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CAPITOLO 1
LA COMPRENSIONE DEL TESTO ORALE
1.1 Introduzione
L’interesse per lo studio dei processi e dei meccanismi psicologici sottostanti la
comprensione dei testi, può essere fatto risalire all’inizio degli anni Settanta, non
appena le basi teoriche e le procedure sperimentali dell’approccio cognitivista si
mostrarono particolarmente adatte allo studio dei complessi processi sottostanti la
comprensione dei testi. Viene, infatti, individuata un’analogia tra il comportamento
umano volto ad uno scopo e il diagramma che rappresenta il flusso dell’informazione in
un programma per calcolatore. Si ritiene che i sistemi di comunicazione artificiale, ad
esempio i calcolatori, possano costituire il modello usato dell’essere umano per
comunicare e interagire con l’ambiente. In questo capitolo andrò ad analizzare come i
bambini interpretano il linguaggio a loro rivolto, sotto forma di parole, frasi e discorsi e
a quali informazioni fanno riferimento per rintracciare i significati trasmessi delle
espressioni frasali. Sotto la definizione di comprensione rientrano una serie di processi
mentali che vanno dalla percezione acustica del suono (fonetica), all’identificazione
delle parole (fonologia), all’identificazione dei legami interni tra le parole (grammatica-
sintassi), alla costruzione dei significati (semantica), e infine all’interpretazione delle
intenzioni di chi ha trasmesso il messaggio e il contesto in cui avviene l’interazione
linguistica (pragmatica). Descrivere i fenomeni legati all’elaborazione del linguaggio, è
molto complicato data, la complessità delle variabili implicate e la difficoltà nel
monitorare i cambiamenti evolutivi deputati a descrivere i passaggi e individuare le
strategie adottate dai bambini nel corso dell’evoluzione linguistica. Uno dei problemi
più evidenti è che, a differenza di ciò che avviene per la produzione, non esiste una
conoscenza codificata dei fenomeni di comprensione del linguaggio. Infatti, mentre
negli studi sullo sviluppo della produzione è possibile valutare il linguaggio dei bambini
facendo riferimento alle caratteristiche della lingua adulta contenuta nelle grammatiche,
per gli studi sulla comprensione dei singoli aspetti grammaticali è necessario
confrontare di volta in volta le prestazioni dei bambini con quelle degli adulti osservati
in condizioni analoghe. Un altro problema è rappresentato dall’impossibilità di studiare
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la comprensione in un contesto spontaneo di comunicazione così come avviene nello
studio della produzione del linguaggio. Essendo, infatti, molto difficile tenere sotto
controllo tutti gli aspetti cui un adulto o un bambino fanno riferimento per interpretare
un messaggio, gli studi sulla comprensione adottano preferenzialmente metodi
sperimentali. La costruzione di paradigmi sperimentali limita l’oggetto d’indagine e,
tiene sotto controllo le variabili coinvolte nell’elaborazione linguistica. Lo studio di
questi processi riguarda l’analisi dell’insieme di trasformazioni cui un testo viene
sottoposto quando è percepito e compreso. Queste trasformazioni hanno lo scopo di
formare una rappresentazione semantica da conservare in memoria. Generalmente i
temi, i problemi e i modelli teorici relativi alla comprensione del testo, non sono nati
specificamente in ambito evolutivo ma, al contrario, la ricerca sui bambini si basa su
ipotesi ricavate dall’indagine sugli adulti. Nonostante ciò, prima ancora che i teorici
cognitivisti si occupassero dello studio della comprensione dei testi, Piaget (1923) nel
suo libro Linguaggio e Pensiero affronta lo studio della comprensione dei testi nei
bambini, attraverso una serie di indagini atte a mettere in luce la complessità del
fenomeno. A mano a mano la teoria di Piaget sullo sviluppo si caratterizzò per il fatto
che tutti i fenomeni psichici furono posti sotto il controllo delle strutture intellettuali. Il
linguaggio fu preso in considerazione solamente a titolo di fattore che, fra gli altri,
rappresenta un elemento facilitante, ma non determinante, dello sviluppo intellettuale;
