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Introduzione
La presente tesi ha per oggetto la definizione dei poteri giudiziali all'interno degli istituti
del Concordato Preventivo e degli Accordi di Ristrutturazione dei Debiti.
Esse sono due procedure concorsuali nelle quali l'imprenditore in stato di crisi
1
presenta
una proposta, nel primo caso, o un accordo, nel secondo, che ha stipulato con i creditori
e che viene sottoposto al controllo e all'omologa giudiziale per produrre effetti giuridici.
L'argomento è di notevole importanza ed è oggetto di acceso dibattito sia in
giurisprudenza sia in dottrina per la sua complessità, tale da non aver ricevuto ancora
una soluzione univoca, e per il crescente ricorso che viene fatto a questi istituti
nell'attuale sfavorevole congiuntura economica.
È necessario premettere che le norme che disciplinano il Concordato Preventivo e gli
Accordi di Ristrutturazione, cioè gli articoli da 160 a 186 del Titolo III della Legge
Fallimentare, il R.D. 16 marzo 1942 n. 267, sono state interessate da tre corpose
riforme: la Legge Delega 14 maggio 2005 n. 80
2
, il Decreto Legislativo 9 gennaio 2006
n. 5 e il D. Lgs. 12 settembre 2007 n. 169, di solito indicato come Decreto Correttivo,
sulle quali si inserisce da ultimo il Decreto Sviluppo del 15 giugno 2012.
Questi interventi hanno modificato in maniera radicale le procedure concorsuali
1 L'articolo 160 L. Fall. prima della legge n. 80 del 2005 presentava come presupposto lo stato di
“insolvenza”, ora sostituito con il termine stato di crisi, tale da indicare una situazione di dissesto più
ampia e comunque comprensiva dell'insolvenza
2 La Legge citata aveva introdotto per la prima volta l'istituto degli Accordi di Ristrutturazione dei
Debiti nella seguente formulazione “«Art. 182-bis (Accordi di ristrutturazione dei debiti). - Il debitore
può depositare, con la dichiarazione e la documentazione di cui all'articolo 161, un accordo di
ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei
crediti, unitamente ad una relazione redatta da un esperto sull'attuabilità dell'accordo stesso, con
particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento
dei creditori. L'accordo è pubblicato nel registro delle imprese; i creditori ed ogni altro interessato
possono proporre opposizione entro trenta giorni dalla pubblicazione. Il tribunale, decise le
opposizioni, procede all'omologazione in camera di consiglio con decreto motivato.
Il decreto del tribunale è reclamabile alla corte di appello ai sensi dell'articolo 183, in quanto
applicabile, entro quindici giorni dalla sua pubblicazione nel registro delle imprese.
L'accordo acquista efficacia dal giorno della sua pubblicazione nel registro delle imprese.»
5
riducendo i poteri e i controlli facenti capo al giudice e attribuendoli in primo luogo ai
creditori, in quanto titolari degli interessi di cui si controverte davanti al tribunale
fallimentare e poi al commissario giudiziale e al professionista attestatore, dal momento
che il legislatore delle riforme intendeva perseguire una finalità di maggiore efficienza e
snellezza nella regolazione delle crisi d'impresa attraverso la riforma di queste
procedure concorsuali che fino a quel momento non si erano dimostrate all'altezza delle
aspettative
3
.
Il problema è quindi rappresentato dal determinare l'intensità dei poteri dell'autorità
giudiziaria nell'assetto normativo risultante dalle riforme, dal quale risulta una nuova
disciplina degli istituti, con un rinnovato equilibrio tra i poteri facenti capo al giudice e
quelli attribuiti a creditori, professionista attestatore e commissario giudiziale, il quale
ha portato alcuni a definire come “privatizzata”
4
la natura delle procedure, nel quadro
della contrapposizione tra la naturale tendenza da parte della giurisprudenza di merito
ad adeguarsi con maggiore lentezza alle novità proposte dalla riforma ed a interpretarle
in una maniera più restrittiva e la necessità di applicare alle controversie la normativa
riformata con il conseguente nuovo assetto di poteri.
