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INTRODUZIONE
Cosa ha a che vedere Aristotele con la fenomenologia di Husserl e, in
particolare, con l’idea di una compiuta teoria trascendentale della conoscenza
come prospettata da Husserl a partire dalle sue Idee per una fenomenologia
pura e per una filosofia fenomenologica? La domanda, già di per sé, non è
priva di importanza, perché sottintende una continuità nel pensiero filosofico
che supera le stesse intenzioni dei filosofi. Se è vero che ogni filosofo è
chiamato ad assumersi la responsabilità del proprio, personale inizio, è anche
vero che ogni inizio è figlio di una tradizione, che in maniera più o meno
manifesta dischiude la possibilità di un pensiero e, in un certo senso, gli
assegna dei limiti determinati. L’interesse che guida questa ricerca, però, non
sarà soltanto né primariamente di tipo storico.
Gli studi che trovano sistemazione in questo lavoro, infatti, ruotano
principalmente attorno ad alcune questioni fondamentali della fenomenologia
di Husserl e cercano, al contempo, di chiarire a quale tradizione propriamente
filosofica la fenomenologia può essere ricondotta. Il confronto con Aristotele
risponde all’intenzione di distinguere e definire i compiti di una rigorosa teoria
della conoscenza. Questa teoria non si risolve in una dottrina filosofica sui
fondamenti del pensiero scientifico, ma cerca innanzitutto di analizzare le
strutture antepredicative che regolano le nostre modalità pratiche di relazione
con gli oggetti della percezione. È su quest’ultimo piano, quello della
sensibilità, infatti, che il concetto husserliano di intenzionalità può rivelare
interessanti analogie con quella forma specifica di attualità che Aristotele
indica come entelechia del vivente, del corpo animato. L’essere diretti ad uno
scopo, il tendere ad un’oggettività che si costituisce attraverso degli atti
sintetici pur senza ridursi mai ad essi, è un carattere universale di ogni attività
sensibile, sia umana che animale, ed è la condizione di possibilità di ogni
attività percettiva intesa, aristotelicamente, come assimilazione della forma
astratta dalla materia.
Ma il confronto con Aristotele significa in primo luogo ricerca delle
differenze, di pensiero e di orizzonte speculativo, che rinviano all’orizzonte
epocale. A ciò si aggiunge la consapevolezza che la psicologia aristotelica, in
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particolare, raggiunge Husserl passando attraverso la mediazione di Franz
Brentano, teologo e psicologo che per tutta la vita studiò con l’accuratezza del
filologo e l’acutezza del filosofo i testi aristotelici.
1
La prima parte di questo lavoro sarà, pertanto, rivolta ad approfondire i risvolti
teoretici dell’interpretazione brentaniana di Aristotele, anche e soprattutto in
rapporto all’idea di psicologia che sottende le analisi di Brentano e che
costituisce, secondo il piano qui seguito, il nucleo del suo progetto filosofico.
Nell’idea di una psicologia ridotta al punto di vista empirico, infatti, è
contenuta la convinzione che ogni esperienza possibile debba avere
necessariamente un contenuto descrittivo, vale a dire, più semplicemente, che
debba riferirsi intenzionalmente ad un oggetto. Si tratterà di chiarire i modi
della presenza o in-esistenza intenzionale dell’oggetto nella psiche. Come
esempi di questo metodo da applicare in psicologia Brentano ha in mente le
analisi che Aristotele compie nel De anima, a cui egli dedica lo scritto di
abilitazione alla libera docenza pubblicato nel 1867, che si intitola
espressamente La psicologia di Aristotele.
Da quest’opera muoveremo per cercare di capire le ragioni e le radici
filosofiche che spingono Brentano nella direzione della psicologia. Ma –
dovremo domandarci – di quale psicologia si tratta qui? Certamente non di una
psicologia intesa come scienza naturale, puramente esplicativa. Piuttosto, come
testimonieranno anche le osservazioni dell’ultimo Brentano, si tratta di una
psicologia analitica che fa sua l’intenzione aristotelica di una scienza prima, in
quanto scienza del fondamento, dell’originario. Comprendere le strutture
psichiche nelle quali si manifesta in generale un mondo di cose, fatti, valori,
idee, ecc., significa dal punto di vista di Brentano conquistare un territorio più
originario rispetto a quello delle scienze naturali o spirituali, le quali assumono
ciascuna un proprio oggetto tematico senza considerare la genesi psicologica
delle loro rispettive assunzioni.
