3
Introduzione
Il presente elaborato si pone l’obiettivo di analizzare la modalità di predisposizione
della perizia sulla situazione economica di una azienda allo scopo di fornire un valido
supporto nella valutazione della legittimità del licenziamento per motivi economici.
In un contesto economico sfavorevole come quello attuale, in cui le aziende hanno
difficoltà a perseguire risultati economici positivi, è evidente che le imprese, nel tentativo
di ridurre i costi attuino politiche di riduzione del personale, utilizzando lo strumento del
licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo. A fronte di questo modus
operandi delle aziende si rende necessario tutelare il lavoratore licenziato verificando
l’effettività delle ragioni che hanno indotto al licenziamento. Pertanto, si rende necessaria
la ricerca di uno strumento di analisi in grado di valutare in maniera oggettiva e corretta lo
“stato di salute” dell’azienda al fine di verificare un’effettiva motivazione economica o se
tale provvedimento ha natura del tutto pretestuosa.
A tal fine, il presente elaborato si pone l’obiettivo di illustrare come l’analisi di bilancio
possa essere in grado di essere utilizzata come mezzo di prova all’interno del ricorso
avverso illegittimo licenziamento avanti al Giudice del Lavoro.
La struttura dell’elaborato, dunque, prevede una prima parte, che svolge una
funzione introduttiva per la contestualizzazione dell’elaborato, in cui si affronta la tematica
di diritto del lavoro inerente al licenziamento per giustificato motivo oggettivo,
successivamente si illustra l’analisi di bilancio come strumento per la diagnosi della
situazione economica della società, concludendo l’elaborato con l’analisi di un caso
operativo.
La prima parte dell’elaborato, ha il compito di introdurre il lettore alla tematica del
licenziamento individuale approfondendo la casistica del giustificato motivo oggettivo.
In particolare il primo capitolo si occupa della nozione del licenziamento per giustificato
motivo oggettivo e dei presupposti di legittimità del licenziamento, mentre il secondo
capitolo affronta i casi di illegittimità del licenziamento, le tutele nei confronti dei
lavoratori e gli istituti per ricorrere avverso tale provvedimento di licenziamento. Si
conclude la parte giuslavoristica richiamando per cenni le novità introdotte in tema di
licenziamento individuale dalla riforma del mercato del lavoro, legge n. 92/2012 e
4
successive modifiche, che comunque non hanno variato significativamente la nozione di
giustificato motivo oggettivo.
La seconda parte, che rappresenta la parte principale dell’elaborato, ha il compito di
esporre il ruolo e lo scopo della perizia del professionista a sostegno della dimostrazione di
illegittimità del licenziamento per motivi economici.
Il terzo capitolo si occupa delle modalità di predisposizione dell’analisi di bilancio
utilizzata come prova all’interno del ricorso avverso licenziamento per giustificato motivo
per evidenziare l’insussistenza delle motivazioni economiche sfavorevoli. Il capitolo si
sviluppa illustrando le fasi per la predisposizione dell’analisi di bilancio partendo dalle
operazioni preliminari di riclassificazione dei prospetti di contabili dello stato patrimoniale
e del conto economico che formano i dati di partenza per l’analisi di bilancio.
Successivamente, si affronta l’analisi per indici approfondendo l’analisi reddituale e
finanziaria e concludendo con l’analisi per margini e l’analisi per flussi che permette di
avere una visione globale della situazione aziendale.
L’elaborato si conclude con l’analisi di un caso operativo che ha lo scopo di
ricondurre ad un contesto reale e pratico quanto evidenziato nella teoria dei capitoli
precedenti. Il caso oggetto di questo elaborato rientra nella fattispecie del licenziamento
individuale per giustificato motivo oggettivo, i cui motivi sono riconducibili alla situazione
economica sfavorevole. In questo ultimo capitolo si l’obiettivo di far comprendere al
lettore, come la perizia del professionista possa, in un caso di specie, permettere la
dimostrazione dell’illegittimità del licenziamento per motivazioni economiche.