Per quanto riguarda il Concordato Preventivo il problema della definizione dei poteri
giudiziali emerge nelle fasi in cui si articola l'istituto: l'ammissione, la votazione,
l'omologazione, l'esecuzione e l'eventuale revoca.
All'interno di queste si verificherà quale sia l'estensione dei poteri giudiziali in relazione
ai profili della valutazione della convenienza economica della proposta
5
, del controllo
3 Tra gli interventi riformatori sulla Legge Fallimentare ritengo necessario citare la novellazione
dell'articolo 6 co. 1 “Il fallimento è dichiarato su ricorso del debitore, di uno o più creditori o su
richiesta del pubblico ministero” ad opera del D. Lgs n. 5 del 2006 che ha espunto la locuzione
“ d'ufficio”, sintomo a mio avviso della virata in direzione privatistica imposta agli istituti dalla
riforma.
4 Massimo Fabiani “Contratto e processo nel Concordato Fallimentare” pagg. 15-22 L'autore utilizza il
termine natura privatizzata degli istituti per descrivere la ratio delle riforme del titolo III della Legge
Fallimentare, ovvero di trasformare il Concordato Preventivo e gli Accordi di Ristrutturazione in
“strumenti rapidi ed efficaci ai fini della regolazione della crisi d'impresa”, con la sottrazione di poteri
al giudice e la riattribuzione a creditori, commissario giudiziale ( non presente negli Accordi) e
professionista attestatore.
Fabiani nel prosieguo dell'opera citata si occupa di definire quale sia la natura preponderante nei due
istituti dopo le riforma della L. Fall., se quella processuale o quella contrattuale, giungendo alla
conclusione che solo la prassi economica potrà rivelarlo con certezza, pur nella premessa che il
contratto rappresenti solo “una maniera per realizzare la gestione dell'insolvenza, ma non l'essenza
dell'istituto”
5 E' stato espunto il riferimento alla valutazione della convenienza economica della proposta da parte
del giudice, che compariva nel testo anteriore al D. Lgs n. 5 del 2006 dell'articolo 181 " Sentenza di
6
della documentazione depositata, della fattibilità del piano concordatario, della
suddivisione in classi dei creditori, del potere di revoca nel caso di commissione di atti
di frode e dei presupposti di legge ex 173 L. Fall., del concordato con cessione di beni
ex 182 L. Fall.
Il tema della fattibilità della proposta in particolar modo risulta di grande rilevanza
all'interno della discussione, in quanto tale competenza risulta formalmente attribuita al
“professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67 co. 3 lettera d della Legge
Fallimentare”, ma vedremo come la giurisprudenza abbia interpretato l'articolo 161
L.Fall. in modo tale da continuare a esercitare una valutazione di merito sotto questo
profilo.
Per quanto riguarda gli Accordi di Ristrutturazione dei debiti, al cui interno non è
possibile identificare delle fasi processuali tra loro differenziate
6
, il problema della
determinazione dell'intensità dei poteri viene reso ancora più complesso dalla laconicità
dell'articolo 182 bis L. Fall.
Questa disposizione omette infatti di indicare quali valutazioni siano demandate al
giudice nel procedere all'omologazione dell'accordo, se debba limitarsi ad un mero
controllo formale oppure se possa condurre un vaglio attinente anche ai profili di
merito.
Il dato letterale sembra suggerire l'attribuzione di poteri ristretti al giudice, ma
omologazione.
1. Il tribunale, accertata la sussistenza delle condizioni di ammissibilità del concordato e la regolarità
della procedura, deve valutare:
1) la convenienza economica del concordato per i creditori, in relazione alle attività esistenti e
all'efficienza dell'impresa;
2) se sono state raggiunte le maggioranze prescritte dalla legge, anche in relazione agli eventuali
creditori esclusi che abbiano fatto opposizione all'esclusione;
3) se le garanzie offerte danno la sicurezza dell'adempimento del concordato e, nel caso previsto
dall'art. 160, comma secondo n. 2, se i beni offerti sono sufficienti per il pagamento dei crediti nella
misura indicata nell'articolo stesso;
4) se il debitore, in relazione alle cause che hanno provocato il dissesto e alla sua condotta, è
meritevole del concordato.
