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Introduzione
Il presente lavoro di ricerca e analisi si propone di presentare con chiarezza ed
esaustività il lavoro di quello che attualmente è il maggiore centro di traduzione a
livello mondiale: la Direzione Generale della Traduzione della Commissione Europea.
Si stima che la quantità di testi tradotti da questa complessa organizzazione abbia
sfiorato il milione di pagine nel 2011, un dato che permette di comprendere quanto
compiere una analisi sulle loro tecniche di traduzione e sulle tecnologie e gli strumenti
utilizzati sia utile non solo per avere un‟idea generale di quello che è il lavoro di
traduttore in una organizzazione internazionale e multilinguistica, ma anche della
competenza necessaria per compiere un lavoro di questo tipo.
Lo studio compiuto in questa tesi si basa su documenti per lo più reperiti attraverso
la Rete, essendo l‟argomento di grande attualità e soprattutto trattandosi di
un‟organizzazione che fa di Internet uno dei maggiori mezzi di comunicazione e
diffusione delle proprie informazioni. Inoltre, la ricerca è stata effettuata anche su
manuali e trattati specialistici sull‟argomento. Ma ciò che ha fornito il maggiore
apporto a questo lavoro è stata una “visita sul campo”, effettuata presso la sede della
Direzione Generale della Traduzione a Bruxelles. Poter entrare in contatto personale
con i traduttori e ricevere una presentazione dettagliata del loro lavoro è stato di
grande aiuto, soprattutto perché è stato possibile osservare direttamente l‟uso delle
memorie traduttive, dei traduttori automatici e dei database terminologici che
forniscono un grande apporto al lavoro di traduzione. Inoltre, è stato possibile
comprendere le differenziazioni dei ruoli e le gerarchie presenti all‟interno di questa
Direzione Generale.
Il testo è organizzato in quattro capitoli. Il primo capitolo consiste in un excursus
storico della Direzione Generale della Traduzione fin dai suoi albori, quando costituiva
ancora un semplice servizio linguistico. Essendo la storia di questo organismo
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strettamente correlata con la storia dell‟Unione Europea e della sua evoluzione,
soprattutto perché l‟evoluzione europea ha comportato una parallela evoluzione
linguistica che ha pesantemente condizionato il lavoro dei traduttori, nella storia della
DGT non può non essere intrecciata anche la storia delle Comunità Europee, di cui
verranno presentati i fatti principali di pari passo con la storia della DGT.
Il capitolo prosegue con una presentazione delle lingue ufficiali dell‟Unione
Europea, suddivise per famiglie linguistiche. Ciò sarà utile per introdurre il discorso
sul multilinguismo, vera e propria colonna portante di tutta la struttura delle istituzioni
europee. È grazie al multilinguismo che è stata possibile l‟integrazione di tutti i paesi
membri, e tale politica è sancita sia dal Trattato che istituisce le Comunità Europee, sia
dal Regolamento 1/58, il cui Articolo 1 recita:
Le lingue ufficiali e le lingue di lavoro delle istituzioni dell'Unione sono la lingua bulgara, la
lingua ceca, la lingua danese, la lingua estone, la lingua finlandese, la lingua francese, la lingua
greca, la lingua inglese, la lingua irlandese, la lingua italiana, la lingua lettone, la lingua lituana, la
lingua maltese, la lingua olandese, la lingua polacca, la lingua portoghese, la lingua rumena, la
lingua slovacca, la lingua slovena, la lingua spagnola, la lingua svedese, la lingua tedesca e la
lingua ungherese
1
.
