CAPITOLO I
Il giornalismo di cronaca, tra costanti e
metamorfosi
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I.1 La logica della notizia
Il giornalismo è uno dei più importanti mezzi della comunicazione
sociale e rappresenta un settore proficuo dell’industria culturale. Gli
avvenimenti che si susseguono quotidianamente nel mondo, scandendo o
stravolgendo il ritmo della società, possono diventare oggetto del resoconto
giornalistico; ma è compito del giornalista decidere secondo regole più o
meno codificate, quali di questi fatti possono costituire una notizia e di
conseguenza diventare contenuto dell’informazione. Spesso i concetti di
informazione e notizia vengono trattati come sinonimi, al contrario,
l’informazione è la materia prima della produzione giornalistica, mentre la
notizia ne rappresenta il risultato finito: “le notizie vengono costruite
socialmente sulla base di un complesso insieme di fattori organizzativi,
tecnici, culturali, economici e politici.”
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L’elemento base della notizia è il fatto o evento in sé. La notizia deve
sempre riferirsi agli avvenimenti ma non si identifica con essi, non è la
riproduzione esatta della realtà. Fra realtà e notizia giornalistica esiste
inevitabilmente una barriera, e per quanto la notizia sia obiettiva o fedele
ai fatti, quest’ostacolo non potrà mai essere superato.
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Si spiega così l’utilizzo del gergo redazionale: “fa notizia, non fa
notizia”, in riferimento a un avvenimento; in questi termini,
potenzialmente, qualsiasi fatto potrebbe diventare notizia, come anche
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L. Paccagnella, Sociologia della comunicazione, Bologna, Il Mulino, 2004, p. 125.
2
A. Papuzzi, Professione giornalista. Le tecniche, i media, le regole, Roma, Donzelli, 2010, pp.
8 – 11: “Se la notizia riferisce sull’avvenimento non può coincidere o identificarsi con esso. […] La
notizia non è mai riproduzione della realtà, ma è una registrazione, una cronaca, una presa d’atto, una
valutazione o interpretazione. […] La relatività è una proprietà intrinseca al carattere della notizia
giornalistica, al punto che degli stessi avvenimenti si possono legittimamente dare versioni diverse e
persino opposte.”
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nessuno. Un avvenimento per diventare notizia deve manifestarsi in forma
evidente e registrabile. Questo criterio ha trovato la propria applicazione
nel giornalismo anglosassone e in seguito anche in quello italiano, nel
famoso “modello delle cinque W” di Harold Lasswell.
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Ogni notizia che
possa chiamarsi tale, deve rispondere alle cinque domande: Who? (Chi),
Where? (Dove), When? (Quando), What? (Cosa), Why? (Perché). Le
risposte a queste domande aiutano a identificare le informazioni minime
che servono ad attestare l’avvenimento e rappresentano il fulcro della
cronaca.
La “notiziabilità” (o anche newsworthiness) secondo Luciano
Paccagnella può essere definita come la possibilità che ha un evento di
convertirsi in notizia sia in termini di contenuto, sia d’interesse del
destinatario. Le redazioni possono essere paragonate a delle vere e proprie
fabbriche che trasformano il materiale grezzo (i fatti del mondo), in un
prodotto raffinato (le notizie).
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Il secondo elemento fondamentale del ciclo produttivo giornalistico è
il pubblico, ossia i destinatari dell’informazione, l’emittente della
comunicazione. Il pubblico è il pilastro portante della notizia: infatti, un
avvenimento rientra nel ciclo produttivo dell’attività giornalistica solo se si
presuppone che esso abbia un pubblico interessato a conoscerlo.
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Cfr. H. Lassewll, Propaganda Technique in the World War, London, Kegan Paul, 1927.
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L. Paccagnella, op. cit., p. 125: “Anche nei casi in cui non vi è alcuna deliberata volontà
manipolatoria, infatti, le notizie vengono costruite socialmente sulla base di un complesso insieme di
fattori organizzativi, tecnici, culturali, economici e politici.”
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È l’assenza o presenza di un pubblico a determinare le sorti di un fatto, a
stabilire se “fa o non fa notizia”.
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Nessun giornalista fa il suo mestiere per una massa indistinta di
lettori, ma si rivolge a un pubblico del quale conosce le attese, le abitudini,
gli interessi, rispondendo al suo bisogno di essere informato.
