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INTRODUZIONE
Negli ultimi anni le differenze individuali, e in particolar modo le caratteristiche
temperamentali, hanno assunto fondamentale importanza all’interno di varie discipline,
come la Psicologia dello sviluppo e la Psicologia della personalità.
Le persone coinvolte nella cura dei bambini piccoli, come i pediatri, gli psicologi e i
neuropsichiatri infantili, studiano il temperamento infantile in quanto rimangono colpiti
e incuriositi da quelle che sono le differenze individuali presenti tra i neonati. Queste
differenze sono registrabili fin dalla nascita e sono riscontrabili nei vari comportamenti
che esprimono le emozioni, l’umore, il livello di attività, il grado di socievolezza e la
capacità di adattamento alle nuove situazioni.
La definizione odierna di temperamento designa ancora le varie caratteristiche
individuali, biologiche e innate, ma evidenzia anche la forte influenza che l’ambiente
può esercitare su esse. Infatti, le varie caratteristiche temperamentali influenzano il
modo in cui i caregiver reagiscono al bambino e si prendono cura di lui, e dal sistema di
cure, offerto al bambino, a loro volta tali caratteristiche vengono influenzate. Esiste
un’influenza reciproca e bidirezionale tra temperamento e ambiente.
Il temperamento infantile predispone il bambino ad interagire in un particolar modo nei
confronti dell’ambiente e delle stimolazioni che da esso derivano, di conseguenza,
influenza anche l’acquisizione di varie abilità e capacità che il bambino sperimenta
durante il suo sviluppo, come ad esempio, le capacità mentali e rappresentazionali.
L’obiettivo di questo Lavoro, principalmente è quello di comprendere se esiste una
relazione tra il temperamento infantile e la graduale acquisizione della Teoria della
Mente.
Per quanto riguarda la Teoria della Mente, con questo concetto possiamo indicare la
capacità del bambino di comprendere i propri stati mentali e di attribuire vari stati
mentali anche alle altre persone, queste capacità sono fondamentali per l’acquisizione
della competenza sociale del bambino (Camaioni, 1993).
Il presente Lavoro è strutturato in tre capitoli.
Nel primo capitolo, l’attenzione verterà soprattutto sul concetto di temperamento.
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Inizialmente, verrà presentata la definizione generale di temperamento, la quale si basa
sulla valutazione di tre elementi importanti, ossia i Livelli di descrizione, i Domini o le
aree e gli Approcci.
Successivamente, verrà presentata una rassegna dei modelli teorici prodotti durante
l’Ottocento fino ad arrivare alle teorie più moderne. Vedremo come i primi modelli
definivano le caratteristiche temperamentali all’interno di approcci filosofici,
psichiatrici e medico-fisiologici e crearono molteplici definizioni confuse tra di loro.
Una prima cornice teorica unificante fu quella “costituzionalista”, nella quale lo studio
del temperamento si identificò con lo studio del carattere, ma considerando soltanto
l’età adulta.
In maniera differente, i modelli teorici più recenti, creati dagli anni’50 in poi, hanno
privilegiato lo studio del temperamento infantile, inserendolo all’interno di una cornice
ecologica, ossia, considerando lo stretto rapporto che esso possiede con l’ambiente.
Infine, verranno delineate le diverse modalità attraverso le quali il temperamento può
essere misurato. Verranno considerate e descritte sia le modalità indirette, come i
questionari compilati dai genitori o dagli educatori, sia le modalità più dirette, come
l’osservazione effettuata in vari contesti ambientali (laboratorio, casa, ospedale). Inoltre,
saranno presentati alcuni strumenti molto utili per gli operatori inseriti nei Servizi
Infantili, come alcune delle più famose scale di sviluppo, utilizzate per la valutazione
del temperamento infantile.
Nel secondo capitolo, inizialmente verranno presentati i principali approcci teorici allo
studio della Teoria della Mente, i quali enfatizzano in maniera diversa il ruolo di diversi
fattori, innati e ambientali, all’interno dello sviluppo delle capacità mentalistiche.