2. Concorrendo tali condizioni, il tribunale pronunzia sentenza di omologazione del concordato; in
mancanza dichiara il fallimento del debitore.
3. Nella sentenza di omologazione il tribunale determina l'ammontare delle somme che il debitore
deve depositare secondo il concordato per i crediti contestati. Determina altresì le modalità per il
versamento delle somme dovute alle singole scadenze in esecuzione del concordato o rimette al
giudice delegato di stabilirle con decreto successivo.
4. Si applicano gli ultimi due commi dell'art. 130."
6
Ma solo dei momenti processuali, come quello dell’omologazione e un momento iniziale di controllo
della proposta e della documentazione depositata, ma senza alcuna suddivisione formale e solenne
come avviene per il concordato preventivo.
7
attraverso l'analisi delle interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali si vedrà come in
concreto i giudici abbiano esercitato poteri ben più penetranti.
Si studieranno i poteri del giudice attraverso i profili del controllo sulla documentazione
depositata ex 161 L. Fall. e dei requisiti di ammissione, sulla relazione redatta dal
professionista
7
e sull’attuabilità degli accordi in presenza o meno di opposizioni, della
concessione del divieto di iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive.
Dapprima verrà fatta una introduzione della disciplina a livello normativo degli istituti
del Concordato Preventivo e degli Accordi di Ristrutturazione dei Debiti, mettendo in
luce le novità che sono state portate dalle riforme degli anni 2005-2007 e 2012.
Si passerà poi a trattare dei singoli problemi enucleati circa la determinazione dei poteri
dell'autorità giudiziaria, dapprima nel Concordato Preventivo, successivamente negli
Accordi di Ristrutturazione dei Debiti.
Attraverso la trattazione dei profili qui accennati ci si propone di definire quali
competenze spettino in concreto all'autorità giudiziaria dapprima singolarmente
all'interno di ciascuna delle problematiche individuate, ma collocandole infine
all'interno di una visione unitaria della questione, non essendo infatti possibile fornire
una valida proposta interpretativa se non considerando le problematiche particolari
come inserite in una cornice complessiva più ampia .
Capitolo 1 Il concordato preventivo e gli accordi di
ristrutturazione dei debiti
1.1 Il concordato preventivo nel R.D. 16 marzo 1942 n.267 e successive modifiche
7 Questo soggetto sarebbe incaricato ex lege di attestare “l'attuabilità dell'accordo stesso, con particolare
riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei”, ma il silenzio
dell'articolo 182 bis L. Fall. sui poteri del giudice ha lasciato lo spazio alla possibilità che i giudici vadano
a valutare anche questo profilo
8
Il concordato preventivo è una delle procedure concorsuali regolate dal R.D. N 267 del
1942 . Il nome deriva dal fatto che si pone in forma alternativa e anteriore rispetto al
fallimento, a differenza del concordato fallimentare che vede la liquidazione
concorsuale come suo presupposto.
Prima della riforma attuata con il d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con legge 14
maggio 2005, n. 80 il concordato preventivo veniva concepito come uno strumento del
quale potesse beneficiare l'imprenditore “onesto e sfortunato”, quando però fosse in
grado di assicurare un soddisfacimento apprezzabile
8
.
Nello specifico risultava necessario garantire un soddisfacimento integrale ai creditori
aventi prelazione e in misura non inferiore al 40% per i creditori chirografari.
Poco era l'interesse alla conservazione dei complessi produttivi e al risanamento
dell'impresa così come poco spazio veniva dato agli accordi dei privati per via dei limiti
imposti dal rigoroso rispetto della par condicio e della percentuale minima del 40%.
Di contro era molto penetrante il controllo da parte della autorità giudiziale, specie sul
merito di valutazioni quali la convenienza del concordato, la serietà delle garanzie
offerte e la meritevolezza del debitore.
Ci si rese però conto della necessità di operare una riforma dell'istituto che si era
rivelato sotto vari aspetti non più al passo coi tempi.
Le limitazioni che venivano poste, come i requisiti soggettivi per essere ammessi alla
procedura, non erano state in grado di arginare i professionisti del dissesto, cioè gli
imprenditori in senso economico che in modo sistematico lasciavano fallire delle società
proseguendo i loro affari attraverso altre cui magari conferivano i beni più appetibili con
l'acquisto dalle altre società fallite.
