3
Introduzione
Negli ultimi anni l’attenzione del mondo occidentale verso quello musulmano è andata
crescendo: le contrapposizioni politiche, culturali e ideologiche, l’inarrestabile processo di
globalizzazione, le migrazioni verso i Paesi occidentali e le oscillazioni delle quotazioni del
petrolio sono solo alcuni degli eventi che hanno interessato i rapporti tra le due realtà. Con un
patrimonio di migliaia di dollari e una popolazione che è circa un quarto di quella mondiale, il
mondo islamico rappresenta un interlocutore non trascurabile per l’economia occidentale.
L’analisi condotta parte dalla constatazione che la finanza islamica sta diventando un
fenomeno sempre più importante, non più relegabile nel solo territorio dei Paesi musulmani.
Con il termine “finanza islamica” si intende il complesso di pratiche, transazioni e contratti
finanziari conformi alle prescrizioni della legge islamica (Shari’ah), la quale viene ricavata
direttamente dai dettami del Corano.
La significativa espansione dell’islamic banking ha trasformato la finanza islamica in
un’importante realtà del mercato finanziario globale e il segmento è destinato a un’ulteriore
crescita, visto il sempre maggior interesse degli investitori convenzionali per una
diversificazione geografica del portafoglio e il potenziale sviluppo della domanda, dovuti sia
all’aumento della popolazione musulmana residente nei Paesi occidentali, sia al maggior
grado di integrazione della stessa.
Questa sempre più importante fetta del mercato finanziario globale non può essere gestita con
le leggi che regolano l’economia occidentale, visto che il libro sacro dei musulmani prescrive
importanti limiti all’attività finanziaria. Tra questi spiccano il divieto del prestito a interesse,
dell’incertezza nelle transazioni e della speculazione. L’Islam, pur riconoscendo la possibilità
di una crescita del valore della moneta nel tempo, ne vieta la realizzazione nel prestito,
permettendola solo come parte integrante di una transazione reale.
La necessità di armonizzare questi limiti con il mantenimento della profittabilità ha prodotto
servizi e strumenti finanziari strutturalmente diversi da quelli della finanza tradizionale,
creando un interessante modello alternativo nell’attuale scenario mondiale dei mercati.
L’obiettivo del presente lavoro è quello di introdurre il lettore alla conoscenza dei principi
ispiratori e dei meccanismi di funzionamento dell’economia e della finanza islamica,
evidenziando il processo evolutivo di quest’ultima fino ai giorni nostri, inclusa una
panoramica del mercato islamico attuale. Viene fornita una tassonomia dei contratti islamici
4
più utilizzati dagli intermediari finanziari, osservando gli effetti che le prescrizioni religiose
hanno su questi strumenti, con particolare riguardo alle forme di asset managament islamiche.
A partire dagli anni Ottanta le più importanti istituzioni islamiche hanno iniziato ad allargare
la gamma dei prodotti offerti, proponendo ai propri clienti strumenti di gestione del risparmio
come i fondi comuni d’investimento.
La struttura più comune per i fondi islamici è collegata a un particolare contratto basato sul
concetto di condivisione dei rischi e delle perdite: gli apportatori di capitale affidano i loro
capitali a un gestore di fondi, che li investe in determinati business usando le sue conoscenze
e abilità. Gli sforzi del manager saranno ripagati con una condivisione degli utili realizzati,
secondo quozienti predeterminati. Se i business in cui i capitali vengono investiti non è
redditizio, tutta la perdita di capitale verrà sostenuta dagli investitori.
I fondi comuni vanno gestiti in accordo con le leggi della Shari’ah, per cui i gestori dei fondi
islamici si dotano di un Comitato di Sorveglianza sulla Shari’ah (Shari’ah Supervisory
Board), che ha il doppio ruolo di assicurare che le operazioni condotte dalla società di
gestione siano in linea con i principi coranici e di verificare che i titoli creino valore per gli
investitori. Il processo d’investimento del fondo islamico è del tutto peculiare se confrontato
con quello di un fondo convenzionale in quanto, per rispettare i principi del Corano, vanno
esclusi dal portafoglio i business considerati illeciti (assicurazioni, tabacco, pornografia,
società attinenti alla lavorazione della carne suina,…) oltre che i business appartenenti a
società con un grado di leverage troppo elevato.
