I. Introduzione
La ricerca si propone l'obiettivo di analizzare la società Ucwalmicw e le vicissitudini che si
sono succedute sulla loro terra, e nella “British Columbia”, attraverso un importante filo
conduttore, che dal passato prescritturale attraversa il periodo della colonizzazione, giungendo
fino alle sfide della contemporaneità: la contesa sui diritti territoriali. Attraverso l'analisi delle
fonti bibliografiche, ed attraverso l'utilizzo di testimonianze orali, giornali, documenti
coloniali, si cercano di ricostruire alcuni aspetti della società in epoca precoloniale, il rapporto
tra i mercanti nativi ed i mercanti europei prima, i Nativi ed i Coloni poi, le politiche
dell'Amministrazione e le pratiche degli amministratori canadesi, la resistenza indigena a
quelli che vengono interpretati come abusi, fino al genocidio, la generale manipolazione delle
usanze, e la costruzione del sistema sociopolitico ad oggi esistente. Approfondisce inoltre
diverse iniziative politiche intraprese dalle comunità indigene in British Columbia ed in
Canada, nonché il dissenso di parte della comunità Ucwalmicw alle pratiche del Governo
coloniale e dei Band Councils.
1.1 Formazione dell'oggetto di ricerca: la mia esperienza nei territori indigeni
Non è sempre stato questo l'oggetto dell'indagine: inizialmente, il mio viaggio nelle zone
meridionali di quella che si chiama oggi British Columbia (che abbrevio in BC) si limitava
all'intenzione di fare ricerca sui movimenti di lotta e resistenza alla colonizzazione, nel
territorio di coloro che ancora chiamavo St'at'imc, con una pronuncia goffamente a metà
strada tra l'Inglese e l'Italiano. Questa volontà nacque a seguito della scrittura di un saggio
breve sulle Olimpiadi Invernali di Vancouver e Whistler, nel Dicembre 2010
1
.
Successivamente decisi di approfondire l'argomento e, grazie ad una inaspettata disponibilità
economica, alla vendita di una casa di famiglia, si concretizzò la possibilità di partire per
Vancouver. La tappa di arrivo era Sutikalh, luogo ove è situato, dal Maggio 2000, un rifugio
della comunità di Mount Currie, costruito per resistere alla creazione di un complesso
turistico da un miliardo di dollari, in una delle ultime valli del territorio St'at'imc totalmente
prive di strutture di matrice europea, chiamata Melvin Creek Valley. Sutikalh, trovata
attraverso la lettura di documenti in rete, con le sue istallazioni aperte a tempo indeterminato a
tutti coloro che volessero andare a visitare, mi aveva colpito, ed affascinato. Mi misi a cercare
i contatti per programmare un mio arrivo ed un tentativo di pianificazione del viaggio, con
1 Vedi Appendice III.
12
permanenza prevista dal 22 Settembre al 27 Dicembre 2011. Dopo una settimana passata nella
città di Vancouver, ospite di individui appartenenti agli ambienti della resistenza indigena,
anticoloniale, anticapitalista, e dell'area "anarco-insurrezionalista
2
", presi l'autobus per
arrivare a Mount Currie, che nel frattempo avevo scoperto essere una Riserva Indiana (Indian
Reserve), quando mi immaginavo fosse un paesino collinare sul modello dei miei appennini
(Appennino tosco-romagnolo). Non fu l'unico shock paesaggistico: la stessa città di
Vancouver mi concedette diverse sorprese, non ultima la geometria urbana degli isolati
(blocks), che percepii come soffocante, ed il centro città ipertecnologico, in quanto abituato ai
centri storici. A Mount Currie fui intercettato da Elmer Dan, cognato di Rosalin Sam, che mi
vide scendere dall'autobus con un grosso bagaglio, unico tra i passeggeri partiti da Vancouver
a giungere fino a Mount Currie. Elmer Dan è colui che, ancora non sapevo, mi avrebbe
ospitato per circa due mesi in casa propria, lasciandomi il suo letto in cui dormire,
accompagnandomi in diversi luoghi con il suo veicolo, introducendomi alla comunità di
Mount Currie, condividendo le sue conoscenze e le sue problematiche con me, che facevo
altrettanto. Per questo, e per molto altro, il mio debito con lui è immenso.
Fu la permanenza a Sutikalh, quaranta minuti di auto ad Est di Mount Currie, che mi permise
di approfondire il rapporto con l'uomo che si prendeva cura del luogo tramite una intima
conoscenza dell'ambiente circostante, e delle caratteristiche ecosistemiche dell'area. Restai al
campo dal 27 Settembre al 31 Ottobre. Durante tale periodo, le giornate si succedevano nei
silenzi, nel duro lavoro quotidiano
3
accompagnato da lunghi momenti di riposo, a volte
tendenti al tedio. In questi “tempi morti” riempivo l'agenda con le impressioni più varie, sulla
condivisione dei luoghi, dei pasti, dei discorsi, sull'adattamento ad una realtà a me estranea in
termini sensoriali e culturali
4
, ed approfondivo gli studi attraverso la documentazione sulle
lotte anticoloniali presente in loco. La saggezza ed il distacco, quasi ascetico, di Hubert Jim,
colui che si prende cura del luogo, mi hanno fortemente colpito più volte, insieme alla sua
ironia, ed alla sua forza, quella di vivere solo in un ambiente difficile. Senza di lui non sarei
mai giunto in terra Ucwalmicw, è vero, ma il supporto fisico, alimentare e morale di Hubert
Jim, che ha condiviso con me per più un mese, oltre alla propria saggezza, la propria casa ed il
proprio cibo, mi ha finanche permesso di "sopravvivere" in un ambiente isolato. La sua
2 Mi intrattenni in diversi discorsi, con i ragazzi e le ragazze, riguardanti gli scritti di Alfredo Maria Bonanno.
3 Il quale consisteva principalmente nel fare acqua al ruscello, e nel trascinare grossi tronchi a valle con l'utilizzo
della propria forza, ed al rifugio con un carro fabbricato a partire da una sedia a rotelle. Confesso di essermi
immedesimato più volte in un mulo. Il legname viene utilizzato per il mantenimento di due stufe, una di
riscaldamento, sempre accesa, l'altra utilizzato per scopi culinari.