In particolare saranno delineate le caratteristiche principali di due importanti teorie che
si sono occupate dello studio dei precursori della Teoria della Mente, ossia, la teoria di
Baron-Cohen (1979) e la teoria di Leslie (1987).
Proprio in riferimento ai precursori della Teoria della Mente, i quali solitamente
compaiono intorno ai 18 mesi di vita del bambino, questi verranno presentati
dettagliatamente. In particolare, l’attenzione congiunta, il gesto di indicazione e
l’autoriconoscimento, precursori che sono stati indagati all’interno della ricerca che
verrà presentata in questa Tesi.
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Nonostante l’interesse principale di questo Lavoro sia indirizzato allo studio dei
precursori, verranno presentati anche alcuni paradigmi sperimentali per valutare la
Teoria della Mente, all’età di 3-4 anni del bambino, come i “compiti della falsa
credenza”, utilissimi strumenti utilizzati sia con i bambini con sviluppo cognitivo tipico,
sia con quei bambini che presentano uno sviluppo atipico, come i bambini autistici.
Proprio in riferimento allo sviluppo della Teoria della Mente nei bambini autistici, verrà
presentato un breve contributo teorico, nel quale verranno delineate le caratteristiche
principali di tale disturbo e le principali difficoltà o anomalie, rintracciate già nei primi
mesi di vita del bambino, le quali sono implicate nello sviluppo atipico delle capacità
mentalistiche.
Nel terzo e ultimo capitolo verrà descritta la Ricerca Longitudinale presentata in questa
Tesi.
Ricordiamo che l’obiettivo primario della ricerca è stato quello di indagare se esiste una
relazione tra il temperamento del bambino e lo sviluppo della Teoria della Mente.
Per effettuare tale valutazione abbiamo misurato il temperamento del bambino,
attraverso la somministrazione di un questionario ad entrambi i genitori e osservato la
presenza di alcuni importanti precursori della Teoria della Mente: il gesto di indicazione
e il riconoscimento allo specchio.
Nella prima parte del terzo capitolo vengono, infatti, presentati gli obiettivi principali
della ricerca, i partecipanti che hanno costituito il campione osservato, il disegno della
ricerca, il setting e il materiale e le varie prove somministrate.
Ricordiamo, che il campione all’interno della ricerca è stato costituito da 11 bambini,
seguiti e osservati longitudinalmente dall’età di 16 mesi all’età di 20 mesi, attraverso tre
osservazioni (a 16 mesi, a 18 e a 20 mesi).
Infine, vengono presentati i risultati ottenuti attraverso la codifica delle varie prove,
l’analisi di questi e le conclusioni tratte sulla base dei risultati.
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Capitolo 1
IL TEMPERAMENTO INFANTILE
Premessa
In linea con l’obiettivo primario di questo Lavoro, ossia, quello di indagare l’esistenza
di un rapporto tra il temperamento infantile e la comparsa dei precursori della Teoria
della Mente, indagati attraverso l’osservazione di alcuni comportamenti presenti nelle
prime fasi di vita del bambino, la cornice teorica di riferimento di questo primo capitolo
sarà costituita dai principali modelli teorici delineati in riferimento al concetto di
temperamento.
1.1. La definizione di temperamento
All’interno della storia della psicologia, una delle definizioni più importanti di
temperamento fu quella prodotta da Allport (1937) attraverso il suo lavoro.
Secondo l’autore con tale concetto si indica l’insieme dei fenomeni caratteristici della
natura emotiva dell’individuo, incluse la sua suscettibilità di fronte agli stimoli emotivi,
la sua forza e la sua velocità di risposta, la qualità prevalente del suo umore, l’intensità e
le varie fluttuazioni. Questi fenomeni sono definiti come dipendenti dalla costituzione
dell’individuo, ossia, ereditari nella loro origine.
