NOTA METODOLOGICA
La partenza per l’Avana è stata preceduta da una ricerca bibliografica sulla
Santería e la storia religiosa dell’isola, per avvicinarmi all’oggetto di studio.
La permanenza a Cuba è stata di 5 mesi, da Novembre 2009 a Marzo 2010, la
ricerca è stata realizzata per lo più a L’Avana, prevalentemente nei municipi di Centro
Habana e Habana vieja, i quartieri più popolati e più colpiti dal virus dell’HIV . Anche se
ho effettuato alcuni spostamenti alla periferia della capitale, in particolare a Santiago de
Las Vegas dove si trova il sanatorio de “Los cocos” per persone con HIV/aids, e
l’ultimo periodo a Regla per approfondire un’esperienza di malattia significativa. Inoltre
ho fatto alcuni spostamenti nella provincia di Matanzas per portare avanti un progetto e
per osservare come si è sviluppata la Santería lontano dai centri turistici, per avere una
conoscenza più approfondita sul tema.
Ho realizzato interviste a santeri e/o praticanti della Regola di Ocha-Ifá o
Santería, per ottenere informazioni e iniziare un percorso di conoscenza della Santería.
Dopo circa due mesi sono entrato in contatto anche con l’ambiente medico, ed ho
intervistato personale medico, gruppi di appoggio volontario a pazienti con HIV/aids ed
ovviamente i pazienti. Nonché nel corso dell’investigazione, sia in ambienti religiosi sia
in ambienti strettamente medici ho incontrato e intervistato persone affette dal virus
dell’HIV , cercando di approfondire gli incontri con i praticanti della Santería. In totale
sono riuscito a registrare 30 interviste con circa 23 persone più 47 ore di registrazione
video, tra interviste e rituali.
Dopo i primi due mesi, in cui ho inseguito alcuni studiosi e i sacerdoti più
preparati per ottenere quante più informazioni possibili sul culto di Ocha e Ifá, ho
optato per una sorta di “vivere con”, come lo chiama Piasere
2
, una tecnica che mi
6
2
PIASERE LEONARDO, L’etnografo imperfetto Esperienza e cognizione in antropologia,
Laterza, Roma Bari, 2008, p. 156.
sconsigliava persino di prendere appunti sul momento, per non parlare dell’abbandono
dell’uso del registratore. Ho privilegiato il “rapporto orizzontale”, come lo chiama
Malighetti
3
con molti interlocutori, piuttosto che quello verticale con uno solo, ad
eccezione – per ovvie ragioni – dell’esperienza di malattia a cui è dedicato l’ultimo
capitolo. Non ho voluto, cioè, lavorare con il tradizionale informatore, inteso come
improbabile depositario e neutrale trasmettitore di un'essenza culturale indifferenziata e
atemporale, “per virtù di speciali cognizioni o abilità, di autorità, e di qualità di
intelletto o di carattere”, seguendo le indicazioni di Malighetti, per il «superamento di
questa obsoleta immagine per lungo tempo accreditata dall'antropologia».
Del resto, la polifonia, oltre che una strategia testuale e un principio
epistemologico, si è rivelata una necessità. La scelta degli interlocutori è stata
determinata non solo dal mio sforzo di raccogliere differenti punti di vista,
possibilmente quelli più autorevoli su specifici argomenti. Ma anche dalla contingenza e
dalla disponibilità dei singoli a farsi intervistare.
I significati emersi dalla ricerca non sono scoperti, ma si sono creati attraverso
complesse negoziazioni nel momento stesso dell'incontro etnografico. Gli stessi
collegamenti tra la Santería e l’aids non sono né rivelazioni né relazioni date per
scontato, ma sono il frutto di una ricerca sempre negoziata.
