Introduzione:
Il puzzle dell’internazionalizzazione
10
1.1 Il significato del termine internazionalizzazione
Nel quotidiano di un’impresa
1
, il termine internazionalizzazione è utilizzato
principalmente per indicare l’attività di esportazione o di produzione all’estero tramite
investimenti diretti o altri accordi; nella realtà dentro questo concetto, sono racchiusi altri
significati, in primis, tutto quell’insieme di attività economiche svolte al di fuori dei
propri confini nazionali, siano esse forniture, esportazioni, produzioni o ricerca del
personale. Passando ad un livello teorico, il concetto di internazionalizzazione non ha
ancora preso una forma chiara e generalmente condivisa. Coviello e McAuley (1999)
scrivono a questo proposito: “A single, universally accepted definition of the term
internationalization remains elusive, with a number of interpretations being found in
literature
2
”. Beamish (1990) definisce internazionalizzazione “il processo con cui le
imprese da un lato accrescono la loro consapevolezza dell’influenza diretta e indiretta che
le transazioni internazionali hanno sul loro futuro e contemporaneamente instaurano e
gestiscono transazioni con altri continenti” (Coviello & McAuley 1999). Altri autori
sembrano ricondurre il significato di internazionalizzazione al processo di espansione
internazionale di un’impresa (ad es. Johanson & Wiedersheim-Paul 1975, Johanson &
Mattsson 1988, Coviello & McAuley 1999, Andersson 2000, Autio & Sapienza 2000), di
cui vengono spiegate le caratteristiche e la dinamica. Welch e Loustarinen (1988)
affermano che l’internazionalizzazione è il processo di crescente coinvolgimento delle
imprese in operazioni internazionali e identificano le seguenti dimensioni
dell’internazionalizzazione:
FIG.5: Le dimensioni dell’internazionalizzazione di Welch & Loustarinen.
11
1
Si utilizza internazionalizzazione anche in ambito di territorio per indicare quelle attività che vengono racchiuse
sotto il nome di cooperazione decentrata.
2
“Una singola e universale definizione del termine internazionalizzazione rimane elusiva, con un ampio numero di
interpretazioni che si possono trovare in letteratura” (Coviello e McAuley 1999).
Questa è una delle definizioni maggiormente condivise in letteratura, in quanto delinea un
quadro abbastanza amplio del significato del termine. Innanzitutto
l’internazionalizzazione è identificata “un processo”, il che sottolinea il carattere
dinamico e la continua evoluzione del fenomeno. Inoltre essi, per caratterizzare il
dominio dell’internazionalizzazione, individuano tre domande essenziali: 1. cosa si
internazionalizza, ossia l’oggetto dello scambio; 2. dove si internazionalizza, ossia in
quali mercati l’impresa sceglie di operare; 3. come si internazionalizza, ossia le
metodologie operative utilizzate nel contesto estero. A queste tre domande si unisce la
dimensione organizzativa dell’impresa, che consente o ostacola il processo di
internazionalizzazione di un’impresa.
Nonostante piuttosto ampia, la definizione di Welch e Loustarinen, rimane alquanto
elusiva su numerosi aspetti rilevanti nello studio dei processi di internazionalizzazione,
sia perché non analizza nel dettaglio le dimensioni che identifica, sia perché ne tralascia
altre di altrettanta importanza. Non viene considerato ad esempio il problema del perché
esista il fenomeno di internazionalizzazione (di cui la teoria dell’International Business si
è ampiamente occupata), o la dimensione quantitativa del fenomeno.
Il non avere un quadro chiaro e completo di cosa significhi il termine
internazionalizzazione implica un proliferare di studi caotico che rende difficoltosa una
comprensione generale. Avete mai provato a ricostruire un puzzle senza guardare
l’immagine intera contenuta nella scatola? Se così fosse, saprete ben intendere la
difficoltà di cui si parla.
Molti degli studi che saranno portati come esempi nel seguito di questo testo, trattano
solo uno o alcuni aspetti dell’internazionalizzazione, ma chiunque abbia l’intenzione di
analizzare il processo di internazionalizzazione di un’impresa nella sua interezza deve
porsi questa domanda: quali sono le dimensioni rilevanti di cui si ha bisogno per studiare
un processo di internazionalizzazione? E’ la risposta a questa domanda, l’obiettivo
principale di questo testo.