4 Niente elettricità ed acqua intubata, rapporti diversi con il buio e la luce, il fuoco ed il cibo, la buona
educazione e la spiritualità: la quotidianità era caratterizzata, per parte mia, da una nuova scoperta ed un nuovo
tentativo di adattamento alla scoperta.
13
cultura, del resto, mi ha fatto capire che non era veramente solo, la presenza regolare di
visitatori, il contributo alimentare ed energetico che la popolazione locale portava
regolarmente al campo, hanno suggerito che Sutikalh non fosse soltanto un'esperienza di lotta
di classe in senso lato, ma fosse radicata in una cultura di conoscenza tradizionale, tipica ed
irripetibile. Ciò, insieme alla disponibilità di Elmer Dan, mi ha portato alla permanenza per i
due mesi successivi nella Riserva Indiana di Lil'wat7ul, “Mount Currie”, ed alla raccolta di
informazioni sulla tradizione, e sulle sfide affrontate dalla popolazione Ucwalmicw nel breve
corso storico della colonizzazione anglosassone. L'ospitalità concessami dal signor Elmer Dan
e dalla signora Rosalin Sam nelle loro case, legati all'esperienza di Sutikalh come ad altre
esperienze di resistenza sul territorio, ha concesso delle possibilità, ed ha posto dei limiti, al
mio lavoro di ricerca. Da un lato, sono stato avvantaggiato dalla loro cordiale accoglienza, che
mi ha permesso di permanere gratuitamente nella zona per un paio di mesi, dalla loro
conoscenza delle problematiche legate all'impatto della colonizzazione sulla società e sullo
stile di vita locale, nonché dall'apertura di altri attivisti alla mia richiesta di interviste ed
approfondimenti. Passavo le giornate studiando e compiendo indagini bibliografiche,
interviste, aiutavo in piccoli lavoretti, visitavo, accompagnato da Elmer, i luoghi
maggiormente significativi per la tradizione e la cultura Ucwalmicw, nonostante l'Inverno ci
abbia impedito di raggiungere alcuni siti importanti dal punto di vista storico. Dall'altro lato
ciò ha provocato diffidenza in coloro che vedevano la mia presenza con un certo sospetto, per
la delicatezza degli argomenti approfonditi ed il taglio che volevo dare alla ricerca, che
emergeva implicitamente dalla mia permanenza nel circuito di coloro che vengono definiti
roadblockers, "quelli che bloccano le strade"; che innalzano barricate per fare trasparire, a
volte, un semplice ed efficace messaggio, a chi creda di poter attraversare senza troppi
pensieri una parte del Canada: You are Trespassing
5
!
Per avvicinarmi ai documenti ufficiali presenti nell'archivio del Dipartimento Land and
Resources e del Consiglio di Banda Lil'wat mi è stata richiesta una dichiarazione di intenti,
attestante la confidenzialità e l'utilizzo esclusivamente accademico delle informazioni che mi
accingevo a raccogliere, permesso che non ho tardato a presentare, dopo averlo richiesto ai
tutori di questa tesi, in vece dell'Università di Modena e Reggio Emilia. La mia volontà di
approfondire certi argomenti con alcuni individui, inoltre, è andata dritta ad incidere su traumi
irrisolti, dovuti alla estrema storia personale e collettiva dei Nativi, nonché a caratterizzazioni
5 Letteralmente "stai oltrepassando!", secondo la legge britannica il trespassing of land è un concetto traducibile
come "violazione di proprietà" o "violazione di domicilio". L'utilizzo politico di questo termine, da parte degli
Indigeni, potrebbe essere riferibile anche ad un processo catacretico di appropriazione del concetto di trespasser
della terra "riservata agli Indiani", come stabilito dal Indian Act (Canada, 1876). Vedi capitolo V , nota 12 per le
disposizioni in merito del Indian Act, ed il capitolo VI di questo lavoro per una definizione di catacresi.
14
del sottoscritto come “l'ennesimo sama7 ["bianco"] che vuole studiarci ed andarsene” e la
definizione di me stesso, ripetutami in più occasioni, come qualcuno “che li stava studiando”.
Ho dovuto convivere con questa identificazione che racchiudeva un giudizio, che ritenevo
deleterio all'interazione serena, più che in incontri faccia a faccia, in occasioni pubbliche,
durante cene sociali nella sede del Consiglio di Banda (Band Council), nei mercatini, girando
per le strade: mi sono sentito vittima di reciproci stereotipi ed incomprensioni, che bloccavano
l'interazione immediata. Alcune volte ho patito stress e ricadute emotive, dovute a sentimenti
di impotenza, come se incarnassi degli immaginari per il colore della mia pelle, e come se i
miei immaginari sulle persone che mi trovavo davanti inibissero il nostro dialogo sereno, e
non potessi farci nulla. Si faceva strada in me un sentimento insistente di inadeguatezza:
potevo io, ragazzo di nemmeno ventisei anni, riuscire a comprendere la storia, le sfide e la
cultura di persone anziane e difficili, che avevano sicuramente un'esperienza molto più
profonda della mia? Frequentemente non mi sono sentito all'altezza, anzi, mi sentivo
presuntuoso in questa mia volontà: avevo timore che questa indesiderata presunzione fosse di
blocco al sereno svolgersi delle interazioni, fossero esse finalizzate o meno alla raccolta di
informazioni.