Ho tentato di partecipare ai rituali con la videocamera anche per ritagliarmi un
ruolo più chiaro, o quanto meno più facile da identificare per i miei interlocutori. La
marginalità o l'estraneità della mia posizione non era semplicemente una prospettiva
passiva e sicura posta sul confine fra culture. Al contrario ha rappresentato il luogo in
cui il processo di formazione della conoscenza antropologica ha preso forma. La
videocamera ha avuto un ruolo essenziale, come catalizzatore di eventi significativi, non
solo per quanto riguarda la possibilità di prendere appunti visivi, ma anche per la
possibilità che ha offerto ad alcune persone di mettere in mostra quello che volevano,
7
3
MALIGHETTI ROBERTO, Il Quilombo di frechal. Identità e lavoro sul campo…., Raffaello
Cortina editore, Milano, 2004, p. 39.
oppure condividere progetti. Mi ha dato, dunque, la possibilità di ricambiare in qualche
modo il tempo che alcuni interlocutori mi hanno dedicato.
Il continuo ricorso ad una pratica etnografica che predilige il riferimento a storie
di vita o esperienze personali, ed i riferimenti ai testi dell’antropologia riflessiva non
vogliono avere la pretesa di presentare un testo culturale esaustivo sul tema affrontato.
Tale approccio si avvale anche del metodo dell’osservazione partecipante in una
prospettiva medico-antropologica. Tale metodologia ibrida è nata proprio dal dialogo
continuo con gli informatori e si è rivelata necessaria per sperimentare nuove
prospettive di ricerca.
Il fatto di filmare e osservare la rappresentazione che i nativi hanno voluto
mostrare non ha pregiudicato lo sguardo critico dell’antropologo, per ricostruire i modi
in cui i soggetti, appartenenti a differenti culture, danno significato a se stessi, per
determinare i significati latenti e nascosti, ma senza fermarsi ad essi.
Ho cercato di vedere l'identità dall'interno, analizzandone la dinamica costitutiva
a partire dagli attori sociali, dal loro vissuto e dalle loro rappresentazioni. In tal senso mi
interessava indagare non solo la costruzione dell'identità della comunità religiosa,
cercando i paradigmi, le storie, i significati, i valori dei discorsi e tutto ciò che ne
formava lo sfondo più o meno consapevole. Ma si è rivelato fondamentale il ruolo della
storia, che tra le righe emerge da protagonista, metodologica e sostanziale, di questo
processo, strumento nelle mani non solo dell'antropologo, ma anche degli attori sociali e
quindi oggetto delle mie analisi. Da un lato, solamente l'approccio storiografico mi
permetteva di decostruire il processo di formazione dell'identità. In tal senso il ricorso
alla storia è stato inizialmente incentivato dalla mia incapacità di affrontare il problema
da altre prospettive e dalla scarsa propensione all'astrazione dei nativi. Dall'altro, la
storia si dimostrava essere «il movimento attraverso il quale la società rivela sé stessa
per quello che è»
4
e ciò che fondava le concezioni essenzializzanti dei nativi.
8
4
MALIGHETTI ROBERTO, op. cit., p. 137.
La riflessività è una caratteristica essenziale e costitutiva dell'antropologia, e la
negoziazione sul campo non poteva non essere influenzata dalla mia storia personale,
dalla mia personalità, dal mio orientamento teorico, come anche dal mio
coinvolgimento emotivo, politico e ideologico e dalle differenti circostanze che
incontravo. È ovvio che i collegamenti che sono nati tra Santería e prevenzione e
terapie nell’aids sono stati dettati, o stimolati, dagli elementi su detti. «Tranne che
quando segue le pratiche più automatizzate della raccolta di dati – scrive Geertz –
l'etnografo si trova di fronte ad una molteplicità di strutture concettuali complesse,
molte delle quali sovrapposte o intrecciate fra di loro, che sono al tempo stesso strane,
irregolari e non-esplicite, che egli deve in qualche modo riuscire prima a cogliere e poi a
rendere»
5
.
Queste considerazioni conducono a riflettere sulla natura del sapere prodotto
attraverso la ricerca etnografica. Molto è stato scritto sull'etnografia come fiction,
ovvero come qualcosa di costruito (Clifford, Marcus). Ancora citando Clifford Geertz:
«gli scritti antropologici sono essi stessi interpretazioni, e per di più di secondo o di
terzo ordine. (Per definizione solo un indigeno fa quelle di prim'ordine: è la sua cultura).
