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CAPITOLO 1: MERCATI E INTERNAZIONALIZZAZIONE
1.1 La Globalizzazione
La Globalizzazione è, secondo la definizione di ogni dizionario, il “fenomeno per cui le economie
e i mercati nazionali, grazie allo sviluppo delle telecomunicazioni e delle tecnologie informatiche,
vanno diventando sempre più interdipendenti, sino a diventare parte di un unico sistema
mondiale.”
L’evoluzione massmediatica ha permesso di dare il via ad un percorso di evoluzione
dall’interdipendenza mondiale in atto da diversi anni.
Vi è quindi il “fenomeno dell’integrazione tra gli apparati produttivi dei paesi avanzati, ma anche
di quella tra paesi avanzati e paesi meno sviluppati.”
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Nell’economia globale, vanno affievolendosi i confini nazionali, accrescendo sempre più
l’interdipendenza internazionale, con la modificazione delle strutture economiche, sociali e
politiche esistenti. Ed è la maggiore qualità e quantità dei beni e servizi scambiati ad aumentare
l’interdipendenza tra le economie.
Tutto ciò è stato agevolato dalle liberalizzazioni, che hanno favorito la concorrenza e il
diffondersi delle transazioni internazionali grazie alla cancellazione di dazi e barriere doganali;
dall’innovazione tecnologica, che ha rivoluzionato i mezzi di comunicazione, i metodi di studio e
ricerca, di produzione; dallo sviluppo dei trasporti, con i container che hanno permesso
l’abbattimento dei costi di trasporto e la fattibilità di operazioni precedentemente troppo onerose;
dalla convergenza dei livelli medi di scolarizzazione e del potere di acquisto dei consumatori.
La transizione da un contesto nazionale o regionale ad uno globale getta l’impresa in un ambiente
in continua mutazione, costringendola ad un’innovazione ed adeguamento continui.
Che si sia favorevoli o meno, è palese che la Globalizzazione è un fenomeno concreto, in atto, e,
soprattutto, irreversibile: quindi è imprescindibile affrontarlo, nei tempi e nei modi più efficaci.
1
M. Savona – R. Schiattarella, The effects of local systems on the international de-localisation of production. The
case of made in Italy, Università degli Studi di Urbino, Facoltà di Economia, WP-EMS # 2009/08.
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Quindi, l’impresa è spinta ad internazionalizzarsi, e ciò è visto sia come una positiva opportunità
di sviluppo, sia come minaccia di concorrenza competitiva globale. Una caratteristica distintiva
della Globalizzazione degli ultimi anni è la partecipazione al mercato di paesi quali quelli del
Bric, il Messico, le Filippine, la Malaysia, ecc.
Il processo d’internazionalizzazione dell’impresa si connota “non solo nello svolgimento di
attività all’estero e nella connessa presenza d’imprese estere nel proprio ambiente, ma anche in
una tendenziale attenuazione delle differenze a livello internazionale di modalità e metodologie
operative, di caratteristiche dei prodotti, di regolamentazioni e di comportamenti.”
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Ci viene in soccorso il concetto di “villaggio globale”, in cui il cedere dei confini nazionali,
l’interdipendenza economica e sociale, produce un assottigliamento delle differenze tra i sistemi
nazionali, dove un avvenimento in uno Stato provoca degli effetti anche negli altri.
Le diversità culturali scemano parzialmente, si propagano prototipi di consumo e spinte imitative.
La decisione dell’impresa d’internazionalizzarsi, di espandere i confini della propria catena del
valore, può avvenire per le seguenti ragioni: 1. Commercializzare a clienti stranieri i propri beni e
servizi; 2. Acquistare da fornitori stranieri i fattori necessari allo svolgimento dell’attività
produttiva; 3. Realizzare in tutto o in parte le operazioni di trasformazione fisico-tecnica dei
fattori produttivi; 4. Ottenere le risorse necessarie per coprire il fabbisogno finanziario; 5.
realizzare in tutto o in parte l’attività di ricerca e sviluppo; 6. Recuperare individui di diversa
nazionalità da impiegare nel proprio organismo personale.
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Sono quindi coinvolte tutte le aree dell’azienda, quali approvvigionamento, produzione, vendita,
finanza, ricerca ecc.
2
G. Usai – D. Velo, Le imprese e il mercato unico europeo, Pirola Editore, Milano, 1990, pag.7
3
D. Galdini, L'internazionalizzazione d'impresa, Processi, metodi e strategie, Giappichelli, Torino, 2009, pag.6
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1.2 L’impresa internazionale e le sue caratteristiche
Per suddividere le imprese internazionali, si tiene conto di 3 parametri: il genere di attività svolta
all’estero (produzione, distribuzione, ricerca ecc), il grado d’internazionalizzazione dei manager
(nazionali e/o stranieri), la composizione della proprietà (nelle mani di un unico imprenditore
nazionale o polverizzata tra diversi paesi).
