INTRODUZIONE
L’obiettivo di questa analisi concerne la volontà di approfondire una tematica che è molto
in voga nel dibattito pubblico attuale: l’egemonia del potere nella sfera della vita. Si tratta inoltre
di capire se, rispetto alle violenze che vengono attuate ogni giorno, si può ancora parlare di
rispetto dei diritti umani, intesi come principali garanti della vita dell’uomo.
L’analisi parte dalla riflessione sulle varie forme e del modo di vivere proprie di un singolo
o di un gruppo, attraverso l’analisi del pensiero dei classici da Aristotele ad Hanna Arendt nel cui
pensiero si distinguono le varie forme di vita per giungere a capire il rapporto sussistente tra
potere e vita, che sarà il terreno fertile per quella che verrà chiamata biopolitica nell’analisi di
Michel Foucault.
Sulla base delle riflessioni filosofiche si è quindi proceduto all’approfondimento del
concetto di vita umana: la ricostruzione però evidenzia la grande difficoltà ad arrivare ad una
concezione unitaria del vivere per giungere a schemi dicotomici che distinguono, ad esempio, la
semplice vita naturale, zoé, da una particolare forma di vita, bios.
Una volta definita che cos’è la vita umana si cercherà di capire come mai le dinamiche
del potere sovrano sono entrate, sempre più, a far parte della sfera dell’essere individuale, fino a
giungere alla formazione di spazi politici in cui si verificano veri e propri atti di politicizzazione
della vita che, storicamente parlando, hanno visto la loro prima e massima realizzazione nei
campi di concentramento: luoghi intesi come “paradigma biopolitico del potere”.
Il potere entra sempre più nella sfera dell'essere e ciò fa sorgere un'altra concezione
dell'esistenza umana , ossia una semplice vita biologica di cui la nuda vita è espressione.
Sulla nuda vita inizia sempre più ad esercitarsi la forza del potere, la singolarità di questa
pratica viene rappresentata mediante l’utilizzo di una figura del diritto romano arcaico, l’Homo
sacer.
Ciò che definisce la condizione dell'Homo sacer è il carattere della doppia esclusione del
diritto umano e di quello divino e della violenza cui esso si trova esposto: si tratta di una vita
umana che si può uccidere, ma che non è sacrificabile.
Attraverso l’Homo sacer e la problematica della sua nuda esistenza il discorso si
approfondisce sui concetti di “eccezione”, “paradosso” e l’intima relazione esistente in tale
ordinamento eccettivo tra violenza e diritto.
Ciò che emerge da questa analisi storico-filosofica è un potere che si inscrive
continuamente nel vivente attraverso un paradossale rapporto di “esclusione inclusiva” dello
stato di eccezione. In questo“stato di eccezione” l’ordinamento giuridico normalmente vigente
2
può venire sospeso in nome della forza della decisione sovrana che può anche ridurre l’individuo
ad una sorta di “non-uomo” in quanto spogliato di tutti i suoi diritti.
Il potere dunque è sempre più capace di determinare vite che non sono più tali: vite
inumane, poiché spogliate di ogni diritto e lasciate vivere solo come nude esistenze.
Si tratta di un potere della vita capace di spingere l’uomo nella sfera della morte
attraverso guerre e stermini. La realtà dei totalitarismi rappresenta il primo chiaro esempio
storico di governo delle vite mediante la formazione di spazi di eccezione chiamati “campi di
concentramento”. I campi rappresentano un mondo sociale di secondo grado in cui gli individui
vengono svuotati, in cui le personalità vengono annientate mediante l'uccisione dell'uomo del
quale rimane solamente la sua nuda vita, privata di ogni carattere di umanità.
L’indagine non si ferma solo ad un periodo storico di stermini di massa: può estendersi
anche ai giorni nostri, fino a riscontrare pratiche di disumanizzazione e violazione dei principi
fondamentali dell’uomo, come ad esempio i Centri di Permanenza Temporaneo (CPT) o il caso
dei detenuti di Guantanamo.
Uno dei caratteri fondamentali della biopolitica moderna è la sua necessità di ridefinire
continuamente nella vita ciò che sta dentro da ciò che sta fuori.
Solo questo legame fra i diritti dell'uomo e la nuova determinazione biopolitica della
sovranità permette di intendere correttamente l'importanza storica che le dichiarazioni dei diritti
assumono e sviluppano nel nostro secolo.