12
1.2 Un primo orientamento semantico e concettuale sul tema
Vista la complessità e la vastità di argomenti con cui ci si confronta analizzando
l’internazionalizzazione, è opportuno avviare la trattazione con un iniziale orientamento
semantico e concettuale, finalizzato ad agevolare la lettura a coloro che sono alle prese
con un primo avvicinamento al problema.
Innanzitutto nel testo verranno usate le seguenti classificazioni di internazionalizzazione:
- Internazionalizzazione passiva: l’impresa è priva di un controllo diretto sui canali
commerciali esteri; subisce nel proprio territorio la concorrenza di imprese estere e
quando esporta è perchè sono altri operatori economici (buyer, imporatori,
distributori) che selezionano il suo prodotto/servizio per collocarlo nel mercato
estero.
- Internazionalizzazione attiva: l’impresa è in grado di riferire all’estero almeno la
fase distributiva della propria attività e costituisce nei nuovi mercati una valida
presenza competitiva facendosi promotrice diretta dei propri prodotti/servizi.
E anche:
- Internazionalizzazione progettata: l’espansione internazionale è il frutto di una
deliberata e pianificata scelta strategica dell’ impresa che approccia in maniera
razionale il contesto estero da cui consegue un avvicinamento graduale.
- Internazionalizzazione congenita: è un fenomeno che si è sviluppato negli ultimi
anni in particolare nei settori high-tech e identifica la situazione in cui un’impresa
opera in contesti internazionali sin dai primi anni della propria attività: queste
imprese vengono identificate con il nome di born global. In letteratura non esiste
ancora un criterio temporale unificato per l’identificazione di queste imprese: i vari
studi a riguardo indicano periodi temporali differenti, contenuti generalmente in un
range che va dai due ai sei anni seguenti alla nascita dell’impresa.
- Internazionalizzazione trainata: indica la situazione in cui il processo di
internazionalizzazione prende il via a causa di forze esterne che orientano l’impresa
sui contesti esteri e la spingono a cercare rapidamente una propria posizione
internazionale. Gli esempi più significativi di internazionalizzazione trainata sono
riconducibili a piccole imprese fornitrici di imprese di medio-grandi dimensioni che
nella loro epansione estera si portano dietro il proprio fornitore, o anche a imprese
costrette a internazionalizzazrsi a causa della pressante competizione estera nel
proprio territorio.
13
Inoltre nel corso del testo di farà riferimento alla distinzione tra home-country e host-
country. È detto home-country il Paese di origine dell’impresa che attua un processo di
internazionalizzazione, mentre è detto host-country il Paese nel quale l’impresa in
questione va ad operare.
Parlando di internazionalizzazione la terminologia che è necessario chiarificare riguarda
le varie forme di internazionalizzazione, di cui saranno date le definizioni standard
elaborate delle autorità competenti e altri elementi di natura macro-economica e micro-
economica, di cui sarà fatta una breve panoramica.
In questa fase, l’obiettivo non è quello di approfondire nel dettaglio quanto esposto, ma
piuttosto fornire gli strumenti per una immediata comprensione di quanto seguirà nei
prossimi paragrafi.
1.2.1 Definizione delle varie forme di internazionalizzazione
L’internazionalizzazione si può esplicare secondo diverse forme tra cui è importante
capire la distinzione:
FIG 1: Le forme dell’internazionalizzazione
Per commercio internazionale si intende lo scambio di beni e servizi attraverso le
frontiere nazionali. Se si tratta di flussi in entrata in un Paese, parliamo di importazioni,
mentre relativamente ai flussi in uscita parliamo di esportazioni. Nel corso della storia,
l’importanza relativa di questa forma di IB (come percentuale del valore totale delle
transazioni mondiali) è declinata, lasciando maggior spazio ad alter forme,
14
principalmente IDE
3
, ma nonostante ciò essa rimane, a livello globale, il principale tipo di
transazione economica oltre frontiera
4
.
Per investimento internazionale si intende ciò che da origine ad un flusso di capitali ossia,
transazioni internazionali derivanti da pagamenti di interessi, profitti e dividendi dovuti
agli investitori esteri. L’investimento internazionale si divide in due categorie:
- Investimento internazionale di portafoglio: il FMI li definisce come quegli
investimenti impiegati in azioni e titoli di debito, ad esclusione di quelli
classificati come investimenti diretti o riserve
5
. In altre parole sono quegli
investimenti realizzati per pure ragioni finanziarie in un Paese diverso da quello
dell’investitore in questione, dove per ragione finanziaria si intende che la quota
proprietaria non è sufficientemente consistente da dare a questo il controllo
6
o un
interesse durevole nella gestione dell’impresa in cui ha investito (Gillies 2005).