Questi sentimenti ed impressioni si affievolirono nel tempo, i rapporti pubblici si fecero meno
diffidenti; i dialoghi divennero informali e le occasioni d'incontro frequenti mi resero sempre
più assimilabile ed assimilante la comunità in cui mi trovavo. Con i miei conoscenti più
stretti, la cerchia con cui intrattenevo rapporti quotidiani, la condivisione dei piccoli aspetti
della vita dava una presentazione del sottoscritto molto più comprensibile di tutte le parole
inglesi che potessi pronunciare, agli occhi di persone che ben sapevano leggere le reazioni ed
atteggiamenti di un ragazzo di ventisei anni, loro, che di anni ne avevano almeno il doppio.
Inoltre, quando con queste persone è venuto fuori, nei dialoghi, l'aspetto "colore della pelle",
spesso mi hanno considerato un "relativamente bianco", in quanto Italiano, in quanto
"conosciuto". Limitatamente a queste interazioni, credo che con "bianco" intendessero,
dunque, una serie di concetti come Anglosassone, Colono, spesso razzista, o comunque
"ipocritamente benpensante". Hubert Jim mi ha contrapposto agli "Inglesi bianco latte" che mi
avrebbero guardato male per la pelle relativamente scura; Elmer Dan, con una battuta, una
volta mi ha chiamato white nigger
6
. Con queste persone ho intrattenuto ed intrattengo tutt'ora
6 Lett. negro bianco, il discorso stava vertendo sugli atteggiamenti razzisti della società canadese, e
sull'appellativo red nigger (negro rosso) di cui sono oggetto i Nativi ancora oggi. Essendo io occupato a scaricare
la legna, ed altri lavori, in maniera quasi quotidiana, Elmer mi appellò scherzosamente white nigger, cosa che mi
galvanizzò non poco. Forse perché, non essendo quasi mai stato oggetto di razzismo relativamente al colore della
mia pelle, potevo godere di questa definizione in modo contingente agli eventi. Sta di fatto che ne ridemmo
abbondantemente.
15
relazioni di affetto e rispetto.
Durante la permanenza ho scritto un diario di campo, che portavo sempre in tasca, nel quale
sono annotate frasi e conversazioni, le battute, impressioni e considerazioni, quello che
vedevo, sentivo, e provavo. Un'accozzaglia di parole scritte che sono diventate materiale
prezioso, a livello personale e per questa ricerca, poiché il pudore nell'estrarre il registratore e
fare domande puntuali, se da una parte ha potenzialmente ridotto la mole di interviste,
dall'altra ha permesso di registrare fatti e considerazioni informali che, dubito, sarebbero
emerse all'interno di un'intervista programmata.
In questa ricerca non nego una presa di posizione precedente, la mia solidarietà con un popolo
che ritenevo oppresso dal giogo coloniale. Questa posizione non si è modificata ed anzi,
nonostante i cambiamenti di focus che ha ricevuto la ricerca in corso di svolgimento, i
contorni si sono delineati, il discorso è diventato maggiormente organico ed approfondito, e
dalla solidarietà il mio coinvolgimento è diventato più consapevole e fondato, ponendomi di
fronte a non poche questioni di riflessività, e di quanto, in “ogni parte del mondo, siano
accaduti gli stessi eventi
7
”.
1.2 Raccolta e breve excursus delle fonti bibliografiche
I documenti etnografici ed etnostorici sono stati, in massima parte, raccolti a Mount Currie e
nel vicino insediamento di Pemberton. I restanti documenti sono stati acquisiti a Vancouver,
specialmente i lavori accademici più recenti, ed i trattati delle organizzazioni di Indigeni come
la Union of British Columbia Indian Chiefs (UBCIC). Volantini, quotidiani, comunicati
specifici, documenti confidenziali da e per i popoli indigeni sono stati concessi alla mia
consultazione dalla disponibilità delle persone che mi hanno ospitato. I documenti etnostorici
riguardanti gli utilizzi di certe aree da parte della società Ucwalmicw, non pubblicati, riservati
alla comunità, sono stati resi disponibili alla consultazione, ed all'ampia citazione attraverso il
permesso ad effettuare fotografie delle pagine di mio interesse, dal Land and Resources
Department di Mount Currie, autorizzato dal Band Council e reso operativo nelle persone di
Johnny Jones e Lex Joseph. I documenti storici e moderni del Department of Indian Affairs
and Northern Development (DIAND), l'attuale Minister of Aboriginal Affairs and Northern
Development Canada (AANDC), sono stati visionati in sede al Dipartimento Land and
Resources, all'Ufficio di Banda Lil'wat (Lil'wat Band Office, sede fisica del Band Council), ed
in citazioni specifiche all'interno della fonti bibliografiche utilizzate in questa ricerca. Diverse
7 Hubert Jim, in note di campo, Ottobre 2011.
16
fonti sono disponibili on-line nei siti del governo del Canada e/o della British Columbia, e su
quelli delle organizzazioni indigene
8
. Fonti non indigene vengono adoperate in riferimento
alla fase moderna della colonizzazione: si tratta dei giornali dei pionieri, delle comunicazioni
dei funzionari coloniali (con riferimento principalmente al XIX secolo), dei documenti che
trattano la storia dei primi insediamenti dal punto di vista dei nuovi arrivati (per quel che
riguarda il XX secolo). Sono scritti da non-Indigeni anche i resoconti etnografici, sebbene,
ovviamente, si facesse quasi esclusivo riferimento alle testimonianze dei Nativi: le etnografie
sui popoli dell'interno della British Columbia, scritte nella prima metà del XX secolo. I
resoconti etnografici vantano una serie di informatori che gli autori del primo Novecento non
hanno considerato importante annoverare, specialmente James Alexander Teit (1906; 1912), il
quale, insieme a Charles Hill-Tout (1978), è stato colui che più scrisse, a circa sessant'anni dai
primi contatti diretti, sulle usanze, gli stili di vita e la cultura dei "Lillooet". Propongo due
righe di introduzione alla vita ed alle opere di Teit ed Hill-Tout, ed una breve descrizione del
BC Indian Language Project e progetti collaterali intrapresi da Randy Bouchard, Dorothy
Kennedy ed altri in terra St'at'imc.