Nell'era della globalizzazione sorge la necessità di tutelare tutta una sfera di altri diritti
che nel 1948 non potevano essere presi in considerazione nel novero dei diritti umani.
Inoltre oggi è sempre più frequente il dibattito sull’effettivo riconoscimento dei diritti umani
alla luce delle grandi violazioni, delle immani catastrofi e del paradosso che contengono al loro
interno. I diritti umani, così come recita la Dichiarazione dei diritti dell’uomo, devono tutelare le
libertà fondamentali dell’individuo e garantire la pacifica convivenza, ma, attraverso l’intervento
umanitario vediamo la chiara violazione dei principi fondamentali come il divieto dell'uso della
forza e il principio di non ingerenza. La comunità internazionale si mostra alquanto incapace di
far rispettare tali diritti attraverso le vie ordinarie, decidendo invece di utilizzare sempre più
mezzi coercitivi.
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CAPITOLO PRIMO:
1.1 Introduzione alla nuda vita
Con il termine “nuda vita” si intende quella particolare sfera del vivere dell'uomo
caratterizzata dalla sua possibile uccisione e dalla non sacralità di cui è afflitta l'intera umanità
nelle vesti di Homo sacer.
La vita umana dell'uomo sacro è inclusa nell'ordinamento giuridico-politico unicamente nella
forma della sua esclusione, cioè nella sua assoluta uccidibilità. Ciò significa che l'Homo sacer è
uomo in quanto tale, ma viene spogliato dei sui diritti civili e religiosi: la sua, quindi, è una nuda
vita.
La nuda vita è intrinseca alla violenza sovrana che, nella società moderna, si è distaccata
dall'ideologia di vita sacrificabile. Il significato che attribuiamo alla sacertà oggi, però, continua
ad essere legato al concetto di Homo sacer e non a quello del sacrificio.
Il famoso filosofo tedesco Walter Benjamin fu il primo a introdurre il concetto di “nuda vita”: in
Per la critica della violenza scrive che “il compito di una critica della violenza è l'esposizione
del suo rapporto con il diritto e la giustizia”
1
.
Nel volume introduttivo alla Storia della sessualità, Foucault ha osservato che “per millenni,
l’uomo è rimasto quel che era per Aristotele: un animale vivente ed inoltre capace di un’esistenza
politica”; invece, “l’uomo moderno è un animale nella cui politica è in questione la sua vita di
essere vivente”
2
.
Padre fondatore del biopotere, Foucault, si propone di analizzare l’entrata della vita biologica
bios nella sfera del potere polis. Secondo l’autore ciò è avvenuto a seguito dello sviluppo delle
discipline del corpo e della regolamentazione della popolazione.
Con “sviluppo delle discipline del corpo” intendeva il corpo nella sua individualità,
accrescendone l’utilità e l’integrazione economica attraverso “l’ottimizzazione delle capacità”.
Mentre con “regolamentazione della popolazione”, si riferiva al corpo collettivo considerandone
“la nascita e la mortalità, il livello di salute, la durata di vita, la longevità”.
Ne deriva che la vita animale dell’uomo, lungi dall’essere irrilevante per la politica, ne diventa
anzi il soggetto: siamo difronte ad una specie di “animalizzazione dell’uomo attuata attraverso le
più sofisticate tecniche politiche”.
Hannah Arendt, le cui riflessioni nelle prime pagine di The Human Condition
3
rappresentano il
nucleo di quel meccanismo “eccettivo” della politica occidentale di cui Agamben traccia
1
Benjamin W., Zur Kritik der Gewalt, in Gesammelte Schriften, Frankfurt am Main 1974-1980, vol. II, I
(1977).
2
Foucault M., La volonté de savoir, Parigi, 1976, trad. it. La volontà del sapere, Milano, 1984.
3
Arendt H., The Human Condition, trad. ita. Finzi Sergio, Tascabili Bompiani, Milano, 2008.
4
un’analisi profonda, si sofferma largamente sull’idea di una tripartizione della condizione
umana. Tale distinzione rappresenta lo schema costante della duplicità della vita umana nelle
ricerche agambeniane.
