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PRESENTAZIONE
Mussolini aspirava a passare alla storia come il condottiero degli
italiani che aveva saputo imporre l’Italia fascista all’ammirazione
del mondo intero e per raggiungere l’obbiettivo di innalzare l’Italia
a un ruolo di primo ordine nello scacchiere europeo, non esitò ad
attuare una serie di scelte azzardate, largamente superiori alle reali
possibilità italiane, specie in campo militare, fino a condurre
l’Italia in una guerra disastrosa e folle per come fu concepita e per
come fu condotta.
L’uso continuo di slogans e parole che inneggiavano allo splendore
assoluto di un’Italia forte, fondata su valori e disciplina
(contrariamente ai popoli avversi) riconducevano sempre al “duce
di tutte le vittorie”, come si può leggere in un manifesto dell’epoca
(20 giugno 1940), uno dei veicoli attraverso i quali si tentava di
alimentare il credo fascista. Manifesti ripetitivi, spesso fin troppo,
anche se talvolta solo per alcune parole, divenute poi espressioni di
un vero e proprio culto o anche il perdurare di temi che
particolarmente eccitavano le fantasie dei cittadini italiani,
impegnati con tutte le proprie forze nel sogno comune di far
primeggiare la patria. Di particolare effetto risultava il tema della
madre che spronava il figlio alla lotta, al fine di conseguire la
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vittoria (ben presto il perdurare della guerra e delle difficoltà
connesse ad essa farà mutare tale figura eroica, coraggiosa, in
quella della vecchietta timorosa per la sorte del proprio figlio).
Questa propaganda, già sperimentata durante la campagna
d’Etiopia, fu ampiamente sfruttata insieme all’immagine della
guerra in Africa, laddove gli italiani giunsero a portare un po’ di
civiltà, nonché gli immancabili valori. Il momento delicato
richiedeva di non lasciare nulla al caso, di escludere le superficialità
e i tantissimi concetti che portavano avanti le convinzioni di vittoria
“facile”, ricoprirono un ruolo fondamentale nella propaganda
fascista. Vincere! ... era forse la parola che più di ogni altra ricalcò
la propaganda fascista, la volontà italiana di emergere e anche la
falsa illusione di risolvere il conflitto bellico in poco, pochissimo
tempo, magari con un numero irrilevante di morti, necessario tra
l’altro, (come sostenne il duce) per sedersi al tavolo dei vincitori. Il
mito di Mussolini, creato in 20 anni di propaganda fascista, ha
finito per rivelarsi inevitabilmente effimero, poiché fondato su false
illusioni se si pensa all’impreparazione italiana in guerra e anche di
più all’arretratezza e inadeguatezza dei mezzi bellici (se comparato
all’enorme potenziale tecnologico americano quello italiano
risultava illusorio, ma in realtà era inferiore di gran lunga anche a
tutte le altre nazioni). Si richiedeva lo spirito di sacrificio, di
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adempiere agli obblighi nei confronti della patria che confluivano
sempre nell’uomo-guida Mussolini: la tenacia e il coraggio italiano
avrebbero superato facilmente il potenziale tecnologico e il denaro
nemico (altro tema molto sviluppato), bastava credere ciecamente
nel duce, sempre tanto vicino alle famiglie italiane, specie alle più
bisognose. Ma tutto ciò non ebbe il seguito tanto invocato dal
dittatore. La guerra acuì, col passare dei mesi, la sofferenza, la
fame, la sporcizia e molti altri disagi non più sopportabili perché
troppi, tanti, ma anche perché si cominciò a dubitare nel duce,
nell’uomo che nei suoi intenti doveva innalzare la condizione
italiana a suprema.
Interessante sarà osservare, scrutare le sensazioni, i sentimenti delle
persone circondate da un sistema di censura che limitò in modo
assoluto ogni forma di libertà. I bombardamenti e la fame
risulteranno di sicuro i mali peggiori tra tanti altri, una lotta
continua per sopravvivere, capace di sottolineare incredibili
atrocità, nonché l’inutilità di una guerra persa in partenza.
Sarà importante e interessante visionare i rapporti stilati dai
carabinieri sulle condizioni di vita delle persone, estreme, disperate,
lacerate da stenti e privazioni, osservare come la penuria di cibo
sarà una costante continua un po’ ovunque. Rilevante risulterà porre
l’attenzione sulle lettere della censura fascista e quindi entrare in
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comunione con lo spirito dell’epoca, con l’immaginario collettivo
di quegli anni per l’appunto tramite la lettura di questi documenti,
alcuni davvero colmi di esasperazione, nonostante sia ancora
presente la fede, la fiducia e il rispetto per Mussolini.
Una serie di interviste (casalinghe, bambini, combattenti) sul
territorio di terra di lavoro, mostrerà, una volta di più, gli orrori di
una guerra priva di senso per significati e modalità. Nonostante tali
orrori molti si dichiareranno ancora oggi legati al duce, al suo
credo, segno evidente che la propaganda fascista di quegli anni ha
per davvero influenzato le persone a punto tale da far scivolare in
secondo piano le torture, le ingiustizie subite direttamente o
indirettamente (è chiaro che gli oltre 50 anni trascorsi dalla fine
della guerra hanno avuto il loro peso nel cambiare o nel deformare i
ricordi). Alcune persone legate ancora al duce, colpevolizzeranno,
di contro, le squadre fasciste, poiché crudeli, colpevoli di abusare
del proprio potere, ma non è forse vero che si limitavano a eseguire
le direttive provenienti dall’alto? Il motivo comune, di unione tra le
persone intervistate risulterà di sicuro la paura per un domani
sempre più incerto e colmo di privazioni, di sofferenze di varia
natura, capaci di minare orgoglio, patriottismo e coraggio. I
protagonisti parleranno di emozioni provate oltre 50 anni fa come
se fossero ancora vive o quantomeno vissute di recente, segno
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preciso di quanto quei pochi anni di guerra abbiano inciso
maggiormente rispetto al resto di una vita intera: è naturale,
ovviamente, portare all’esasperazione quelle emozioni provate in un
periodo tanto duro quanto poteva essere quello della seconda guerra
mondiale.