5
Capitolo 1 – Licenziamento per giustificato
motivo oggettivo
In questo primo capitolo dell’elaborato si affronta il tema del licenziamento per
giustificato motivo e le relative tutele in capo al lavoratore licenziato, al fine di permettere
una migliore contestualizzazione del tema oggetto del presente lavoro. Si precisa come
l’obiettivo di questa prima parte del lavoro, non sia quello di una approfondita disanima
del tema giuslavoristico, quanto quello di fornire gli strumenti necessari al lettore, per una
migliore comprensione di quanto esposto successivamente, in special modo all’interno del
caso operativo.
1.1 Nozione di giustificato motivo oggettivo
Il licenziamento individuale per “motivi economici” rientra nella categoria del
recesso per giustificato motivo oggettivo che viene definito ai sensi dell’art. 3 della l. n.
604/1966 come licenziamento per “ragioni inerenti alla attività produttiva,
all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”. Si distingue da questa
fattispecie l’altra tipologia di licenziamento quella legata a ragioni “soggettive” collegate
alla condotta del lavoratore, che assumono carattere disciplinarmente rilevante (giusta
causa e giustificato motivo soggettivo).
Il legislatore pare voler raggruppare i motivi oggettivi in tre tipologie, anche se
nessuna conseguenza dal loro incasellamento risulta discernere il confine tra le ipotesi
legali. Risulta più utile la bipartizione operata dalla dottrina e dalla giurisprudenza che
distinguono le prime due fattispecie (ragioni inerenti all’attività produttiva e
all’organizzazione del lavoro) dalla terza (regolare funzionamento di essa). Questo perché,
per le prime due ipotesi, vi è come denominatore comune il licenziamento relativo alla
soppressione del posto di lavoro derivante da una scelta organizzativa, mentre la terza
ipotesi è legata a fatti relativi al lavoratore non costituenti inadempimento e non collegabili
alla soppressione del posto di lavoro. In questa ultima fattispecie, il licenziamento, non è
collegato alla modifica dell’organizzazione dell’azienda ma, è determinato
6
dall’impossibilità oggettiva da parte del lavoratore di effettuare una determinata
prestazione
1
.
Nel nostro ordinamento, dunque, il datore di lavoro ha la possibilità di risolvere il
rapporto di lavoro con un lavoratore in tutte quelle casistiche in cui vi sia la necessità di
attuare delle riorganizzazioni o ristrutturazioni aziendali, scelta che deriva dalla garanzia di
libertà di iniziativa economica sancita dall’art. 41 della Costituzione
2
. Rientrano in tale
categoria, tutte quelle esigenze dell’attività aziendale che possono incidere, anche se non
eccezionali sui livelli occupazionali, infatti, è sufficiente, affinché il licenziamento sia
legittimo, che le esigenze siano sussistenti e che siano legate da un nesso causale con la
soppressione del posto di lavoro rendendo economicamente dannosa la permanenza in
azienda del lavoratore. In giurisprudenza è ampiamente diffuso il parere che sia il datore di
lavoro a essere onerato di provare, prima di procedere al licenziamento, l’impossibilità di
utilizzare il lavoratore in altre mansioni all’interno dell’azienda.
L’aspetto cruciale in ambito di licenziamento per giustificato motivo oggettivo è
quello dei limiti di discrezionalità del giudice sulle scelte del datore di lavoro, tra un
controllo di mera legittimità e un controllo di merito.
Si illustrano ora quelle che sono le ipotesi più frequenti
3
di licenziamento per giustificato
motivo oggettivo determinate da ragioni inerenti alla attività produttiva e
all’organizzazione del lavoro:
- riassetto organizzativo, attuato in presenza di crisi aziendale per realizzare una
riduzione dei costi ed una più economica gestione dell'azienda
4
;
- completamento dell'opera per la quale il lavoratore era stato assunto
5
, o
smantellamento della macchina a cui egli era addetto
6
;
- riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro nei casi in cui non
trovi applicazione la legge n. 223/1991 sui licenziamenti collettivi
7
;
1
Mazzotta O., I licenziamenti, Giuffrè, 1992, 309 ss. Esclude che le vicende riferibili al lavoratore rientrino
nel giustificato motivo oggettivo di licenziamento; In giurisprudenza, alcuni esempi Cass. 16 maggio 2000 n.
6363, Cass. 1° giugno 2009 n. 12721.
2
Art. 41 Cost. L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in
modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i
controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini
sociali.