Sono quindi invenzioni, invenzioni nel senso che sono qualcosa di fabbricato, qualcosa
di confezionato – il significato originario di fictio – non che sono false, irreali o
semplicemente ipotesi pensate “come se”»
6
.
Tale dibattito è stato importante nel mettere in luce come l'etnografia non possa
aspirare a offrire una descrizione della realtà che indaga, perché ogni osservazione è
sempre informata teoricamente e dunque è già un’interpretazione della realtà stessa.
L'etnografia dunque emerge come una modalità di costruzione della realtà.
L'etnografo con le sue idiosincrasie e il suo carico teorico è un attore centrale nel
processo di produzione delle rappresentazioni etnografiche. I significati culturali
emergono come un qualcosa che viene prodotto nell'interazione fra etnografo e
9
5
GEERTZ CLIFFORD, Interpretazione di culture, il Mulino, Bologna, 1998, p. 17.
6
GEERTZ CLIFFORD, op. cit., p. 24.
informatori e non come elementi dati di uno specifico contesto culturale, depositati in
una qualche riserva metaempirica in attesa di essere raccolti e descritti.
Una tale visione interattiva della produzione del sapere è ben rappresentata dalla
ricerca sul campo in cui etnografo e informatori si confrontano a vicenda in un
reciproco processo di interpretazione. «L'etnografia emerge così – scrive Quaranta –
come un processo performativo, come una specifica situazione per la produzione del
sapere culturale»
7
.
10
7
QUARANTA IVO, Corpo, potere e malattia: antropologia e AIDS nei Grassfields del
Camerun, Meltemi, Roma, 2006, p. 278.
INTRODUZIONE
Ho sempre avuto la curiosità di conoscere il sistema sanitario cubano, le sue
sfaccettature, i suoi punti forti e i suoi punti deboli. Il sistema sanitario di un paese
socialista, uno dei più accessibili al mondo per tutta la popolazione. Ma concentrarmi
sull’analisi del sistema sanitario in soli cinque mesi di permanenza sul campo mi sono
sembrati insufficienti per estrapolare delle conclusioni valide. Mi sono avvicinato allo
studio di questo attraverso la religione: attraverso la Santería, ho trovato la chiave
d’accesso per addentrarmi in un sistema complesso, fatto non solo di religione, ma
anche di una cultura che ha profonde radici, un’economia differente da quella ufficiale,
lo studio del folclore nazionale. Infatti lo Stato negli ultimi anni sta investendo molto
sull’identità afrocubana, così che molti sviluppano iniziative su questo tema per essere
favoriti nei rapporti con le istituzioni e la gestione del potere. È stato necessario inserire
il discorso in un contesto più ampio per intendere le dinamiche in cui si inserisce il
sistema di attenzione alla salute.
La volontà di capire il conflitto tra religione e Stato, l’intolleranza di
quest’ultimo di cui i media filo capitalisti parlano, mi hanno spinto ad iniziare
l’osservazione da un terreno ricco di contraddizioni quale è la comunità santera. Una
comunità che è stata sempre discriminata – dato che è una religione giunta a Cuba con
gli schiavi dall’Africa – che è stata sempre sottovalutata e considerata un insieme di
culti e non religione. Si arrivò a pensare che la Santería sarebbe scomparsa, perché
considerate impropria per un paese con un alto grado di scolarità e di orientamento
marxista
8
. Ma la storia ha portato altri frutti, bisogna considerare queste religioni di
predecessori africani come complessi religiosi e formazioni storico-culturali perché
11
8
FERNÁNDEZ MARTÍNEZ MIRTA y PORRAS POTTS VALENTINA, El ashé está en Cuba, Editorial
José Martí, La Habana, 2003, p. 37.
eccedono i limiti della religione e si estendono ad altri settori nel senso culturale e
sociale, a dispetto di tutte le pressioni di acculturazione, o altre.