Era apparso poi necessario tenere in considerazione la possibilità di conservare i
complessi produttivi, opzione che sembrava particolarmente appetibile ai creditori i
quali sotto la normativa precedente avevano dato vita alla prassi dell'affitto d'azienda
concordato prima dell'ammissione alla procedura e corredato dalla prelazione sul
successivo acquisto ex articolo 3, comma 4 l. n 223 del 1991.
Non era nemmeno possibile mantenere una applicazione così rigida del principio della
8 Lino Guglielmucci “Diritto Fallimentare” pp 311 e ss
9
par condicio creditorum, dopo la espressa previsione della possibilità di rinunciare in
tutto o in parte alla prelazione ex art. 177 L. Fall.
9
e con l'affermazione della prassi delle
postergazioni.
Con la riforma del 2005 è venuta meno in maniera definitiva la concezione del
concordato come premio per l'imprenditore sfortunato, sono stati eliminati i requisiti
soggettivi di ammissibilità, tra cui quello della meritevolezza, e si è reso centrale
l'interesse della classe dei creditori anche in riferimento alla conservazione dei
complessi aziendali.
Il presupposto oggettivo dell'istituto è lo stato di crisi
10
.
Al suo interno rientra senza dubbio lo stato di insolvenza, ma che comprende oltre a una
situazione di temporanea difficoltà ad adempiere anche:
- il rischio di insolvenza cioè la prevedibile incapacità di fare fronte ai debiti di
prossima scadenza da parte dell'imprenditore, nonostante questi sia stato in grado di
onorare i debiti scaduti.
- lo sbilancio patrimoniale, o sovraindebitamento nel caso in cui si tratti di un
imprenditore commerciale. Sono due situazioni che indicano uno sbilancio patrimoniale
del passivo sull'attivo, a differenza dell'insolvenza che rappresenta uno squilibrio tra
liquidità e credito da un lato e debiti esigibili dall'altro, che se non vengono rimediate
con rapidità possono causare il non soddisfacimento dei creditori.
-la riduzione del patrimonio netto al di sotto del minimo legale, che pur non
rappresentando ancora uno sbilancio patrimoniale costituisce una causa di scioglimento
della società, cui non si può ovviare nemmeno con finanziamenti sostitutivi di apporti di
9
Art. 177 L. Fall. co. 2 “I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorchè la garanzia sia
contestata, dei quali la proposta di concordato prevede l’integrale pagamento, non hanno diritto al
voto se non rinunciano in tutto o in parte al diritto di prelazione. Qualora i creditori muniti di
privilegio pegno o ipoteca rinuncino in tutto o in parte alla prelazione, per la parte del credito non
coperta dalla garanzia sono equiparati ai creditori chirografari, la rinuncia ha effetto ai soli fini del
concordato”
10 Articolo 160 l.fall. “Ai fini di cui al primo comma per stato di crisi si intende anche lo stato di
insolvenza”, u.c. come sostituito dalla legge 14 maggio 2005 n. 80; la precedente formulazione recava
la dizione “ L'imprenditore che si trova in stato di insolvenza” che comprende, dopo la legge
30/12/2005 n. 273, convertito con legge n. 51 del 2006 anche lo stato di insolvenza in un rapporto da
genus a species, come espresso nell'ultimo comma aggiunto all'articolo 160 l.fall
10
.
10
capitale.
I soci non possono essere costretti alla ricapitalizzazione o alla trasformazione della
società e l'attività può proseguire solo al fine di conservare il valore dell'impresa
dovendosi procedere alla liquidazione.
Questa prospettiva può mettere a rischio il soddisfacimento dei creditori e sembra
quindi configurabile uno stato di crisi, che legittima la sottoposizione ai creditori di un
piano di soluzione concordataria.
Tale piano che l'imprenditore può presentare ha come possibili contenuti:
a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma,
anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa
l'attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero
obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito;
b) l'attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad
un assuntore; possono costituirsi come assuntori anche i creditori o società da questi
partecipate o da costituire nel corso della procedura, le azioni delle quali siano destinate
ad essere attribuite ai creditori per effetto del concordato;
c) la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi
economici omogenei;
d) trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.