Seguendo gli sviluppi di questa idea di psicologia, solo in parte condivisibile,
io avanzerò la tesi che nel corso successivo del suo pensiero Brentano si sia in
verità allontanato progressivamente dalle intuizioni dello Stagirita. In
particolare, tale allontanamento si compie proprio in rapporto alle soluzioni
adottate per spiegare, in sede di analisi psicologica, come avviene la percezione
1
Come ci avverte E. Melandri, “se Bolzano e Lotze sono importanti, Franz Brentano è
indispensabile per comprendere Husserl.” Id. Le “Ricerche logiche” di Husserl –
Introduzione e commento alla prima ricerca, Il Mulino, Bologna 1990; p. 10.
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umana e quali strutture siano implicate in generale nel percepire. Non è
comunque difficile riconoscere, dalle affermazioni dello stesso Brentano, il
“mentalismo” che sta al fondo della sua psicologia e il fenomenismo che
caratterizza la sua posizione filosofica. Come la fenomenologia di Husserl, che
ha in comune con Brentano il metodo descrittivo e la considerazione
intenzionale del vissuto, riesca a liberarsi da questa pesante eredità sarà
mostrato in seguito, discutendo del passaggio filosoficamente decisivo dalla
psiche alla coscienza, dall’io psicologico-empirico all’io trascendentale.
2
Tra i problemi filosofici più rilevanti vedremo emergere soprattutto quello
relativo all’ambito della percezione. Per ciascuna delle prospettive esaminate
entrerà in questione, quindi, il grado di legittimità da assegnare all’oggetto
percepito in quanto tale, a partire dalle cose dell’esperienza comune che si
danno come esistenti di fatto, fino alle forme categoriali che investono gli
oggetti sensibili ma non hanno alcuna esistenza concreta come cose. Lungo
questo percorso interrogativo potremo individuare un motivo importante di
continuità tra Husserl ed Aristotele nell’importanza da entrambi assegnata al
vedere categoriale, come forma di intuizione originaria che inerisce
essenzialmente a qualsiasi intuizione empirica. È il tema aristotelico del
rapporto tra sensibile proprio e sensibile comune, tra la materia dei sensi e la
forma che si dà con l’atto percettivo, a poter essere letto in chiave
fenomenologica, utilizzando a tal fine la distinzione, formulata nella Quinta
delle Ricerche logiche, tra contenuto effettivo e contenuto intenzionale della
percezione. Una distinzione che risulterà estremamente importante all’interno
di una teoria trascendentale che fa dell’oggetto percepito qualcosa di
essenzialmente diverso e irriducibile rispetto all’oggetto mentale (ens rationis)
concepito da Brentano.
Nella seconda e nella terza parte della tesi l’attenzione si sposterà più
decisamente, infatti, sul punto di vista di Husserl in merito ai temi indicati, e si
concentrerà prima su un’opera di già considerevole spessore come le Ricerche
logiche, per proseguire sul secondo volume delle Idee, che è una delle opere
meno citate della bibliografia husserliana ma certamente centrale per l’intero
2
Scrive B. M. d’Ippolito, commentando la distanza tra la fenomenologia di Husserl e la
psicologia analitica e descrittiva di Dilthey: “La fenomenologia vede se stessa come
bahnbrechend, lavoro che rompe gli argini e fa sgorgare la sorgente nascosta nel
sottosuolo della psicologia. La psicologia è la ‘maschera’ – in senso nietzschiano –
della filosofia;” Id. Il sogno del filosofo – su Dilthey e Husserl, Morano editore, Napoli
1987; p. 12.
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progetto fenomenologico, fino a giungere a Logica formale e trascendentale e
alle Meditazioni cartesiane, che consideriamo momenti culminanti sia per
l’elaborazione del concetto di oggettività che per la maturazione della teoria
trascendentale della conoscenza.
L’idea di fenomenologia che se ne ricaverà complessivamente è piuttosto
lontana dall’immagine, diventata ormai troppo comune, di un idealismo
raccolto intorno al predominio del soggetto teoretico. Ogni senso attraverso cui
comprendiamo, interpretiamo e viviamo il mondo, sia come realtà di fatto sia
come contenuto ideale di una coscienza, possiede, per la fenomenologia, un
indice intenzionale, il che vuol dire che ogni senso si dischiude secondo
un’essenzialità propria che è correlata a degli atti di coscienza e che, in quanto
correlata, non si riduce agli atti ma ha piuttosto una validità ontologica tale da
trascendere gli atti propri, immanenti, di un singolo soggetto. Ogni senso
oggettuale – questa l’idea che cercherò di sviluppare nelle conclusioni –
rimanda ad un ambito essenziale che si dà solo nell’orizzonte aperto di una
costituzione intersoggettiva. “Lo stesso valore oggettivo dei miei atti di
coscienza si regge per me sulla loro oggettività per gli altri, sulla forma
intersoggettiva dell’oggettività, e in definitiva sull’Einfühlung che rende questa
possibile.”