Questa comunità avrebbe dovuto rivelarsi una delle più emarginate a Cuba,
almeno così pensavo prima di arrivare sull’Isola, in modo da permettermi un’analisi
“dal basso” capace di osservare in maniera critica uno dei sistemi che ho sempre
ammirato dal Vecchio Continente. In particolare il sistema sanitario, cavallo di battaglia
del socialismo cubano, è uno dei più accessibili all’intera popolazione, e allora quale
elemento poteva essere più significativo della lotta all’aids? Attraverso lo studio
bibliografico realizzato sul tema oggetto di studio, ho appurato che il tema dell’HIV
relazionato alla Santería è stato trattato da pochi autori, ma non ho trovato nessun
lavoro circa lo studio sui credenti della Santería in relazione con un progetto statale di
portata nazionale, quale è “AFROACHÉ”, ciò rende innovativo e utile questo lavoro.
A Cuba la politica sanitaria non è condizionata dagli interessi di grandi
multinazionali, per quanto riguarda la distribuzione dei farmaci, e ha tutto l’interesse ad
incentivare e ricercare fonti terapeutiche “alternative”. Questo contesto ha stimolato la
ricerca di nuovi domini simbolici, che prendono forma per i sofferenti durante i rituali
terapeutici della Santería, utili anche per comprendere l’efficacia simbolica delle forme
tradizionali di guarigione, in virtù delle esperienze che evocano
9
. Pertanto è dovere e
privilegio dell'antropologia medica, come fa notare Good
10
, ridestare l'attenzione verso
l'esperienza dell'uomo, verso la sofferenza, il significato e l'interpretazione, verso il
ruolo della narrazione e della storicità come pure verso il ruolo delle formazioni e delle
istituzioni sociali, poiché esploriamo un aspetto centrale di ciò che significa essere
uomo nelle diverse culture. In particolare nell’ultimo capitolo l’attenzione sarà rivolta
alla narrazione come strumento d’indagine e terapeutico.
12
9
GOOD BYRON, Narrare la malattia: lo sguardo antropologico sul rapporto medico-
paziente, Einaudi, Torino, 2006, p. 150.
10
GOOD BYRON, op. cit., p. 38.
Durante i cinque mesi di ricerca sul campo sono rimasto all’Avana, in particolare
nel Municipio di Centro Habana, dove la Santería è molto praticata e, anche se a
differenti livelli, permea molti ambiti della vita quotidiana degli avaneri. Ero partito con
l’intenzione di studiare le differenze nelle pratiche dei santeri in tutta l’Isola, ma solo
L’Avana ha presentato uno scenario talmente ampio e differenziato che allargare
l’analisi ad altre regioni avrebbe portato a risultati quanto meno superficiali. Solo nella
capitale ho incontrato forme sincretiche così differenti nelle pratiche di uno stesso culto,
che definire i tratti fondamentali di questa religione non è risultato un compito facile.
L’Avana è la capitale e la principale meta turistica del Paese, che vede nel
turismo la sua principale fonte di reddito. In particolare il centro, costituito dai municipi
di Habana Vieja, Centro Habana e Vedado, è il più frequentato dai turisti, probabilmente
per il suo aspetto con costruzioni in ‘stile liberty’, come se il tempo si fosse fermato
all’epoca coloniale. Oppure per il richiamo delle giovani e i giovani cubani, che si
precipitano nella capitale in cerca di fortuna, dove la speranza di incontrare un ricco
straniero (yuma), per raggiungere una condizione di benessere o uscire dal Paese,
favorisce la prostituzione ed altre forme di prestazioni lavorative, a livello formale e
informale, nei luoghi di forte attrazione turistica.
La situazione economica del paese che vede la pauperizzazione, da circa un
ventennio, della società cubana ha prodotto l'emersione di una molteplicità di
microstrategie per uscire dalla crisi: la sessualità è una di queste. La prostituzione porta
con sé anche il problema delle malattie a infezione sessuale, è probabile che sia per
questo che Centro Habana è il municipio dove si rilevano più casi di contagio di HIV di
tutta L’Avana, ed è per lo stesso motivo che a L’Avana i tassi di infezione crescono
esponenzialmente rispetto al resto dell’isola.
Nel Centro de L’Avana c’è una forte presenza della comunità santera, da prima
della Revolución del ‘59, che ha radici ben salde nel territorio e negli ultimi quindici
anni ha visto aumentare vertiginosamente i propri adepti, solo all’Avana sono stati
13
iniziati al culto di Orula varie migliaia di nuovi sacerdoti di Ifá negli ultimi sette anni
11
.