3
Giustiniani M., Orlandi C., Il licenziamento del lavoratore per ragioni aziendali: presupposti e limiti,
Ventiquattrore Avvocato, 2005, n. 10, pagg. 41.
4
Cass. 30 maggio 2001, n. 7376; Cass. 18 novembre 1998, n. 11646; Cass. 27 novembre 1996, n. 10527;
Cass. Sez. Unite, 11 aprile 1994, n. 3353.
5
Cass. 21 ottobre 1992, n. 11487.
6
Cass. 20 novembre 2001, n. 14592.
7
- chiusura di reparti, uffici o settori dell'azienda
8
;
- diversa combinazione dei fattori produttivi, con sostituzione del lavoro dell'uomo
con quello della macchina
9
, oppure introduzione di nuove tecnologie a cui il
lavoratore si dimostri incapace di adeguarsi
10
;
- esternalizzazione dell'attività
11
;
- perdita dell'appalto (nel caso di imprese di pulizia, o di imprese di gestione
mense)
12
.
Le seguenti fattispecie riguardano invece i licenziamenti per ragioni inerenti al
regolare funzionamento dell'organizzazione del lavoro dell’azienda:
- casi di impossibilità sopravvenuta della prestazione per perdita dell'idoneità
psicofisica (malattia o infortunio non professionali)
13
;
- - impossibilità di rendere la prestazione per effetto della carcerazione preventiva o
della espiazione di una pena detentiva
14
;
- factum principis , ovvero l’impossibilità della prestazione derivante da un
provvedimento dell'autorità (ad es. revoca del porto d'armi ad una guardia giurata,
ritiro della patente ad un autista, ritiro del cartellino aeroportuale per un pilota,
scadenza del permesso di soggiorno per un lavoratore straniero)
15
.
7
La disciplina dei licenziamenti individuali si applica solo nei casi in cui non ci siano le condizioni per
l'applicazione della disciplina dei licenziamenti collettivi, ovvero: (a) se si tratta di datori di lavoro a cui non
si applica la legge sui licenziamenti collettivi (art. 24 legge n. 223/1991); (b) se la causa del licenziamento,
che deve essere tra quelle indicate dalla legge sui licenziamenti collettivi (artt. 4 e 24 legge n. 223/1991),
non sia la medesima per almeno 5 dei licenziamenti predisposti.
8
Cass. 30 ottobre 1990, n. 10461; Cass. 12 novembre 1993, n. 11162.
9
Cass. 18 aprile 1991, n. 4164.
10
Cass. 6 aprile 1999, n. 3314.
11
Cass. 23 giugno 1998, n. 6222; Cass. 17 dicembre 1997, n. 12764.
12
L’attuale contrattazione dei settori della ristorazione collettiva e delle imprese di pulizia prevede, che
determinate condizioni i dipendenti dell'impresa che ha perso l'appalto siano assunti da quella subentrante
(vedi art. 4, CCNL Imprese di pulizia del 25 maggio 2001).
13
"Nel diritto del lavoro l'impossibilità sopravvenuta della prestazione (disciplinata in generale dagli artt.
1463 ss. c.c.) va valutata alla stregua delle norme particolari che regolamentano l'estinzione di tale
rapporto, sicché - salve le limitate ipotesi residuali di libera re cedibilità - occorre che il fatto impeditivo
della prestazione sia riconducibile alla nozione rispettivamente di giusta causa ovvero di giustificato motivo
(oggettivo) di licenziamento secondo la disciplina generale posta dagli artt. 1 e 3 della legge n. 604/1966"
(Cass. 13 marzo 1999, n. 2267). Quindi nel caso di impossibilità sopravvenuta della prestazione, il datore di
lavoro deve dimostrare quali siano le ragioni tecniche che, di per sé impediscono oggettivamente, il
regolare funzionamento dell'azienda (Cass. 21 luglio 2000, n. 9620).
14
Cass. 1° settembre 1999, n. 9239; Pret. Milano 13 febbraio 1995.
15
Cass. 11 luglio 2001, n. 9407; Cass. 19 agosto 1996, n. 7638; Cass. 28 luglio 1994, n. 7048; Cass. 10
settembre 1993, n. 9453; Cass. 28 febbraio 1992, n. 2461.