Investimento diretto estero (IDE): secondo la definizione del FMI sono diretti quegli
investimenti effettuati per acquisire un “interesse durevole” in un’impresa, dove
l’“interesse durevole” deriva dall’acquisizione di almeno il 10% delle azioni ordinarie
o dei diritti di voto
7
. Quindi un investimento diretto estero è l’investimento realizzato
in un Paese diverso da quello dell’investitore in questione, che gli dà diritto di
controllo nei confronti della società acquisita, implicando un interesse di lungo
termine. Gli IDE possono essere distinti in IDE orizzontali e IDE verticali. I primi,
finalizzati principalmente alla ricerca di nuovi mercati (market-seeking), consistono
nella duplicazione dell’intera attività di produzione nel Paese estero. Questa scelta
viene solitamente intrapresa da un’impresa a fronte di elevati costi di penetrazione
commerciale o elevate barriere all’entrata che impediscono un ingresso efficiente nel
15
3
Il passaggio storico che portò allo slittamento in termini di importanza relativa, dalla forma del commercio
internazionale a quella dell’IDE, verrà in parte analizzato nel paragrafo 3.1.1.
4
Elaborazioni personali su dati Ice evidenziano flussi mondiali inerenti il 2007 corrispondenti a valori:
-
Export di beni e servizi: 17.350 mld $;
-
Import di beni e servizi: 17.418 mld $;
-
IDE in entrata: 15.210 mld $;
-
IDE in uscita: 15.602 mld $.
(Fonte: L’italia nell’economia internazionale. Rapporto ICE 2008-2009 – cap1).
5
External Debt Statistics: Guide for Compilers and Users (Draft), IMF, Washington DC, March 2000, Appendix III,
Glossary of Terms.
6
La distinzione tra Investimento diretto estero e investimento internazionale di portafoglio basata sul concetto del
controllo, risale al lavoro di Stephen Hymer del 1960 trattato nel successivo paragrafo. Questa definizione solleva
non pochi problemi teorici riguardanti la capacità reale di esercitare tale controllo, per cui si rimanda alla
lettueratura riguardante la corporate governance e I cosiddetti “costi di agenzia”.
7
OECD Glossary of Foreign Direct Investment Terms 1996.
Paese estero. Gli Ide verticali mirano invece ad una riduzione dei costi di produzione
(cost-saving), e consistono nel trasferimento all’estero di una parte del processo
produttivo. Spesso trovano giustificazione nelle differenze di dotazione o costo dei
fattori produttivi tra i vari Paesi.
Per alleanze strategiche e partnership internazionali si intendono intese di medio-lungo
termine, tra due o più imprese operanti in Paesi diversi, strutturate contrattualmente per il
raggiungimento di obiettivi ben determinati e comuni a tutti i partecipanti; l’accordo può
assumere una varietà di forme contrattuali diverse e può comportare, o meno, una
partecipazione azionaria (investimento internazionale). Secondo dati UNCTAD negli
ultimi vent’anni questa forma di IB, ha registrato un notevole incremento in termini di
quantità di accordi stretti tra imprese di Paesi diversi, come anche tra imprese dello stesso
Paese
8
.
Per movimenti di persone si intendono quei flussi migratori tra Paesi diversi che possono
derivare da attività economiche internazionali, come nel caso delle industrie del turismo e
del trasporto internazionale, da scambi di prestazioni lavorative, da agevolazioni
promosse da istituzioni governative o nella forma di flussi migratori tradizionali di
lavoratori non qualificati. A questi movimenti di persone susseguono dei trasferimenti di
risorse finanziarie attraverso le frontiere, come ad esempio i turisti che spendono il
proprio denaro nel Paese estero o i lavoratori migranti che inviano parte del loro salario
alle famiglie nel proprio Paese.
Focalizzando maggiormente l’attenzione sull’impresa e sulle sue operazioni
internazionali, è utile delineare una panoramica sulle possibili modalità di entrata nel
Paese estero, inquadrandole nelle forme di internazionalizzazione già definite:
16
8
UNCTAD: World Investment Report 2003, fig.1.8 pag 12.
1.2.2 Panoramica sulle possibili modalità d’entrata di un’impresa in un host-country
FIG 2: Le modalità d’entrata nel mercato estero.