Rappresentando un 5,5% sul totale delle operazioni finanziarie islamiche, il valore totale degli
asset in gestione è cresciuto dai 20 miliardi di dollari del 2003 ai 52 miliardi del 2009 con
circa 750 fondi islamici presenti attualmente, cifra destinata ad aumentare sensibilmente nel
corso del 2010.
Viene proposto un confronto tra le performance dei fondi azionari islamici e quelli
convenzionali, con particolare riguardo ai loro andamenti durante la recente crisi economica.
L’argomento è di attuale interesse: siccome all’investitore musulmano è precluso l’interesse e
l’investimento in certe attività considerate “illecite”, alcuni analisti finanziari ed esperti del
settore hanno avanzato l’ipotesi che la finanza islamica possa rappresentare una valida
alternativa a quella convenzionale, che durante la crisi ha mostrato tutti i suoi limiti.
Infine viene posto in evidenza il caso di un fondo d’investimento islamico presente in Europa,
il BNP Paribas Islamic Fund. Tale fondo era presente anche in Italia e sembrava il preludio
5
per un possibile, quanto da molti sperato, sviluppo della finanza islamica nel nostro Paese.
Tuttavia, recente è la notizia della chiusura del fondo per mancanza d’interesse da parte degli
investitori italiani.
L’Italia infatti, ad oggi, non ha ancora affrontato in modo compiuto quest’argomento e vista la
forte presenza musulmana nel Paese, il ruolo strategico dell’Italia nel Mediterraneo, il
processo d’integrazione culturale e inclusione finanziaria, nonché la possibilità di intercettare
il surplus di risparmio dei Paesi islamici, sarebbe auspicabile un intervento normativo e
fiscale volto a incentivare anche qui il proliferare di strumenti finanziari compatibili con la
Shari’ah.
6
Capitolo 1: Il modello islamico
Il fondersi della religione musulmana con la vita del fedele rende impossibile comprendere
l’economia islamica senza delineare l’ambiente intangibile
1
dominato dall’ideologia, frutto
diretto della religione. Tutta la vita del musulmano ha una dimensione spirituale e nessun
aspetto può essere scisso dalla religione e dall’etica rivelata, tantomeno l’economia.
1.1 I fondamenti della religione islamica e le basi della finanza islamica
L’Islam
2
è una religione monoteista che affonda le sue radici nella penisola araba nel VII
secolo dell’era cristiana, attorno alle città di Mecca e Medina; qui è sorta la prima comunità di
credenti che ha aderito al messaggio di Dio rivelato da Maometto.
L’ideologia islamica muove dalla credenza in tre assiomi fondamentali
3
:
• Il primo assioma riguarda l’Unità e Unicità del Creatore (Tawhid): l’intero universo è
controllato dall’Unico Dio, che ha creato l’uomo e l’ha incaricato di essere il suo vice
reggente sulla terra per realizzare alcuni obiettivi attraverso la messa in pratica dei
Suoi comandamenti; questi coprono praticamente ogni aspetto della vita del credente.
La ragione umana, nonostante le sue infinite possibilità, non può pretendere di avere
poteri illimitati e raggiungere la Verità, agendo a sua discrezione. Ci sono numerosi
ambiti dove la ragione viene confusa con il desiderio: impulsi poco salutari e passioni
sfuggevoli conducono l’umanità dritta a errori e decisioni distruttive
4
. E’in queste aree
che Allah, Creatore dell’universo, ha fornito una guida per gli uomini, che hanno
recepito la sua parole tramite Maometto.
• Il secondo assioma (Nubuwwa) riguarda Maometto
5
e la credenza che Egli sia l’ultimo
messaggero di Allah che ha portato al genere umano il più perfetto sistema di regole di
1
Vedi Siagh, L’Islam e il mondo degli affari. Denaro, etica e gestione del business, Etas, Milano, 2008
2
La parola Islam è un termine arabo, infinito del verbo aslama “sottomettersi” il cui participio presente al
plurale maschile è muslimun “musulmani”: musulmano è colui che si sottomette ad Allah.
3
Vedi Iqbal e Mirakhor, Introduction, in An Introduction to Islamic Finance: Theory and Practice, John Wiley
& Sons, Singapore, 2007, pag.4.
