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L'illusione è la gramigna più tenace della coscienza collettiva; la
storia insegna, ma non ha scolari” (Antonio Gramsci)
INTRODUZIONE
La mia scelta, combattuta tra diversi temi e diversi docenti per il percorso di tesi di laurea,
è ricaduta su un argomento tanto attuale quanto ignorato dalla maggior parte degli italiani:
l’influenza che i media possono avere sulle nostre idee che riteniamo, spesso
ingenuamente, personali e originali, frutto di un nostro percorso e caposaldo di un nostro
credo. Nell’era dei media invece, sono tante, forse troppe, le vittime dell’oscura
persuasione di tv, Internet e tanti altri mezzi di comunicazione di massa. I quali sembrano
apparentemente volerci informare su fatti di cronaca, su novità politiche, su dibattiti e
argomenti vari, ma plasmano e modellano via via i nostri pensieri .Su questo fenomeno di
“inconsapevole ipnosi” al quale siamo tutti potenzialmente esposti, ho deciso però di
soffermarmi su un preciso campo di azione, quello politico. Il caso Obama negli Stati
Uniti, la nostra Italia dove politica e televisioni sono state a lungo gestite da un'unica
persona, sono casi simbolo di quanto la manipolazione e la persuasione siano passate dalle
antiche piazze, luogo di confronto politico diretto tra potenti e il popolo, agli schermi. John
Dewey
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ha teorizzato una società che si divide in due categorie distinte: una piccola
percentuale di soggetti consapevoli ricchi di un’educazione e una formazione tale da
promuovere lo sviluppo personale, l’autonomia di motivazione, valutazione e decisione.
Separata da questa minoranza, c’è la grande massa di popolazione, che riceve un
informazione orientata, un educazione alla passività. Ed è proprio nella storia recente che i
vari Obama, Bush, Hitler hanno captato la fondamentale importanza del connubio
psicologia-politica, ispirati da colui che fù nientedimeno che il nipote di uno che di psiche
se intendeva abbastanza: Sigmund Freud. Essi è Eduard Bernays (1892-1995), considerato
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Pezzano T. L'assoluto in John Dewey. Alle origini della comunità democratica educante, Roma, Armando
2007, p. 41.
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una delle 100 figure più influenti del XX secolo, pioniere della manipolazione mentale
collettiva , definito un “avvelenatore professionista dei cervelli della gente”
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e “il patriarca
della persuasione occulta”. Bernays aveva infatti capito prima di tutti
l’importanza dell’uso massiccio e spregiudicato dei media, che utilizzava per lanciare un
prodotto, un politico, una causa sociale. Fu consulente dell’ ufficio americano della
propaganda durante la Prima Guerra Mondiale, e dominò a lungo la scena della
comunicazione in America. Le sue campagne sulla manipolazione dell’opinione pubblica
ottennero sempre grandi successi, anche in pesanti periodi di crisi, vedi la grande
depressione del 1929. Bernays in un suo celebre scritto
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spiega, dalla sua posizione di
tecnico della propaganda, come è stato l’avvento delle forme di governo democratico e
delle libertà individuali, assieme all’industrializzazione, a produrre la necessità politica ed
economica di manipolare dall’alto il pensiero e il comportamento della gente, sia come
elettori che come consumatori. Di conseguenza, la manipolazione umana è diventata una
tecnologia e una scienza, nella quale si investe più che in tutti gli altri campi della
psicologia. Le tecniche di disinformazione e condizionamento di massa mirano dunque al
consenso, tecniche che hanno grande successo e plasmano in mondo in cui noi viviamo.
Ma di cui quasi mai parlano i mass media, perché essi sono proprietà dei committenti di
quelle medesime tecniche. Già nella prima metà del secolo scorso gli esperti in materia
insegnavano come il presupposto della legittimazione giuridica del potere politico (ossia
la volontà popolare espressa con il voto) sia una chimera irrealizzabile, un mito ridicolo: la
realtà di fatto parla di sistemi democratici non è la volontà della base che guida le decisioni
del vertice, ma la volontà del vertice che produce consenso della base alle proprie
decisioni tramite la manipolazione, la censura e la distorsione dell’informazione. In realtà
la manipolazione mentale non è qualcosa che può avvenire in certi ambiti, essa è regola,
non eccezione: è ormai un fattore onnipresente e investe la società nel suo insieme, al fine
di produrre, inibire e coordinare la consapevolezza degli esseri umani come consumatori,
come lavoratori, come elettori. Com’è palesato dall’attuale crisi finanziaria, da decenni
ormai il sistema economico,con quello monetario e creditizio, si regge su fattori psichici,
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Bernays venne definito con queste parole da Felix Frankfurter, giudice della Corte Suprema di origini
austro-ebraiche.
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Bernays E. , Propaganda , Horace Liveright, New York, 1928.