In questo senso la funzione di informare si combina con un’empatia
che ogni testata, se pure rispettosa dell’autonomia della redazione
nella selezione delle notizie, tende a stabilire con il proprio pubblico,
le sue esigenze, le tradizioni, il suo linguaggio, le sue idee, i suoi
gusti.
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Al fine di aggiudicarsi l’attenzione del lettore, il giornale deve
parlare la sua stessa lingua e trattare dei suoi interessi, utilizzando forme di
esposizione standard che aiutino il pubblico a riconoscerne il valore,
imparando a distinguere la notizia da tutto ciò che non lo è. Secondo
Papuzzi, due sono i criteri fondamentali che il giornalista utilizza per
valutare se un fatto è di interesse pubblico o meno: la rappresentazione e la
contrapposizione.
Il criterio della rappresentazione impone di scoprire il rapporto che
intercorre tra i protagonisti del singolo avvenimento e i modelli sociali e
culturali dominanti. Più un evento è rappresentativo della società, più sarà
d’interesse comune, dunque, il suo potenziale di diventare notizia sarà
maggiore. Nella rappresentazione il lettore deve potersi riconoscere.
5
A. Papuzzi, op. cit., p. 13: “Nello stesso momento in cui un fatto diventa importante per un
pubblico, diventa notizia bile […] il pubblico ha sempre il potere di influenzare i meccanismi da cui
nascono le notizie […] davanti a un avvenimento il giornalista si domanda: a chi interessa? Quanto
interessa? Di volta in volta egli cerca di identificarsi con un pubblico, nelle diverse forme, figure,
articolazioni, stratificazioni che assume concretamente tale entità […] delimitare il campo degli interessi
del pubblico e fissare una gerarchia delle funzioni del giornale sono operazioni vitali per il giornalismo.”
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Ibidem.
6
Il criterio di rappresentazione agisce sugli avvenimenti facendoli
diventare specchio della società in cui viviamo. È il criterio di
rappresentazione a trasformare in notizie avvenimenti che fanno parte
di una routine […] Nel nostro pezzo, il lettore dovrà potersi
riconoscere […] Non si tratta semplicemente di fornire informazioni,
ma di scattare una fotografia dei comportamenti sociali.
7
Mentre secondo il criterio di contrapposizione,
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il giornalista deve
capire se un avvenimento contrasta o meno con l’opinione pubblica. Se
trasgredisce i modelli convenzionalmente accettati dalla comunità, così da
poter contare sull’effetto sorpresa e dare al lettore quello che meno si
aspetta, come ad esempio uno scoop. Più un fatto è caratterizzato da
termini anticonvenzionali, più potrà essere ottima materia per una notizia:
La notizia è una materia polimorfa, tuttavia rappresentazione e
contrapposizione restano due strumenti di comprensione del
linguaggio giornalistico, fondamentali per mettere gli avvenimenti in
rapporto con un pubblico, cioè per garantire al giornalismo la funzione
di informare la collettività.
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Nella fase selettiva del loro lavoro i giornalisti usano anche i
cosiddetti “news values” o valori notizia, criteri convenzionali che
contribuiscono a determinare la newsworthiness di un evento.
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Fra questi
criteri troviamo anche lo human interest, ossia, tutto quello che concerne
l’interesse umano, come le manifestazioni di sentimenti quali il coraggio, la
solidarietà o l’indignazione di fronte alle ingiustizie.
7
Ivi, p. 18.
8
Ivi, p. 19: “Non è l’originalità del fatto, anche se può aiutare, l’elemento fondamentale per
l’applicazione del criterio di contrapposizione, quanto la capacità del giornalista di cogliere, in dinamiche
note, fenomeni imprevisti o spiegazioni che ribaltano il sentire comune. In questo senso, quindi, il criterio
di contrapposizione conferma che il giornalista non registra semplicemente l’evento ma lo interpreta e lo
riproduce in forma di notizia.”
9
Ibidem.
10
I valori notizia individuati in rapporto al pubblico sono: Novità, Vicinanza, Dimensione,
Comunicabilità, Drammaticità, Conflittualità, Conseguenze pratiche, Human Interest, L’idea di
progresso, il prestigio sociale. (Cfr. Ivi, pp. 21–22).