In seguito, nell‟Articolo 2, viene ribadito il diritto di ogni Stato membro di potersi
rivolgere alle istituzioni dell‟Unione Europea in una qualsiasi delle lingue ufficiali e
ricevere una risposta nella stessa lingua. L‟aspetto significativo della politica
multilinguistica adottata dall‟Unione Europea è quanto sia realmente difficile portarla
avanti. Fare fronte a 23 diverse lingue, senza parlare delle implicazioni culturali che
portano con sé e che si riflettono a volte in modo considerevole nei testi, richiede
un‟attenzione molto particolare e accurata, ed è proprio sotto quest‟ottica che studiare
il multilinguismo europeo diventa fondamentale. Per questo si procederà nel corso del
primo capitolo ad analizzare i possibili approcci impiegabili da parte di una
organizzazione internazionale in materia di tutela linguistica e in particolare quello
infine adottato dall‟Unione Europea, tenendo conto di vantaggi e svantaggi di una tale
linea di condotta. Poiché però il comportamento linguistico subisce delle differenze tra
un‟istituzione e l‟altra, verrà chiaramente affrontato anche questo aspetto, scendendo
1
http://eur-lex.europa.eu, ultimo accesso 21/06/2012.
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nel particolare e illustrando il comportamento di ciascuna delle più importanti
istituzioni dell‟Unione Europea.
Nel secondo capitolo, si passerà ad analizzare un fenomeno molto interessante che
è stato riscontrato nei testi comunitari, quello dell‟utilizzo di un idioletto tipico delle
istituzioni europee, una sorta di linguaggio a sé, con una terminologia e un utilizzo
della sintassi che a volte si differenziano di molto da quelli usati comunemente dai
parlanti delle rispettive lingue di appartenenza. Tale idioletto viene comunemente
chiamato in italiano «comunitarese» o «euroletto», termini che spesso hanno una
velata accezione negativa dovuta principalmente al fatto che i testi risultano poco
comprensibili a chi non ha familiarità con le istituzioni europee. Nel capitolo verrà
dedicato particolare riguardo alle cause di tale fenomeno, alle caratteristiche specifiche
di tale linguaggio, ma anche e soprattutto ai rischi che esso comporta e alle difficoltà
che crea in fase di traduzione. Essendo tutta la tesi basata su come avviene la
traduzione dei testi nell‟ambito della Commissione Europea, è importante considerare
tale fenomenologia per comprendere anche da cosa è costituito il materiale di lavoro
dei traduttori e quali sono le difficoltà che incontrano.
Il terzo capitolo costituisce una descrizione particolareggiata della Direzione
Generale della Traduzione: inizialmente si concentra sulla suddivisione interna del
personale e in seguito analizza in maniera dettagliata il processo di traduzione di un
testo, dalla fase di richiesta fino all‟ultimazione della traduzione, soffermandosi su
tutti gli strumenti informatici e le banche dati che forniscono ausilio al traduttore
durante tutto il processo di lavoro. Verrà inoltre dedicato spazio anche a settori
differenziati come quello di ricerca terminologica, di traduzione dei siti web e della
selezione e gestione dei freelance.
Se il terzo capitolo è incentrato sulle diverse fasi del complesso lavoro del
traduttore della Commissione Europea, il quarto illustra il risultato di tale lavoro.
L‟ultimo capitolo della tesi infatti compie una analisi di due testi tradotti dalla DGT,
osservandone gli aspetti lessicali, morfologici e sintattici sia nell‟originale che nella
traduzione, cercando di ipotizzare in che modo sia stato affrontato il processo
traduttivo e se e in che modo siano state utilizzate le risorse in possesso dei traduttori.
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1. Il ruolo del multilinguismo e della traduzione nella
Commissione Europea
1.1 Storia dell’integrazione europea, dalla formazione della CECA all’UE
1.1.1. CECA: i primi passi verso l‟integrazione.
Un discorso completo ed esauriente riguardo il funzionamento della traduzione
all‟interno dell‟Unione Europea, e in particolare nella Commissione Europea, è
imprescindibile da una completa esposizione della sua storia, ovvero come e perché sia
nata la necessità di un‟alleanza così importante tra i paesi europei e quali siano state le
fasi principali della sua formazione. Illustrare le numerose fasi dell‟evoluzione
dell‟Europa unita è necessario per comprendere quanto esse siano strettamente
collegate all‟importante ruolo svolto dal multilinguismo e dalla traduzione, fin
dall‟inizio fondamentali per garantire una corretta comunicazione tra gli Stati europei.
