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Recuperare le tradizioni e le abilità
tecniche di un luogo, elaborare nuove
forme di dialogo e conoscenza, promuoverne
il patrimonio ed esaltarne la ricchezza.
Questi gli obiettivi che hanno dato vita al
progetto “Sviluppo dei Saperi Artigianali
Tradizionali e Integrazione dei Sistemi
Produttivi in Marocco e in Italia”,
finanziato dal Programma di Sostegno alla
Cooperazione Regionale - APQ Mediterraneo,
Linea 2.1 Marocco realizzato dalle Regioni
Sardegna e Toscana.
Obiettivo primario del progetto è quello
di recuperare il patrimonio di competenze
materiali e delle tecniche artigianali
locali e allo stesso tempo di valorizzare
ed innovare la produzione artigianale
locale, sia nell’ottica di salvaguardare le
competenze tradizionali che di accrescerne
le possibilità di mercato.
Introduzione
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Nello specifico, la Regione Toscana,
Dipartimento Competitività del Sistema
Regionale e Sviluppo delle Competenze,
Sviluppo Toscana S.p.A., ha organizzato
tre workshop in collaborazione con il
CDL Magistrale in Design dell’Università
degli Studi di Firenze: due in Marocco ed
uno in Italia, al fine di raggiungere gli
obbiettivi prefissati dal progetto.
Il progetto di tesi presentato si è
sviluppato in due workshop: uno in Marocco
dove il lavoro è stato condotto con le
artigiane di Ifrane Alì; l’altro in Italia,
nel laboratorio del giovane ceramista
Alfredo Quaranta, progettando insieme
a due studenti marocchini dell’Istitut
National deux Beaux Arts di Tétouan.
Artigianato e design quindi come attori
principali di un progetto che si pone
l’obbiettivo di ridare identità ad un
luogo, il Mediterraneo, fin dall’antichità
portatore di conoscenze, traghettatore
di scambi e contaminazioni, soprattutto
attraverso gli oggetti rappresentanti
della cultura materiale e caratterizzati
spesso da un forte carattere simbolico.
Il rapporto design e artigianato viene
affrontato in un excursus storico che
va a sottolineare l’importanza che ha
avuto in passato la pratica artigiana,
sia precedentemente all’invenzione della
‘macchina’, che durante l’evoluzione del
disegno industriale, fino ad oggi.
La tesi si interroga sulla perdita
d’identità degli oggetti dovuta ai
molteplici fattori globalizzanti,
cercando di ridare alle ‘cose’, attraverso
l’avvicinamento della cultura progettuale,
propria del progettista, quella del fare
propria dell’artigiano, la loro valenza
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simbolica. Su questa tematica sono
stati affrontati i contributi offerti a
partire dagli anni ‘70 da Ugo La Pietra
e contributi più recenti come quello di
Whomade, che attraverso percorsi creativi
di collaborazione diretta con realtà
artigianali sviluppa concept e prodotti per
il mercato, e della galleria Subalterno1
che vede nell’autoproduzione dei giovani
designer una possibile alternativa alla
produzione serializzata.
La relazione tra design ed artigianato
nella contemporaneità è strettamente legata
al design per il territorio e quindi alla
rinnovata attenzione per i luoghi, dove
appare centrale la figura del designer come
attore sociale, capace di contribuire sì
allo sviluppo territoriale, ma anche alla
coesione sociale ed al miglioramento della
qualità della vita. A questo proposito è
stato analizzato il concetto di capitale
territoriale per esplicitare quali sono
le possibili strategie progettuali da
intraprendere in un determinato contesto,
affiancando delle esperienze ritenute
rilevanti tra cui quelle di Roberta
Morittu, impegnata in particolare nella
valorizzazione dell’artigianato sardo oltre
che al mantenimento ed allo sviluppo dei
saperi propri del bacino del Mediterraneo.
La tesi rientra anche nell’ampia tematica
del design con i Sud del mondo affrontata
attraverso i contributi di Victor Papanek,
con le considerazioni sulle responsabilità
del progettista e sul rapporto con società
e mercato; di Gui Bonsiepe in particolare
sulla rischiosa trasmissione di conoscenze
tecnologiche dai centri alle “periferie”
e non ultimo con il contributo di Lina
Bo Bardi, una donna che ha manifestato
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il dissenso verso il modello capitalista
non condiviso contrapponendo un progetto
imperfetto a quello impeccabile dei paesi
sviluppati, attraverso la ricerca sulla
‘creatività popolare’ e la ‘creatività
del necessario’. Sono stati inoltre
analizzati recenti interventi progettuali
svolti nei paesi del Sud del mondo tra
cui il costante impegno dei fratelli
Campana nelle periferie di São Paulo e il
recente Workshop etico svolto in Tunisia
dalla designer francese Matali Crasset; a
livello universitario sono state analizzate
le esperienze della Design Academy di
Eindhoven, dello IUAV di Venezia e del
Corso di Laurea in Disegno Industriale di
Firenze.