lo studio dei processi di produzione e comprensione linguistica venne perciò
abbandonato da Piaget. Queste considerazioni, però, non rendono marginale la sua
teoria, che cerca di fornire delle spiegazioni su come il sistema di conoscenze del
bambino subisca delle modificazioni ai fini di ottenere una buona comprensione del
testo. L’interesse è rivolto alle modificazioni strutturali che consentono al sistema di
conoscenze di darsi forme in grado di interagire con la realtà. Considerando lo sviluppo
come il risultato della ricerca di equilibrio tra assimilazione e accomodamento, anche
nella comprensione dei testi lo sviluppo può essere inteso come il prodotto di due
tendenze complementari. La prima, che corrisponde alla tendenza di assimilazione,
consiste nell’attribuire significato alla realtà attraverso l’applicazione ad essa di sistemi
di conoscenza pregressa. La seconda corrisponde all’accomodamento di questi sistemi
che vengono adeguati sotto l’influenza delle nuove informazioni. Quello che si sviluppa
sarebbe perciò la capacità di elaborare la realtà in funzione delle strutture di conoscenza
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possedute e, allo stesso tempo, di arricchire queste ultime grazie alle opportunità di
scambio che si hanno continuamente a disposizione. Secondo questo punto di vista, la
comprensione può essere intesa come il risultato dell’equilibrio tra la funzione
dell’assimilazione e la funzione dell’accomodamento. Tuttavia, la descrizione fornita da
Piaget (1923), non può essere considerata come una vera e propria spiegazione, infatti,
non è in grado di dimostrare come si realizzano i livelli di equilibrio tra assimilazione e
accomodamento sempre più avanzati, e come questi diano luogo a processi di
comprensione sempre più profondi. Lo scopo che mi sono dunque prefissa di
raggiungere con questo capitolo, è quello di individuare le componenti e i meccanismi
psicologici in grado di determinare lo sviluppo della capacità di comprendere i testi nei
bambini.
1.2 Il testo narrativo
Il processo di comprensione è stato oggetto di ricerca sin dagli anni Settanta: all’inizio
l’obiettivo era di far dialogare l’essere umano con il computer, ma è stata ben presto
evidente la più ampia rilevanza scientifica e applicativa del tema. Infatti, la
comunicazione umana non avviene attraverso parole o semplici frasi ma attraverso
discorsi e testi: l’unità della comunicazione è perciò costituita dai testi e dai discorsi,
cioè da sequenze di frasi caratterizzate da un’organizzazione. La sequenza di frasi che
compone un testo deve essere caratterizzata da coesione (Halliday e Hasan, 1976), i
componenti di ciascuna frase e delle frasi devono essere connessi tra di loro da indici
grammaticali che rendono il testo coeso. La coesione riguarda la relazione tra ciò che
viene espresso in parti diverse del testo e viene raggiunta attraverso il rispetto delle
regole morfosintattiche nella costruzione di ciascuna frase: riferimenti temporali,
concordanza temporale, ordine delle parole. La coesione riguarda anche gli indici
linguistici espliciti che collegano una frase alla successiva e cioè le congiunzioni, gli
avverbi e qualunque altra espressione destinata a stabilire la relazione tra due frasi (ad
esempio “in conclusione”, “per riassumere”). La coesione si riferisce quindi a
caratteristiche di superficie (De Beaugrande e Dressler, 1981) e non ad aspetti profondi,
relativi al significato o alla struttura profonda del testo. Il criterio di coerenza permette,
invece, di indicare le condizioni grazie alle quali il testo soddisfa il principio di
connessione semantica fra le frasi. Si dice che i testi sono coerenti quando le frasi che lo
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compongono sono semanticamente connesse, parlano della stessa cosa, hanno in
comune un argomento o un tema (Van Dijk, 1995). Fin dalla più tenera età il bambino
si trova immerso nel mondo delle narrazioni: non solo fiabe, favole e storie tipiche della
cultura in cui vive, ma anche racconti di esperienze quotidiane in cui i protagonisti
possono essere personaggi familiari o addirittura loro stessi, come accade nei racconti
