5
Introduzione
―L‟ influenza di Longanesi è stata decisiva, nel gusto e nel costume letterario
di questo Paese, più di quanto non lo sia stata quella di qualsiasi altro uomo
[…] In nessuna generazione, un italiano ha scavato così a fondo e
durevolmente come ha fatto Longanesi in quella nostra.‖
1
Con queste parole Indro Montanelli ricordava Leo Longanesi, uno dei
personaggi più incisivi ed autentici del Novecento italiano, una figura che il
nostro Paese, a quarantacinque anni dalla prematura scomparsa, pare aver
archiviato.
Scrittore, editore, grafico, sceneggiatore: un artista eclettico (e ci passi la
definizione, nonostante la sua avversità: ―schifo che mi reca la parola
«artista»!‖
2
), autentico figlio dell’Ottocento e di una borghesia che amava a
fasi alterne, fascista e frondista nello stesso tempo, Longanesi è stato un
intellettuale acuto, velenoso, virtuosamente contraddittorio: un pensatore
scomodo per molti, forse anche per se stesso.
Il nostro tempo non ci consente di avere sotto mano molti altri intellettuali
come Leo, proficui in quantità e qualità. Riflettendo i canoni di una tradizione
culturale italiana che pareva ormai scomparsa, Longanesi, prima che artista,
fu artigiano di se stesso: seppe abilmente trasformare, in maniera inedita, le
varie discipline con cui andò confrontandosi durante la sua breve ma ardente
carriera
3
.
1
I. MONTANELLI, Addio a Longanesi, ―Corriere della Sera‖, 29 settembre 1957
2
L. LONGANESI, Parliamo dell‟elefante. Frammenti di un diario, Milano, Longanesi & C., 1947, p.34
3
P. LONGANESI, Longanesi: un antidoto contro la mediocrità in G. APPELLA, P. LONGANESI, M.
VALLORA, Leo Longanesi. Editore, scrittore, artista, Milano, Longanesi & C., 1996, pp. 21-23
6
Celebri le vicende editoriali del ―carciofino sott‟odio‖
4
(volendo riprendere
quel curioso epiteto che si era ricamato addosso), nelle pagine a seguire
tenterò invece di mettere a fuoco il suo meno noto rapporto col cinema, di cui
seppe cogliere le numerose implicazioni sociali, anticipando almeno d’un
decennio la poetica Neorealista di Visconti e De Sica.
4
L. LONGANESI, Parliamo dell‟elefante. Frammenti di un diario, Milano, Longanesi & C., 1947, p.20
7
Capitolo I: Scopo della tesi
Obiettivo di questo elaborato è quello di delineare un percorso comune tra il
lavoro letterario di Longanesi e la sua attività cinematografica.
Nella prima parte andrò, quindi, ad esporre e analizzare le numerose idee
concretizzatosi sporadicamente tramite le sue creature editoriali; nella
seconda parte prenderò in più attenta analisi il suo primo sfortunato tentativo
di regia, ―Dieci minuti di vita‖, unica testimonianza concreta della sua
poetica.
Il film, iniziato a Roma sotto regia di Longanesi, dopo sfortunate vicende
legate ai noti avvenimenti bellici è stato portato a termine a Torino nella
Repubblica Sociale Italiana da Nino Giannini con un nuovo titolo, ―Vivere
ancora‖, una nuova produzione ed un nuovo cast.
8
Capitolo II: Cenni biografici
Leopoldo Longanesi nasce il 30 agosto del 1905 a Bagnacavallo, paese della
provincia ravennate, da Paolo Longanesi, discendente da ricchi proprietari
terrieri e Angela Marangoni, benestante. Scriverà ne ―I borghesi paralleli‖ a
proposito delle sue origini: ―sono uscito da una famiglia per metà rossa e per
metà nera, sentimentale e rissosa, laboriosa e ambiziosa, scettica e religiosa:
sono cresciuto in una delle tante famiglie romagnole che, in ottanta anni,
riuscirono ad acquistare una casa, a conquistarsi un gradino‖. Più che il
padre, spesso assente per lavoro, sarà il nonno materno Leopoldo Marangoni,
socialista con una forte matrice anarchica, ad avere un’influenza determinante
sul giovane Longanesi
5
.