Quindi design e artigianato, design per
il territorio e design con i Sud al fine
di apportare un contributo alla disciplina
che nel periodo post-industriale,
caratterizzato dal declino del capitalismo,
dalle problematiche ambientali e dal
frazionamento dei mercati, riavverte
la necessità di recuperare una tensione
progettualmente etica.
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“Io penso che Il mare, così come sI può amarlo
e vederlo, sIa Il pIù grande documento
esIstente sulla sua vIta passata”
(F.Braudel, 1946)
“Che cos’è il Mediterraneo? Mille cose
insieme. Non un paesaggio, ma innumerevoli
paesaggi. Non un mare, ma un susseguirsi
di mari. Non una civiltà, ma una serie di
civiltà accatastate le une sulle altre.
Viaggiare nel Mediterraneo significa
incontrare il mondo romano in libano, la
preistoria in Sardegna, le città greche
in Sicilia, la presenza araba in Spagna,
l’Islam turco in Jugoslavia. Significa
sprofondare nell’abisso dei secoli, fino
alle costruzioni megalitiche di Malta o
alle piramidi d’Egitto. Significa incontrare
realtà antichissime, ancora vive, a fianco
dell’ultramoderno: accanto a Venezia
nella sua falsa immobilità, l’imponente
agglomerato industriale di Mestre;
accanto alla barca del pescatore, che è
ancora quella di ulisse, il peschereccio
devastatore dei fondi marini o le
1. Il Mediterraneo
un crocevia antichissimo
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enormi petroliere. Significa immergersi
nell’arcaismo dei mondi insulari e nello
stesso tempo stupire di fronte all’estrema
giovinezza di città molto antiche, aperte
a tutti i venti della cultura e del
profitto, e che da secoli sorvegliano e
consumano il mare.
Tutto questo perché il Mediterraneo è un
crocevia antichissimo”
1
.
l’ espressione Attorno al Mediterraneo
racchiude in sé una molteplicità di
significati e messaggi che lasciano spazio
a differenti interpretazioni.
Mediterraneo è incontro, confronto,
talvolta scontro tra popoli, trasmissione
di saperi, usi e costumi, scambio di merci
e conoscenze.
al contempo fattore di unione e di
divisione, dove le distanze geografiche
possono sembrare oggi più brevi rispetto
al passato, è fortemente caratterizzato da
distanze culturali difficili da colmare. Ed
è proprio in questo scoglio che vanno a
frangersi tutti i tentativi di imposizione
di una globalizzazione forzata e che mal
si conforma alla gente di questo mare.
all’imporsi di diversi aspetti appartenenti
alla società dei consumi esistono in
parallelo risposte che originano,
consciamente e non, dalle radici di
dette civiltà che hanno fatto la storia
del Mediterraneo e che continuamente ne
ridefiniscono i confini; confini questi
solamente politici o linguistici, poiché
la mescolanza delle genti ha dato origine
nel tempo ad un’unica civiltà, quella
mediterranea.
1 Fernand Braudel, Il Mediterraneo: lo spazio, la
storia, gli uomini, le tradizioni, Bompiani, Milano 2010,
pp. 7-8.
“attorno al
medIterraneo”
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diogo Homem, Carta
Nautica del Mare
Mediterraneo – 1570 –
The British library Board
È la costante compresenza di fattori
contrastanti che alimenta e allo stesso
tempo custodisce la memoria e tutto
ciò che la va a definire, a partire
dalle tradizioni fino all’artigianato
dei luoghi. Per mezzo di quest’ultimo,
uomini e donne salvaguardano antiche
tipologie di lavorazione, l’identità
locale e la collettività stessa, che
risulta unita e sempre più spesso a queste
identificata; analogamente attraverso forme
e in particolare decorazioni esprimono
la propria condizione sociale ovvero
significano i propri pensieri o emozioni.
“Il Mediterraneo è un orizzonte culturale
più che un confine geografico, connota
un’appartenenza storica più che un
territorio definito. È centro di modi
di abitare diversi, di circolazione
di merci e informazioni; deposito di
sedimentazioni storiche, luogo di
maturazione di nuove culture attraverso
una particolare attitudine al sincretismo
tecnologico; nodo di confluenza di saperi
e tradizioni in un corpo stratificato e in
divenire. Il Mediterraneo è interpretabile
secondo Braudel come “cicatrice” tra
la cultura occidentale e la cultura
orientale. l’identità mediterranea è
quindi porosità, capacità performativa di
assorbire e rielaborare concezioni di vita
differenti”
2
.
2 Francesca la rocca, Le civiltà del design: il
Mediterraneo come orizzonte culturale, in raffaella
Fagnoni, Paola Gambaro, Carlo Vannicola (a cura di),
Medesign_forme del Mediterraneo, alinea, Firenze 2004, p.
148.
mediterraneo come
orizzonte culturale
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19 19
“Il mediterraneo è altrove. È la negazione
stessa di roma e del genio latino. non
è affatto classico e ordinato. È diffuso
e turbolento, come i quartieri arabi o i
porti di genova e della tunisia. Il senso
dell’annientamento e della noia, le piazze
deserte a mezzogiorno in spagna, la siesta,
ecco il mediterraneo vero. ed è all’oriente
che si avvicina”
(alBerT CaMuS, 1937)