3
Dunque, può essere corretto parlare di idealismo in riferimento alla
fenomenologia, ma solo se si tiene conto che la via da essa percorsa è
principalmente la via ontologica, motivo per cui si dovrebbe definire meglio
tale idealismo come un idealismo trascendentale, secondo quanto lo stesso
Husserl aveva affermato nelle Meditazioni.
3
A. Masullo Lezioni sull’intersoggettività, Editoriale scientifica, Napoli 2005 (I ed.
1960), p. 111.
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CAPITOLO I
FANTASIA, REA L T A’ E RAPPRESENTAZIONE NELLA
PSICOLOGIA DI BRENTANO
1) L’inizio del problema in un corso universitario a Vienna.
Il problema comune alle prospettive filosofiche di Husserl e di Brentano può
essere introdotto già dal titolo del corso che il maestro tenne nel semestre
invernale 1885/86 e a cui Husserl prese parte: “Ausgewählte psychologische
und ästhetische Fragen”, in cui particolare attenzione era dedicata al rapporto
essenziale tra le rappresentazioni di fantasia e le rappresentazioni di
percezione. Come riportato da Schuhmann nella Husserl - Chronik, sappiamo
che questi considerava all’epoca il contributo offerto da Brentano in quel corso
come la “più dettagliata trattazione che mi sia nota circa il rapporto tra
Phantasma ed Empfindung”, aggiungendo che grazie ad essa potevano “essere
respinte le differenze d’essenza tra sensazioni e fantasie”
1
.
Un terreno segnato dall’incrocio tra due fondamentali discipline, la psicologia
e l’estetica, trova così lo spazio per una considerazione unitaria, riferita ad un
termine medio ben specifico, che è appunto il tema della rappresentazione. Ma
cosa si intende con rappresentazione e quali sono i motivi che spingono la
riflessione a soffermarsi su questo problema? La relazione che si istituisce tra
gli oggetti della rappresentazione e gli atti della nostra percezione o fantasia è
una relazione veramente originaria? La rappresentazione è in altri termini la
condicio sine qua non dell’atto psichico, il suo fondamento, per cui dobbiamo
credere che se un contenuto di coscienza non viene in qualche modo
rappresentato, anche in maniera del tutto vaga, non può essere fatto oggetto di
alcun intendere, non può cioè ottenere alcuna consistenza o evidenza che non
sia rappresentabile? Se così fosse, se ogni nostro atto dovesse riferirsi in ultima
analisi ad una forma rappresentata, avremmo trovato una classe di fenomeni
psichici che ci dispenserebbe dall’analizzare invece le differenze tra gli atti
della percezione e dell’immaginazione. Nell’evidenza di una percezione attuale
1
K. Schuhmann Husserl-Chronik. Denk- und Lebensweg Edmund Husserls; Den
Haag, Martinus Nijhoff 1977; p. 15.
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interviene infatti, secondo la concezione di Brentano esposta nel corso del
1885-86, un elemento immaginativo, il Phantasma, il lato non ancora visto di
un oggetto, il suono non ancora udito, ecc., che conferisce unità, senso,
direzione al presente della coscienza. Sensazione e fantasia, operanti in un
unico atto di coscienza, assicurano in questo modo la possibilità di una
riflessione su di sé (Selbstbesinnung), di un’evidenza della percezione interna,
in cui si dà una rappresentazione comprensibile, comune, animata da
un’intenzione.