4
Vedi Usmani, Belief in Divine Guidance, in An Introduction to Islamic Finance, Kluwer Law International,
The Netherlands, 2002, pag xiii.
5
Allah ha inviato sulla terra numerosi profeti per ammonire gli uomini di animo corrotto, tra questi anche Mosè
e Gesù Cristo; Maometto è l’ultimo profeta inviato e la sua opera completa in modo definitivo la Rivelazione:
7
condotta di una vita devota. La predicazione di Maometto, incentrata sul’unicità del
Dio e sulla condanna dei costumi degli abitanti di Mecca, porta all’emigrazione
(egira) del Profeta e dei musulmani fedeli nel 622 a Medina, dove fondarono la prima
comunità e diedero inizio all’era islamica.
• Il terzo ed ultimo assioma (Maad) richiede al musulmano di credere che a un certo
punto del ciclo della vita Allah richiamerà a se tutti i fedeli per un resoconto seguito
dal giudizio finale; in quel momento ognuno riceverà la giusta ricompensa (o
punizione) per quanto fatto fino ad allora.
E’ sulla base di questo approccio che ogni bravo musulmano sa che deve seguire i precetti
dettati dalla Shari’ah
6
per ottenere la ricompensa divina.
7
Il Corano è il libro sacro della religione islamica, rappresenta il Verbo, la parola dettata da
Dio al suo profeta Maometto.
8
Il libro sacro è suddiviso in 114 capitoli (sure) ordinate non cronologicamente bensì dalle più
lunghe alle più brevi. Tratta tre argomenti principali: l’Unicità di Dio, la vita dei Profeti prima
di Maometto e, infine, le leggi che regolano la vita dell’uomo virtuoso e credente.
La finanza islamica risulta per questo direttamente influenzata dai precetti contenuti nel
Corano con riguardo alla dimensione economica: i dettami coranici impongono importanti
limiti all’attività finanziaria; il rispetto di questi dettami impone lo sviluppo di tecniche
finanziarie alternative e dà alla finanza islamica un carattere del tutto peculiare.
I versi del Corano tendono a essere generici, pur esprimendosi su moltissimi aspetti della vita
quotidiana: non tratta né dettagli né norme giuridiche e per questo trova completamento nelle
altre fonti della legge islamica, prima tra tutte la Sunnah.
9
l’Islam non nega l’esistenza delle altre religioni monoteiste ma allo stesso tempo sottolinea la superiorità della
propria opera come la più compiuta.
6
Shari’ah è la legge islamica.
7
Vedi Usmani, Belief in Divine Guidance, in An Introduction to Islamic Finance, Kluwer Law International,
The Netherlands, 2002, pag xiii.
8
La rivelazione fu trasmessa a Maometto in due periodi principali distinguendo tra sure meccane (610-622
dall’annuncio della sua missione all’egira) con contenuto morale, spirituale e teologico e sure medinesi (622-632
dall’egira alla morte) a contenuto più normativo, in ambito politico-sociale; è in queste sure medinesi che
vengono trattati i temi sull’economia e sul commercio: ci sono i versetti dedicati al pagamento della zakah
(elemosina) (II: 43) all’usura (II: 275-278) ai debiti e il loro trattamento (II: 280-286), al divieto
dell’ingiustificato arricchimento tramite prestito a interesse (III: 130), alla successione (IV:11).
Vedi Hamaui e Mauri, Quando le fonti religiosi diventano anche giuridiche in Economia e Finanza Islamica, il
Mulino, Bologna, 2009, pag. 13.
9
Vedi Dell’Atti, Miglietta Nozioni introduttive di Finanza slamica in Fondi Sovrani arabi e Finanza islamica,
Egea, Milano, 2009, pag.77.
8
Essa è l’insieme delle consuetudini, dei detti e dei fatti del Profeta che rappresentano
l’esempio di condotta di ogni buon musulmano. I racconti che riportano tali fatti sono
chiamati hadith (narrazione); accanto alle questioni di culto vengono trattati la proibizione
dell’interesse, la compravendita, la vendita con anticipazione del denaro, la fideiussione, il
mandato, il mutuo, il pagamento dei debiti, le donazioni, il testamento.