1.2.1 James Teit
James Alexander Teit nacque nel 1864 nelle isole Shetland, ed emigrò a Spences Bridge,
nell'interno meridionale della BC, all'età di diciannove anni, invitato dallo zio commerciante.
Qui fece il garzone di magazzino, entrando così nel circuito di rapporti mercantili tra Coloni
ed Indigeni, allacciando relazioni con la popolazione Nlaka'pamux; allenandosi alla caccia
grossa, divenne guida per cacciatori alloctoni che giungevano nell'area. La sua conoscenza
delle culture indigene si rintraccia nel, ed è legata al matrimonio con Susanna Lucy Antko,
Nlaka'pamux, nel territorio dei quali l'insediamento di Spences Bridge. Teit divenne fluente in
lingua Nlaka'pamux e, per somiglianza, non gli fu difficile apprendere le varianti Secwepemc
ed Ucwalmicwts. Il suo ingresso nell'antropologia ufficiale avvenne grazie a Franz Boas, che
conobbe Teit nel 1894, durante un viaggio nell'interno della British Columbia per effettuare
studi di antropologia fisica. Boas, fermatosi a Spences Bridge, apprese che in Teit vi era un
fluente parlatore delle lingue dei popoli dell'interno, ed un conoscitore del territorio e delle
culture ivi presenti. Un prezioso collaboratore per Boas, specializzato nello studio dei popoli
della costa, ma con mire volte all'analisi comprensiva delle culture del Pacifico settentrionale,
8 I riferimenti in rete sono citati nelle note a pié di pagina tramite collegamento ipertestuale, data d'accesso e,
qualora necessario, una breve descrizione del contenuto.
17
secondo il metodo del particolarismo storico (Fabietti, 2001), ovvero secondo una conoscenza
dettagliata, progressiva delle varie zone e culture del Pacifico settentrionale. Estraneo alle
comunità, era difficile per Boas assicurarsi la fiducia dei Nativi per le misurazioni diffuse di
cui necessitava, senza avere facilitatori in loco. Teit sarà un aiuto fondamentale per Boas, che
in una lettera lo definisce “un tesoro
9
”, e produrrà le etnografie sui popoli dell'interno
fondamento di tutte le ricerche etnografiche successive, dando il suo contributo a diversi
progetti. L'etnografia The Lillooet Indians (1906) venne compilata per la Jesup North Pacific
Expedition, progetto di ricerca sulle affinità culturali tra i popoli della costa Nord del Pacifico
ai due lati dello Stretto di Bering, eseguito sul campo negli anni 1897-1902. Finanziata dal
Direttore del American Museum of Natural History ed industriale Morris Jesup e diretta dal
Professor Franz Boas con un deciso stampo particolarista storico, l'etnografia di Teit ivi
contenuta è costellata di riferimenti incrociati ad affinità culturali tra i popoli dell'interno, in
questo debitrice all'approccio del Direttore. Contiene indicazioni sugli usi e costumi,
alimentazione e domotica, rapporti sociali, mentre lo scritto Traditions of the Lillooet Indians
(1912), pubblicato nel Journal of American Folklore, è maggiormente incentrato sui resoconti
orali, sulle leggende ed i miti del popolo Ucwalmicw. Teit sarà di fondamentale aiuto quando
viaggerà presso tutte le popolazioni dell'area, vessate dai soprusi e dai furti di terra a scopo di
insediamento, per sostenere alleanze, al fine di presentare dichiarazioni ed istanze a Victoria
ed Ottawa, trasformando decisioni assembleari, portate avanti da rappresentanti indigeni, in
documenti in lingua inglese da consegnare ai palazzi del Governo coloniale. La sua opera di
intermediazione contribuisce alla formazione, tra il 1910 ed il 1922, anno della sua morte, di
diverse organizzazioni di Indigeni, nate per effettuare pressioni per il riconoscimento dei
diritti territoriali indigeni nelle leggi da applicare ai nuovi insediamenti
10
.
1.2.2 Charles Hill-Tout
Charles Hill-Tout giunse in Canada nel 1891, dopo aver studiato teologia in Inghilterra.
Dapprima gestore di un istituto scolastico maschile a Vancouver, si interessò alle culture
dell'interno a causa dell'acquisto di terra e della costruzione di una fattoria nella valle del
fiume Fraser, nell'ultimo tratto della sua corsa verso il Pacifico (nei pressi di "Abbotsford").
9 Boas, citato in Wickwire, 1988: 187.
10 Per queste ed altre informazioni sulla vita e le opere di James A. Teit cfr. Wickwire, Wendy. Teit, James
Alexander, http://www.biographi.ca/009004-119.01-e.php?&id_nbr=7873&terms=death (accesso Giugno 2012).
Per maggiori informazioni su Charles Hill-Tout, http://www.thecanadianencyclopedia.com/articles/charles-
hilltout (accesso Giugno 2012).
18
Per la sua passione di antropologo amatoriale divenne presidente della sezione antropologica
della Royal Society del Canada; il suo lavoro più importante, The Salish People (1905), edito
in quattro volumi, riguarda i Salish, sia della costa che dell'interno. Il secondo volume, The
Squamish and the Lillooet (1905), contiene resoconti dello stile di vita "Lillooet" ed un buon
numero di leggende e racconti della tradizione. Il volume di Hill-Tout, a differenza degli
scritti di Teit, cita alcuni informatori importanti, e l'autore si sofferma ad evidenziare aspetti
da lui definiti "eccentrici" delle culture dell'area, comparandole con la cultura anglosassone,
definendo a più riprese le usanze locali come costumi selvaggi di razze primitive (Hill-Tout,
1978: 99-117). Nei suoi lavori si sente l'impronta di Boas, nell'affermazione delle affinità
culturali con gli altri popoli della British Columbia, e nelle considerazioni sull'origine di
alcuni fenomeni socioculturali condivisi, anche oltre l'estrema prudenza boasiana. È
rintracciabile anche un certo sentimento evoluzionistico-comparativo nelle analogie che
rileva, in particolare, tra il "totemismo australiano", conosciuto come tale tramite i lavori di
Spencer e Gillen (1899), e le sue scoperte nelle aree interne della British Columbia (Hill-Tout,
1978: 117).