Dopo la devastazione portata dalla seconda guerra mondiale, era necessario,
nonché vitale, garantire un‟alleanza forte tra i paesi europei. Il primo passo verso la
creazione di tale connubio fu la formazione del Consiglio D‟Europa nel 1949, ma la
vera svolta fu rappresentata dall‟integrazione delle industrie del carbone e dell‟acciaio
di Belgio, Francia, Lussemburgo, Italia, Paesi Bassi e Germania, proposta da Robert
Schuman, all‟epoca ministro degli Esteri francese. La Dichiarazione Schuman venne
sottoscritta dai sei Stati il 3 giugno del 1950, e il 18 aprile del 1951 avvenne la stipula
a Parigi del Trattato istitutivo della Comunità europea del carbone e dell'acciaio
(CECA)
2
. In un progetto di cooperazione economica e dialogo politico tra sei Stati
differenti, il problema della scelta della lingua, o delle lingue, che sarebbero state
utilizzate per le attività e la comunicazione tra le istituzioni, ma anche e soprattutto tra
i singoli individui che collaboravano a un progetto così importante, si fece sentire fin
2
http://europa.eu/about-eu/eu-history/index_it.html, ultimo accesso: 22/01/2012.
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dall‟inizio. L‟idea di una sola lingua ufficiale non è mai stata contemplata, poiché
contraddittoria rispetto al fine primitivo dell‟alleanza tra Stati europei, ovvero quello
di scongiurare il rischio di un nuovo conflitto e garantire la crescita economica di
nazioni che erano state martoriate da due lunghe ed estenuanti guerre. Era necessario
che nessuno dei membri si imponesse sugli altri, sicché iniziò a materializzarsi l‟idea
del multilinguismo. Tuttavia, un sistema bilingue basato sulle lingue dei due maggiori
partner, il francese e il tedesco, sarebbe entrato in conflitto con la situazione
geopolitica del Belgio, dove i parlanti nederlandesi reclamavano gli stessi diritti dei
parlanti francesi. Ma se il nederlandese fosse diventato una delle lingue ufficiali,
avrebbe dovuto esserlo anche l‟italiano, essendo i madrelingua italiani tre volte quelli
nederlandesi. Quindi, per garantire il diritto di ogni cittadino di comprendere le misure
adottate dalle istituzioni europee, e soprattutto per evitare che uno degli Statisi
imponesse linguisticamente sugli altri, la cosa più giusta sembrò quella di adottare
quattro lingue ufficiali: tedesco, francese, italiano e nederlandese. Per quanto riguarda
il lussemburghese, unica lingua esclusa tra quelle parlate dai sei Stati fondatori, essa è
stata riconosciuta come lingua ufficiale del Lussemburgo, insieme al francese, solo nel
1984. Per cui, al tempo della stipula del CECA, non si ritenne necessaria la sua
inclusione tra le lingue ufficiali
3
.
Un protocollo annesso al Trattato richiedeva alle delegazioni di studiare con
attenzione la questione linguistica. Nel maggio 1951, poche settimane dopo la firma
del Trattato, un comitato di esperti in materia legale si riunì quindi per esaminare e
determinare le regole linguistiche che sarebbero state adottate all‟interno della
Comunità. Nonostante sarebbe stato possibile prendere spunto da precedenti a livello
internazionale, il comitato evidenziò che era necessario studiare nuove soluzioni
specifiche per le istituzioni della Comunità. Dal momento in cui ogni individuo che
collaborava all‟interno di tali istituzioni avrebbe dovuto sentirsi a suo agio e lavorare
in condizioni il più possibile favorevoli, era importante che ciascuna delle lingue
comunitarie venisse utilizzata il più possibile. Una volta che i membri del comitato
3
I. Gligor, T. Granqvist, P. Marchetto, L. Tomasi, Translation at the European Commission, a history,
Lussemburgo, Office for Official Publications of the European Union, 2010, pp. 9-10.