L’aumento di nuovi fedeli, è dovuto sicuramente dall’apertura alle religioni che il
governo ha fatto durante il periodo especial, nonché alle possibilità di guadagno che la
Santería offre ai propri sacerdoti, dovuto anche ad un forte incremento del turismo
religioso.
È indispensabile affrontare il discorso sulla circolazione economica per trattare il
ruolo dell’aids, per questo è utile introdurre la ricerca iniziando dalle dinamiche
economiche che ruotano intorno alla Santería. Bisogna avere sempre presente che la
religione è sociologicamente e antropologicamente interessante per il modo in cui
questa prende forma in relazione all’ambiente, il potere politico, la ricchezza,
l'obbligazione giuridica, l'affetto personale e il senso della bellezza. Da questa
concezione Geertziana
12
deriva l’importanza che si attribuisce alla religione nelle
ricerche antropologiche, per la capacità di funzionare, per l'individuo o per il gruppo,
come una fonte di concezioni generali e tuttavia peculiari circa il mondo, l'io e i rapporti
tra l'io e il mondo, una capacità di andare oltre il discorso strettamente religioso.
Nei capitoli centrali – il secondo e il terzo – la ricerca verte esplicitamente sul
tema medico, dopo un'analisi del sistema di significati incarnati nei simboli che formano
la religione vera e propria, ho indagato il collegamento di questo sistema ai processi
sociali, culturali e psicologici più connessi all’ambito medico. Ho osservato i rituali e
l’utilizzo di altri elementi simbolici a fini terapeutici, con particolare riguardo alla
devozione a Babalú-Ayé o San Lazzaro. Le caratteristiche di questo orisha (o santo)
sono rappresentative di un certo tipo di religiosità popolare che sintetizza una
molteplicità di elementi di differenti religioni
13
, tipico del sincretismo cubano.
14
11
QUIÑONES TATO, “Oralidad y teología en la santería cubana”, ORALIDAD Para el
Rescate de la Tradición Oral da América Latina y el Caribe, Anuario 13, La Habana,
2006, p. 15.
12
GEERTZ CLIFFORD, op. cit., p. 150.
13
SABATER PALENZUELA VIVIAN M., Sociedad y religión Selección de lecturas, Tomo I,
Editorial Félix Varela, La Habana, 2003, p. 248.
Nel quarto ed ultimo capitolo, dopo essermi avvicinato attraverso molteplici
prospettive alla malattia, in particolare all’HIV , nei capitoli 2 e 3, ho tentato di
rappresentare in maniera significativa l’intera ricerca, “sintetizzandola” nell’esperienza
di Gustavo. Ho tentato di rappresentare il rapporto stesso che ha prodotto significato. La
ricerca di un significato della malattia richiede di trascendere la prospettiva unitaria,
singola, come suggerisce Good «è necessaria una pluralità di linguaggi per comprendere
gli oggetti della nostra disciplina e costruire una risposta antropologica, vale a dire
scientifica, politica, morale, estetica e filosofica»
14
.
La pluralità del discorso antropologico è rappresentata anche nell’utilizzo della
videocamera, che è stata di grande aiuto per la costruzione di una trama condivisa, e da
stimolo per riflettere sulle possibilità di incidere sulla realtà da parte dell’antropologo.
La ricerca sarà da stimolo per comprendere le difficoltà nel rappresentare
adeguatamente la sofferenza e l'esperienza nelle nostre spiegazioni etnografiche, il
rapporto problematico dell'esperienza, della narrazione e gli sforzi per cogliere il
fondamento di tale esperienza nei singoli mondi morali, quesiti fondamentali per gli
sviluppi dell’odierna antropologia interpretativa.
15
14
GOOD BYRON, op.cit., p. 185.
CAPITOLO I
SANTERÍA E GLOBALIZZAZIONE
“Se desiderate aiutare una comunità a migliorarne lo stato di salute, dovete imparare a
pensare a come le persone vivono in essa”.
Paul D. Benjamin, “Health, Cure and Community: Case studies of public reactions to health
programs”, Russel Sage Foundation, New York, 1955, p. 41.