1.2.3 BC Indian Language Project e progetti collaterali
Il British Columbia Indian Language Project fu un progetto finanziato dalla Provincia della
British Columbia, iniziato nel 1973 e terminato nel 1976, con sede amministrativa presso
l'Università di Victoria (UVIC). Gli organizzatori del progetto furono principalmente Randy
Bouchard, linguista ed antropologo amatoriale, e Dorothy I. D. Kennedy, antropologa, i
contribuenti al progetto inclusero altri studiosi come Nancy Turner, antropologa e botanica, ed
un gran numero di depositari di conoscenze tradizionali, appartenenti alle popolazioni
indigene oggetto di approfondimento. Gli studi non riguardarono solamente il linguaggio, a
fini di classificazione linguistica generale, ma un'ampia catalogazione di nomi nativi dei
luoghi, degli strumenti ecc., dunque lunghi resoconti sugli utilizzi tradizionali dei luoghi e
degli strumenti all'interno dei territori indigeni. Per il territorio Ucwalmicw, Bouchard e
Kennedy intrapresero un lavoro di ricerca inizialmente grazie alle testimonianze di tre uomini
anziani e sapienti abitanti nell'area, quelli che più collaborarono con gli antropologi, Charlie
Mack e Baptiste Ritchie per il territorio Lil'wat, e Sam Mitchell per il territorio Stl'atl'imx
(Kennedy & Bouchard, 1973). A questi individui se ne aggiunsero molti altri, uomini e donne,
che hanno contribuito con la loro conoscenza a fare lievitare il numero delle pubblicazioni
19
sull'area Ucwalmicw di Bouchard e Kennedy, anche ben al di là della fine del progetto BC
Indian Language. I documenti riguardano le leggende e le storie orali sul passato
prescritturale della società Ucwalmicw (Kennedy & Bouchard, 1973; 1977), le conoscenze
etnobotaniche (Turner, 1987; 1988) la cultura materiale (Kennedy & Bouchard, 1975),
l'utilizzo delle aree del territorio tradizionale
11
(Kennedy & Bouchard, 2000), il tutto
analizzato in maniera relativamente precisa, o quantomeno, assai più documentata rispetto alle
etnografie di Teit ed Hill-Tout, le quali vengono sottoposte ad analisi critica e revisione in
base alle testimonianze degli informatori, sempre indicati con nome e cognome. L'operato di
Kennedy e Bouchard è stato sottoposto però a forte critica da parte di alcuni miei collaboratori
e conoscenti, ivi compresi Elmer Dan, Rosalin Sam, e Lois Joseph, funzionaria del Consiglio
di Banda. Queste persone hanno sottolineato i metodi corruttori e ladri specialmente di
Bouchard, il quale era solito, secondo le loro testimonianze, utilizzare i finanziamenti
provinciali per le spese del progetto per acquistare alcolici e tabacco, da offrire in cambio di
una mole ingente di informazioni, che non ha mai presentato pubblicamente
12
, se non in un
paio di casi (in cui è stato fortemente contestato), alla comunità Ucwalmicw.
1.3 I miei collaboratori, testimonianze ed interviste
Personalmente, ho ricevuto diverse testimonianze sugli argomenti più vari, sia informazioni
che emergevano in maniera casuale da conversazioni informali, successivamente annotate nel
diario di campo (indicate nel testo con la dicitura "note di campo"), sia dati emersi nel corso
delle interviste. A grandi linee, le interviste iniziavano con una mia idea aleatoria del filo
conduttore della conversazione, poi modificato anche in maniera sostanziale dal corso
dell'intervista stessa, in cui si creava possibilità per entrambe gli interlocutori, il sottoscritto e
il mio prossimo, di spaziare nelle argomentazioni senza essere limitati da vincoli di tempo, né
binari su cui proseguire. In questo modo, alcuni dialoghi sono arrivati a durare anche più di
un'ora e mezzo. Le interviste più formali, invece, si sono svolte secondo uno schema più di
riempimento delle aspettative reciproche, in cui il mio prossimo si aspettava che ponessi delle
domande specifiche, su certi argomenti in cui si riteneva esperto, ed il sottoscritto si attendeva
risposte mirate ed esaustive; in questa maniera si sono avute interviste terminate in trenta,
quaranta minuti grazie alla saturazione delle informazioni ritenute utili dalle due parti. Nelle
11 Tra gli altri lavori, vedi anche Kennedy & Bouchard, 1985; 2003a; 2003b.
12 He never gave 'em back to us (non ce le ha mai restituite), secondo Lois Joseph. In note di campo, Dicembre
2011.
20
interviste programmate sugli aspetti di vita tradizionali, il colloquio, dopo la presentazione
introduttiva, iniziava con un "how did you live in the past?"(Come si viveva in passato?),
dopodiché individuavo di volta in volta "parole chiave" nel discorso, da approfondire, in base
ai feedbacks del partner dell'intervista, che rispondeva in base ai miei feedbacks, e così via. Il
"concetto" della vita nel passato creava un ambito di relazione che, spesso, individuava vari
aspetti del "passato" e del "presente", espressi nella contemporaneità dell'intervista in maniera
ogni volta originale, dinamica.