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CAPITOLO PRIMO :
IL MITO MUSSOLINI
I. 1: L'IMMAGINE DEL DUCE AL SUO APICE
La costruzione del mito del duce da parte della propaganda fascista
è un argomento ampiamente studiato e trattato. Esisteva una forte
intolleranza verso le manifestazioni popolari, mentre, di contro, si
era pronti ad appoggiare chiunque fosse disposto a usare la “mano
forte”. Questo sistema autoritario era assicurato da una grande
capacità comunicativa, la “propaganda” appunto, attraverso la quale
veniva stabilito un controllo totalitario sull’informazione e sulla
cultura. La propaganda fascista, dichiaratamente antidemocratica,
faceva appello al principio della superiore “unità nazionale”. Si è
portata, invece, minore attenzione alle forme della ricezione da
parte del mito da parte delle persone. Per questo tipo di lavoro può
risultare fondamentale come fonte i rapporti degli informatori
dell’Ovra(1), che costituiscono la più vasta documentazione sugli
umori dell’opinione pubblica durante il fascismo o anche le lettere
che venivano intercettate dalla censura.
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La vecchia immagine del duce “Salvatore della pace” non si incrina
nemmeno con l’intervento in guerra; la gente considera che
Mussolini abbia fatto il possibile per scongiurare la guerra; da molti
viene considerata un passaggio necessario per giungere a una pace
sicura. Si pensa a un riscatto dalle prepotenze e dalle ingiustizie da
parte dei popoli ricchi, all’inizio di un periodo di benessere per
l’Italia attraverso la macchina bellica tedesca, ma anche e
soprattutto attraverso la genialità politica del duce. Il duce diviene,
quindi, nell’immaginario popolare, il “giustiziere”, capace di
vendicare i torti subiti dall’Italia e il “padre premuroso” che
assicura il benessere ai suoi adorati figli (gli italiani). “Si trae da
certi discorseti con gente umile”, scrive un informatore dell’Ovra da
Roma, “la comprensione diffusissima che Mussolini stia per
risolvere a fondo una volta per tutte, oltre il problema politico e
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(1) A. M. Imbriani (Gli italiani e il duce. Il mito e l’immagine di Mussolini negli ultimi anni
del fascismo, Napoli, 1992, p. 223) tiene conto di un elemento finora ignorato: le relazioni
dell’Ovra, hanno differente valore documentario, secondo l’informatore che le ha redatte. Non
si conoscono i nomi, ma possono essere distinti attraverso le sigle con le quali firmavano le
relazioni. Secondo Imbriani c’erano i pessimisti e gli ottimisti, i critici e gli ingenui, i fanatici e
gli equilibrati, gli onesti e i disonesti e poi si differenziavano anche per grado di cultura
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morale dell’Italia, quello economico di ogni famiglia italiana
procacciandole aria più salubre e più libera sul piano dell’impero
consolidato e ampliato(2)”. Secondo la propaganda fascista le umili
origini del duce (figlio di un fabbro e di una maestra) unitamente al
fatto che, allorquando emigrato in Svizzera, ha svolto i lavori più
duri, lo mettono in condizione di comprendere meglio i problemi
della gente comune. Al mito di Mussolini “padre premuroso” e
“giustiziere” si affianca, quindi, quello di “figlio del popolo”. In
seguito agli eventi della primavera del 1940 il mito di Mussolini
sembra consolidarsi. La scelta di allearsi con la Germania, in un
primo momento osteggiata, adesso appare abile e vincente. Si
ritiene che Mussolini abbia avuto fiuto a schierarsi in tempo con il
più forte. Si rafforza quindi il mito della sua chiaroveggenza e
infallibilità(3).
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(2) ACS, PNF, b. 19, “Roma”, relazione del 17 maggio 1940.
(3) Secondo Weber una comunità innalza una persona a proprio capo quando gli riconosce
delle qualità straordinarie e quando si pensa che la sua missione coinvolga per l’appunto
l’intera comunità. La teoria weberiana della leadership carismatica può essere ricostruita
attraverso le opere Economia e Società, II ediz., Milano, 1968; Sociologia delle religioni,
Torino, 1976; Gesammelte politiche Schriften, Tuebingen, II ediz., 1958. Citato da Angelo
Michele Imbriani, Gli italiani e il duce, Napoli, 1992.
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Inoltre, si pensa che Mussolini si sia alleato con il più forte senza
trovarsi in una posizione subalterna grazie al suo genio politico. Il
duce ha atteso il momento propizio col minimo rischio e col
minimo sacrificio.
Il carisma e la stessa credibilità di Mussolini, sono legati, al
momento dell’intervento, alla condizione che la guerra sia breve e
vittoriosa e che, grazie ad essa, si possa avere un nuovo ordine
europeo.
Il presente viene vissuto serenamente, mentre il futuro è carico di
aspettative. Negli ultimi mesi del 1940, però, svanisce l’illusione
della guerra breve e facile: cominciano i disagi e i sacrifici.
Notevoli sono le ripercussioni sul morale della popolazione civile:
già all’inizio dell’autunno si va diffondendo una certa inquietudine,
anche se l’ottimismo e la fiducia nel duce rimangono intatti.