Dalla nuova formulazione dell'articolo 160 L. Fall. appare ben evidente come non risulti
più centrale il soddisfacimento dei creditori attraverso il pagamento garantito di una
determinata percentuale oppure con l'abbandono ai creditori del patrimonio del debitore,
ma attraverso l'elaborazione di un piano di regolazione della crisi.
Non a caso infatti l'ultima formulazione dell'articolo 160 L. Fall
11
. indica la possibilità
che l'imprenditore sottoponga ai creditori un piano del quale indica in maniera solo
esemplificativa i possibili contenuti.
Esso è diretto al soddisfacimento dei creditori, obiettivo che può essere raggiunto anche
mediante una ristrutturazione aziendale che può verificarsi in molteplici maniere, con
veri e propri piani industriali che prevedano dismissioni di beni, abbandono di alcuni
11
Risalente al D. lgs 169/2007
11
settori di attività e potenziamento di altri, oppure anche cambiamenti nel management
societario attraverso l'ingresso dei soci nella compagine tramite l'attribuzione di azioni
della società.
Ciò non esclude peraltro che il concordato possa avere come contenuto anche quello
tipico dell'istituto ante-riforma.
Ben potrà l'imprenditore pattuire con i creditori il pagamento di una determinata
percentuale entro un termine prefissato, senza essere più vincolato all'offerta di “serie
garanzie reali o personali”
12
.
Altrettanto liberamente il proponente può disporre quale forma di soddisfacimento una
cessione dei beni ai creditori, nonché ad un assuntore, cioè un terzo qualunque che sia
interessato all'acquisizione del complesso dei beni dell'impresa in crisi, purché si
impegni a soddisfare i creditori mediante pagamento.
Come ulteriore variante dell'istituto del concordato con cessione di beni abbiamo la
versione con cessione dei beni a società costituite o partecipate dai creditori cosicché il
soddisfacimento avvenga con gli utili dell'impresa risanata oppure con la
monetizzazione delle partecipazioni sociali.
Viene poi prevista la possibilità di suddividere in classi i creditori secondo delle
posizioni e degli interessi giuridici omogenei.
Come si diceva è venuto meno l'obbligo di rispettare in modo categorico la par condicio
tra i creditori, quindi nessun ostacolo si porrà davanti all'imprenditore che preveda nel
piano trattamenti differenziati per soggetti che appartengono a classi diverse.
Come avviene poi nel concordato fallimentare è possibile prevedere il soddisfacimento
in misura non integrale dei creditori muniti di diritto di prelazione, privilegio o ipoteca.
A questi però deve essere dato soddisfacimento in misura non inferiore, in sede di
liquidazione, al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste il diritto
di prelazione.
La proposta di concordato va presentata con un ricorso al tribunale congiuntamente
alla documentazione elencata dall'articolo 161 comma 2°
13
e alla relazione di un
12 Articolo 160 comma 2° n 1 nella formulazione anteriore alla legge n. 80 del 2005
13 “Il debitore deve presentare con il ricorso:
a) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa;
b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, con
l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;
12
professionista che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano.
È stato interamente abrogato il primo comma dell'articolo 160 di conseguenza non è più
previsto come requisito per potere accedere alla procedura concordataria la regolare
tenuta delle scritture contabili, con il risultato che la richiesta può ora, perlomeno in
teoria, venire inoltrata anche da chi non abbia tenuto o abbia perso tutte le scritture
contabili
14
.
Viene invece attribuita al professionista scelto dall'imprenditore e in possesso dei
requisiti di cui all'articolo 67 comma 3° lettera d
15
la responsabilità di attestare i dati
aziendali. Questi deve inoltre attestare che i dati forniti siano reali, il che rende
abbastanza difficile che un professionista si assuma responsabilità nei confronti di
soggetti privi di contabilità.
L'attestatore deve inoltre attestare la fattibilità del piano valutando la concreta
possibilità di dare esecuzione al piano sottoposto ai creditori.
