria dei tratti, la cui idea di base è che la personalità
corrisponda sostanzialmente a un insieme di caratteristiche individuali, stabili e
di origine biologica, i tratti. Vengono poi presentate le teorie situazioniste, le
quali spostano il focus all’esterno della persona. Infatti sostengono che la
personalità venga forgiata dall’esterno e la ricerca è tesa all’identificazione dei
meccanismi attraverso i quali le condizioni ambientali dirigono le risposte
comportamentali. Vengono poi presentate le teorie sociocognitive . Al centro
dell’attenzione viene collocata la persona, considerata come un agente che
guida la propria azione. Ciò che interessa della persona, tuttavia, non sono i
tratti, ma la visione che ha costruito di sé,degli altri e del mondo, le sue
aspettative, i valori in cui crede, gli obiettivi che si prefigge le strategie
comportamentali cha adotta e gli stati emotivi che prova.
Infine vengono trattate le teorie del sé, che sono focalizzate sulla percezione
che la persona ha di sé stessa. Secondo i teorici del sé, nient’altro svela persona
tanto quanto ciò che pensa e prova verso sé stessa. Vengono approfonditi i
meccanismi attraverso i quali l’individuo sviluppa le rappresentazioni di sé e
l’impatto di queste sul comportamento.
2. Teorie dei tratti e basi biologiche della personalità
L’approccio disposizionale parte dal presupposto che ciascuno di noi è
contraddistinto da qualità naturali che lo predispongono verso alcuni
comportamenti piuttosto che altri. L’insieme di queste qualità, dette tratti o
disposizioni, definisce la nostra personalità.
I teorici dei tratti lavorano sostanzialmente intorno a quest’ipotesi, che si può
articolare nei seguenti punti:
-i tratti sono le nostre qualità distintive;
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- si manifestano direttamente attraverso il comportamento;
-hanno una base biologica;
-tendono a rimanere stabili nel tempo.
La ricerca è attualmente impegnata a definire quali siano i fondamentali tratti
di personalità. A tale scopo, essenziale è l’analisi delle costanti
comportamentali, vale a dire di quei comportamenti che individuo tende a
manifestare con maggiore regolarità, nonostante il mutare delle condizioni
esterne e il trascorrere del tempo. Vi è una relazione molto stretta tra tratto e
regolarità comportamentale. La ricerca, inoltre, si propone di verificare in quale
misura i tratti siano effettivamente ascrivibili a fattori biologici e si presentino
in modo stabile nel tempo.
2.1 Tratti e costanti del comportamento
La prospettiva disposizionale sostiene che ogni persona possiede determinate
caratteristiche di origine biologica, i tratti, che la predispongono a manifestare
alcuni comportamenti in modo più regolare di altri (ad esempio, ricercare la
compagnia di altri piuttosto che la solitudine),indipendentemente
dall’eterogeneità delle situazioni in cui agisce. Ciò significa che il nostro
comportamento dipende dai tratti, ma significa anche che le nostre abitudini
comportamentali sono un indicatore dei tratti che ci contraddistinguono. In
altre parole, questa prospettiva teorica ipotizza un legame stretto e diretto tra
costanti del comportamento e tratti. Le regolarità comportamentali, infatti,
dipendono e al contempo svelano i tratti della personalità.
Appare, dunque, evidente l’importanza che rivestono le costanti del
comportamento per quest’approccio, dal momento che proprio attraverso la
loro analisi è possibile identificare i fondamentali tratti della personalità. I
teorici dei tratti distinguono tra comportamenti specifici, i tratti.
Generalmente, i comportamenti specifici non sono rivelatori di tratti, poiché un
comportamento specifico potrebbe essere occasionale. I tratti vengono inferiti,
invece,dai comportamenti stabili e diffusi.
I teorici dei tratti si propongono di analizzare innumerevoli comportamenti
specifici, per identificare infine pochissime disposizioni di base. In particolare
essi si servono del questionario al fine di rilevare un’ampia gamma di
comportamenti. La tecnica del questionario si basa essenzialmente
sull’autosservazione: gli psicologi chiedono alle persone di indicare esse stesse
con quale frequenza eseguono determinati comportamenti, descritti nel
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questionario mediante brevi affermazioni, del tipo “tengo le mie cose in
ordine”, “sfogo la mia rabbia sugli amici”. In questo modo definiscono ampie
categorie di comportamenti in relazione tra loro.
2.2 Tratti e basi biologiche
La classificazione di comportamenti specifici in categorie generali costituisce un
momento essenziale della ricerca sui tratti. Un sistema di classificazione, o
tassonomia dei comportamenti , permette di desumere rapidamente
l’appartenenza di un determinato comportamento a questa o a quella
categoria generale che chiamiamo tratto (ad esempio chiacchierare =
socievolezza).
È improprio, tuttavia, affermare che una categoria di abitudini
comportamentali corrisponde a un tratto finché non se ne svelano le
determinanti biologiche. Per definizione, infatti, un tratto ha una base
biologica. Pertanto, in senso stretto, si può parlare di tratto soltanto se si
verifica che esistono fattori di natura fisiologica e genetica alla base delle
tendenze comportamentali. L’individuazione di basi biologiche di quelle
categorie generali comportamentali che chiamiamo tratti costituisce l’altro
momento essenziali della ricerca sui tratti.
Benché focalizzato sulle cause biologiche del comportamento, l’approccio
disposizionale, tuttavia riconosce che il contesto ambientale (fisico, famigliare,
sociale, culturale) ha un impatto rilevante sull’individuo, al punto da poterne
modificare anche radicalmente le caratteristiche comportamentali. Per questo,
tradizionalmente, i teorici dei tratti distinguono fra tratti del temperamento e
tratti della personalità. Definiscono temperamentali quelle modalità distintive
del comportamento che compaiono nei primissimi anni di vita e che si assume
dipendano essenzialmente da una base genetica e fisiologica. Preferiscono
parlare, invece di tratti di personalità quando lavorano con regolarità
comportamentali osservabili sostanzialmente nell’età adulta e che si assume
siano il risultato dell’impatto sia biologico sia ambientale sull’individuo.
Semplificando, si può affermare che i tratti temperamentali rappresentano la
base biologica da cui si sviluppano i tratti di personalità attraverso l’interazione
tra individuo e ambiente.