Per rendere la vita del credente compatibile coi voleri del Creatore, a ogni musulmano viene
fornita una serie di regole e ingiunzioni che rappresentano l’incarnazione del Volere Divino in
termini di specifici codici di comportamento, tramite i quali una persona diventa un
musulmano. Questa rete di regole viene chiamata Shari’ah e copre tutti gli aspetti
dell’esistenza dell’uomo. La violazione di tali regole avranno un effetto micidiale sulla vita
dell’individuo e della comunità, soprattutto nel giorno del giudizio finale.
10
Il Corano e la Sunnah rappresentano la base della Shari’ah, la legge islamica, che regola ogni
azione pratica e si divide in
11
Ø Shari’ah ‘Ibadat: legge che riguarda i cinque pilastri dell’Islam
12
Ø Shari’ah Mu’amalat cioè la legge che regolamenta la parte economico-sociale della
vita. Regolando il campo economico, la Shari’ah presuppone che ogni attività
dell’agente economico nasca indirettamente e implicitamente dal rapporto più generale
tra l’uomo e il Creatore; per questo viene data priorità all’applicazione dell’etica e
della morale in tutti i tipi di business e affari commerciali.
I giurisperiti, dottori della legge, sono gli unici deputati allo studio, interpretazione e
applicazione della legge islamica.
Se essi non trovano risposta diretta a una controversia nel Corano o nella Sunnah compiono la
ijtihad, una forma di inferenza giuridica che porta a un’interpretazione dei testi sacri,
ricorrendo a fonti minori quali Ijma e Quiyas.
10
Vedi Iqbal e Mirakhor, Introduction in An Introduction to Islamic Finance: Theory and Practice, John Wiley
and Sons, Singapore, 2007, pag.12.
11
Vedi Siagh, L'Islam e il mondo degli affari, ETAS, Milano, 2008.
12
Sono cinque gli obblighi del fedele musulmano, detti “pilastri dell’Islam”: 1. Non c’è altro Dio al di fuori di
Allah 2. salat, preghiera rituale quotidiana 3) zakat, tassa religiosa annuale a fini solidaristici 4) sawn, atto di
disciplina fisica ed intellettuale nel mese di Ramadan durante il quale ogni attività è interdetta dall’alba al
tramonto. Secondo il credo, in questo mese Maometto avrebbe ricevuto la rivelazione dall'arcangelo Gabriele.
Nel corso del mese di Ramadan infatti i musulmani praticanti debbono astenersi - dall'alba al tramonto - dal bere,
mangiare, fumare e dal praticare attività sessuali: lo scopo del devoto è quello di purificarsi da tutto quello che di
materiale esiste nel mondo corrotto e corruttibile. 5) hajj, il pellegrinaggio alla Mecca da compiere almeno una
volta durante la vita.
9
Una tradizione della Sunnah afferma che, se la comunità dei giuristi - teologi dà il suo
consenso generale ad una teoria, questa non può essere errata. Questo consenso (ijma) non è
facile da definire. Di fatto, l'ijma è inteso come il consenso dei giurisperiti più autorevoli,
purché il loro numero sia ragionevolmente grande e il loro parere chiaramente formulato.
Le decisioni assunte all’interno della comunità con il consenso non sarebbero che un’ulteriore
manifestazione della volontà di Allah che preserva la comunità dall’errore e la guida verso la
conoscenza della Verità.
La quiyas (analogia) è una fonte specificamente giuridica: qualora, per la risoluzione di una
certa diatriba, non si trovi riferimento ad alcuna norma nel Corano o nella tradizione è
possibile dedurre tale regola da casi ‘analoghi’ già manifestatisi e regolati in base ad altre
fonti del diritto.
Accanto all’analogia importanti sono anche le consuetudini che hanno permesso
l’adattamento degli impianti giuridici dei paesi islamici all’evoluzione dei tempi con
l’introduzione di alcuni elementi giuridici di Paesi stranieri: oggi in alcuni paesi islamici
coesistono Shari’ah e strutture di diritto occidentale.
Una fatwa è la risposta fornita da un giurisperito a un giudice su un quesito presentatogli per
sapere se una data fattispecie sia regolamentata dalla Shari’ah e quali siano le modalità per
applicarne il disposto.
Il giurisperito risponde indicando quale sia a suo parere la linea da perseguire, in campo civile
o penale. Essendo la fatwa un'opinione personale, per quanto autorevole, non ne discende
automaticamente che il responso debba essere applicato; una fatwa non ha alcuna diretta
esecutività, a meno che non sia fatta propria dal giudice o che il giurisperito non appartenga
alla medesima scuola giuridica del giudice che gli abbia sottoposto ufficialmente il quesito.