7
Nonostante l’influenza del pubblico e i criteri standard di selezione,
spetta poi al solo giornalista produrre la notizia, ponendo dunque l’accento
su un’inevitabile soggettività. Questo potrebbe apparire come un concetto
paradossale, poiché nell’immagine collettiva ancora oggi abbastanza
diffusa, il giornalista è rappresentato come portatore di concetti quali verità
assoluta e obiettività. In realtà, queste sono idee astratte, poiché come
abbiamo visto non esistono verità ma notizie. Quando un giornalista si
imbatte in un fatto, lo valuta e lo interpreta per capire se può diventare o
meno una notizia. Raccoglierà dati e testimonianze ma solo una piccola
parte di questa documentazione riuscirà ad arrivare al pubblico, perché il
resto sarà scartato nella fase di selezione. Dunque, nel momento in cui
scrive, selezionando e costruendo delle chiavi interpretative per il pubblico,
il giornalista si troverà paradossalmente a “interferire” con l’avvenimento;
il fatto sarà dunque già diverso da se stesso, sarà qualcosa che appartiene
più al giornalista che non alla realtà.
Perciò fra la vita com’è , la realtà com’è, e l'immagine che ci rimanda
la pagina del giornale si inserisce il filo sottile di una presenza, che
intuisce o riconosce o rintraccia o valorizza il fatto destinato a
diventare notizia.
11
Secondo Milly Buonanno, sarebbe semplicistico definire il diritto
all’informazione come il diritto dei cittadini di essere informati.
12
11
Ivi, p. 11.
12
M. Buonanno, Faction soggetti mobili e generi ibridi nel giornalismo italiano degli anni
novanta, Napoli, Liguori, 1999, pp. 65–67: “Credo non ci si possa accontentare di definire semplicemente
il diritto all’informazione come il diritto dei cittadini di sapere: venire a conoscenza, non essere tenuti
all’oscuro di eventi, temi, problemi che attragono a sfere e dimensioni rilevanti della vita pubblica e
sociale […] è certo un’esigenza fondamentale e basilare del diritto all’informazione, ma non lo esaurisce.
[…] L’espansione dell’area della notiziabilità non è invece di per sé una condizione o una garanzia
sufficiente; anzi, per certi aspetti, è a sua volta all’origine della necessità di ridefinire […] il diritto
all’informazione.
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L’ampliamento del raggio d’azione della produzione di notizie implica che
il diritto all’informazione sia chiarito e specificato. Più la realtà in cui
viviamo diviene variegata e complessa, più il diritto a informarsi diventa
diritto alle capacità interpretative; la complessità del mondo viene riflessa
dai media informativi che oltre a comunicarla devono anche fornire i codici
che serviranno a decifrarla.
Il diritto all’informazione, per realizzarsi attraverso i mass media,
deve veder realizzati almeno tre presupposti. Innanzitutto, i professionisti
dell’informazione devono concepire la loro missione, ossia, soddisfare il
pubblico, come pilastro portante della loro vocazione professionale. E nella
categoria dei possibili destinatari, i cittadini devono essere considerati
interlocutori privilegiati, i primi beneficiari dell’informazione. In ultimo, le
cronache della realtà devono essere precise, imparziali e animate da una
sincera aspirazione verso la verità, posto che una riproduzione
perfettamente fedele resta impossibile.
Dunque, oggetto d’attenzione e referente principale del giornalismo
è la società: le notizie parlano della società e la società parla delle notizie.
L’attività giornalistica è intesa come lavoro intellettuale volto alla raccolta,
all’interpretazione e all’elaborazione di notizie destinate a formare un
oggetto di comunicazione, produrre informazioni dirette a sollecitare i
cittadini a prendere conoscenza e coscienza di tematiche meritevoli. Alla
base di quest’attività intellettuale c’è un’implicita missione pedagogica che
arricchisce di significati il dialogo che il giornalismo intrattiene con la
società.
Il giornale ha, sì, come fine la depurazione della società. […] Ma forse
più nell’esterno che nell’interno, più nell’apparenza che nella
sostanza, se badiamo alla sua funzione, informatrice e formatrice allo
stesso tempo, così dell’individuo che della comunità. […] Ogni