Gli intervistati sono stati scelti a vario titolo tra coloro che hanno maggiormente a cuore la
critica alla colonizzazione anglosassone, al sistema imposto di contenimento e cooptazione
delle istanze indigene, e tra coloro che erano ritenuti, dai miei conoscenti, esperti della
memoria storica della società Ucwalmicw. Sono stati inoltre intervistati alcuni funzionari del
Lil'wat Land and Resources Department, tra cui l'attuale Direttore. L'età degli intervistati
variava dai circa trentacinque anni del Direttore ai cinquanta-settant'anni dei restanti
interlocutori. Purtroppo, per esigenze di tempo e possibilità linguistiche, non sono stato in
grado di registrare, ove possibile, le interviste in lingua Ucwalmicw. Ciò pone il problema
della trascrizione e della presentazione delle stesse nel testo, che vengono proposte in questo
lavoro nella forma di "testo tradotto" come categorizzato da Celetti & Novello (2006: 28),
ovvero un testo che "prevede il passaggio da una forma ad un'altra [...] con tutte le ambiguità
e le distorsioni che un'operazione di questo tipo contiene". Le ambiguità e le distorsioni si
devono ad una traslazione del dire dalla lingua Ucwalmicw a quella inglese, e dalla lingua
inglese a quella italiana, infine al testo scritto. Per cercare di diminuire l'alterità dello scritto
rispetto al linguaggio dell'interazione, spesso inserisco tra parentesi i termini utilizzati in
lingua inglese, mentre in altri casi pongo una traduzione sommaria dei significati in
Ucwalmicwts, come esplicitato più sopra
13
.
Non ho cercato insistentemente persone da intervistare, non che non abbia provato, ma nel
caso di funzionari del Band Council le mie richieste di chiarimenti scritti ed orali ad alcuni
dubbi, presentati in una maniera che ritengo molto cordiale e rispettosa, sono ripetutamente
caduti nel vuoto. Richieste di delucidazioni sono state posticipate fino alla data della mia
partenza. In questo caso, verranno annotate le considerazioni datemi dai miei collaboratori a
riguardo dei ritardi e delle omissioni, per mancanza di chiarimenti da parte delle "autorità". Se
ci sono dei vuoti informativi, saranno colmati dalle impressioni sui motivi di questi vuoti, e
dalla documentazione scritta in merito, più che da considerazioni delle parti in oggetto.
Inevitabilmente dunque, la ricerca in alcune sue parti adotterà un taglio che potrà sembrare
13 Vedi "Avvertenza sulla terminologia".
21
più radicale, a causa del mio standpoint e di quello dei miei collaboratori più stretti.
Di seguito un elenco delle persone intervistate, e di quelle con le quali ho intrattenuto
relazioni più strette, e dunque figuranti nelle trascrizioni e nelle considerazioni personali
presenti nelle note di campo:
– Hubert Jim: quarantotto anni, di ascendenza sia Lil'wat che Stl'atl'imx, conoscitore
della lingua Ucwalmicw. Frequentò la scuola residenziale di Sechelt, per poi essere
educato dal proprio cerchio parentale femminile. Da undici anni vive a Sutikalh e ne è
il caretaker, colui che si prende cura, trecentosessantacinque giorni all'anno, di quella
che è diventata la sua casa. Precedentemente afferma essere stato un fucking town
drunk
14
(fottuto ubriaco da città), pochi giorni prima di partire per Sutikalh, smise di
bere. Prima dell'esperienza di Sutikalh faceva il guardiano notturno negli stabilimenti
sciistici della Whistler Mountain, dividendo la propria residenza tra Vancouver e la
casa di famiglia, a Mount Currie. Non supporta il sistema dei Band Councils;
– Elmer Dan: sessantuno anni, di ascendenza Secwepemc e Lil'wat, disoccupato, vive
con l'assistenza sociale, nonché attraverso l'attività di pesca e di informale servizio taxi
tra la Riserva di Mount Currie e l'insediamento di Pemberton. Scelto dai suoi parenti
in età infantile come school boy (da avviare all'istruzione scolastica), dopo la scuola
residenziale di Williams Lake venne mandato a studiare a Pemberton, diplomandosi
negli anni Settanta. La sua vita passa per un alcolismo che terminò nel 1986, e da un
complesso tentativo di recupero della lingua e delle tradizioni, a suo parere cancellate
dalla sua mente dal periodo di indottrinamento scolastico. Conoscitore della cultura,
della lingua e delle tradizioni Ucwalmicw, viene più volte consultato in merito alle
proprie conoscenze. Studia per diventare guardia forestale e gestore delle risorse
ittiche. Decide di chiudere i rapporti, intorno alla metà degli anni Novanta, con le
autorità professionali ed accademiche canadesi, in seguito a diversi episodi di
contrasto
15
; non supporta il sistema dei Band Councils;
– Rosalin Sam: sessantadue anni, Lil'wat, rivenditrice di oggetti d'arte. Risposata,
frequentò la scuola residenziale di Sechelt. Ha una storia di militanza nel movimento
anticoloniale Ucwalmicw almeno dagli anni Ottanta. Grazie anche e soprattutto ai suoi
sforzi sono venuto a conoscenza di Sutikalh, ovvero Rosalin ha effettuato una larga
operazione di diffusione delle informazioni a riguardo in rete, ed è stata membro del
14 Condizione a cui si riferiva con un misto di ironia e serietà, in base alla sua condizione attuale. In note di
campo, Ottobre 2011.