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ebbero raggiunto un accordo, venne redatto un protocollo riportante le regole
linguistiche della CECA:
- La CECA ha quattro lingue ufficiali, francese, tedesco, italiano e nederlandese;
- Decisioni, raccomandazioni, opinioni individuali e corrispondenze commerciali
devono essere redatte nelle lingue degli Stati interessati;
- La corrispondenza indirizzata alle istituzioni della Comunità deve essere scritta, a
discrezione del mittente, in una delle lingue ufficiali della Comunità. La risposta deve
essere redatta nella stessa lingua;
- L‟assemblea comune decide autonomamente le questioni pratiche dell‟uso della
lingua, e i delegati devono avere la possibilità di scegliere una qualsiasi delle quattro
lingue ufficiali;
- L‟OJ, Official Journal della Comunità, verrà prodotto in quattro edizioni, una per
ogni lingua ufficiale della CECA
4
.
L‟importanza degli esperti linguistici e del multilinguismo all‟interno della
Comunità è evidente: essi avevano il compito di assicurare la trasparenza e l‟efficienza
del lavoro all‟interno della CECA, nonché di garantire ai cittadini europei un accesso
facilitato alle loro attività. Per questo ogni Istituzione venne provvista di un servizio
linguistico che soddisfacesse le sue necessità traduttive e di interpretariato. Il servizio
linguistico dell‟Alta Autorità, ad esempio, venne organizzato per funzione, e suddiviso
quindi in un dipartimento di traduzione, per quanto riguardava la comunicazione
scritta, e di uno di interpretariato per quella orale. In un documento dell‟Alta Autorità
del 1953 risulta che vi erano un totale di 35 tra traduttori e revisori, divisi per sezioni
linguistiche.
Fin dall‟inizio era stata prevista anche una sezione di inglese, poiché era la lingua
più conosciuta, nonché quella più utilizzata nella letteratura tecnico-scientifica e nel
commercio del carbone e dell‟acciaio, essendo America e Regno Unito i maggiori
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I. Gligor, T. Granqvist, P. Marchetto, L. Tomasi, op.cit., p. 12.
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partner commerciali della Comunità. La sezione di tedesco aveva dodici traduttori,
quella di francese dieci, l‟olandese sei, l‟italiana cinque e l‟inglese due, ma ai
traduttori del servizio linguistico dell‟Alta Autorità veniva fornita anche assistenza da
parte di traduttori esterni.
Il servizio linguistico formava parte dei servizi generali, che davano supporto
logistico ai servizi tecnici. Tutto era organizzato ad hoc, con traduttori selezionati in
base a test di ammissione specifici e non in base a competizioni. Essi avevano
direttive ferree riguardo le scadenze per la consegna dei documenti, tuttavia a volte il
lavoro era rallentato da alcuni problemi, che potevano essere principalmente
l‟impossibilità di tradurre direttamente dal nederlandese all‟italiano e viceversa, e lo
scarso numero di dattilografi. Raggiungere una continuità di lavoro costante e
conciliare la produttività dello staff con le richieste del servizio linguistico non fu
facile inizialmente, ma le cose migliorarono a mano a mano che lo staff acquisiva
esperienza: da temporaneo passò infatti ad essere permanente per facilitare il lavoro
ed evitare l‟addestramento continuo di nuovi esperti linguistici. Inoltre, per la prima
volta nella storia dell‟integrazione dei paesi europei, si materializzò l‟idea della
creazione di una terminologia specifica e di un ufficio di ricerca specializzato che
assicurassero un vocabolario standardizzato ed evitassero numerose traduzioni di
termini a volte identici che avrebbero rallentato il lavoro
5
.