UNA RELIGIONE DINAMICA
L’Avana, capitale di Cuba, è anche la città più popolata, dato che è meta di molti
cubani che emigrano dalle campagne, ed è sempre molto popolata dai turisti, che sono la
principale fonte economica dell’isola. I flussi di persone hanno influenzato anche la
religiosità e la religione del paese, che ha vissuto differenti fasi lungo la storia.
Fino alla fine degli anni ‘80 la Santería ha avuto difficoltà ad affermarsi, o
quanto meno a guadagnare un riconoscimento ufficiale dallo Stato, dato che a livello
informale, la Santería come altri culti di origine africana, è professata dalla
maggioranza della popolazione. La religione di origine africana è approdata sull’Isola
con l’arrivo degli spagnoli, che deportarono milioni di africani sull’isola, in particolare
quelli appartenenti all’area degli Yoruba, Lucumí e Carbalí. Non può essere raccontata
la storia di Cuba senza passare per l’epopea degli africani schiavizzati, che hanno
contribuito in tutto e per tutto a fondare la Cuba di oggi.
Dalle condizioni disumane in cui vivevano gli schiavi neri, in ambienti
estremamente frammentati, nascono i cosiddetti culti sincretici o i riadattamenti delle
religioni di origine africana, che fino ad oggi non sembra aver sviluppato una
progettualità sul futuro o sul destino dei neri in quanto gruppo sociale. Questa carenza
ha fatto sì che gli strati più umili della popolazione, pur dando un contributo formidabile
ai movimenti indipendentisti cubani, siano rimasti legati a quelle che Argüelles chiama
16
“religioni dell'immediato”, che secondo quest’ultimo sarebbero «prive di strutture che
dovrebbero sistematizzare la dottrina, la liturgia, i principi etici, e frapporre ostacoli ai
cambiamenti frequenti. Da questa situazione emergono la predominanza dell'empirismo,
una grande differenza di idee, di spiegazioni religiose, di interpretazioni e pratiche
individuali»
15
.
Nella coscienza religiosa dei cubani-avaneri, prevale una religiosità, che si fonda
sulla pratica terrena, non dà molta importanza al discorso teorico-religioso e presenta
forme fortemente sincretiche composte da elementi differenti, riscontrabili perfino nelle
pratiche di uno stesso culto. Definire i tratti fondamentali di questa religione non è stato
un compito facile. La minore formalità si manifesta negli atti spontanei dei credenti, che
non sono attribuibili ad una manifestazione religiosa determinata. Ci troviamo di fronte
ad una fluidità estrema di tutti i processi religiosi, specie nei settori più bassi della
società, in cui la contemporanea e sia pur relativa adesione a più culti non è infrequente.
Così è comune, come rilevato da Seppilli già negli anni cinquanta anche in Brasile, che i
seguaci dei culti di origine africana partecipino nel contempo, almeno parzialmente, alle
cerimonie rituali della Chiesa cattolica o di quella spiritista, senza che ciò crei nella
coscienza di essi alcun problema di incompatibilità: «anzi, attraverso l’habitus al
sincretismo ed in generale alla presenza di divinità di più religioni, ogni elemento
finisce per fondersi e modificarsi, armonizzandosi nella concezione unitaria di un
diffuso politeismo popolare»
16
, dove i rituali possono consistere in attività cerimoniali
regolarmente o assumere la forma della festa con musica, balli, libagioni, dove il gesto e
la trance abbondano nei culti cubani.
In conseguenza della tratta degli schiavi si produsse un sincretismo dato
dall'equiparazione delle divinità yoruba con i santi cattolici, affinché gli africani
17
15
ARGÜELLES MEDEROS ANIBAL y LIMONATA ILEANA HODGE, Los llamados cultos sincréticos
y el Espiritismo - Estudio monográfico sobre su dignificación social en la sociedad
cubana contemporánea, Editorial Academia, La Habana, 1991, p. 258.
16
SEPPILLI TULLIO, “Il sincretismo religioso afro-cattolico in Brasile”, Studi e materiali
di storia delle religioni, vol. 24-25, Roma, 1955, p 197.