8
1.2 Presupposti di legittimità del licenziamento
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è legittimo se il datore di lavoro
opera un riassetto organizzativo effettivo e non pretestuoso, con l’esistenza di un nesso
causale tra tali ragioni e il licenziamento, generando un'effettiva soppressione della
posizione ricoperta dal lavoratore licenziato e dall’impossibilità da parte del datore di
lavoro di impiegare il dipendente in altra posizione all’interno della propria organizzazione
aziendale (obbligo di repechage).
In particolar modo il riassetto organizzativo deve essere effettivo e non
pretestuoso
16
, basato su circostanze realmente esistenti nel momento in cui viene
comunicato il recesso e non in riferimento a circostanze future ed eventuali
17
. Secondo
parte della giurisprudenza, è necessario “attuare una più economica gestione dell’impresa
funzionale a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti, le quali influiscono in
modo decisivo sulla normale attività produttiva ed impongono un’effettiva necessità di
riduzione dei costi”
18
, evidenziando quindi, la loro natura non pretestuosa od occasionale,
ovvero riconducibili a mere decisioni atte ad ottenere un incremento del profitto
dell’azienda
19
. Secondo altre pronunce, invece, verrebbe considerata legittima ogni ragione
economica, includendo in questa fattispecie, non solo le esigenze di mercato, ma anche le
modifiche della struttura organizzative dell’azienda finalizzate principalmente ad un
incremento dei profitti
20
.
Tra le ragioni enunciate riguardanti il riassetto organizzativo e il licenziamento
“deve sussistere un nesso di causalità nel senso che deve esistere una stretta
consequenzialità tra le esigenze produttive – che non devono essere contingenti od
occasionali, ma stabilizzate – e l’eliminazione del posto di lavoro occupato dal dipendente
licenziato, ond’è che il motivo si individualizza in relazione al singolo lavoratore”
21
. E’
opinione comune che, la soppressione del posto, del settore o del reparto conseguente alla
scelta aziendale debba essere effettiva, cioè deve esserci una concreta riorganizzazione
aziendale e non invece una mera redistribuzione delle mansioni
22
; spetta inoltre al datore di
16
Cass. 7 aprile 2010, n. 8237; Cass. 22 agosto 2007, n. 17887.
17
Cass. 22 aprile 2000, n. 5301.
18
Cass. 7 luglio 2004, n. 12514; Cass. 13 novembre 2001, n. 14093; Cass. 4 marzo 2002, n. 3096; Cass. 18
novembre 1998, n. 11646; Cass. 24 giugno 1994, n. 6067; Trib. Milano 15 marzo 1997; Pret. Roma 23 marzo
1995.
19
Ichino P., "Sulla nozione di giustificato motivo oggettivo di licenziamento", in RIDL , 2002, 473.
20
Cass. 1° giugno 2005, n. 11678; Cass. 11 aprile 2003, n. 5777; Cass. 9 luglio 2001, n. 9310; Cass. 23 giugno
1998, n. 6222.
21
Tatarelli M., Il licenziamento individuale e collettivo, 2006, CEDAM, p.224.
22
Corte App. Milano, 25 gennaio 2006.
9
lavoro dimostrare l’impossibilità di impiegare il dipendente in altra posizione equivalente,
il così detto obbligo di repechage, senza dequalificazione nel rispetto dell’art. 2103 c.c.
23
Ad eccezione del caso di sopravvenuta infermità permanente, il lavoratore non ha
diritto di rimanere in servizio in mansioni inferiori, salvo concordare con il datore di lavoro
un patto di demansionamento
24
.
Il licenziamento viene dunque a “configurarsi come extrema ratio, a cui ricorrere
qualora non esistano effettive possibilità di utilizzare il lavoratore nell’ambito
dell’impresa ristrutturata. Si realizza in tal modo, un equilibrio fra i configgenti interessi
della tutela delle libertà di iniziativa economica privata e della garanzia del posto di
lavoro”
25
.
Nel caso in cui il datore di lavoro abbia l’esigenza di ridurre il personale di una
stessa area o posizione di lavoro, quindi di personale omogeneo che svolge la medesima
attività, essendo il nesso causale tra le ragioni e la decisione del datore di lavoro di
sopprimere indifferentemente di uno o degli altri posti di lavoro; ne consegue che la scelta
del lavoratore da licenziare, affinché il licenziamento sia legittimo, deve seguire le regole
di correttezza e buona fede imposte dall’art. 1175 c.c.