Nel frattempo, il Trattato CECA, redatto in francese e successivamente tradotto
nelle altre lingue ufficiali, era entrato ufficialmente in vigore nel 1952
6
. In seguito, i
vantaggi derivanti dall‟alleanza dei cosiddetti “Sei” non tardarono a manifestarsi. Il
trattato instaurò un mercato comune per il carbone e per l‟acciaio, sopprimendo i dazi
doganali, le restrizioni quantitative per il commercio delle materie prime, e soprattutto
eliminando tutte quelle misure discriminatorie e sovvenzioni che fino a quel momento
erano state adottate dagli Stati per favorire la propria produzione nazionale. I prezzi
bassi erano inoltre garantiti dal principio di libera concorrenza. Ma l‟economia non fu
l‟unico ambito della società europea a trarre giovamento dall‟istituzione della CECA.
5
I. Gligor, T. Granqvist, P. Marchetto, L. Tomasi, op. cit., p.12.
6
Ne deriva che la versione francese del Trattato CECA è l‟unica linguisticamente autentica, poiché le altre
sono ricavate direttamente da essa come traduzioni.
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Dietro i vantaggi economici, infatti, trovava posto l‟intento principalmente politico di
riunire i paesi europei che fino a pochi anni prima erano stati nemici nella guerra,
controllando allo stesso tempo la produzione del carbone e dell‟acciaio, principali
materie prime dell‟industria bellica.
Considerato quanto detto, è evidente quanto in quegli anni gli Stati europei, fino a
poco tempo prima coinvolti nella seconda guerra mondiale, sentissero la forte
necessità di appianare ogni conflitto e diverbio a favore dello sviluppo della società.
Ogni scelta, da quella del multilinguismo alle misure meramente economiche adottate
dalla CECA, rivela l‟adozione di un tipo di politica di “risanamento” e di
cooperazione.
1.1.2 La CEE e l‟EURATOM: la Comunità Europea prende forma.
Con il successo ottenuto dal trattato sul carbone e l‟acciaio, i sei Stati membri
decisero di estendere la cooperazione ad altri settori economici. Vennero così firmati,
nel 1957, i trattati di Roma, che istituirono la Comunità economica europea (CEE), o
“mercato comune”, avente per obiettivo la libera circolazione di persone, beni e servizi
al di là dei confini nazionali, e l‟EURATOM, la Comunità Europea dell‟Energia
Atomica
7
.
I Trattati vennero stilati in tutte e quattro le lingue ufficiali della Comunità, e a
differenza della Dichiarazione Schuman, in questo caso nessuna di esse deteneva lo
status di traduzione: «in 1957 the Treaties of Rome establishing the European
Economic Community (EEC) and the European Atomic Energy Community
(EAEC/Euratom) were signed by Belgium, France, Germany, Italy, Luxembourg and
the Netherlands, and they entered into force in 1958. The Treaties were drawn up in all
four official Community languages, each language version being authentic»
8
.
L‟idea di un‟Europa unita si stava materializzando in modo sempre più definito, da
una parte la CEE favoriva la circolazione in Europa, abbattendo le barriere linguistiche
7
http://europa.eu/about-eu/eu-history/index_it.htm, ultimo accesso 22/01/2012.
8
I. Gligor, T. Granqvist, P. Marchetto, L. Tomasi, op. cit., p. 14.
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e spaziali e garantendo l‟integrazione dei paesi europei tra di loro; dall‟altra Euratom
coordinava i programmi di ricerca degli Stati membri verso un uso pacifico
dell‟energia nucleare.
Le due Comunità, come la CECA, avevano diverse istituzioni, cinque in totale: la
Commissione, l‟Assemblea, il Consiglio, il Comitato economico e sociale e la Corte di
Giustizia. In un sistema così complesso e variegato era necessario stabilire delle norme
che regolassero l‟uso delle lingue, ed è per questo che si arrivò nel 1958 alla
pubblicazione del primo Regolamento per il sistema linguistico delle Istituzioni
Comunitarie, costituito da sei Articoli:
Article 1 of the Regulations lists the official languages of the Communities (four in 1958).