autobiografici. Molto spesso si tratta di racconti ripetitivi che si intrecciano per costruire
l’identità del soggetto, e che ne fanno la sua biografia e il modo in cui “si racconta” a se
stesso e agli altri (Smorti, 1997; Cavarero, 1997). Le narrazioni, sia quelle fantastiche,
sia quelle verbali sia quelle visive o audiovisive accompagnano il bambino per tutta la
vita, che senza esserne sempre pienamente consapevole, entra ed esce continuamente da
qualche narrazione. Poiché si possa parlare di testi narrativi, è necessario distinguere fra
questi e altri tipi di testi: occorre, quindi, avere a disposizione dei criteri che ci
permettono di distinguere e individuare caratteristiche condivise da quella classe di testi
che chiamiamo appunto storie o narrative e che però non sono possedute da altre classi
(testi argomentativi, scientifici, ecc.). Questa operazione non è facile dato che la gamma
di testi che si possono considerare narrativi è piuttosto vasta, si va dalla semplice storia
composta di un solo episodio, al romanzo che narra lo svolgersi di una lunga sequenza
di episodi connessi da legami causali e temporali, a volte non lineari, in cui sono
raccontate le vicende di numerosi personaggi. A questa differenza si aggiungono, poi, le
diversità di stile, per cui ci sono racconti in terza persona o in prima persona e le
diversità nel ritmo di narrazione a seconda che lo scopo dell’autore sia di comunicare
solo le informazioni salienti o di spingere il lettore a soffermarsi più a lungo su alcune
sequenze narrative. Queste diversità rendono difficile l’individuazione di criteri univoci
per distinguere le narrative da tutti gli altri tipi di testi e per definire che cosa si intende
quando si parla di testo narrativo. Nonostante ciò, nella nostra cultura ciascuno possiede
una specie di “conoscenza intuitiva”, spontaneamente costituita attraverso l’ascolto e la
lettura di questo tipo di testi, che ci permette di riconoscere una storia e di discriminare
un racconto da una descrizione, un film da un documentario, una novella da un saggio e
così via (Stein e Glenn, 1979). La struttura testuale di una storia è caratterizzata da
un’organizzazione formale comune a ciascun testo riconosciuto come storia. La
grammatica delle storie descrive tale organizzazione, individuando le parti di cui una
storia è costituita e le rispettive relazioni causali e temporali. La conoscenza implicita di
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questa grammatica funge da guida per chi comprende una storia, analogamente a quanto
accade per le frasi, le quali possono essere comprese se il bambino possiede una esatta
conoscenza delle regole grammaticali. Tale conoscenza intuitiva, non consapevole, è
stata denominata schema delle storie, per sottolineare che si tratta di una conoscenza
astratta, non riferita ad una particolare storia, e per questo predittiva, in quanto consente
di creare aspettative sulla forma che una storia dovrebbe avere. Ogni storia è
caratterizzata da un’ambientazione e un episodio. La prima si trova in genere all’inizio
della narrazione e introduce il protagonista e l’ambiente fisico e sociale in cui si svolge
la storia. L’episodio invece è costituito da una sequenza di fatti e avvenimenti
denominati categorie delle storie: si comincia con l’evento iniziale, il fatto che accade
al protagonista e dal quale nasce la sua reazione, ossia i suoi stati affettivo - emotivi e la
sua rappresentazione dello scopo da perseguire; seguono i tentativi messi in atto per
raggiungere questo fine, i quali a loro volta provocano delle conseguenze (ad esempio,
l’obiettivo del personaggio è stato raggiunto, il suo progetto realizzato); la storia si
chiude con un finale che in genere include una valutazione, come, ad esempio, “vissero
felici e contenti”( Stein e Glenn, 1979). Ciascuna categoria è connessa alle altre da
relazioni temporali e causali. Nei prossimi paragrafi andremo a vedere come, la
presenza o meno di una grammatica delle storie all’interno di un testo, e la capacità del
bambino stesso di rintracciarla all’interno della narrazione, possa influire sulla
comprensione di quest’ultima.