Quindi si distinguono tre tipi di società: l’impresa Internazionale, Multinazionale,
Transnazionale.
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L’impresa Internazionale esporta all’estero la merce prodotta localmente, ed i suoi dirigenti son
tutti nazionali. Essa si suddivide in due sottospecie: le imprese esportatrici, che utilizzano una
rete commerciale esterna per vendere all’estero, e le imprese dotate di una rete di vendita
internazionale, che, malgrado i maggiori costi e dispendio di risorse, permette un miglior afflusso
d’informazioni ed una tempestiva valutazione di opportunità e minacce.
L’impresa Multinazionale, invece, produce e distribuisce all’estero tramite controllate affiliate e
consociate, ma produzione, mercato, proprietà e management restano in maggioranza nazionali.
L’impresa Transnazionale svolge la sue varie attività nei mercati esteri, dove effettuta i maggiori
investimenti ed ottiene la prevalenza dei ricavi, con capitali e dirigenti di diversi paesi.
Tralasciando la provenienza di manager e investitori, si potrebbe considerare l’impresa
Multinazionale come uno stadio intermedio di evoluzione verso quella Transnazionale, poiché la
prima è proiettata verso l’espansione del fatturato realizzato all’estero. Di conseguenza, i generi
d’impresa resterebbero due: Internazionale e Transnazionale.
Le caratteristiche dell’impresa internazionale sono la dispersione delle attività
(approvvigionameto, vendita, ecc); l’interdipendenza tra la sede centrale e le diverse unità
operative, strettamente collegate e coordinate tra loro; l’apprendimento incrociato derivante dalla
diffusione dell’innovazione tre le unità del network aziendale; la flessibilità data dal
coordinamento e dalla condivisione d’ideali e obiettivi dell’impresa da parte dei suoi partecipanti.
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S. Sciarelli, Fondamenti di economia e gestione dlle imprese, Cedam, Pasova, 2004, pag.109
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Conseguenze: l’internazionalizzazione comporta diverse conseguenze per l’impresa: essa diviene
soggetta ad una crescente pressione competitiva per l’entrata di nuovi “player” sul mercato,
dovuta all’espansione delle proprie attività; aumenta il numero di soggetti con cui dialogare sul
mercato; incrementa le proprie risorse grazie alla dilatazione delle proprie conoscenze; è spinta
verso l’innovazione organizzativa, di processo, ecc; viene rideterminata la suddivisione
internazionale del lavoro, dirottando la produzione delle imprese in settori non minacciati dalla
concorrenza ed in paesi con costi produttivi minori. E questi cambiamenti avvengono sempre più
velocemente.
Motivazioni: l’impresa cessa di essere locale per lasciarsi alle spalle la ristrettezza del mercato
nazionale, sia per un calo della domanda interna, che per raggiungere gli obiettivi del Soggetto
Economico o per sopravvivere ricercando nuovi mercati; per diversificare il rischio di dipendenza
da un solo mercato di approvvigionamento o di sbocco; per aumentare la propria competitività
operando internazionalmente acquisendo nuove conoscenze e creando innovazione; migliorare le
proprie economie di scala (riduzione del costo medio unitario di produzione); proteggere il
mercato interno aggredendo i “competitors” nei loro mercati locali e controllandoli meglio;
ottimizzare le proprie fonti di approvvigionamento di fattori produttivi.
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1.3 Le variabili interne ed esterne del processo d’internazionalizzazione
Per comprendere meglio il processo d’internazionalizzazione, bisogna considerare le sue
variabili, che si suddividono in interne ed esterne.
Riguardo alle variabili interne, sono da tener presenti le risorse a disposizione dell’az (attività
tangibili e intangibili) e le sue competenze distintive, cioé le “abilità di quest’ultima a battere i
concorrenti nello svolgimento di una determinata attività.”
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Si tratta quindi della “formula imprenditoriale”, cioé dell’ ”insieme specifico di risorse,
competenze e relazioni che distinguono l’identità specifica dell’impresa e la indirizzano lungo un
determinato percorso di sviluppo.”
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Le principali abilità da considerare sono: quella di ottenere informazioni e conoscenze sui mercati
esteri, che presentano maggiore incertezza rispetto a quello nazionale; la capacità di gestire le
relazioni con gli interlocutori; quella di finanziamento, tramite capitale proprio o di credito.