Nel 1911 la famiglia lascia la Romagna per trasferirsi a Bologna, centro
giuridico per eccellenza, dove Leo completa gli studi al liceo ―Galvani‖ con
scarso entusiasmo. Si iscrive in seguito alla facoltà di Giurisprudenza, dove
però non consegue la laurea
6
.
La madre, conscia delle innate inclinazioni artistiche del figlio, cerca di
costruire attorno a lui un ambiente fertile per la sua educazione. Qui ha
occasione di conoscere intellettuali e artisti rinomati nell’ambito locale, come
Giorgio Morandi e Balbino Giuliano, che incideranno fortemente sul suo
apprendistato. È a Bologna che il giovane Leo vede per la prima volta Benito
Mussolini e, nel 1920, aderisce al fascismo ―per tante piccole ragioni
sentimentali‖
7
.
5
G. APPELLA (a cura di), Leo Longanesi. Vita, opere, fortuna critica in G. APPELLA, P. LONGANESI,
M. VALLORA, op. cit., p.209
6
A. ANDREOLI, Leo Longanesi, Firenze, La Nuova Italia, 1980, p.158
7
G. APPELLA (a cura di), Leo Longanesi. Vita, opere, fortuna critica in G. APPELLA, P. LONGANESI,
M. VALLORA, op. cit., p.212
9
Come sottolineò Montanelli, l’ambigua partecipazione di Longanesi al
fascismo può leggersi come un punto d’arrivo naturale della sua origine
borghese e romagnola, oltre che dell’esaltazione giovanile per ciò che veniva
percepito come una nuova e genuina italianità: la sua volubilità era senz’altro
coerente col suo sogno di un’Italia unita e moderna ma, allo stesso tempo,
piena di virtù antiche e qualità paesane che vedeva attorno a lui dimenticate
8
.
Nel frattempo, giovanissimo esordisce come redattore di riviste: ―È
permesso?‖, ―Domino‖, ―Il toro‖. Collabora inoltre al ―Selvaggio‖ Di Maccari
e a ―Cronache d’attualità‖ di Bragaglia
9
.
Il 14 gennaio 1926 esce il primo numero de ―L’italiano‖, che nonostante le
difficoltà continuerà ad essere stampato fino al 1942,: ―il gruppo de
«L‟italiano» sarà una specie di setta di giovani salvatici, ostili se occorre
anche al fascismo ufficiale che, poverone, al di fuori della politica ci fa una
magra figura‖
10
.
Sempre al 1926 risale il ―Vademecum del perfetto fascista‖, stravagante
opuscolo che riscuote notevole successo: a dispetto del nome, Longanesi si
mosse all’interno del fascismo sempre polemicamente, coniando slogan
ironicamente enfatizzati, in un confine non ben definito tra scherno e
adulazione (ricordiamo, ad esempio, la celebre massima ―Mussolini ha
sempre ragione‖)
11
.
Nel 1930 si trasferisce a Roma dove incontra la futura moglie Maria Spadini,
figlia di un pittore collaboratore de ―L’italiano‖. Da lei avrà tre figli.
8
I. MONTANELLI, M. STAGLIENO, Leo Longanesi, Milano, Rizzoli, 1984, p.28
9
A. ANDREOLI, op. cit., p.158
10
G. APPELLA (a cura di), Leo Longanesi. Vita, opere, fortuna critica in G. APPELLA, P. LONGANESI,
M. VALLORA, op. cit., p.223
11
I. MONTANELLI, M. STAGLIENO, op. cit., p.106
10
Nel 1937 fonda e dirige ―Omnibus‖, il ―settimanale di Attualità politica e
Letteraria‖, prototipo del moderno rotocalco
12
. Il ricorso all’immagine mira
qui a sviluppare nello spettatore la lettura critica dell’allegato visivo: insieme
ai disegni e alle pubblicità, un ruolo fondamentale lo assunse la fotografia.