All’interno di questa definizione si evidenziano tre aspetti fondamentali:
1) il temperamento possiede una base costituzionale;
2) il temperamento include e definisce gli aspetti emotivi della personalità;
3) nello studio del temperamento si possono osservare comportamenti individuali
oggettivi di fronte alle varie stimolazioni ambientali (forza e velocità di risposta).
Un’altra definizione di grande fama, che riassume gli elementi più importanti del
concetto di temperamento, e quelli condivisi dalla maggior parte delle teorie, è quella di
Bates (1989), il quale lo definisce nel seguente modo: il temperamento è costituito da
differenze individuali precoci, a base biologica e osservabili nel comportamento
dell’individuo. Queste caratteristiche sono stabili nel tempo e nelle diverse situazioni,
ma nonostante ciò, anche l’esperienza e l’ambiente svolgono un ruolo importante
influenzando la modalità di espressione delle basi biologiche del temperamento. Tale
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concetto si applica a vari problemi di sviluppo e psicopatologici (Bates, Wachs, Vanden
Bos, 1995; Rothbart, Ahadi, 1994).
Parlando di temperamento è fondamentale differenziare tale concetto da quello di
personalità e da quello di carattere, spesso utilizzati come sinonimi, ma in realtà
fortemente diversi.
Il temperamento (dal latino temperamentum, significa unire le cose insieme nella giusta
misura) possiede un’evoluzione biologica, è presente negli esseri umani e negli animali
ed è osservabile fin dalla nascita, in quanto determinato da meccanismi fisiologici
innati, a loro volta influenzati dall’ambiente. Esso, inoltre, si riferisce agli aspetti
formali del comportamento, come il livello di energia e le caratteristiche temporali delle
reazioni. La sua funzione è quella di modulare la stimolazione delle attività, in
connessione al livello di reattività e di attivazione ottimale del soggetto (Strelau, 1983).
Invece, la personalità (dal latino persona, significa maschera) evolve a partire da
condizioni socio-storiche, è presente esclusivamente negli esseri umani e si costruisce in
base alle relazioni più significative vissute all’interno dell’ambiente, soprattutto
attraverso la socializzazione e l’apprendimento. Essa si riferisce ai contenuti del
comportamento come le motivazioni, le aspettative, i desideri e le mete. La sua funzione
è quella di integrare il comportamento umano, assicurando coerenza e regolazione
all’interno delle varie attività del soggetto (Strelau, 1983).
Infine, il carattere (dal greco kharàkter, significa impronta) si costituisce attraverso
l’interazione tra il temperamento e l’ambiente, esso rappresenta la componente più
dinamica della personalità, in quanto si modifica nel corso del tempo e in base alle
esperienze di vita e alla cultura di appartenenza.
Ritornando al concetto di temperamento, quando lo si descrive in maniera specifica è
utile distinguere tre fattori di analisi fondamentali, ossia, i livelli di descrizione, i
domini o le aree e gli approcci (Axia, 1994), che qui di seguito verranno descritti nello
specifico.
I Livelli di descrizione si riferiscono agli aspetti dell’individuo umano che vengono
indagati. Solitamente, vengono studiati tre livelli (Axia, 1994; Axia, Moscardino, 2000).
Il primo livello è dato dai comportamenti osservabili, che si presentano in modo
regolare e consistente e che differenziano gli individui tra loro. Per esempio, esistono
bambini frequentemente di cattivo umore e altri solari e sorridenti. Il comportamento
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osservabile è fortemente influenzato dall’ambiente di vita del bambino, dalla famiglia,
dalla cultura e dalla scuola che modellano l’espressione originaria del temperamento.
Per studiare il comportamento osservabile si utilizzano diversi parametri come la
frequenza e l‘intensità delle reazioni mostrate. Mentre per lo studio dei fattori
ambientali si valuta l’apprendimento e il contesto di vita.
Il secondo livello è dato dalle differenze neurologiche, le quali comprendono la
specializzazione emisferica, i neurotrasmettitori e i livelli ormonali.