26
Caso analogo ma con risoluzione differente, è quello in cui le mansioni svolte dal
dipendente licenziato, non vengano eliminate, ma solamente ripartite e distribuite ad altri
lavoratori della società. In questo caso, secondo la giurisprudenza prevalente, è ritenuto
legittimo il licenziamento del lavoratore qualora le mansioni ad esso assegnate, non
risultino definitivamente eliminate, ma solamente ripartite diversamente tra il personale
della società, secondo le insindacabili scelte del datore di lavoro funzionali ad una
riorganizzazione strutturale; mentre di visione differente è l’altra parte di giurisprudenza
secondo cui in caso vi sia un licenziamento per soppressione del posto di lavoro
23
Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle
corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti
alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a
mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all'attività svolta, e l'assegnazione
stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con
diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non
superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad una altra se non per
comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.
Ogni patto contrario è nullo.
24
Cass. 18 ottobre 1999, n.11727.
25
Galantino L., Diritto del lavoro, 2010, G. Giappichelli Editore.
26
Come supportato da Cass. 11 giugno 2004, n. 11124; Cass. 20 gennaio 2003, n. 777, si ritiene corretta
l’applicazione in via analogica dei principi validi per i licenziamenti collettivi ( art. 5 L. 223 del 1991). In
questo verso anche Carabelli, I Licenziamenti per riduzione del personale, RIDL, 1994, p.264, Del Punta, I
licenziamenti collettivi in La nuova cassa integrazione guadagni e la mobilità, 1993, CEDAM.
10
conseguente a mera distribuzione tra altri lavoratori delle mansioni già presenti in azienda,
il licenziamento è ritenuto illegittimo.
Nonostante l’ampio dibattito in merito alla ricostruzione di tali fattispecie da parte
della giurisprudenza, permangono tuttavia alcuni punti ancora molto incerti. Si cercherà
nei paragrafi successivi di porne in evidenza alcuni.
1.3 Il principio dell’insindacabilità della scelta imprenditoriale (art. 41 Cost.)
E’ consuetudine che le massime giurisprudenziali in materia di licenziamento per
motivi economici affermino in via preliminare i seguenti principi:“Il motivo oggettivo di
licenziamento determinato da ragioni inerenti all'attività produttiva, nel cui ambito rientra
anche l'ipotesi di riassetto organizzativo attuato per la più economica gestione
dell'impresa, è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa
sindacare la scelta dei criteri di gestione dell'impresa, atteso che tale scelta è espressione
della libertà di iniziativa economica tutelata dall'art. 41 Cost., mentre al giudice spetta il
controllo della reale sussistenza del motivo addotto dall'imprenditore; ne consegue che
non è sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità la scelta imprenditoriale che
abbia comportato la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era
addetto il dipendente licenziato, sempre che risulti l'effettività e la non pretestuosità del
riassetto organizzativo operato”
27
.
Da questa base è possibile osservare come il limite al sindacato giurisdizionale
sulla sussistenza del giustificato motivo oggettivo è definito dall’art. 41 Cost. che
garantisce la libertà di iniziativa economica privata. Il giudice non può sindacare sulla
valutazione economico-gestionale, cioè sull’opportunità o l’adeguatezza delle decisioni
effettuate dall’impresa; tale aspetto rimane quindi al di fuori della valutazione, in quanto
esplicazione della suddetta libertà d’organizzazione d’impresa. Al giudice è affidato il
compito di verificarne il dato oggettivo di tale scelta imprenditoriale verificandone la
correlazione causale con il licenziamento. Tuttavia, se la valutazione del giudice si
limitasse solamente ad un mero controllo sulla non pretestuosità (intesa come effettività
nelle scelte organizzative adottate e la loro incidenza sulla posizione del lavoratore
licenziato), o sulla strumentalità del licenziamento (cioè quello formalmente dettato da
motivi economici ma in realtà effettuato per eliminare un dipendente sgradito),
27
Cass. 4 novembre 2004 n. 21121.