L’introduzione della bios nella sfera della pólis, inaugurata da Foucault, costituisce
l’evento decisivo della modernità. Tuttavia, mentre per Foucault la vita animale dell’uomo è
diventata il soggetto/oggetto del biopotere per mezzo soprattutto dello sviluppo delle teorie e
delle discipline del corpo del XIX secolo, Agamben nell’opera Homo sacer, individua un’origine
alternativa “d’incrocio fra un modello giuridico-istituzionale e il modello biopolitico del
potere”
4
.
Agamben sviluppa la nozione di nuda vita attraverso la distinzione del pensiero dell'antica
Grecia tra zoé (vita naturale) e bíos (una particolare forma di vita).
La parola vita, nel mondo classico, si esprimeva attraverso due termini distinti, ma riconducibili
ad un'origine comune: zoé, cioè la semplice convivenza comune con tutti gli esseri viventi sia
uomini, animali o dei e bíos, che indicava, invece, il modo di vivere proprio di un singolo o di un
gruppo.
La differenza, per Aristotele, è di specie: la vita (bios) che rileva per la polis è quella pubblica,
orientata alla felicità, nel senso specifico che questo termine possiede esclusivamente per
l’uomo. È solo nella polis che l’ uomo trascende la sua animalità e si rivela animale culturale, nel
senso più ampio dell’espressione.
Ben diversa la vita che rileva per l’ oikos, per la casa: essa è una nuda vita (zoé), orientata
strettamente al privato, alla sopravvivenza naturale dei suoi membri, alla nutrizione e alla cura
dei loro corpi, all’ordine delle generazioni: in una formula sintetica, tipicamente aristotelica, si
riferisce ai bisogni quotidiani. È quella vita che, con S.Agostino, non sappiamo nemmeno
definire se vita mortale oppure morte vitale e nella quale tutti ci troviamo senza neppure poter
dire da dove siamo venuti nell'etica nicomachea.
Aristotele distingue la vita in varie tipologie: la vita contemplativa del filosofo (bíos theoreticos)
la vita di piacere (bíos apolausticos) ed infine la vita politica (bíos politicos), facendo tale
distinzione non poteva usare il termine zoé perché non era assolutamente contemplata la
semplice vita naturale, ma solamente un particolare modo di vita.
La semplice vita naturale, che pur veniva vista come un' idea del bene, era esclusa dalla pólis e
restava confinata come mera vita riproduttiva nell'ambito dell'oikos.
La politica umana è separata da quella degli altri viventi perché è basata su un supplemento di
politicità legato al linguaggio, su una comunità di bene e di male, di giusto o ingiusto.
4
Agamben G., Homo sacer, Il potere sovrano e la nuda vita, Einaudi, Torino, 2005, pag. 5
5
Attraverso questa definizione Foucault, ne la Volontà del sapere, riassume il processo mediante il
quale, nell'età moderna, la vita naturale inizia a conciliarsi con i meccanismi del potere statale
per arrivare a quella che chiamerà biopolitica.
Iniziano ad avere sempre più importanza la vita biologica e la salute della nazione come
problema del potere sovrano che si trasforma progressivamente in un “governo degli uomini”.
L'unione tra potere e vita ha un preciso terreno in cui si realizza, ossia l'epoca del capitalismo.
“Appaiono allora nella storia sia il diffondersi delle possibilità delle scienze umane e sociali, sia
la simultanea possibilità di proteggere la vita e di autorizzarne l'olocausto”.
A tal proposito, ben vent'anni prima della Volontà del sapere, la Arendt in Vita activa, aveva
analizzato il processo che porta l'homo laborans, insieme alla sua vita biologica, ad occupare
progressivamente il centro della scena politica del moderno. Ed è proprio a questo primato della
vita naturale sull'azione politica che l'autrice faceva risalire la decadenza dello spazio pubblico
nelle società moderne.
L'ingresso della vita nella sfera della pólis costituì l'evento decisivo della modernità e
segnò anche una radicale trasformazione nel pensiero classico.
Agamben, quindi, parte dal presupposto che, nello Stato moderno, la politica è biopolitica e
dunque che “la produzione di un corpo biopolitico sia la prestazione originale del potere
sovrano”.
L'uomo è colui che separa e oppone a sé la propria nuda vita, cioè la vita uccidibile e
insacrificabile dell'uomo sacro.
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