15 Vedi capitolo VI.
22
gruppo di donne che, inizialmente, decise che quella porzione di territorio fosse da
difendere, contro la costruzione del resort turistico. Non supporta il sistema dei Band
Councils;
– Martin Sam (M. Sam): uomo sulla settantina, sposato, fratello di Rosalin Sam. Ex-
membro del Band Council in qualità di capo eletto, contribuì alle esperienze di
rinnovamento ed autogestione che caratterizzarono i Lil'wat negli anni Settanta ed
Ottanta del Novecento
16
. Esperto conoscitore della storia della colonizzazione e dei
Lil'wat, anche se non conosco il suo grado formale di istruzione. È molto critico del
sistema dei Band Councils e non ne supporta l'operato. Parla fluentemente
Ucwalmicwts;
– James Douglas Louie: circa settant'anni, dagli anni Ottanta scrive e collabora con
l'IHRAAM (International Human Rights Association of the American Minorities), le
UNN (United Native Nations) ed anche le Nazioni Unite. Ha effettuato alcuni viaggi
per parlare in occasioni importanti, tra cui l'ultimo viaggio è del Marzo 2011, alla sede
del Forum Permanente per le Questioni Indigeni dell'ONU (UN Permanent Forum on
Indigenous Issues) a New York . È estremamente convinto
17
della necessità di trovare
legittimità in sede internazionale poiché, per James, gli St'at'imc sono una popolazione
ben definita ed indipendente sul proprio territorio, soggetti all'ingerenza di un governo
straniero, quello del Canada, che ne regola ogni aspetto della vita sociale. Parla
Ucwalmicwts in maniera fluente;
– Johnny Jones: circa cinquant'anni, impiegato del Lil'wat Land and Resources
Department (LLRD), esperto della cultura Ucwalmicw. Il suo ruolo è quello di
cultural technician, tecnico culturale, ovvero di "riscoprire" e mappare luoghi
storicamente e culturalmente importanti per i Lil'wat in base a dati orali e scritti. Le
operazioni di riscoperta, mappatura e preservazione, tra le altre, includono luoghi di
sepoltura, pittogrammi, petroglifi, siti di villaggi antichi, catalogazione dei luoghi
secondo la terminologia Ucwalmicwts. Queste operazioni vengono effettuate di
concerto con autorità accademiche ed aziendali, all'interno di un sistema che vede ogni
proponente un progetto lavorativo nel territorio tradizionale Ucwalmicw dover “fare i
conti
18
” con queste informazioni, ed, eventualmente, desistere se l'area interessata dal
progetto fosse culturalmente sensibile;
16 Vedi capitolo V .
17 Convinzione che desumo dalle attività alle quali si dedica da almeno trent'anni, come elencate nella
descrizione.
18 Vedi capitolo VI.
23
– Lex Joseph: anch'egli sulla cinquantina, Cultural Technician del Lil'wat Land and
Resources Department congiuntamente a Johnny Jones, si occupa di cultura e
tradizioni orali, lavorando maggiormente con la popolazione della Riserva rispetto al
Jones, che principalmente si muove in maniera operativa nel territorio tradizionale.
Altri nomi che compaiono nel lavoro sono quelli di Doug Dan, cugino di Hubert Jim,
frequentatore assiduo di Sutikalh, scultore ed artigiano; Georgina Nelson, anziana e
conoscitrice della storia e della cultura Ucwalmicw; Fraser Andrews, ex-capo eletto del Band
Council; Pete, supporter svizzero di Sutikalh, allevatore di cani. Tutti vivono all'interno del
territorio Ucwalmicw.
1.4 Problematizzazione delle fonti orali
Questo lavoro utilizza sistematicamente informazioni scaturite da interazioni vocali, le
trascrizioni delle stesse, e le trascrizioni delle note di campo, ovvero le trascrizioni delle
trascrizioni (in tempo reale, o quasi) delle "fonti orali" (Portelli, 2010). Le fonti orali che qui
utilizzo, come ogni altra, implicano ed esplicano dei sistemi: esse sono state rese possibili
dalle reti di relazioni che si sono instaurate, con il mio contributo e quello dei miei
collaboratori, nonché quello delle persone che ho incontrato per motivazioni indipendenti
dalla mia volontà, nel nostro esser-presenti in un determinato momento e luogo. Essenziali
sono stati, inoltre, i contributi delle persone che non ho incontrato, in quanto le relazioni che
ho instaurato sono il risultato anche dei rapporti pregressi tra i membri della comunità
Ucwalmicw, tra membri della comunità e ricercatori esterni del passato, eccetera. Questi
rapporti hanno reso possibile lo scaturire delle interazioni a cui sono stato indirizzato durante
il lavoro sul campo, ad esempio, l'individuazione di nuovi informatori a me sconosciuti,
ovvero il rifiuto a parlare con l'autore, a causa dell'indentificazione e dell'inserimento del mio
ruolo all'interno di una rete di significato e di storie da me indipendenti, che la mia presenza
ha riattivato nel rifiuto.