11
all’imprenditore basterebbe dimostrare l’obiettiva situazione di crisi o la ristrutturazione
attuata per ottenere la legittimità del licenziamento
28
. La valutazione non si limita
all’effettività della situazione oggettiva aziendale, che risulta essere insindacabile essendo
tale principio tutelato dalla Costituzione, il giudice verifica inoltre che vi sia il nesso di
causa che ha portato al licenziamento, come bene evidenziato da Ichino, si distingue tra “la
scelta sottostante – che riguarda l’organizzazione, l’indirizzo, o la modalità dell’attività
produttiva, oppure le dimensioni dell’azienda – e scelta conseguente di licenziare un
determinato lavoratore: insindacabile la prima, sarebbe sindacabile la seconda sotto il
suo profilo della sua coerenza e consequenzialità rispetto alla prima”
29
. Questa
suddivisione pur essendo chiara risulta inapplicabile nella realtà, perché qualora il giudice
reputi che le cause che hanno portato al licenziamento, non erano così gravi, tale decisione
giudiziaria andrebbe di fatto a sovrapporsi alla decisione imprenditoriale.
Il problema risulta allora determinare entro quali limiti di giudizio il giudice può
sostituirsi nella valutazione sul licenziamento per motivi economici effettuata
dall’imprenditore.
E’ su questo aspetto che ricade la variabilità delle decisioni giudiziali da caso a
caso, nel prossimo paragrafo ci soffermeremo su quelle che sono gli orientamenti
giurisprudenziali sulla legittimità dei licenziamenti economici.
1.4 I diversi orientamenti giurisprudenziali sulla legittimità dei licenziamenti
economici
Si possono dividere le decisioni giurisprudenziali sostanzialmente in due
orientamenti, seppure con diverse sfumature al loro interno.
Il primo orientamento tradizionale, che si può definire più rigido, ritiene che il
licenziamento per motivi economici, non può essere definito al solo fine di incrementare il
profitto, ma solo in casi in cui vi sia un effettivo stato sfavorevole e di natura non
contingente che necessiti di una effettiva riduzione dei costi. Inoltre deve essere provato lo
stretto collegamento tra le ragioni della ristrutturazione, la soppressione del posto di lavoro
e l’impossibilità di reimpiego in altre mansioni.
Tra le massime che riportano bene questo principio si trova ad esempio Cass. n.
21286 del 02 ottobre 2006 “Il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo,
28
Pamio G., I licenziamenti individuali per motivi economici, Rivista telematica di giurisprudenza, 2009.
29
Ichino P., La Corte Costituzionale e la discrezionalità del legislatore ordinario in materia di licenziamenti,
Riv. It. Dir. Lav., p. 363.
12
ai sensi dell'art. 3 l. 15 luglio 1966 n. 604, è determinato non da un generico
ridimensionamento dell'attività imprenditoriale, ma dalla necessità di procedere alla
soppressione del posto o del reparto cui è addetto il singolo lavoratore, soppressione che
non può essere meramente strumentale ad un incremento di profitto, ma deve essere
diretta a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti; il lavoratore ha, quindi, il
diritto a che il datore di lavoro (su cui incombe il relativo onere) dimostri la concreta
riferibilità del licenziamento individuale a iniziative collegate ad effettive ragioni di
carattere produttivo-organizzativo e non ad un mero incremento di profitti e che dimostri,
inoltre, l'impossibilità di utilizzare il lavoratore stesso in altre mansioni equivalenti a
quelle esercitate prima della ristrutturazione aziendale”. Tale principio giurisprudenziale
trova attualmente conferma sul piano legislativo all’art. 30 del Collegato Lavoro
30
con cui
stabilisce che, in quei casi in cui nelle disposizioni di legge siano contenute clausole
generali, comprese quelle legate al recesso, il controllo giudiziale si limita esclusivamente
all’accertamento del presupposto di legittimità e non può essere esteso al sindacato di
merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di
lavoro.
Anche se queste sentenze partono da premesse comuni relativa all’insindacabilità
delle scelte imprenditoriali, la giurisprudenza è tuttavia ancora oggi divisa su aspetti
relativi alla sindacabilità di congruità e non pretestuosità della scelta aziendale. In
particolar modo verrà verificato se la ristrutturazione aziendale è stata effettivamente
svolta per ottenere una riduzione dei costi o un semplice incremento dei profitti.