1.3 Il rapporto tra la comprensione del testo orale e del testo scritto
Come abbiamo visto, i testi narrativi sono caratterizzati da proprietà strutturali che si
possono considerare stabili, nonostante la categoria delle narrative sia piuttosto ampia e
disomogenea. Considerando che molte delle ricerche presenti in letteratura fanno
riferimento allo studio della comprensione di testi scritti (lettura), ho ritenuto opportuno
dedicare un paragrafo di questo capitolo all’indagine dei rapporti esistenti tra la
comprensione del testo orale e quella del testo scritto. Ho voluto verificare se lo schema
mentale e le proprietà strutturali dei testi narrativi, siano uniche e indipendenti dal modo
con cui si presentano, scritta e orale, oppure se esistano delle caratteristiche specifiche
per ciascuna modalità. Quando il bambino apprende la lingua scritta e cioè impara a
leggere e a scrivere, deve usufruire di tutte le conoscenze e abilità linguistiche e non
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linguistiche acquisite fino a quel momento. Tra le due modalità, lo scritto e l’orale,
esistono perciò differenze che possono incidere sull’economia e sulla gestione delle
risorse durante l’elaborazione. Il testo scritto rimane a disposizione del lettore, il quale,
in base alle proprie capacità di elaborazione, può procedere più o meno rapidamente
nella lettura, può rileggere qualche passaggio difficile o ritornare indietro se si rende
conto di aver perso qualche informazione importante. Il testo orale, invece, deve essere
elaborato durante l’ascolto; non si può tornare indietro e se l’elaborazione è rallentata o
a causa di una parola "difficile", o a causa di una costruzione sintattica complessa, la
comprensione ne risente ed è difficile rimediare. Perciò, pur non avendo il carico della
decodifica (conversione grafema-fonema), il testo orale impegna la memoria in misura
maggiore dello scritto e richiede uno sforzo attentivo superiore. Nonostante l’esistenza
di alcune differenze tra linguaggio scritto e orale, gran parte della letteratura recente
sostiene che i processi sottostanti la comprensione del testo orale e del testo scritto sono
analoghi: in entrambi i casi compaiono un insieme di abilità che portano alla
costruzione di una rappresentazione mentale di quanto è stato letto o ascoltato
(Diakidoy, Stylianou, Karefillidou e Papageorgiou, 2005). Le abilità e le conoscenze
utilizzate nella comprensione del linguaggio orale sono trasferite alla comprensione del
linguaggio scritto. E’ per questo motivo che l’abilità di comprensione del testo orale
viene considerata il miglior predittore dell’abilità di comprensione del testo scritto.
1.4 La comprensione della soggettività nelle narrative
Nei testi narrativi possiamo distinguere due scenari differenti: quello delle azioni e
quello della coscienza (Bruner, 1991). Il primo riguarda il livello dei fatti, delle azioni,
degli ambienti, il secondo, invece, l’insieme degli stati interni, dei punti di vista dei
personaggi: le loro emozioni, affetti, credenze, valori. Studiando la comprensione dei
testi nei bambini, si possono comprendere quindi sia aspetti legati al funzionamento
cognitivo, come ad esempio l’elaborazione dell’informazione linguistica complessa,
l’uso di conoscenze precedenti, la capacità di trarre inferenze, sia aspetti legati alla
comprensione emotiva, in particolare la capacità di comprendere le emozioni dei
personaggi, di provare atteggiamenti empatici e di comprendere la soggettività. Una
comprensione profonda richiede perciò che siano colti entrambi questi livelli di analisi.
In età evolutiva è più semplice comprendere e rievocare la sequenza delle azioni
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piuttosto che lo scenario della coscienza, per almeno due motivi: il primo riguarda il
fatto che gli stati interni del personaggio non sono sempre espliciti, ma possono essere
impliciti e perciò ricostruiti solo attraverso dei processi inferenziali; il secondo è che la
conoscenza degli stati mentali e delle emozioni, è il risultato di un lungo e complesso
processo evolutivo. Gli studi evolutivi sulla conoscenza degli stati interni soggettivi
riguardano la comprensione delle emozioni e la rappresentazione degli stati mentali
altrui, di ciò che l’altro conosce, sa, percepisce, crede: precisamente si tratta della
cosiddetta “teoria della mente”, che stabilisce le concezioni che gli individui hanno
circa gli stati mentali propri e altrui (Camaioni, 1995a). Fra i tre e i quattro anni inizia a