Under Article 2, documents which a Member State or a person subject to the jurisdiction of a
Member State sends to institutions of the Community may be in any one of the official languages,
and the reply must be drafted in the same language, while under Article 3 documents which an
institution sends to a Member State or to a person subject to the jurisdiction of a Member State
must be in the language of that State. Article 4 provides for documents of general application to be
drafted in the four official languages. Article 5 provides for the Official Journal of the
Communities to be published in the four official languages. Article 6 entitles the Institutions to
stipulate in their rules of procedure which of the languages are to be used in specific cases
9
.
In questo modo veniva garantita l‟uguaglianza di diritti tra le lingue delle
Comunità. Risultò pertanto necessario, arrivati a questo punto, che ognuna delle
Commissioni delle Comunità provvedesse a istituire un proprio servizio linguistico in
grado di fornire tutte le traduzioni richieste. Inizialmente tali servizi linguistici furono
costruiti sul modello di quello dell‟Alta Autorità della CECA, quindi con un team di
traduttori permanenti in grado di lavorare con continuità, in modo tale da acquisire
sempre più esperienza e velocità nel lavoro. Tale team era parte della divisione
amministrativa ed era quindi completamente integrato nel personale delle
Commissioni di CEE ed Euratom.
L‟importanza del lavoro dei traduttori all‟interno delle Comunità europee risiedeva
soprattutto nel fatto che tale sistema costituiva un fattore intrinseco della difesa dei
diritti dei cittadini dei paesi comunitari. Senza un‟organizzazione efficiente e completa
9
I. Gligor, T. Granqvist, P. Marchetto, L. Tomasi, op. cit., p. 16.
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del lavoro dei traduttori sarebbe inevitabilmente venuto meno il principio
fondamentale di accessibilità a tutti i documenti e a tutte le informazioni a cui aveva
diritto qualsiasi cittadino di un paese comunitario. Qualunque fosse la sua lingua
madre, egli aveva, ed ha tutt‟ora, il diritto insindacabile di esprimersi nella sua lingua e
ricevere risposta nella stessa lingua.
Tali importanti servizi linguistici vennero quindi, per una migliore organizzazione,
suddivisi in cinque gruppi, quattro costituiti dalle lingue ufficiali e uno dall‟inglese.
Ogni gruppo era costituito da circa dieci traduttori, era assistito da un segretariato e da
un gruppo di dattilografi. Erano organizzati in base alla lingua verso cui si traduceva,
ad esempio, nella sezione di traduttori italiani si traduceva dalle altre lingue ufficiali
verso l‟italiano, nella sezione tedesca si traduceva verso il tedesco, e così via. In quegli
anni non vi era ancora una forte predominanza dell‟inglese all‟interno delle istituzioni
europee, e le lingue di maggiore uso erano soprattutto il francese e il tedesco. Avere
una sezione di traduttori specifica per l‟inglese, che a quel tempo non era lingua
ufficiale di nessuno degli Stati membri, era necessario ai fini commerciali per garantire
la comunicazione con partner importanti come Inghilterra e Stati Uniti.
Un aspetto fondamentale della buona riuscita delle traduzioni era che ogni
traduttore conoscesse approfonditamente l‟argomento del testo su cui stava lavorando.
Molto frequentemente, infatti, veniva data precedenza alla conoscenza dell‟argomento
piuttosto che alla perizia linguistica, e in questo senso venivano pertanto privilegiati
esperti nel campo in grado di intervenire qualora fossero sorte delle difficoltà su un
termine tecnico e sulla sua traduzione ideale
10
.
Nel 1962 vennero stilate nuove regole per la traduzione presso la CEE, con
l‟obiettivo di codificare e integrare in memoranda interni le traduzioni effettuate dal
1958 fino a quel momento. In questo modo era possibile sia standardizzare il lavoro e
distinguere i testi che andavano semplicemente tradotti per uso interno da quelli che
andavano tradotti e successivamente ripubblicati, sia stabilire una procedura più
precisa per la richiesta di una traduzione, che andava quindi inviata direttamente al
servizio linguistico e poi all‟ufficio pianificazioni.
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I. Gligor, T. Granqvist, P. Marchetto, L. Tomasi, op. cit., p. 17.