Secondo questo primo indirizzo, affinché il licenziamento sia legittimo, occorre che
la decisione del datore di lavoro sia dovuta da una situazione sfavorevole esterna di
mercato, che sfugga al controllo e alla volontà dell’imprenditore, rappresentando una
situazione duratura che incida significativamente sul business
31
. Tra le sentenze “più
estreme” di questo indirizzo si trova il caso in cui si è ritenuto illegittimo un licenziamento
motivato dalla perdita di un appalto di pulizia, da cui scaturiva la necessità da parte
dell’azienda di ridurre il personale. In questo caso veniva ritenuta insufficiente la
motivazione, in quanto la scadenza di un contratto non equivale all'impossibilità di
rinnovarlo, ed è mancato l'accertamento circa l'effettiva perdita dei contratti in scadenza o
30
Legge n. 183 del 04 novembre 2010 meglio conosciuta come Collegato Lavoro.
31
Giustiniani M., Il licenziamento per motivo oggettivo: la legittimità del recesso per motivi “economici”,
Ventiquattrore Avvocato, 2011, n. 6, p. 72.
13
la non conclusione di nuovi
32
; così come si è ritenuto che la decisione di appaltare
all’estero una determinata attività, a causa di mancanza della prova di variazione di volumi
tali da non giustificare il mantenimento dei dipendenti, è stata ritenuta illegittima
l’esternalizzazione volta ad un mero risparmio di costi
33
.
Oppure si è ritenuto legittimo il licenziamento in caso di “prova della crisi
aziendale […] della necessità di ridurre i costi”
34
, enfatizzando il fatto che l’azienda
“versasse in grave difficoltà economica e avesse in atto un rilevante processo di
ristrutturazione”
35
o di un “crollo dei ricavi”, “la riduzione dei margini di guadagno”
36
.
I giudici che condividono tale orientamento tradizionale, ritenuto più rigido,
indagano se il licenziamento sia veramente derivato da ragioni di carattere produttivo-
organizzativo, idonee a giustificarne il licenziamento, ovvero sia mirato ad un mero
incremento dei profitti; tuttavia Ichino esprime alcune perplessità in quanto i giudici
perseguendo tale orientamento “omettono tuttavia di chiarire quale differenza ci sia tra
quelle e questo, cioè quali mai ragioni di carattere produttivo-organizzativo possano non
essere mirate all'incremento del profitto, né quale incremento del profitto possa mai essere
perseguito con un licenziamento che non incida anche sull'organizzazione produttiva”
37
.
Su tali decisioni sembra talvolta pesare, in maniera rilevante e decisiva, la
considerazione di valori e parametri esterni che risultano essere avversi rispetto a quelli
dell’impresa, come ad esempio quello della stabilità del posto di lavoro e della dignità
della persona, oltre alla preoccupazione di evitare un’interpretazione dell’art. 3 l. 604/1966
eccessivamente conforme al principio dell’insindacabilità delle scelte imprenditoriali
portando a rendere troppo facile il licenziamento per giustificato motivo oggettivo,
ritenendo che il mero perseguimento dell’incremento dei profitti non compensi il costo
sociale causato dalla perdita del posto di lavoro
38
.
L’interpretazione di tale norma è inevitabilmente influenzata dalla formazione
culturale del giudice
39
. Tale affermazione deriva dall’ampio spazio di discrezionalità
32
Cass. 26 luglio 2004 n. 14034.
33
Trib. Milano 12 luglio 2006.
34
Cass. 7 aprile 2010, n. 8237.
35
Cass. 17 maggio 2003, n. 7750.
36
Trib. Torino 28 aprile 2008.
37
Ichino P., Alcuni interrogativi sulla giurisprudenza della Cassazione in materia di licenziamento per motivi
economici, Riv. it. dir. lav., 2004, II, 838.
38
M. Novella, I concetti di costo contabile, di costo-opportunità e di costo sociale nella problematica
costruzione gius-economica del giustificato motivo oggettivo di licenziamento, in Rivista italiana di diritto
del lavoro, Giuffré, Milano, 2007, II, pp. 990-998.
39
Relazione al convegno “Ragioni del licenziamento e formazione culturale del giudice del lavoro”,
organizzato dalla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Pisa (Pisa, Palazzo della Sapienza,