Da questi temi, che individuano un arco temporale di circa venti anni (1885-
1905), saremo dunque ricondotti ad un confronto tra Brentano ed Husserl che
si svolge per un tratto sul filo conduttore del concetto di Tempo, la cui
chiarificazione assume così un’importanza decisiva. Infatti, in una prospettiva
che intende definire il campo delle rappresentazioni di fantasia, il problema
del decorso temporale delle percezioni emerge come problema centrale: se le
sensazioni si danno nell’evidenza dell’attualità, nel qui ed ora di una
coscienza, come può una percezione unitaria determinarsi invece come quel
fenomeno che fa in modo di mantenere un sostrato di riferimento, evitando che
venga inghiottito nel passato senza lasciare traccia? Rispondiamo che può farlo
perché, nel presente di una coscienza, cioè di una percezione interna, il passato
è già proiettato sul futuro. Infatti non è unicamente la capacità di avere
memoria delle sensazioni passate, quanto la capacità di avere aspettative
percettive riguardo al futuro, di immaginare le sensazioni successive a quella
attuale sulla base di un Phantasma, che dà luogo sinteticamente ad una
percezione; e questo per Brentano è il compito che svolge la fantasia sul
fondamento delle rappresentazioni che è in grado di fornire.
L’attenzione al corso del 1885-86 non sarà tuttavia motivata, nelle intenzioni
del presente lavoro, dalle considerazioni sulla teoria del tempo, ma soprattutto
dal tentativo di individuare le idee di realtà, di fenomeno psichico e di
rappresentazione che in quel contesto vengono espresse.
2
E, al contempo, di
inquadrare questi concetti nell’ambito della classificazione psichica operata da
Brentano, nonché alla luce della sua ricerca sulla genesi degli atti intenzionali.
Da qui muoveremo, pertanto, per vedere come la psicologia descrittiva
2
Il testo delle lezioni, elaborato da F. Mayer-Hillebrand sulle trascrizioni del Nachlass,
è incluso nel volume Grundzüge der Ästhetik, Berna 1959. Un preciso estratto del
corso, che è la parte riguardante specificatamente la psicologia, e una adeguata
trattazione del tema e dei suoi risvolti in Husserl si trova, a cura di R. Ruschi, nel testo
Il Tempo e l’intuizione estetica, intr. D. Formaggio, Unicopli, Milano 1982.
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proposta da Brentano assuma a modello del proprio metodo empirico la
psicologia di Aristotele, con l’intera problematica relativa all’origine dei nostri
concetti e delle nostre categorie, quindi con l’emergere di una serie di domande
sulla natura e la funzione delle forme.
“Gettiamo uno sguardo all’indietro all’inizio della nostra riflessione, dove abbiamo
richiamato l’attenzione sulla dipendenza dell’estetica dalla psicologia. Il loro rapporto
ci ha rivelato come delle questioni vaste molto importanti riguardano l’una e l’altra
insieme. Di estrema importanza per l’estetica è la dottrina della fantasia appartenente
alla psicologia. Ma non si può trattare di essa senza occuparsi anche di altre cose,
come della distinzione tra le rappresentazioni concettuali ed evidenti, e soprattutto
delle sensazioni, dalle quali la fantasia è essenzialmente presupposta. Tutto questo non
solo è di grande importanza per l’estetica, ma ha anche un ulteriore significato pratico,
che riguarda sia la vita dell’artista che quella dello studioso (perfino del matematico),
anzi a dire il vero la vita di ognuno. E quindi la ricerca della vita delle
rappresentazioni (Vorstellungsleben) fa parte dei più importanti compiti della
psicologia. In verità non si pone solo una questione ma molti e svariati problemi
devono essere sollevati.”
3
Sul piano psichico la rappresentazione è quella parte del vissuto a cui
attribuiamo una realtà non materiale ma intenzionale. Ciò significa che non ci è
dato trovare nel vissuto un oggetto separabile in quanto tale dall’esperienza che
lo costituisce o, inversamente, che non ci è dato trovare la rappresentazione,
che è parte di un intero, quale forma a priori che risieda nella nostra psiche
anche indipendentemente da quell’intero. Sul piano della ricerca estetica,
d’altra parte, la facoltà di avere rappresentazioni è legata indissolubilmente ad
un processo di alterazione della sensibilità che ha origine sempre a partire da
un corpo vivente, animato. L’insegnamento del senso diventa da questo punto
di vista rilevante per l’intelletto, perché è una forma comprensibile, una parola
comune, una misura dell’intenzione e della conoscenza che è fondata
nell’intenzionato e nel conosciuto in quanto tale.
Le prospettive in questione si incrociano, dunque, perché il loro oggetto di
studio privilegiato è l’anima intesa come quell’intero di cui le rappresentazioni,
le intuizioni estetiche, i giudizi, le intenzioni, ecc., costituiscono le parti.
3
F. Brentano Problemi selezionati di psicologia e di estetica, tr. it. di R. Ruschi, in Il
tempo e l’intuizione estetica, cit.; p. 100.