Più precisamente, le fonti orali sono condivisioni, incastonate in relazioni dinamiche. Queste
condivisioni riguardano una serie di conoscenze, definenti un'autorità, posseduta da me come
dai miei interlocutori, nella maniera in cui il sottoscritto condivideva con il proprio partner
elementi selettivi del proprio essere-lì, quale la sensibilità per l'argomento da (ri)costruire
(sono qui per questo), il fatto di essere arrivato da molto lontano (esplicato non verbalmente
24
dal mio esser-presente, mi interessa quello che hai da dire), insomma, ciò che ha reso
possibile l'incontro. Allo stesso modo, l'incontro ha creato un sistema di categorizzazione
reciproca, nelle reti di significato proprie di ciascun inter/vistato
19
, me compreso. La mia non
consapevolezza degli argomenti richiesti ha permesso l'illustrazione degli stessi in profondità
da parte degli informatori (sono qui per questo), coloro con cui incrociavo gli sguardi durante
il processo di costruzione delle informazioni, nell'inter/vista (Portelli, 2010). "Non
consapevolezza" e "illustrazione in profondità" non vanno intesi in senso assoluto, ma come
indicatori di una gradazione di conoscenza in quanto condizione necessaria allo scambio
informativo, dell'inserimento del conosciuto nel non-conosciuto, della costante revisione del
conosciuto. Ciò non toglie la mia volontà di sapere. In questo, l'incontro nell'oralità è
un'operazione di ascolto e relazione (Portelli, 2010), ascolto che è stato il filo conduttore dei
colloqui. In questa relazione, il mio interlocutore "ci" presentava i suoi ricordi ed
interpretazioni del passato, presentificati in una narrazione nuova ed originale, comprendente
non solo l'evento del passato, ma anche il ricordo dell'evento, dunque il processo del
ricordare, correlato a tutta una serie di altri taciti ricordi e conoscenze, al cui affioramento
potevo contribuire io stesso. Ciò è vero anche nel mio caso, ovvero i miei feedbacks erano un
misto di ringraziamento per l'offerta di conoscenza che mi si stava rendendo
20
, unitamente ad
un'integrazione delle informazioni ricevute con le reazioni che esse provocavano in me,
condizionato dalle mie esperienze e conoscenze pregresse selettivamente affioranti alla
coscienza, in base a ciò che ero in quel momento. Questo ibrido poi, unito alla comunicazione
non verbale, veniva ripassato al partner, che faceva lo stesso, e così via. Queste relazioni, che
hanno portato a condivisioni, che hanno portato alla costruzione di informazioni, non hanno
presentato quindi dati oggettivi, individuabili sezionando una realtà immutabile. Credo che
qualcosa come la conoscenza oggettiva non possa esistere
21
(non reclamando, ovviamente,
questa verità come oggettiva). In questo accolgo l'osservazione di Franzina, secondo cui,
gran parte delle documentazioni scritte altro non sono se non trascrizioni e
formalizzazioni di altrettanti momenti verbali, a cui solo un malinteso concetto
19 Nell'inter/vista come luogo nudo della condivisione del proprio essere inter/visto dall'altro mi pongo anche io
stesso. Con "reti di significato" intendo la serie di esperienze pregresse e reti di relazioni significanti, intessute
dai soggetti, me compreso, selettivamente interpretanti il momento dell'incontro.
20 Oltre ai ripetuti ringraziamenti dati in forma verbale in sede di colloquio, per le interviste imparai, grazie ad
Elmer Dan, essere buona norma portare qualcosa in dono. Generalmente offrivo tabacco, a volte Elmer mi ha
consegnato dello ts'wan (salmone disidratato) da portare come offerta, affermando che, spesso, ove disponibile,
si dovrebbe offrire carne di cervo in cambio di "saggezza", specialmente alle persone anziane, perché, disse, esse
"ne hanno più bisogno dei giovani". Le affermazioni appena presentate sono liberamente tratte dalle note di
campo, Novembre 2011.
21 Haraway, 1988.
25
dell'obiettività scientifica conferisce credibilità ed autorevolezza
22
.
Le fonti scritte sono ad oggi investite di autorità oggettiva attraverso un processo secolare di
legittimazione, per cui "l'idea secondo cui la testimonianza diretta appariva la più pregnante
delle fonti, seguita, come ultima risorsa, dal documento scritto, venne gradualmente
rovesciata, fino ad arrivare alla massima valorizzazione di quest'ultimo" (Celetti & Novello,
2006: 10). Le testimonianze orali costruite nel corso della mia permanenza, però, non sono
tutte riferite ad accadimenti di cui si ha avuto testimonianza oculare, ovvero da quella
"testimonianza diretta, la più pregnante delle fonti", né ad eventi tra loro contemporanei,
temporalmente ascrivibili come appartenenti ad un singolo momento storico. Dunque è utile
qui dividere, a grandi linee, le "famiglie" (Piasere, 2002) di eventi a cui si riferiscono le
testimonianze orali dei miei interlocutori, individuando il processo probabile in atto nella
ricreazione condivisa degli stessi. In primis, le testimonianze riferite ad eventi vissuti, come
testimoni oculari, nella contemporaneità; poi quelle riferibili a racconti e tradizioni orali,
come le citazioni di racconti locali, inscritti nella memoria collettiva attraverso un processo
che può essere ricondotto, oltre che alla trasmissione intergenerazionale, all'inscrizione ed
eventuale "standardizzazione" di questi racconti all'interno di un processo politico di
riappropriazione dell'identità tradizionale, tipico degli ultimi cinquant'anni circa. Lo stesso si
può dire per ciò che riguarda la costruzione orale degli stili di vita del passato remoto, offerti
alla mia attenzione attraverso un processo discrezionale di ri-creazione e rappresentazione
degli stessi, come ricordato dal/la mio/a interlocutore/trice nel presente
23
, attraverso un
processo cognitivo e mnemonico nella relazione tra i partners dell'inter/vista e
dell'inter/azione. Le testimonianze del presente relative agli eventi del passato sono
riconducibili, in linea di massima, ad episodi circoscritti, come malattie epidemiche e fattori
contingenti legati alle occasioni lavorative presenti al tempo della colonizzazione, eventi che
furono avvolti nel vissuto degli ascendenti dei miei interlocutori, che dunque questi ultimi ri-
presentano nella loro selezione di peculiarità presentabili. La “storia della memoria” parla
dell'elaborazione di aspetti selettivi, rielaborati a partire dalla memoria del racconto dei propri
ascendenti, quest'ultimo, allo stesso modo, selezione discreta di alcuni pezzi "di quell'informe
congenie degli avvenimenti quotidiani" (Portelli, 2010) che è la vita. Le fonti orali di "parte"
degli stili di vita tradizionali, di per sé indefinibili in maniera comprensiva, ed inverificabili
nella loro "purezza incontaminata", sono state verificate parzialmente sul campo, attraverso la
22 Franzina, 1994, citato in Celetti & Novello, 2006: 15.
23 Spesso nella forma "in the past...", o nell'uso di forme verbali al passato.
26