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su aspettative, sulle credenze economiche (generalmente false) della gente, sulla riuscita
manipolazione mentale dei lavoratori, dei risparmiatori e dei consumatori , così quello
politico dipende da quella degli elettori e dei contribuenti. Nel primo capitolo si parla così
delle strategie di persuasione, di linguaggio che si dirama in verbale e non verbale,in
quanto è il nostro corpo il maggior comunicatore, che svela le verità che spesso un discorso
cela dietro frasi montate, finte rassicurazioni e promesse utopiche. Si analizza l’arte della
parola persuasiva, e il pericolo della manipolazione che tutti i cittadini aventi diritto al voto
corrono.
Nel secondo capitolo si parla così della figura di maggior spicco negli ultimi anni nella
politica mondiale, un mago della comunicazione e un vero incantatore di folle, un maestro
dell’uso della parola; da platee manipolate a spettatori incantati davanti allo schermo:
questi è Barack Obama, che ha capito prima di altri come arrivare nella case di tutti, come
incuriosire i giovani che da sempre snobbano la politica, solito ente oscuro difficile da
assimilare: sfruttando i media come trampolino di lancio, studiando il modo in cui si
informano gli americani (differente da noi italiani, come si nota nel capitolo su Obama e
nell’ indagine finale). Da Twitter
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a YouTube
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Obama si è servito di qualsiasi mezzo per
arrivare nelle case non solo degli americani ma in quelle di tutto il mondo. Un vero
perfezionista, Obama ha fatto nella comunicazione in generale il punto di forza della sua
campagna elettorale: comunicazione intesa come dialogo, come uso di precisi discorsi e
precise parole; comunicazione intesa come posture, come linguaggio del corpo, perché è da
esso che si appare tesi, sciolti, sinceri e rassicuranti o falsi e montati; comunicazione come
internet, forse il vero tassello decisivo che ha fatto si che oggi Obama è il primo presidente
afroamericano nella storia degli Stati Uniti d’America, Obama che oggi, settembre 2012, si
appresta a distanza di quattro anni ad affrontare una nuova sfida, una nuova campagna
elettorale a colpi di nuovi escamotage per rimanere nella Casa Bianca: si annuncia una
sfida senza esclusione di colpi con il repubblicano Mitt Romney, che non si sta
dimostrando di certo uno sprovveduto.
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www.twitter.com
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www.YouTube.com
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Nel terzo capitolo si tratta invece un argomento che oggi risulta agli occhi di molti la
normalità, anche se probabilmente non lo è e soprattutto non lo dovrebbe essere: la
spettacolarizzazione della politica, forse il principale mezzo di intrattenimento televisivo
che ha avvicinato la politica a tanta gente che han sempre visto elezioni, partiti e disegni di
legge come una strana materia oscura di difficile comprensione. Nel corso di questo
capitolo si narrano come media e politica si sono avvicinati, sfociando in programmi più o
meno di valore. Inoltre, si analizzano i più eclatanti casi in cui personaggi improbabili
dello spettacolo si avvicinano alla politica tramite la tv, e altri escamotage di politici per
avvicinare a sé nuovi elettori attraverso il connubio politica-musica e politica-cinema.
Nel quarto capitolo sono presi in considerazione due movimenti politici nati in Italia
sempre grazie all’uso di internet: il Popolo Viola
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, nato su Facebook come segno di
protesta al governo Berlusconi e il Movimento 5 Stelle
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di Grillo, un nuovo partito politico
di Beppe Grillo che, nato da un blog, è ora una realtà in ascesa della politica italiana. Nel
quinto capitolo si descrivono invece le recenti rivoluzioni che hanno toccato
prevalentemente il medio oriente: Egitto e Tunisia, paesi martoriati dalla povertà e dalle
dittature che hanno cercato di dare una svolta al paese. E anche i casi europei degli
Indignados spagnoli, diventati poi indignati in Italia: una reazione a catena che ha portato
numerosi stati sul piede di guerra e milioni di persone nelle piazze.
Comun denominatore di queste ribellioni sono il modo in cui sono nate: sono le rivoluzioni
2.0, cioè rivoluzioni nate grazie ai nuovi media: Facebook, noto social media utilizzato
come sfogo e condivisione di idee ma soprattutto come punto virtuale di raccolta per
organizzare la ribellione; Youtube e siti simili per postare in pochi secondi le ingiustizie e
le violenze nelle piazze oscurate dalle tv e dai giornali, marcate a uomo dalla censura di
stato. .Si chiude l’elaborato con il quinto capitolo con annessa ricerca sugli aventi diritto al
volo presenti in Italia: essa analizza come gli italiani si informano sulle varie offerte
elettorali, vale a dire a quali media accedono con maggior frequenza e quali sono invece
quelli meno usati nella fruizione delle news politiche.
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www.ilpopoloviola.it è il sito Internet, mentre la pagina Facebook è all’indirizzo
www.facebook.com/popviola .
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www.beppegrillo.it
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Si notano così i differenti tipi di approccio all’informazione politica rispetto ai più
“tecnologici” americani: se nel Belpaese l’informazione politica online è ancora agli
antipodi, negli Usa come già detto è addirittura il presidente di stato a variare la strategia
per la campagna elettorale, al fine di adattarsi alle abitudini più moderne dei suoi cittadini
ed arrivare a loro, cercando più consensi.