Esistono quattro diverse scuole giuridico-religiose islamiche che si occupano delle
problematiche connesse alla Shari’ah:
-‐ Hanafismo: è la scuola di pensiero più antica, risalente al 767 d.C. Le caratteristiche
principali sono il rigore e la sistematicità nel metodo. E’ stata la scuola giuridica
prevalente nell’Impero Ottomano e attualmente è la più diffusa all’interno del mondo
islamico (abbracciata da circa il 30% dei musulmani), particolarmente in Turchia, in
Giordania, nelle regioni a est dell’Iran, Afghanistan, Pakistan, India, Bangladesh.
-‐ Maliki: nasce nel 796 d.C. Tale scuola tende a considerare fondamentale nelle
indicazioni dei criteri interpretativi il rispetto dei modelli religiosi, sociali e giuridici
10
emersi a Medina, sui quali esisteva un consenso unanime dei colti della città stessa. La
scuola giuridica malikita è quella prevalente oggi in tutto il Nord Africa.
-‐ Sciafeismo: fondato nell’820 d.C, ritiene che le fonti primarie del diritto musulmano
siano: il Corano; i detti e fatti del Profeta (hadith) ; ijma, il consenso raggiunto fra tutti
i dotti della comunità; analogia (qiyas), che riconosce una minima indipendenza
dell’intelligenza umana nello sforzo di adattare le norme contenute nelle fonti primarie
alla realtà variabile della società.
-‐ Hanbali: risale all’855 d.C. Viene fondata da Ahmad ibn Hanbal (Baghdad, 780-855),
il quale si opponeva in modo radicale a qualunque forma di intromissione della
ragione umana, ritenendola arbitrariamente soggettiva, nell’interpretazione delle due
fonti primarie dell’Islam, Corano e Sunna.
13
1.2 Sviluppi storici
La prima istituzione di credito islamica della storia moderna
14
nacque in Egitto nel 1963, nel
villaggio di Mit Ghamr, quando l’economista egiziano El Najjar aprì la prima Cassa Rurale di
Risparmio grazie a fondi del governo e di finanziatori tedeschi. Per garantire la conformità
della banca ai principi islamici, al-Najjar istituì il primo “consiglio di supervisione religioso”
(lo Shar’ia Board, che sarà ripreso in seguito) formato da uomini di religione, col compito di
valutare se gli asset in cui la banca investiva erano leciti; la Mit Ghamr Saving Bank usò solo
due tipi di contratti (dei dodici attualmente possibili e in uso dalle banche del genere) cioè il
finanziamento partecipativo (mudaraba
15
) e la presa di partecipazione (musharaka
16
): per
questo agli inizi degli anni ’70 l’economia islamica era essenzialmente embrionale: “nessuno
pensava che le banche islamiche sarebbero cresciute come lo sono ai giorni nostri; la gente
pensava che fosse un’idea tanto strampalata quanto poteva essere parlare di whisky
13
Vedi www.islam-online.it per la descrizione sulle scuole giuridiche islamiche.
14
In India già a fine 1900 una minoranza musulmana creò dei prestiti “interest free”, compatibili con la Shari’ah
arrivando poi a una vera e propria istituzione, la Anjuman Imdad-e-Bahmi Qardh Bila Sud” (Interest Free Credit
Society) stabilita in India, ad Hyderabad, nel 1923. Vedi Iqbal e Mirakhor, Introduction in An Introduction to
Islamic Finance: Theory and Practice, John Wiley and Sons, Singapore, 2007, pag.23.
15
Il contratto Mudaraba: accordo tra due parti delle quali una fornisce il 100% del capitale per un affare e l’altra,
indicata come il “mudarib”,conduce l’affare usando le sue capacità. I profitti derivanti dall’affare sono distribuiti
secondo percentuali stabilite in anticipo. Le perdite sono a carico solamente di chi fornisce il capitale mentre il
“mudarib” perde solo il tempo, gli sforzi e la possibilità del guadagno derivanti dall’operazione. (vedi Paolo
Youssef Antognoli, “Finanza Islamica, la soluzione possibile” in www.islam-online.it)
16
Il contratto Musharaka: entrambe le parti contribuiscono al finanziamento di un affare. Le parti concordano in
anticipo la percentuale dei profitti mentre le perdite sono divise secondo le quote di partecipazione al progetto.