Destinato, secondo le intenzioni di Mussolini, a divenire un potente organo di
propaganda, il giornale si trasforma subito nell’unico foglio capace di
mistificare il fascismo: già nel 1939 il Ministero della Cultura Popolare ne
decreta la chiusura con un pretesto, imputando la causa a un irriverente
articolo di Alberto Savinio intitolato ―Il sorbetto di Leopardi‖, in cui la morte
del grande poeta nazionale viene fatta risalire alla dissenteria contratta per
l’ingestione di troppi ghiaccioli avariati al caffè Gambrinus di Napoli
13
.
Nel dopoguerra, dopo aver dovuto abbandonare la realizzazione del suo unico
film, ―Dieci minuti di vita‖, Longanesi ripara a Napoli per poi stabilirsi a
Milano, dove fonda la sua omonima casa editrice. Dal 1950 alla morte dirige
inoltre ―Il Borghese‖, dedicandosi alla pubblicazione di memorie e raccolte di
pensieri e continuando a collaborare con diverse riviste
14
.
Il 27 settembre 1957 viene colto da infarto mentre lavora nel suo studio di via
Bigli. Ricorderà l’amico Ennio Flaiano: ―di lui mi resta il ricordo di un uomo
che aveva le migliori qualità e i migliori difetti e che mi aveva sempre parlato
direttamente, senza mai volermi piacere o sorprendere, pronto a litigare e a
stendere per primo la mano. E anche il ricordo di un uomo che aveva il genio
di farci prendere sul serio da noi stessi, che è tutto‖
15
.
12
A. ANDREOLI, op. cit., p.158
13
I. MONTANELLI, M. STAGLIENO, op. cit., pp.240-241
14
A. ANDREOLI, op. cit., pp.158-159
15
E. FLAIANO, La solitudine del satiro, Milano, Rizzoli, 1973, p.98
11
Capitolo III: Il cinema secondo Leo Longanesi
1. L’italiano
Fondato nel 1926 per sostenere un uomo del fascismo bolognese, Leandro
Arpinati, le sue pagine mostrano subito una straordinaria attualità. Con prosa
diaristica Longanesi interviene su temi che, in quegli anni, vengono messi a
fuoco da riviste e giornali, ricorrendo spesso all’immagine fotografica e
filmica, ritenuta più autentica delle forme verbali
16
.
1.1 La polemica contro i film Luce
Appurato che ― la cinematografia italiana è un cadavere nella stiva di una
nave in cammino‖
17
, Longanesi cerca, attraverso le sue pagine editoriali, una
strada per riesumare la settima arte dall’oblio in cui era caduta.
I rapporti tra Longanesi e il cinema vanno inquadrati entro la cornice della sua
attività di giornalista, scrittore e grafico: seppe guardare al cinema con gli
occhi del giornalista e, viceversa, seppe pensare al giornalismo in termini
cinematografici e visivi
18
. La sua attività di grafico gli permise di pensare al
prodotto filmico come allo ―svolgimento di un motivo – psicologico, sociale,
rettorico o poetico – attraverso un complesso di immagini‖
dove il motivo
16
F. BOLZONI, Sull'omnibus di Longanesi, "Quaderni di Documentazione e Ricerca", Roma, Centro
Sperimentale di Cinematografia, 1996, p.73
17
L. LONGANESI, Film italiano, ―L’Italiano. Periodico della rivoluzione fascista‖, n.17-18, gennaio-
febbraio 1933, pp.47-60
18
A. COSTA, Non accreditato: Leo Longanesi da “Dieci minuti di vita” a “Vivere ancora”, ―Studi
Novecenteschi‖, n.67-68, 2004, p.143
12
della vicenda è scandito da ―un particolare ritmo che domina ogni
progressione di immagini sullo schermo‖
19
.
Dopo aver utilizzato la fotografia come sussidio documentaristico e rilevato la
sua importanza come un ―occhio di vetro‖ con capacità visive superiori alla
nostra (―la fotografia coglie il mondo in flagrante. Diamo tante immagini
accanto a testi ben fatti: ecco un nuovo genere di giornalismo‖
20
), Longanesi
nel 1928 inizia ad interessarsi di cinema secondo la poetica del ―film dal
vero‖ che, in maniera non metodica, andrà sviluppando in articoli
successivi
21
.