Per quanto riguarda le importazioni, non sono presenti in letteratura classificazioni
significative sulle varie possibilità per l’impresa, ma generalmente, trattandosi del
reperimento di materie prime o dello sfruttamento di servizi ad hoc, come ad esempio nel
caso della manutenzione a distanza degli impianti, le modalità che l’impresa adotta sono
simili a quelle che vedremo per le esportazioni, in particolare importazione dirette nella
forma di una propria rete di acquisti interna, commercio elettronico, o ufficio
d’importazione e importazione indiretta come ad esempio l’utilizzo di intermediari
(buyer) o trading companies e la costituzione di gruppi di acquisto.
Dettagliando meglio la classificazione per quanto riguarda le esportazioni, le modalità di
entrata possono essere suddivise in:
1. Esportazione diretta: in questo caso l’impresa vende nei mercati esteri direttamente
con una propria struttura commerciale. Solitamente questo comporta la costituzione,
all’interno dell’impresa, di un’unità organizzativa dedicata alle operazioni con
l’estero. Le modalità di realizzazione delle esportazioni dirette sono varie:
17
- si può costruire una rete di vendita, ossia una rete di agenti dedicata alla vendita
all’estero dei prodotti o servizi dell’impresa; la via più semplice è quella di
contrattare degli agenti esterni, mentre la formazione di una rete interna di
vendita, ossia costituita da dipendenti, potrebbe comportare numerosi
cambiamenti organizzativi, nonchè elevati costi fissi;
- può essere utilizzato l’e-commerce che prevede lo sfruttamento di internet e delle
tecniche del web-marketing per presentare l’offerta dell’impresa all’estero. Va
sottolineato che questa modalità ha assunto un’importanza notevole negli ultimi
anni, in particolare per le PMI, grazie ai bassi costi di investimento di cui
necessita;
- può essere costituito un ufficio di rappresentanza commerciale
9
, privo di
personalità giuridica ma appunto con funzioni di rappresentanza, vale a dire studi
sul mercato locale mercato, attività di relazione con gli attori locali rilevanti e
lobbying, coordinamento della rete di venditori estera ecc…;
- può essere costituita una centrale logistica volta allo stoccaggio e smistamento
dei prodotti indirizzati al Paese estero, che snellisca la distribuzione;
- può essere creata una sussidiaria commerciale, a cui sono trasferite gran parte
delle funzioni strategiche e che ha una propria identità giuridica.
2. Esportazione indiretta: in qusto caso il produttore non gestisce direttamente le
operazioni commercial nel mercato estero, ma si avvale a tal fine di un operatore
indipendente, collocato nel suo stesso Paese. Le principali modaliltà per le esportazioni
dirette sono:
- l’utilizzo di intermediari internazionali, ossia di quei soggetti, anche singole
persone fisiche, che collegano produttori e compratori di diversi Paesi e che si
assumono il rischio commerciale di vendere sul mercato estero, sollevando
l’impresa produttrice da ogni onere; sono intermediari internazionali i cosiddetti
buyer, i broker o le export management company.
- l’utilizzo di trading companies, società specializzate nell’assistenza commerciale
internazionale alle imprese, quindi vendita e acquisto, consulenza contrattuale,
ricerche di mercato, assistenza finanziaria ecc…
- la formazione di consorzi o altre strutture cooperative: il consorzio è costituito da
un insieme di imprese socie e ha la funzione di aggregare un certo numero di
operatori al fine di raggiungere la dimensione critica che permette di sfruttare le
18
9
Sono dette anche filiali commerciali o branch.
possibili economie di scala e di rendere convenienti le operazioni; i suoi scopi
sono la vendita all’estero dei prodotti delle associate e la promozione necessaria
per realizzarla. Tra le altre forme cooperative si può elencare il piggyback, un
accordo in base al cui un soggetto, detto rider, vende i propri prodotti utilizzando
la rete distributiva di un sceondo soggetto con cui stipula l’accordo, detto carrier.
Le esportazioni implicano di portare all’estero esclusivamente la vendita o eventualmente
il coordinamento delle attività finalizzate ad essa (es. la logistica), mentre nel caso in cui
l’impresa decida di collocare la propria produzione all’estero, le modalità d’entrata sono
quelle relative agli IDE e alle alleanze strategiche.
Gli IDE possono essere realizzati tramite la fusione o l’acquisizione di un’impresa
operante in un Paese estero, o mediante la costituzione di una nuova unità economica.