Il terzo livello è relativo ai fattori costituzionali suddivisi in: fattori genetici e fattori
prenatali e perinatali. I primi vengono studiati analizzando le somiglianze e le differenze
tra individui che condividono in tutto il patrimonio genetico (gemelli monozigoti) o in
parte (gemelli dizigoti o fratelli). I fattori prenatali e perinatali sono invece quelli che
agiscono sullo sviluppo del feto.
I Domini o le aree si riferiscono appunto alle aree all’interno delle quali si manifestano
le varie caratteristiche individuali. Esse sono tre: le emozioni, l’attenzione e l’attività
motoria (Axia, Moscardino, 2000).
Per quanto riguarda le emozioni, gli individui differiscono tra loro in base alle emozioni
provate, alcuni possiedono una predominanza di emozioni positive, altri di emozioni
negative. Inoltre, presentano differenti risposte emotive alle novità (alta reattività e
bassa reattività), rispetto al contatto con persone sconosciute e agli stati fisiologici
interni.
Per quanto riguarda l’attenzione, negli anni Ottanta e Novanta i neonati venivano
classificati in long-lookers e in short lookers (Colombo, Mitchell, Coldren, Freeseman,
1991). I primi sono lenti nella codifica di uno stimolo nuovo e presentano maggiore
attenzione, mentre i short-lookers sono rapidi nella codifica di uno stimolo nuovo e
presentano minore attenzione.
Inoltre, gli individui presentano differenze anche nell’orientamento (spostamento), nella
regolazione (monitoraggio e distrazione) e nel mantenimento dell’attenzione
(persistenza).
L’ultima area è l’attività motoria, infatti, i soggetti si differenziano in base all’abilità
con cui riescono a svolgerla e alla necessità che provano nei suoi confronti.
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Infine, gli approcci si riferiscono al punto di vista principale dell’osservatore o del
teorico. Lo studio del temperamento può riferirsi all’individuo o all’interazione tra esso
e l’ambiente (Axia, Moscardino, 2000).
1.2. I primi contributi teorici allo studio del temperamento
Il concetto di temperamento è stato inserito all’interno della letteratura scientifica molto
tempo fa, ed essendo, come tanti altri termini della psicologia scientifica, un insieme di
costrutti ipotetici troviamo per esso molteplici definizioni (Goldsmith et al., 1987).
Fin dalle più lontane origini, lo studio del temperamento ha sottolineato l’importanza
della componente biologica nel comportamento umano. Anche la definizione odierna di
temperamento delinea le varie differenze relativamente stabili nel comportamento, però,
non ha più molto in comune con la formulazione “caricaturale” che se ne faceva
nell’antichità.
Gli esseri umani hanno sempre cercato di spiegare il fenomeno per il quale le persone
pur essendo molto simili per vari aspetti, sono anche così diverse tra loro per altri.
Come sappiamo, l’essere umano si trova a dover risolvere numerosi problemi sociali
durante la sua vita (Byrne, Whithen, 1988), e una delle caratteristiche principali di
questi ultimi è la loro imprevedibilità nelle reazioni degli altri (Humphrey, 1976). Per
questo motivo, si è sempre tentato di ridurre questa imprevedibilità, ipotizzando
l’esistenza di diverse categorie di persone, di cui si poteva predire il comportamento
nelle diverse circostanze.
Non stupisce, perciò, il fatto che possiamo trovare radici molto antiche nell’interesse per
il temperamento. Alla fine dell’Ottocento troviamo la “dottrina costituzionalista” che
definiva il temperamento come l’insieme delle componenti emotive della vita
psicologica, ancorate al sistema nervoso e relativamente stabili. Inoltre, ogni
caratteristica temperamentale veniva associata alla costituzione fisica.
Una delle definizioni più famose ripresa in quel periodo fu quella di Ippocrate (460
a.C.) e di Galeno di Pergamo (129-201 d.c), secondo la quale le persone possono essere
suddivise in base agli umori.
Gli umori sono quattro e sono collegati alla teoria cosmologica, che vedeva la presenza
di quattro sostanze costitutive dell’universo: acqua, aria, terra e fuoco.