Già in questa data infatti scrive: ―Il film, in Italia, è stato preso troppo alla
leggera: l‟istituto Luce, per esempio, che poteva essere qualcosa di serio e di
giovevole, non è, infine, che una inutile e quotidiana pubblicità gerarchica.
Vista una volta, una pellicola della Luce, basta per sempre. Il pubblico finirà
con l‟annoiarsi, se si pensa che tra dieci anni noi vedremo per l‟ennesima
volta i dopolavoristi in gita di piacere‖
22
.
Il suo livore sembra erompere quando si tocca la questione cruciale della
propaganda: l’istituto Luce con queste pellicole annoia e non serve il
regime
23
, mentre dovrebbe mirare a promuovere ―film di educazione e non di
distrazione fascista‖
24
.
Trovati i difetti della cinematografia nostrana nella superficialità e nella
monotonia dei contenuti, passa in seguito ad esaminare l’arte forestiera: ―I
bolscevichi, invece, hanno creato un film di propaganda perfetto e utilissimo
19
L. LONGANESI, L‟occhio di vetro, ―L’Italiano. Periodico della rivoluzione fascista‖, n.17-18, gennaio-
febbraio 1933, pp.35-45
20
L. LONGANESI, L‟Italiano. Periodico della rivoluzione fascista, 15 aprile 1937 cit. in A. ANDREOLI, F.
DE LEO (a cura di), Leo Longanesi. La fabbrica del dissenso. Catalogo della mostra (Roma, 14 marzo - 8
aprile 2006), Roma, De Luca Editori d'Arte, 2006, p.96
21
F. BOLZONI, op. cit., p.11
22
L. LONGANESI, Kodak, ―L’Italiano. Periodico della rivoluzione fascista‖, n.12-13, ottobre 1928, p.1
23
A. ANDREOLI, op. cit., p.95
24
L. LONGANESI, Kodak, cit., p.1
13
che consiste, come nella corazzata Potemkin, nel sostituire al vecchio film
patetico e borghese, un film che, dal primo all‟ultimo quadro, è tutta una
condanna del regime zarista. Questo film, per gli sfondi, gli scorci, la
composizione dei quadri e la condotta del lavoro, è impeccabile, interessante
e soprattutto modernissimo‖
25
.
Longanesi loda quindi il modernismo del cinema bolscevico e la sua
efficienza propagandistica, ammirando soprattutto il lavoro in fase di
montaggio di Pudovkin e Ejzenstejn, mentre i film Luce altro non erano per
lui che ―una serie di cartoline patinate messe in fila‖
26
, banali istantanee che
non riuscivano a leggere la realtà in maniera critica.
Nel celebre numero monografico sul cinema del 1933 ribadirà che ―è appunto
la verità che fa difetto nei nostri film. Bisogna gettarsi alla strada, portare le
macchine da presa nelle vie, nei cortili, nelle caserme, nelle stazioni […]
L'abitudine alla realtà ci fa perdere ogni emozione diretta e candida: lo
sguardo non sa più sorprendere, quasi arrestare per un attimo, quel che
passa nel suo raggio: alla sorpresa si sostituisce l'osservazione e l'analisi
soggettiva. Non si tratterebbe di semplici documentari ma di trasportare sullo
schermo certi aspetti della realtà bianca che sfugge al passante, e domina in
ogni ora la vita degli uomini e delle cose‖
27
.
Quest’adesione alla realtà include però una sorta di teoria dello straniamento
in quanto gli automatismi percettivi dovrebbero venir meno, affinché si
possano considerare aspetti non catturati dallo sguardo e oscurati
dall’abitudine
28
.