(vedi Paolo Youssef Antognoli, “Finanza Islamica, la soluzione possibile” in www.islam-online.it). I contratti
mudaraba e musharaka verranno ripresi in seguito.
11
islamico”.
17
Nel 1968 il governo di Nasser
18
impose la chiusura della Mit Ghamr, vista con
sospetto. Ma con la presidenza successiva di Al-Sadat venne fondata la Nasir Social Bank,
con le stesse impostazioni della Mit Ghamr.
La grande crisi petrolifera del 1973
19
rilasciò un ingente ammontare di capitale nei Paesi arabi
proveniente dagli importatori occidentali: grazie all’aumento del prezzo dell’oro nero i Paesi
del Golfo si ritrovarono con le risorse necessarie a finanziare lo sviluppo di un vero sistema
economico; il 1974 è l’anno in cui viene fondata la Dubai Islamic Bank, prima banca
commerciale islamica di tipo moderno non posseduta dal governo; essa operava nel Golfo,
dove il reddito pro-capite è elevato, l’agricoltura inesistente e l’industria petrolifera richiede
infrastrutture moderne per svilupparsi e mantenere una certa competitività.
Nel 1975 venne fondata la Islamic Development Bank, con l’obiettivo di promuovere lo
sviluppo economico nei Paesi islamici, e nel 1977 nasce la International Association of
Islamic Banks per fornire assistenza alle nascenti banche islamiche in diversi Paesi membri
dell’Oic
20
; al tempo lo scetticismo occidentale era preponderante e si basava soprattutto sulla
mancanza cronica di capitali nei Paesi islamici che ai tempi non offrivano prospettive
concrete per la nascita di un sistema bancario minimamente competitivo con quello
occidentale.
Con la fine degli anni ’70 la banca islamica conobbe una rapida espansione dal Pakistan al
Sudan sino all’Iran: questi Paesi annunciarono l’intenzione di trasformare il loro impianto
finanziario in un sistema compatibile con la Shari’ah. Altri Paesi come la Malesia e il Bahrain
iniziarono a promuovere un sistema di dual banking, dove la finanza islamica veniva
sviluppata parallelamente a quella convenzionale.
17
Intervista all’erudito egiziano Dr. Hussein Hamid Hassan: All Arabs will prefer Islamic banking, 2007 (vedi
http://islamicfinancenews.wordpress.com/2007/12/03/dr-hussein-hamid-hassan-all-arabs-will-prefer-islamic-
banking/).
18
Gamāl ‘Abd al-Nasser (Alessandria d'Egitto 1918 – Il Cairo, 1970) è stato un militare e politico egiziano,
secondo Presidente della Repubblica, dal 16 gennaio 1956 al 28 settembre 1970.
19
Durante la celebrazione del Yom Kippur (il giorno dell'espiazione), l'Egitto invase i territori israeliani. Durante
i combattimenti Egitto e Siria furono aiutati e supportati dalla quasi totalità dei Paesi arabi e anti-americani,
mentre Israele fu appoggiato da Usa e dai Paesi europei. Per punire l'Occidente con la sua politica filo-israeliana,
i Paesi Arabi appartenenti all'Opec (Organization of the Petroleum Exporting Countries) bloccarono le
esportazioni di petrolio verso questi Paesi. Il prezzo del petrolio nel 1974 sfondò quota 12 $ al barile (record
storico per l'epoca) e per tutti gli anni '70 e '80 il prezzo continuò a salire. La crisi ebbe ripercussioni su tutte le
economie occidentali.
20
Oic: Organisation of the Islamic Conference: vi aderiscono 57 Stati dal Medio Oriente, Africa, Asia Centrale,
Caucaso, Balcani, Sud-Est Asiatico, Asia meridionale e Sud America che hanno deciso di unire le loro risorse e
combinare i loro sforzi al fine di salvaguardare gli interessi reciproci e promuovere lo sviluppo dei loro popoli e
dei musulmani in tutto il mondo. Le lingue ufficiali dell’Oic sono arabo, inglese e francese. Vedi
http://www.oic-oci.org