Per Fusioni e Acquisizioni (F&A) si intende l’operazione di acquisto di un numero
d’azioni tale da fornire all’acquirente la maggioranza e quindi il controllo dell’impresa
acquisita. Questa forma necessita di investimenti alquanto elevati ed è per tale ragione
che viene utilizzata principalmente da imprese multinazionali e grandi imprese. Mentre,
nel caso di costituzione di una nuova unità economica nel Paese estero, si classificano gli
IDE in investimento diretto:
- brownfield nel caso di localizzazione dell’investimento in un’area che già in passato
ospitava attività produttive ormai dismesse e
- greenfield, nel caso di localizzazione dell’investimento in un’area priva di capacità
produttiva pre-esistente.
Per quanto riguarda infine le modalità di entrata relative alla crazione di alleanze
strategiche con partner internazionali, le imprese possono ricorrere a una molteplicità di
accordi di cui si cercherà di dare un quadro abbastanza esteso; esse differiscono dagli
accordi relativi all’import-export in quanto sono delle intese di medio-lungo termine che
coinvolgono scelte di natura strategica di vario genere (non solo contenuti commerciali):
l’accordo viene stipulato per il raggiungimento di obiettivi comuni alle due parti e vincola
le loro scelte strategiche, con la necessità di impiego di risorse finanziarie da parte di tutti
gli attori coinvolti nell’accordo. Inoltre in questi casi è necessaria una governance
strutturata dell’accordo per verificare che le parti svolgano le azioni contrattualmente
pattuite. Le principali tipologie di alleanze strategiche utilizzate in ambito internazionale
sono:
- il Licensing: è un accordo contrattuale in base al quale un licensor (colui che è in
possesso della licenza) consente ad un licensee (acquirente) l’utilizzo di assets di
19
cui è proprietario, che possono essere marchi, brevetti ottenuti su una determinata
tecnologia, design, prodotti o anche particolari conoscenze su processi gestionali
o modellli di business. In cambio il licensee si impegna a pagare al licensor una
royalty
10
. A livello internazionale è abbastanza diffuso il cross-licensing, ovvero
lo scambio di licenze tra imprese focalizzate su mercati geografici differenti.
- il Franchising: è un accordo tra un franchisor (colui che concede il diritto di
franchising) e un franchisee (colui che beneficia del diritto di franchising) a cui
viene concessa l’autorizzazione di vendita di prodotti con marchio, design e
formula commerciale (prezzi, promozione, pubblicità) propri del franchisor.
Quest’ultimo si impegna a fornire assistenza gratuita per quanto riguarda gli
aspetti organizzativi, di marketing e formazione del personale, mentre il
franchisee ha l’obbligo di vendita esclusiva di tali prodotti alle condizioni dettate
e l’onere di pagamento di una royalty. A livello internazionale esempi di marchi
concessi in franchising sono: Sub-way (settore Ho.Re.Ca), Brums (settore
abbigliamento per bambini), Mail Box Etc (settori dei servizi postali) ecc...
- i contratti di produzione con cui un’inpresa affida ad una impresa estera una parte
della produzione del proprio prodotto (in sostanza consiste in un outsourcing
internazionale della produzione), i contratti di gestione con cui un investitore
locale affida la gestione di un’attività produttiva ad un’impresa estera, tra cui i
contratti di costruzione chiavi in mano
11
, i contratti di assistenza tecnica, i
contratti di fornitura di un servizio e altre tipologie di contratto.
- le alleanze commerciali: sono accordi che mirano all’integrazione dell’offerta tra
partner di Paesi differenti, al fine di una miglior soddisfazione del cliente tramite
un prodotto/servizio più completo o di una riduzione dei costi di
sponsorizzazione e distribuzione. Un esempio tipico è rappresentato dal mercato
del trasporto aereo passeggeri internazionale o intercontinentale dove infatti, le
principali compagnie aeree del mondo si presentano come network (vettori di
diversa nazionalità coordinano la loro offerta in maniera da poter proporre sul
mercato un biglietto unico per una tratta geografica che comprende diversi Paesi)
o comunque attuano forme di co-marketing delle rispettive offerte (Caroli 2008).
20
10
Si definisce royalty un compenso pagato al deterntore di una proprietà intellettuale da parte del soggetto
autorizzato ad utilzzarla. Il compenso è relazionato ai risultati ottenuti tramite l’oggetto del contratto, ossia in base
al fatturato realizzato dalla vendita del prodotto oggetto della concessione tra le parti. Nella pratica il pagamento
della royalty avviene secondo tre forme: una somma fissa iniziale, una percentuale sul valore generato tramite
l’oggetto del contratto, e dei fee addizionali a fronte di specifiche attività.
11
Detti anche turnkey conctract.