Neanche i film americani passano completamente indenni sotto il suo
giudizio, nonostante l’ammirazione per il loro timbro fortemente morale, utile
25
L. LONGANESI, Kodak, cit., p.1
26
L. LONGANESI, Film italiano, cit., pp.47-60
27
L. LONGANESI, L‟occhio di vetro, cit., pp.35-45
28
A. COSTA, art. cit., p.148
14
nell’educazione di un popolo. Scrive infatti che ―da Griffith a Murnau, i
direttori americani non si sono ancora allontanati dal film girato con criteri
esclusivamente artistici: pittura, letteratura, teatro e ottica sono fusi con
maestria nelle loro pellicole, essi commuovono il pubblico, ma non riescono a
trasportarlo in un mondo dove la sola realtà sia l‟elemento cinematografico.
Sono troppo preoccupati di mostrare la loro cultura e le loro abilità‖
29
.
Il bersaglio polemico non è rappresentato dalla commedia d'evasione allora in
voga, ma da registi rinomati come Griffith e Murnau, ai quali si recrimina il
disinteresse per la realtà: cinema e spettacolo erano infatti ancora troppo
legati e questo non permetteva alla realtà di emergere come massimo
denominatore
30
.
Da queste riflessioni si può facilmente evincere come sia quindi il realismo,
spoglio di virtuosismi scenografici e teatrali, il cardine della cinematografia
auspicata da Leo Longanesi, affinché si possano creare ―pellicole senza
artifizi, girate quanto più si può dal vero‖
31
e che possano trasferire sullo
schermo quella realtà che ―è sempre al di fuori del nostro tempo e del nostro
spazio, anche se l‟abitudine ha creato una intimità con lei, un velo che copre
i nostri occhi‖
32
.
1.2 Film nostro: né vivo né morto
Come anticipato in precedenza, Longanesi dedica interamente al cinema il
celebre numero 17-18 de ―L’italiano‖ (gennaio/febbraio 1933). Con scritti
propri e altrui (Chaplin, Grosz, Balazs, solo per citarne alcuni), anonimi e
firmati, Longanesi sottolinea come la smania dello spettacolo cinematografico
29
L. LONGANESI, L‟occhio di vetro, cit., pp.35-45
30
A. ANDREOLI, op. cit., p.88
31
L. LONGANESI, L‟occhio di vetro, cit., pp.35-45
32
Ibidem
15
distolga gli occhi da ciò che dovrebbe porsi come prerogativa assoluta: la
ricerca del ―film dal vero‖, e con grande lucidità storica e tecnica, esamina
quelli che sono i difetti della cinematografia nostrana.
In una lettera datata 1 agosto 1931 (inserita nella mostra ―Cecchi al cinema‖,
tenutasi a Firenze tra il dicembre 1984 e il gennaio 1985), Longanesi chiede al
critico Emilio Cecchi di aiutarlo a preparare un numero monografico sul
cinema in cui si dimostri ―con le carte alla mano che in Italia si scherza‖.
L’approccio longanesiano al cinema è di natura sociologica (―un film è
sempre una critica che si conclude nella rappresentazione della realtà‖
33
),
con connotati rigorosamente realistici, anche se non mancano interessanti
annotazioni sull’artisticità del prodotto filmico
34
.
Longanesi, nell’articolo intitolato ―Film italiano‖, evidenzia come primo
assioma l’esistenza di ―un film nostro, tipico, inconfondibile, sciocco e
monotono che non riesce a vivere né a morire, un film al quale dovremo
divertirci per solidarietà nazionale‖
35
e rimprovera la futilità delle trame
italiane, piene di colpi di scena gratuiti, condannandone la predilezione per la
retorica e l’ampollosità
36
.
Le pecche riscontrate sono dovute alla superficialità dei registi e alla mancata
professionalità degli attori, ―troppo dannunziani per poter agire in un film‖
37
e ostinati a recitare in maniera teatrale. Sicuramente Longanesi aveva in
mente Pudovkin, che aveva addirittura affermato che il cinema necessita di
33
L. LONGANESI, Film italiano, cit., pp.47-60
34
F. BOLZONI, op. cit., pp.74-75
35
L. LONGANESI, Film italiano, cit., pp.47-60
36
V. BUCCHERI, Stile cines. Studi sul cinema italiano 1930 – 1934, Milano, Vita e Pensiero Editore, 2004,
p.151
37
L. LONGANESI, Film italiano, cit., pp.47-60