Se l'imprenditore verrà ammesso alla procedura del concordato sulla base di attestazioni
non corrette circa i dati aziendali oppure valutazioni non corrette sulla fattibilità del
piano il professionista sarà chiamato a rispondere dei danni che si producono in
conseguenza delle sue valutazioni imputate a titolo doloso o colposo.
Il decreto correttivo ha previsto la possibilità che il tribunale conceda un termine non
maggiore di 15 giorni “per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti”
e “il tribunale se all'esito del procedimento verifica che non ricorrono le condizioni di
cui al primo e secondo comma dell'articolo 160, sentito il debitore in camera di
consiglio dichiara inammissibile la proposta di concordato”.
Una volta compiute le verifiche prescritte il tribunale può dichiarare inammissibile la
c) l'elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;
d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili.”
Cui si aggiunge dopo il Decreto Sviluppo del 2012 “un piano contente la descrizione analitica delle
modalità e dei tempi di adempimento della proposta”
14
L. Guglielmucci op. cit.
15
Art 67 co. 3 lett. d) “un professionista indipendente designato dal debitore, iscritto nel registro dei
revisori legali ed in possesso dei requisiti previsti dall'art. 28, lettere a) e b) deve attestare la veridicità
dei dati aziendali e la fattibilità del piano; il professionista è indipendente quando non è legato
all’impresa e a coloro che hanno interesse all’operazione di risanamento da rapporti di natura
personale o professionale tali da comprometterne l’indipendenza di giudizio; in ogni caso, il
professionista deve essere in possesso dei requisiti previsti dall’art. 2399 del codice civile e non deve,
neanche per il tramite di soggetti con i quali è unito in associazione professionale, avere prestato negli
ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore ovvero partecipato
agli organi di amministrazione o di controllo” dopo il Decreto Sviluppo 2012
13
proposta con decreto non reclamabile e non ricorribile per cassazione, oppure dispone
sempre con decreto l'ammissione alla procedura.
In quest'ultimo caso nomina gli organi della procedura, cioè il giudice delegato e il
commissario giudiziale, convoca l'adunanza dei creditori e ordina il versamento entro
15 giorni di una somma pari al 50% delle spese presunte di procedura, oppure la minor
somma determinata dal giudice ma non minore del 20%.
In conseguenza all'ammissione e dalla data di pubblicazione
16
del ricorso per
l'ammissione alla procedura viene sancito dall'articolo 168 il divieto di azioni esecutive
e di acquisto dei diritti di prelazione.
Al contempo l'articolo 169 afferma il prodursi degli effetti dello spossessamento
attenuato, con assoggettamento alla vigilanza del commissario giudiziale
dell'amministrazione del patrimonio del debitore e dell'esercizio dell'impresa, con
divieto di compimento di atti eccedenti l'ordinaria amministrazione senza
l'autorizzazione del giudice delegato durante la procedura.
Sono inefficaci anche le formalità degli atti compiuti senza l'autorizzazione del giudice
delegato.
Nel corso della procedura e fino alla fase di omologa un ruolo centrale viene giocato dal
commissario giudiziale. Tale soggetto fornisce ai creditori le necessarie informazioni,
inserendole nella relazione che deposita prima dell'adunanza dei creditori, nonché
redige l'inventario verificando l'elenco dei creditori, le scritture contabili e vigilando su
amministrazione del patrimonio ed esercizio dell'impresa.
Il commissario giudiziale deve poi sollecitare l'intervento dell'autorità giudiziaria
qualora ravvisi il compimento da parte del debitore di atti fraudolenti ex 173 1° comma
L.Fall. volti a falsare la valutazione della proposta di concordato oppure atti di
malgoverno durante la procedura .
L'intervento del tribunale in questi casi produce l'interruzione traumatica della
procedura di concordato con conseguente dichiarazione di fallimento, anche se non più
d'ufficio, ma solo “su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero”.
Il giudice dispone inoltre ai sensi dell'articolo 173 comma 3° la revoca del concordato
preventivo nel momento in cui risultino essere venute meno le condizioni prescritte per
l'ammissibilità del concordato.
16
Novità inserita dal Decreto Sviluppo