Bisogna saper cogliere le opportunità che si presentano nei nuovi mercati, utilizzarvi al meglio la
propria dotazione di risorse, tener conto della propensione internazionale del management, cioè
del grado d’interesse dirigenziale verso l’espansione internazionale, delle sue capacità di analisi
dei mercati e di opportunismo. Questa propensione riveste maggior peso nell’ottica di una PMI,
che magari deve ancora affacciarsi all’estero.
Tra le variabili esterne, l’impresa può trarre beneficio dall’ambiente in cui lavora perché presenta
condizioni favorevoli che agevolano l’impresa ad intraprendere un processo
d’internazionalizzazione, oppure, nel qual caso ci fosse un contesto di elevata apertura
internazionale, le aziende sarebbero obbligate a confrontarsi con un mercato più competitivo, già
caratterizzato dalla concorrenza estera.
I principali fattori stimolanti sono: la dotazione d’infrastrutture del sistema paese; la disponibilità
di servizi reali pubblici e privati; servizi d’orientamento al commercio estero, la costituzione di
consorzi, corsi di formazione d’informatica, coinvolgimento d’enti pubblici e privati ecc; le
5
D. Galdini, L'internazionalizzazione d'impresa cit, pag. 12
6
R.Varaldo-A.Bonaccorsi-D.Dalli, L'organizzazione come valore esplicativo della domanda di servizi delle imprese
esportatrici, Woriking Paper CNR Progetto Finalizzato Internazionalizzazione, dicembre 1992.
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caratteristiche del tessuto produttivo, da cui l’impresa ricava la maggioranza delle informazioni,
gli eventuali partner per operare l’espansione e le nuove relazioni sociali; le agevolazioni e gli
incentivi concessi dai paesi per attirare gli investimenti stranieri.
Tra i fattori che obbligano l’impresa ad internazionalizzarsi, ci sono la diffusione globale della
tecnologia, che spinge l’impresa a operare in quei paesi dove vi è ricerca e sviluppo, di per sè
molto onerosi; la scomparsa di dazi e barriere tra stati, permettendo la libera circolazione di
fattori produttivi, capitale e lavoro, e la ricerca di questi nei paesi a minor costo; la convergenza
della domanda verso modelli di consumo omogeneizzati, dovuti allo sviluppo dei trasporti e delle
comunicazioni, che hanno permesso l’influenza reciproca di nazioni lontane. Formando i
consumatori scelte simili, le aziende vedono aprirsi mercati esteri con caratteristiche simili a
quello locale, e quindi da poter aggredire con i propri prodotti.
In definitiva, confrontando le forze interne ed esterne, risulta che sono le condizioni interne ad
incidere maggiormente sull’internazionalizzazione, poiché permettono all’azienda di
comprendere e poter sfruttare le opportunità offerte dal mercato, mentre quelle esterne son utili
per stimolare e rafforzare le prime.
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1.4 Ostacoli e rischi
Gli ostacoli che le imprese incontrano nel loro percorso verso l’internazionalizzazione derivano
in particolare dalle differenze esistenti tra i differenti paesi, riguardo a: ambiente naturale (clima e
geografia), sistema politico (modalità di commercializzazione e fisco), cultura (valori e bisogni),
lingua, caratteristiche economiche (stadio di sviluppo dell’economia).
Impegnandosi in diversi mercati, si incontrano diverse realtà che comportano una gestione delle
diversità, che dipende dalla distanza culturale tra paese d’origine e di destinazione, dalla forma
d’internazionalizzazione (commerciale o produttiva), dalle dimensioni aziendali (maggiori
dimensioni significano maggiori risorse).
Altri ostacoli possono dipendere dalle barriere allo scambio presenti ancora in alcuni paesi, in
genere in via di sviluppo. Esse possono essere all’entrata, cioé limitando le importazioni, e si
dividono in barriere palesi (es. dazi) o barriere occulte (indirette, ad es. certificazioni o norme
sanitarie; oppure può trattarsi di barriere all’uscita, vietando le esportazioni verso un altro paese
(embargo).
Non ultime, le variazioni dei cambi sono in grado di creare difficoltà competitive tra svalutazioni
e rivalutazioni e problemi nel reperimento dei finanziamenti.
Nel caso specifico delle PMI, si aggiungono delle altre difficoltà: la complicazione gestionale ed
organizzativa per l’operabilità in vari paesi; le limitate risorse finanziarie; i costi e i problemi per
trovare le informazioni sui mercati stranieri.
Per ovviare a questo aggravio di difficoltà, le istituzioni nazionali concedono incentivi e
agevolazioni finanziarie e fiscali, più attività di consulenza. Purtroppo, l’insufficiente
informazione data limita lo sfruttamento di queste possibilità.