svilupparsi nei bambini una teoria della mente in grado di mettere in relazione causale i
desideri, le credenze, i comportamenti e le emozioni, almeno le più semplici, quali
felicità, rabbia e tristezza (Stein, Levine, 1990). Attorno ai quattro anni il bambino
acquisisce la capacità di tenere separate le proprie conoscenze da quelle degli altri; solo
a questo punto può concepire che gli altri compiano delle azioni sulla base di credenze
erronee (Perner, Leekam e Wimmer, 1987). Infine, tra i cinque e gli otto anni
l’evoluzione della competenza emotiva consente di riconoscere e attribuire agli altri
emozioni complesse, come la vergogna, l’orgoglio, il senso di colpa, nelle quali la
relazione tra la realtà dei fatti e le azioni, da un lato, e i vissuti emotivi, dall’altro lato, è
mediata dalla capacità di autoriflessione (Harris, 1989). A tre anni il bambino ancora
non è in grado di comprendere che un personaggio mascherato possa conservare la
propria identità, ad esempio nella storia di Cappuccetto Rosso, se da un lato si ritiene
che quando sia travestito da nonna, il lupo si comporterà come una nonna, dall’altro si
crede che anche Cappuccetto Rosso sappia che sotto quei panni c’è un lupo (Peskin,
1996). La contraddizione non viene colta, in quanto i confini tra la realtà e le
rappresentazioni, non sono chiari: Keil (1989) ha riscontrato che solo attorno ai cinque
anni i bambini sono in grado di riconoscere che un gatto è tale anche con una maschera
di cane, o che un cavallo è tale, anche se sul suo corpo sono state dipinte delle strisce
come quelle di una zebra. Attorno ai quattro anni, oltre ad essere comprese
correttamente le “false credenze”, avviene anche un salto qualitativo nella
comprensione delle storie, il bambino capisce che le sue conoscenze riguardanti i
pensieri dei personaggi, le loro emozioni e aspettative, non sempre sono le stesse del
personaggio. La conoscenza che le azioni umane sono guidate da scopi, da conoscenze,
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aspettative e desideri si può manifestare già dal terzo anno di vita. I testi narrativi
rappresentano uno strumento importante per la comprensione della psiche umana e
rappresentano anche una parte essenziale e significativa del materiale che tutti abbiamo
a disposizione per costruire una “teoria della mente”. Le elaborazioni cognitive che ci
permettono di comprendere la soggettività nella narrativa, sono caratterizzate anche da
un aspetto energetico, motivazionale e affettivo – emotivo. Nel bambino o nell’adulto
che legge o ascolta una storia, si manifesta il desiderio di comprendere i personaggi
grazie ad uno stato emotivo che è innato nell’essere umano: l’empatia che si prova
osservando uno stato emotivo nell’altro. L’empatia, dunque, mette in moto un circolo
virtuoso: l’emozione del personaggio si riproduce nel soggetto e tale vissuto emotivo
attiva la ricerca degli indizi per comprendere come mai nel personaggio si sia
determinata quell’emozione, e quali circostanze l’abbiano provocata. L’empatia nel
corso dello sviluppo può assumere diverse forme: all’inizio funziona per contagio e
deriva da una forma automatica di riconoscimento dello stato emotivo dell’altro, senza
alcuna mediazione cognitiva; nelle forme più evolute invece è mediata dal linguaggio e
dunque può essere attivata dalla lettura o dall’ascolto di un racconto. Buona parte del
piacere che si prova nella lettura, come nella visione di un film o nell’ascolto di una
storia, consiste nel fatto che si possono provare emozioni senza esporsi a situazioni reali
e pericolose. Oltre ad aumentare il piacere, l’empatia ha l’effetto di migliorare la
comprensione: Phillips (1988) sostiene che una strategia in grado di differenziare in
modo significativo lettori di 11-12 anni con buoni punteggi nei test di comprensione da
quelli con punteggi bassi, è la capacità di immedesimarsi nella situazione descritta nella
storia, empatizzare con il personaggio, interpretare i suoi stati interni, coinvolgersi e
provare gli stati emotivi del personaggio.
1.5 I processi di comprensione
I modelli più recenti e attendibili sulla comprensione di testi sono stati sviluppati
attraverso studi condotti con adulti (Gernsbacher, 1994; Kintsch, 1998), ma hanno
dimostrato la loro validità anche in ambito evolutivo (Levorato e Nesi, 2001). Tutte le
ricerche sull’argomento sostengono che la comprensione del testo sia un’attività
complessa cui concorrono diverse abilità di natura sia linguistica sia cognitiva. Le
informazioni contenute in un testo, sono troppo complesse affinché siano ricordate tali e